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Messaggi del 09/06/2020
Post n°3061 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
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Post n°3060 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Avviso per gli studenti, i docenti e più in generale, gli appassionati di Letteratura Italiana. Si segnala il ciclo delle conferenze del prof. Alessandro Barbero, noto medievalista ed accademico italiano su Youtube.com Basta scrivere sul motore di ricerca Youtube.com, "ciclo conferenze di Alessandro Barbero in ordine cronologico" che appare una pagina intera youtube, dedicata ai più svariati argomenti. Per Blogteca la cosa merita attenzione.
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Post n°3059 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Quammen, storia dei virus Dall'autore di 'Spillover' due saggi da non perdere FOTO- RIPRODUZIONE RISERVATA+CLICCA PER INGRANDIRE Paolo PetroniROMA06 giugno 202015:32NEWS DAVID QUAMMEN, ''L'ALBERO INTRICATO'' (ADELPHI, pp. 536 - 26,00 euro) - ''ALLA RICERCA DEL PREDATORE ALFA'' (ADELPHI, pp. 602 - 14,00 euro). ''Quando avete finito di preoccuparvi di questa epidemia, preoccupatevi della prossima'', ha esortato a maggio in uno dei suoi pezzi per il New York Times in modo chiaro e diretto David Quammen, di cui ora arrivano in libreria due titoli e fanno notizia. La sua infatti non è una visione pessimista o disfattista, visto che è l'autore di ''Spillover'' (Adelphi, pp.610 - 29,00 euro) e sa quel che dice se, con quel suo saggio tornato inevitabilmente al centro dell'attenzione nei mesi scorsi, metteva in guardia sin dal 2013 dall'arrivo di una pandemia che sarebbe probabilmente venuta ''fuori dalla foresta pluviale o da un mercato cittadino della Cina meridionale'', argomentando in modo articolato che tali virus sono l'inevitabile risposta della natura all'assalto dell'uomo agli ecosistemi e all'ambiente. Sono quindi da leggere questi due veri e propri saggi, ma dalla scrittura e esposizione chiara, quasi affabulatoria e per molti versi coinvolgente, visto che racconta spesso anche la storia di una scoperta e di chi l'ha fatta: il primo è la ristampa dopo 15 anni di un suo libro di Quammen uscito in Italia nel 2005 sulla ferinità di uomini e animali, sulla indifferenza della natura e la catena alimentare; il secondo è la traduzione della sua ultima opera, del 2018, sull'intricato albero della vita, che fa il punto su quel che sappiamo dell'evoluzione, di Dna e genomi , dell'interrelazioni e i collegamenti filogenetici tra le varie specie e forme di vita di ogni tipo, dalle più evolute alle più elementari, a quasi due secoli dalle intuizioni che cominciarono a germogliare nella testa di Darwin nel 1837, mentre, specie in America, trovano nuovi seguaci le sette creazioniste e persino i terrapiattisti. David Quammen (Cincinnati, 24 febbraio 1948) è uno scrittore e apprezzato divulgatore scientifico statunitense che per quindici anni ha curato una rubrica intitolata 'Natural Acts' per la rivista Outside. I suoi articoli, che gli hanno valso numerosi premi, sono anche apparsi su National Geographic, Harper's, Rolling Stone, New York Times Book Review e altri periodici. molto da vicino, è affascinante, è un susseguirsi di ipotesi e verifiche e smentite e scoperte improvvise o intuizioni geniali, oltre che di ricerca e esperimenti in laboratorio e in questa ricostruzione ha al centro un momento di svolta particolare con anche una data, il 1928, dovuto a un ricercatore inglese, Fred Griffith, che riconobbe per la prima volta come possibile il trasferimento genetico orizzontale, senza nemmeno rendersi ancora conto di ciò che questo avrebbe implicato. E' allora che l'albero della vita disegnato da Darwin col suo trasferimento di geni in linea verticale, di discendenza, si è dimostrato assai più ingarbugliato e complesso della stilizzazione appunto di un albero. La scoperta che i geni si spostano anche in senso orizzontale, lateralmente, potendo attraversare così i confini di specie o passare da un regno naturale a un altro, che è poi quello che è accaduto col molti virus e con lo stesso Covid. accanto,o meglio assieme a questo discorso se ne sviluppa un'altro che non può non farci pensare, sul concetto di specie e di individuo come li intendiamo tradizionalmente. Noi siamo un mosaico di forme di vita, ''Siamo una specie animale, legata in modo indissolubile alle altre, nelle nostre origini, nella nostra evoluzione, in salute e in malattia''. L'otto per cento di un genoma umano consiste infatti di residui di retrovirus che hanno invaso il Dna dei nostri antenati, ''l'equivalente genetico di una trasfusione di sangue'', e tra i donatori ci sono organismi primordiali che dominavano la vita miliardi di anni fa e ora 'abitano' in ciascuno di noi. ''Alla ricerca del predatore alfa'' parla del contesto in cui si è evoluto l'Homo sapiens ed è sorto il nostro senso di identità in un ambiente popolato di terribili belve carnivore. Tutte le volte che un feroce carnivoro usciva da una selva o da un fiume per cibarsi rendeva evidente una realtà che si cercava di dimenticare ma non si poteva eludere, rinnovando trauma e orrore: una delle prime forme dell'auto consapevolezza umana, sottolinea Quammen, fu proprio la percezione di essere pura e semplice carne. (ANSA). |
Post n°3058 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I pronomi personali sostituiscono i nomi propri o comuni di persona, cosa e animale a cui si riferiscono. Essi possono avere funzione di soggetto, di complemento diretto o di complemento indiretto. Es. Lei è molto bella ma preferisco te Lei è pronome personale soggetto, mentre te, in base alla funzione logica (Vedi analisi logica) è pronome personale complemento (diretto o oggetto). Di seguito una tabella dettagliata dei pronomi personali. Soggetto Complemento diretto Complemento indiretto 1° pers.sing. Io Me/Mi Me/Mi 2° pers. sing. Tu Te/Ti Te/Ti 3° pers.sing. Egli/Ella/Esso/Essa/Lei/Lui Lui/Lei/Esso/Essa/Lo/La/Si Lui/Lei/Esso/Essa/Gli/Le/Ne/Sé 1° pers.plur. Noi Noi/Ci Noi/Ci 2° pers.plur. Voi Voi/Vi Voi/ Vi 3° pers.plur. Essi/Esse/Loro Essi/Esse/Loro/Le/Li/Si Essi/Esse/Loro/Ne/Sé Nella tabella sono indicate sia le forme forti (o toniche) del pronome personale sia le forme deboli (o atone), queste ultime in rosso. Bisogna fare ben attenzione a non confondere il complemento diretto con il complemento indiretto. Ma vediamo qualche esempio. Es. Ci ha visti scendere le scale (Ci = complemento diretto, 1° pers.plur.) Ci hanno telefonato ieri (Ci = complemento indiretto, 1° pers.plur.) Le ho chiamate ieri (Le = complemento diretto, 3° pers.plur.) Le ho telefonato ieri (Le = complemento indiretto, 3° pers.sing.) Mi, ti, ci, vi, si sono anche dette particelle pronominali perché non hanno significato senza il verbo. Quando incontrano lo, la, ne e le si devono trasformare in: me, te, ce, ve, se. Ne è pronome personale solo quando significa "di quella cosa", "di quella persona" altrimenti è un avverbio di luogo. Attenzione a distinguere con chiarezza l'uno e l'altro caso. Es. Me ne vado (Io vado via da qui) Me ne parli (Mi parli di questa cosa) Anche Ci e Vi a volte funzionano da avverbio di luogo. Es. Ci sono tante persone Gli può anche unirsi con lo, la, li, le e ne ottenendo le forme: glielo, gliela, glieli, gliele e gliene. Le parole così formate hanno sia funzione di complemento diretto che di complemento indiretto. Es. Glielo dico (Io dico a lui questa cosa) Le forme sé e si sono riflessive. Sé può essere anche rafforzato dalla parola stesso. Esse vengono usate quando il soggetto coincide con il complemento oggetto o con il complemento indiretto. Es. Claudio si lava (lava se stesso) Nel caso del pronome personale complemento (sia diretto che indiretto) le forme forti vanno sempre dopo il verbo, mentre se utilizziamo le forme atone esse possono essere enclitiche (seguono cioè il verbo e si legano ad esso) o proclitiche (anticipano il verbo). Es. Hanno visto te (te = complemento diretto, 1° pers.sing., forma tonica) Non escono con lui (lui = complemento indiretto, 3° pers.sing., forma tonica) Gli chiedi qualcosa (Gli = compl.indiretto, 3° pers.sing., forma atona, proclitica) Chiedigli qualcosa (gli = compl.indiretto, 3° pers.sing., forma atona, enclitica) I pronomi personali riferiti alla stessa cosa, persona o animale devono apparire all'interno della frase una sola volta, è sbagliato ripeterli. Es. A me mi piace (è scorretto, nonostante sia attestato frequentemente nell'uso). A Giovanna, devo dirle (anche in questo caso sarebbe errato perché le sta per "a Giovanna", ma nel parlato per enfatizzare il nome è possibile utilizzarlo). Altrettanto scorretto è l'uso di gli (maschile) al posto di le (femminile). Rossella Monaco |
Post n°3057 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Il pronome possessivo ha la stessa funzione dell'aggettivo possessivo: indica, cioè, l'appartenenza di una cosa, una persona o un animale a qualcuno o qualcosa. Ha anche le stesse forme, che sono: mio, tuo, suo, nostro, vostro, loro; da accordare in genere e in numero al nome a cui si riferiscono (quello della cosa, della persona o dell'animale posseduti). Il pronome possessivo non è ovviamente seguito dal nome ed è sempre preceduto dall'articolo, sia esso determinativo o indeterminativo, senza eccezioni. Es. La tua cartella è più grande della mia (tua è aggettivo possessivo, mia è pronome possessivo). In alcuni frasi fatte i pronomi possessivi possono sottintendere un nome noto ai più, come ad esempio nelle proposizioni: Siete dei nostri (del nostro gruppo, della nostra compagnia), esco con i miei (genitori, familiari), ecc. Rossella Monaco |
Post n°3056 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Il pronome dimostrativo corrisponde all'aggettivo dimostrativo per quanto riguarda la funzione e le forme (vedi la pagina apposita) ma si discosta da esso in quanto pronome, per cui la sua finalità principale è quella di sostituire un nome. Oltre a questo, codesto, quello, medesimo, tale, quale e stesso che come abbiamo visto possono essere anche aggettivi dimostrativi, sono pronomi dimostrativi colui, colei, coloro, costui, costei, costoro e ciò. Sono pronomi dimostrativi anche questi e quegli però solo utilizzati per sostituire un soggetto al singolare. Es. Giacomo e Mario arriveranno stasera: questi è cantante, quegli informatico. Altrimenti continuiamo a utilizzare questo e quello nelle diverse forme al singolare e al plurale, al femminile e al maschile. Es. Il vino e il riso sono ottimi: ho mangiato questo e ho bevuto quello. Quando usato come pronome questo si riferisce all'ultima parola indicata nella frase mentre quello al nome menzionato per primo. La corrispondenza vale anche per quanto riguarda gli eventi lontani (quello) o vicini (questo) nel tempo. Es. Ho comprato una matita e un astuccio: questo è azzurro (l'astuccio) e quella rossa (la matita). I pronomi stesso e medesimo si accompagnano quasi sempre a pronomi personali (se stesso, io medesimo, ecc...). Costui, costei, costoro è usato per indicare persone vicine a chi parla e a chi ascolta sia nello spazio, sia nel tempo; colui, colei, coloro è invece utilizzato per indicare persone lontane da chi parla e da chi ascolta. Ciò è neutro e si usa invece per indicare cose o concetti. Esistono anche particelle pronominali che svolgono la funzione di pronome dimostrativo quando significano "a questa cosa", "di quella cosa", ecc.: ne, lo, ci. Es. L'ho spiegato a Giovanni (Ho spiegato a Giovanni questa cosa); Ne ho mangiato un pezzo (Ho mangiato un pezzo di questa cosa); Ci ho pensato (Ho pensato a questa cosa). Rossella Monaco |
Post n°3055 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Pronome relativo Il pronome relativo, come possiamo dedurre, oltre a sostituire i nomi, i pronomi o intere frasi (e assolvere quindi la funzione del pronome) ha la capacità di mettere in relazione due proposizioni, da qui "relativo". In italiano i pronomi relativi sono diversi. Li vediamo nel dettaglio. Che può assumere la funzione di complemento oggetto o di soggetto, quindi non è mai preceduto da preposizioni. È invariabile. Es. Queste sono le ragazze che cantano; Ecco le penne che ho comprato. La posizione di che è molto importante perché per evitare fraintendimenti esso deve trovarsi il più possibile vicino alla parte del discorso che deve sostituire. Quando deve sostituire una frase intera è possibile trovarlo preceduto dall'articolo il. Es. Voglio mangiare meglio, il che non è semplice. Talvolta che assume anche funzione di complemento di tempo. Es. Il giorno che (in cui) sarai famoso io sarò con te. Il quale, la quale, i quali, le quali funzionano da complemento indiretto accompagnandosi a preposizioni semplici o articolate (del quale, con cui, alle quali, ecc.). Es. Ho visto il ragazzo del quale mi hai parlato; Giovanna e Simona sono le ragazze alle quali ho chiesto di cantare. Questi pronomi relativi sono molto chiari riguardo all'antecedente (la parte che vanno a sostituire) per cui possono evitare eventuali confusioni derivanti dall'uso di che o di cui. Possono essere anche soggetto o complemento oggetto per un uso più formale e poco diffuso. Es. Lucia salutò Mario, il quale già aveva deciso di scappare. Cui è quasi sempre preceduto dalle preposizioni ed è quindi sempre complemento indiretto. È invariabile. Può essere sostituito da il quale, la quale, i quali, le quali. Es. Non ho intenzione di mangiare con la forchetta con cui hai mangiato tu. Se è la preposizione "a" a precedere cui può essere anche omessa. La stessa cosa avviene quando cui si trova tra l'articolo determinativo e un nome assumendo funzione di complemento di specificazione. Es. Le borse il cui manico è rovinato... (Le borse il manico delle quali è rovinato). In questo caso non c'è bisogno di alcuna preposizione. Esiste anche un uso arcaico che prevede invece l'inserimento della preposizione ma è poco diffuso. Es. Le borse il di cui manico è rovinato... Chi come che è invariabile e si riferisce soltanto alle persone, non alle cose. Non è propriamente un pronome relativo puro perché significa "colui/colei/coloro che" per cui è formato da un pronome dimostrativo unito al pronome relativo che. Funziona da soggetto, da complemento oggetto e se preceduto da preposizioni anche da complemento indiretto. Es. Chi risica non rosica. Dove quando mette in relazione due proposizioni. Es. Sono stato nel posto dove mi ha incontrato per la prima volta; (in questo caso dove sta per "in cui" per cui è pronome relativo). Quanto quando è pronome misto con il significato di "quello che/ciò che". Es. Ho ottenuto quanto volevo. Chiunque quando è pronome misto con il significato di "tutti quelli che". Es. Può entrare chiunque sia vestito di rosso. Ps. Attenzione a chi e che perché possono avere diverse funzioni oltre a essere pronomi relativi! Verificate sempre sostituendoli rispettivamente con colui/colei/coloro che e il quale, la quale, i quali, le quali, la qual cosa, in cui. Rossella Monaco |
Post n°3054 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet L'articolo determinativo precede un sostantivo, un sintagma nominale o un verbo sostantivato. Nel latino classico non esisteva: il compito di specificare il genere e il numero dei sostantivi era di competenza dei casi. Con il sermo vulgaris e nelle lingue romanze assistiamo alla sua introduzione. Derivato dagli aggettivi dimostrativi, distingue "quell'oggetto" specifico da altri. In italiano gli articoli determinativi sono sei: il, lo, la per il singolare e i, gli, le per il plurale. Con i nomi maschili che iniziano per consonante si utilizzano il e i. Lo e gli precedono invece i nomi maschili che iniziano per: s + consonante (lo sconto); x (lo xenofobo); y (lo yeti); z (gli zingari); ps (lo pseudonimo); gn (gli gnu); pn (lo pneumatico); i semiconsonantica seguita da vocale (gli iati). Con i nomi femminili si utilizzano la e le. Davanti a tutti i nomi singolari, maschili e femminili, che iniziano per vocale (tranne con la i semiconsonantica) si usa la forma apostrofata l'. L'articolo determinativo non si utilizza:
L'articolo determinativo viene invece utilizzato:
Rossella Monaco |
Post n°3053 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet L'articolo indeterminativo si premette al nome, all'aggettivo o a all'avverbio e indica generalità, indeterminatezza. Solitamente introduce nel discorso un elemento di cui non si era parlato prima oppure indica una cosa /persona/animale che non è necessario o non si vuole specificare. L'articolo indeterminativo può anche designare una categoria, una specie. Un ragazzo non sa ancora cosa vuol dire lavorare Per un ragazzo qui intendiamo "ogni ragazzo" o un rappresentante qualsiasi della categoria. Talvolta possiamo trovare l'articolo indeterminativo anche davanti a nomi propri:
Esistono quattro forme dell'articolo indeterminativo, tutte singolari: un e uno per il maschile e una e un' per il femminile. Non esistono articoli indeterminativi plurali. Un' con l'apostrofo si usa soltanto al femminile quando la parola che segue inizia per vocale. È infatti un'elisione di una. Un'amica, un'elica... Un, per il maschile, si utilizza indifferentemente sia quando le parole che seguono iniziano per vocale sia quando iniziano per consonante. Un insegnante, un letto... Uno si comporta invece come l'articolo determinativo lo. Si impiega infatti davanti ai nomi maschili che iniziano per: s + consonante (uno sconto); x (uno xenofobo); y (uno yeti); z (uno zingaro); ps (uno pseudonimo); gn (uno gnu); pn (uno pneumatico); i semiconsonantica seguita da vocale (uno iato). Ormai da qualche anno si è affermato l'uso di anteporre a queste parole l'articolo indeterminativo un oppure l'articolo determinativo il al posto di uno e lo, come indica correttamente la grammatica italiana. La questione è più spinosa di quanto possa sembrare. Per quanto riguarda la parola pneumatico l'Accademia della Crusca accetta entrambe le forme distinguendo i primi per un uso più familiare e i secondi per l'utilizzo nei testi scritti e nelle conversazioni più formali. Anche nell'italiano antico troviamo casi in cui gli articoli non rispettano la regola generale. È attestato l'utilizzo di uno Principe in Niccolò Macchiavelli (XVI secolo) così come in Leopardi troviamo spesso l'articolo lo al posto di il. Ma in questo caso si tratta di un uso ormai sorpassato, che non ha nulla a che vedere con la colloquialità delle forme odierne. Rossella Monaco |
Post n°3052 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Buongiorno a tutti, continua la rapida disamina della grammatica italiana, con particolare riguardo alle analisi grammaticale e logica, senza lasciare indietro quella del periodo. Beninteso, non si vuole fare lezione a nessuno ma si ritiene che il lockdown, le scuole chiuse e le case sprangate grazie al Covid19 non abbiano fatto bene a nessuno, per quanto riguarda il corretto esercizio della lingua italiana, malgrado la didattica a distanza. Fra pochi giorni iniziano gli esami di maturità e, ahimè, gli elaborati degli studenti faranno piangere o arrabbiare parecchi insegnanti in carico del pesante fardello, per cui si pensa che una buona rassegna della grammatica e della sintassi italiane possano essere un' efficace cura ricostituente anti-lockdown da coronavirus. Inoltre,non è solo lo stop generale a rendere necessario un bel ripasso di grammatica italiana ma anche la sciatteria linguistica che si osserva su Facebook, Instagram, sui social in generale, in TV, sui giornali, insomma di tutto un pò, per cui rispolverare la cara grammatica della scuola superiore è una cosa che va a tutto vantaggio dello stile linguistico sia scritto che parlato, senza bisogno di costose certificazioni che dovrebbero garantire di non essere a digiuno di nozioni alla portata di tutti. Eh, sì, oggi le certificazioni vanno di moda e sono una buona fonte di reddito per chi le rilascia, perchè la cosa fa eccezionale curriculum... E' molto più semplice, economico ed efficace prendere una bella grammatica e fare gli esercizi, qualche tema e dei riassunti e leggere, leggere leggere di tutto e così...si vedrà la differenza e senza spendere un soldo, con buona pace dei certificatori di ogni lingua in voga o meno, ma questi sono i pareri di Blogteca. Nei prossimi post la rassegna continuerà... |
Post n°3051 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Gli aggettivi dimostrativi Gli aggettivi dimostrativi, come il loro nome lo dice, hanno la funzione di mostrare (indicare) la vicinanza o lontananza nello spazio o nel tempo di una persona, di un animale o di una cosa, rispetto a chi parla o a chi ascolta. Gli aggettivi dimostrativi sono questo, codesto e quello, non usano l'articolo e si mettono sempre davanti al nome. Hanno quattro forme: una per il singolare maschile, una per il singolare femminile, una per il plurale maschile e una per il plurale femminile. Questo si usa per indicare una persona, un animale o una cosa che si trova vicino nello spazio e nel tempo a chi parla. Al singolare si può elidere davanti a un nome che comincia con una vocale, al plurale invece non si può elidere: questo libro quest'albero queste feste questi amici la forma femminile si può contrarre in sta in alcuni composti: stamattina (questa mattina) stasera (questa sera) Codesto si usa prevalentemente in Toscana per indicare una persona, un animale o una cosa che si trova vicino nello spazio e nel tempo a chi ascolta: codesto libro codesta sedia codesti libri codeste sedie Quello si usa per indicare una persona, un animale o una cosa che si trova lontano nello spazio e nel tempo sia da chi parla o sia da chi ascolta o legge. Oltre che per il genere e il numero, al maschile presenta differenti forme sia al singolare sia al plurale a seconda della lettera iniziale del nome a cui fa riferimento, simile alle preposizioni articolate: quel libro quello zaino quell'albero quell'informazione quella sedia quei libri quegli zaini quegli alberi quelle informazioni quelle sedie Si considerano come aggettivi dimostrativi anche gli aggettivi: stesso, medesimo, tale, siffatto, simile. Stesso e medesimo esprimono una qualità più o meno precisa fra due elementi: Carlo e Mario hanno gli stessi gusti. possono anche essere usati per rafforzare l'idea che stiamo trasmettendo, in questo caso si mettono dopo il nome cui si riferiscono: Glielo spiega il professore stesso. L'autore medesimo si presentò al pubblico. Tale si riferisce quasi sempre a qualcosa o qualcuno menzionato in precedenza ed ha il significato di "questo", "quello": Tale discorso ha cambiato l'opinione generale. |
Post n°3050 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte:articolo riportato dall'Internet Gli aggettivi qualificativi Le funzioni e le forme dell'aggettivo qualificativo All'interno del gruppo degli aggettivi, un ruolo molto importante è ricoperto dagli aggettivi qualificativi, che, riferendosi ad un sostantivo , danno informazioni su caratteristiche e qualità su una persona, una cosa, un animale, un'entità astratta di cui stiamo parlando 1. Ad esempio: Quell'auto rossa è di Michele; La nonna ha cucinato una buona bistecca; La libertà è un diritto irrinunciabile dell'uomo. Concordando con i nomi cui si rifericono, gli aggettivi qualificativo variano la loro desinenza in base al genere (maschile/femminile) e al numero (singolare/plurale). A parte determinati casi, la maggior parte degli aggettivi segue queste regole:
C'è poi un quarto tipo di aggettivi invariabili che non modificano mai genere e numero tra maschile e femminile o singolare e plurale. Tra gli aggettivi variabili, troviamo: gli aggettivi con desinenza in -i ("pari", "dispari", "impari"), alcuni che indicano un colore ("rosa, viola, amaranto, blu"), quelli di origine straniera o terminanti in consonante o vocale accentata, alcune locuzioni avverbiali con valore di aggettivo ("era una persona perbene"), alcuni composti di anti- e un sostantivo ("antifurto"). Riassumendo in uno schema:
Ultimo caso particolare da ricordare è quello dell'aggettivo sostantivato, ovvero quando l'aggettivo è usato con funzione di sostantivo e preceduto da un articolo. Ad esempio:
La concordanza dell'aggettivo qualificativo La concordanza dell'aggettivo qualificativo La concordanza in genere e numero dell'aggettivo col proprio sostantivo non causa problemi quando abbiamo un solo nome, ma segue regole specifiche quando abbiamo più sostantivi, magari di genere diverso tra loro. Occorre comportarsi come segue: In presenza di due o più nomi di genere maschile, la concordanza è al maschile plurale: L'appartamento era arredato con mobili e dipinti antichi e lussuosi. In presenza di due o più nomi di genere femminile, la concordanza è al femminile plurale: Alessandra ha comprato una camicetta e una gonna nuove per la festa di sabato. In presenza di un nome maschile e uno femminile, la concordanza è al maschile plurale se i sostantivi si riferiscono ad esseri animati (persone o cose); è tuttavia possibile, a patto che il sostantivo indich i una cosa e che sia al plurale, che l'aggettivo concordi in genere con il nome più prossimo: Un uomo e una donna assai affabili e gentili. Ho acquistato un tavolo e delle sedie gialle. La posizione dell'aggettivo qualificativo Ma che posizione occupa l'aggettivo qualificativo rispetto al nome? Ci sono svariati casi: infatti il qualificativo può stare sia davanti che dietro al nome, in questo modo però può avere maggiore o minore rilievo ed anche cambiare totalmente il significato della frase. In generale, si può dire che l'aggettivo ha un valore più neutro e meno caratterizzato se collocato dopo il sostantivo cui si riferisce, mentre ha un valore distintivo quando collocato prima del nome cui si riferisce. Per esempio dire: "Carlo ha un brutto viso", sottolinea molto di più l'aspetto negativo di "Carlo ha un viso brutto". Oppure se diciamo: "Alessandro è un uomo grande", possiamo intendere che è un uomo grosso e possente; mentre se diciamo "Alessandro è un grand'uomo" stiamo dando indubbiamente un giudizio di valore. La struttura degli aggettivi qualificativi Gli aggettivi qualificativi possono classificarsi anche in base alla loro struttura, in base alla quale si dividono in: Qualificativi primitivi che non derivano cioè da altre parole, e in cui la desinenza dell'aggettivo si unisce direttamente alla radice della parola. Ad esempio: verd-e, bass-o, vicin-o. Qualificativi derivati, che uniscono alla radice della parola un suffisso (portatore di un significato preciso), a cui poi segue la desinenza dell'aggettivo. Ad esempio: poet-ic-o, music-al-e, tem-ibil-e. Qualificativi alterati, in cui dopo la radice si trovano dei suffissi che alterano il significato dell'aggettivo, come i diminutivi (-ino, -ello, -erello e così via), i vezzeggiativi (-uccio, -etto, -ello), gli accrescitivi (-one, -acchione), i dispregiativi (-astro, -accio), gli attenuativi (-ognolo, -iccio). Ad esempio: nobil-astro, furb-etto, magr-ino, car-uccio. Qualificativi composti, che sono appunto composti dall'unione di due aggettivi 3 in un'unica parola (a volte con la presenza di un trattino separatore). Ad esempio: agrodolce, sacrosanto, cardiovascolare. Gradi dell'aggettivo qualificativo Un'altra funzione degli aggettivi qualificativi è quella di esprimere il grado o misura della qualità che si associa a ciò di cui si sta parlando . Se infatti diciamo che una persona, un animale, una cosa, o un'entità astratta possiede una determinata qualità, questa qualità può essere rapportata a quella di un altro elemento, con cui istituire una relazione. In tal senso, l'aggettivo ha tre gradi: Grado positivo, per cui un elemento possiede una qualità senza che ne sia specificata la sua misura; ad esempio: "Francesca è bella". Grado comparativo, per cui si stabilisce un confronto tra due o più termini di paragone, in base al grado o alla misura in cui una determinata qualità è posseduta; avremo così un comparativo di minoranza ("Francesca è meno bella di Giovanna"), un comparativo di uguaglianza ("Francesca è bella come Clara"; "Francesca è bella tanto quanto Clara"), un comparativo di maggioranza ("Francesca è più bella di Anna"). Grado superlativo, che indica hce la qualità in esame è posseduta dall'elemneto al massimo grado, o in relazione ad un gruppo definito con cui si istituisce il paragone (superlativo relativo: "Francesca è la più bella tra le mie amiche") oppure al di là di ogni confronto (superlativo assoluto: "Francesca è bellissima"; "Francesca è molto bella"). 1 Occorre distinguere tra funzione attributiva dell'aggettivo (quando esso si riferisce direttamente ad un nome, come nella frase: "La felpa azzurra è di Giorgio") e funzione predicativa dell'aggettivo, che si ha con il predicato nominale col verbo "essere" ("La felpa è azzurra") e con i verbi effettivi, appellativi ed estimativi ("La spiaggia sembrava deserta"; "Andrea si è dichiarato assai triste per quello che è successo"; "Gianni si ritiene simpatico"). Si ricordi poi la funzione avverbiale dell'aggettivo, quando esso si accompagna ad un verbo con la funzione di un avverbio; ad esempio: "Anna corre forte"; "Andrea parla piano". 2 Sono tipici della terza classe alcuni aggettivi terminanti in -ista ("una persona egoista", "un quadro cubista"), in -cida ("una mossa suicida"), in -ita ("una decisione ipocrita") e in -ota ("dei ragazzi entusiasti"). 3 In questo caso, il femminile e il plurale si formano modificando la desinenza solo del secondo termine. |
Post n°3049 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Le forme degli aggettivi qualificativi: il genere e il numero La forma dell'aggettivo qualificativo si riferisce al genere e al numero degli aggettivi qualificativi e segue le stesse regole della forma del nome. Quindi, la forma dell'aggettivo qualificativo, generalmente varia cambiando la desinenza dell'aggettivo in rapporto al genere (maschile o femminile) e al numero (singolare e plurale). Le forme degli aggettivi qualificativi di genere maschile e singolari che finiscono con la vocale (-o) sono quattro, due per il numero e due per il genere: bello (singolare maschile) bella (singolare femminile) belli (plurale maschile) belle (plurale femminile) Le forme degli aggettivi qualificativi che al maschile singolare finiscono in (-ista), in (-cida) e in (-ita), sono tre, una un'unica per il genere e due per il numero: pittore o pittrice surrealista (singolare sia maschile sia femminile) pittori surrealisti (plurale maschile) pittrici surrealiste (plurale femminile) atteggiamento o volontà omicida (singolare sia maschile sia femminile) atteggiamenti omicidi (plurale maschile) volontà omicide (plurale femminile)ragazzo o ragazza ipocrita (singolare sia maschile sia femminile) ragazzi ipocriti (plurale maschile) ragazze ipocrite (plurale femminile) Le forme degli aggettivi qualificativi che al singolare finiscono in (-e), sono solamente due, una forma per il singolare sia femminile sia maschile e una forma per il plurale sia femminile sia maschile: bambino o bambina felice (singolare sia maschile sia femminile) bambini o bambine felici (plurale sia maschile sia femminile) Ci sono inoltre degliaggettivi qualificativi che sono invariabili, che hanno un'unica forma valida per entrambi i generi e numeri. Gli aggettivi in (-i): pari Alcuni aggettivi indicanti colore: rosa Coppie di aggettivi indicanti gradazioni di colore: verde chiaro Coppie di aggettivi formati da un aggettivo indicante un colore e da un sostantivo: rosso fuoco Le locuzioni avverbiali usate come aggettivi: dabbene L'aggettivo arrosto: pollo arrosto Alcuni aggettivi formati da -anti e un sostantivo: faro antinebbia particolari dei plurali che generalmente corrispondono a quelle già viste per i nomi: Gli aggettivi in (-co) formano il plurale in (-chi) e gli aggettivi in (-ca) formano il plurale in (-che) se sono piani, cioè accentati sulla penultima sillaba: un tavolo bianco - dei tavoli bianchi Gli aggettivi in (-go) formano il plurale in (-ghi) e gli aggettivi in (-ga) formano il plurale in (-ghe) se sono piani, cioè accentati sulla penultima sillaba. formato analogo - formati analoghi edizione analoga - edizioni analoghe Gli aggettivi in (-io) possono formare il plurale con una sola (-i) o con due (-i) dipendendo se la (-i) del gruppo di vocali (-io) è accentata oppure no: un ragazzo serio - dei ragazzi seri (i non accentata) tetto natio - tetti natii (i accentata) Gli aggettivi in (-cia) e in (-gia) formano il plurale al femminile in (-cie) e (-gie) quando la lettera (c) e (g) sono precedute da vocale e in (-ce) e (-ge) quando sono precedute da consonante: sudicia - sudicie saggia - sagge Gli aggettivi bello, quello, buono e santo possono prendere differenti forme di singolare o plurale a seconda a seconda della lettera iniziale del nome a cui si riferiscono: bel ragazzo bell'albero bella ragazza bello studente bei ragazzi begli alberi belle ragazze |
Post n°3048 pubblicato il 09 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Aggettivi indefiniti e aggettivi numerali Gli aggettivi indefiniti: quali sono e che funzione hanno I tipi di aggettivo indefinito All'interno del gruppo degli aggettivi determinativi, gli aggettivi indefiniti svolgono la funzione di indicare una quantità o una qualità posseduta dal sostantivo cui si riferiscono in modo generico o impreciso. Si tratta di un gruppo di aggettivi che, come gli analoghi pronomi indefiniti, è assai ampio e che è suddivisibile in gruppi di riferimento: Aggettivi indefiniti che indicano una totalità indeterminata, come tutto, nessuno, alcuno. Aggettivi indefiniti che indicano una quantità indeterminata (da poco a troppo), come poco, alquanto, vario, diverso, parecchio, tanto, altrettanto, molto, troppo, più, meno. Aggettivi indefiniti che indicano un'unità o una molteplicità indefinite, come ogni, qualche, ciascuno, certo, tale. Aggettivi indefiniti che indicano una qualità indeterminata, come qualunque, qualsiasi, qualsivoglia. Possiamo ad esempio dire: Abbiamo avuto molti riscontri positivi; La zia guarda troppa televisione; La commissione ha proposto diverse modifiche al piano regolatore; Ciascun relatore ha espresso il proprio parere sulla tesi di Pietro. Le particolarità degli aggettivi indefiniti Tra le particolarità degli aggettivi indefiniti, bisogna sicuramente ricordare che essi si distinguono tra aggettivi variabili (che concordano col il nome cui si riferiscono) ed aggettivi invariabili, che hanno quindi una sola forma. Riassumendo: Tra gli aggettivi sempre invariabili: ogni, qualche, qualunque, qualsiasi, qualsivoglia, più, meno 1. Ad esempio: Ogni auto in divieto è stata subito rimossa. Tra gli aggettivi che variano solo nel genere ma non nel numero: nessuno 2, ciascuno. Ad esempio: Nessun collega lo ha aiutato nel momento del bisogno. Nessuna legge deve causare la morte di una persona. Vi sono poi alcuni aggettivi indefiniti che assumono significati differenti a seconda del loro uso: Alcuno al singolare viene utilizzato al posto di nessuno nelle frasi in cui è presente una negazione e quando l'aggettivo indefinito segue il verbo; al plurale, alcuni è equivalente di qualche. Certo al singolare (preceduto dall'articolo indeterminativo un: "Un certo tizio ti cercava al telefono") indica una persona della cui identità non si hanno ulteriori indicazioni o una qualità non meglio determinata ("Una persona di un certo stile"); senza articolo, un senso di indeterminatezza per questioni di censura o in senso dispregiativo: Non parliamo di certi argomenti, per favore; Certe persone è meglio evitarle. Altro ha diverse sfumature di significato, che vanno dall'indicare una differenza ("si è trasferito in un altro appartamento"), un periodo di tempo passato ("L'altro anno ho viaggiato davvero molto") o futuro ("Quest'altro mese avremo molte scadenze urgenti"), una novità qualitativa ("Gianni è diventato un'altra persona"), una aggiunta rispetto a prima ("Mi ha ripetuto un'altra volta la solita storia") Gli aggettivi numerali Gli aggettivi numerali indicano invece una quantità in modo preciso, indicando in maniera chiara: La quantità del nome di cui si parla: numerali cardinali (uno 3, due, tre ecc., come nella frase: "Manuela ha comprato tre gatti"). L'ordine del nome di cui si parla all'interno di una serie: numerali ordinali (primo, secondo, terzo ecc., come nella frase: "Paolo è il terzo concorrente giunto al traguardo"). Il rapporto di moltiplicazione tra il nome di cui si parla è un'altra entità: numerali moltiplicativi (doppio, triplo, quadruplo ecc., come nella frase: "Consegna tutti i documenti in doppia copia"). La parte rispetto ad un tutto: numerali frazionari (un mezzo, due terzi, quattro quinti ecc., come nella frase: "I due terzi degli elettori si sono recati alle urne"). La distribuzione o l'ordine nel tempo e nello spazio: numerali distributivi (a uno a uno, a due a due, tre alla volta ecc.). 1 Più e meno sono infatti i comparativi di molto e poco. 2 Si ricorda che non bisogna usare la negazione quando nessuno precede il verbo; nessuno diventa nessun quando precede una vocale, i nessi ps, gn, x, z o una consonante che non sia il nesso s + consonante. 3 L'aggettivo numerale cardinale uno ha fome analoghe a quelle dell'articolo indeterminativo. |
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