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Messaggi del 14/04/2021
Post n°3388 pubblicato il 14 Aprile 2021 da blogtecaolivelli
Fonte: libere risorse dell'Internet LA LUNGA STORIA DELL'UOMO Il cammino dei Denisova, progenitori degli aborigeni GIANLUCA GROSSI22 SET 2017 È un mistero che potrà essere risolto nei prossimi anni, tuttavia la domanda che si pongono gli antropologi è oggettivamente intrigante: è possibile che gli aborigeni australiani siano figli dei denisoviani? Andiamo con ordine. Una questione di DNA Nel 2008 in Siberia venne scoperta una nuova specie umana, conosciuta con il nome di Homo di Denisova. Non un "primitivo" come può essere un australpithecus o un erectus, ma una specie molto simile a noi e ai neanderthaliani; una classe tassonomica pensante, in grado probabilmente di seppellire i suoi morti, e di osservare pratiche non dissimili da quelle dell'Homo sapiens agli albori del suo cammino evolutivo. L'Homo di Denisova abitò le caverne siberiane e venne senz'altro in contatto con la nostra specie e con i neanderthaliani; ci furono degli accoppiamenti e oggi ne abbiamo la prova: l'Homo sapiens è infatti caratterizzato da percentuali variabili di DNA appartenuto ai denisoviani. Ma non in modo indifferenziato. Esistono, di fatto, popolazioni, dove la percentuale di DNA denisoviano risulta più abbondante. Si va dunque dalla minima percentuale dello 0,2% degli originali bitanti delle Americhe, al 4-6% degli aborigeni australiani. Il lungo cammino dei denisoviani E da qui la riflessione fatta da Richard Bert Roberts, direttore del centro scientifico di archeologia dell'università di Wollongong: «Ci sono molti elementi per credere che i denisoviani abbiano compiuto un lungo cammino dalla Siberia all'Australia». Un viaggio di oltre 8mila chilometri. L'ipotesi è suggestiva. Ma del resto le specie umane discendenti dell'Homo eidelber gensis ci hanno offerto molti spunti per credere che fosse insita nel loro animo la spinta a muoversi verso territori vergini. Il cammino dei sapiens è noto: 200mila anni fa, Africa; 70mila anni fa, Asia; 60mila anni fa, Indonesia; 50mila anni fa, Australia; 45mila anni fa Europa. Meno quello dei denisova, che, appunto, potrebbero avere incrociato il tragitto dei sapiens diretti verso l'Oceania. C'è un punto, in ogni caso, che lascia perplessi gli scienziati: come hanno fatto i denisova a superare la linea di Wallace? Questa è una linea fittizia che divide le caratteristiche naturalistiche dell'Asia da quelle dell'Oceania, sottolineando lo sviluppo di realtà tassonomiche completamente diverse fra loro (motivo per cui in Australia esistono animali unici nel loro genere). Si pensa che possa essersi verificata una conquista del tutto casuale, basata sulla capacità dei denisova di sfruttare particolari c orrenti e mezzi assolutamente rudimentali, per esempio delle zattere. Muovendosi a piccoli passi, saltando da un'isoletta all'altra fra le tante che occupano i mari situati fra l'Oceano Pacifico e l'Indiano. Dove peraltro risiede Flores, l'isola della Sonda dove, nel 2004, venne rinvenuto un altro esemplare "moderno": l'Homo floresiensis (che però negli ultimi tempi si sospetta possano essere solo i resti di un sapiens colpito dalla sindrome di Down). Insomma, ce n'è per poter sviluppare un romanzo ambientato 50mila anni fa; se si pensa che in corrispondenza della linea di Wallace, a quei tempi, ci deve essere stato un gran traffico di specie che puntavano tutte nelle stessa direzione: l'Australia. Certamente, l'Homo sapiens ebbe la meglio su tutti gli altri, tuttavia è sempre più vicina la prova ufficiale che, dove un giorno sarebbero sorte Sidney e Brisbane, migliaia di anni fa sbarcò anche un nostro cugino. © RIPRODUZIONE RISERVATA CITAZIONE FONTE:RIVISTANATURA.COM |
Post n°3387 pubblicato il 14 Aprile 2021 da blogtecaolivelli
Fonte: libere risorse dell'Internet PRIMA PAGINASCIENZA La variante umanaIl teschio dell'uomo di Neanderthal di Le Moustier al Neues Museum di Berlino. © Gary Todd/CC0 1.0 delle varianti del virus SARS-CoV-2. Cosa significa? Quando un virus si replica, il suo genoma a volte cambia leggermente. Questi cambiamenti sono chiamati "mutazioni". Alcune mutazioni possono portare a cambiamenti nelle caratteristiche di un virus. Uno studio appena pubblicato dimostrerebbe che la nostra specie, Homo sapiens, si è generata dall'uomo di Neanderthal (Homo neanderthalensis) proprio grazie a una mutazione del genoma. Ovvero, noi siamo una "variante" dell'uomo di Neanderthal. Gli studi sull'evoluzione si basano tradizionalmente su due strumenti, la genetica e l'analisi dei fossili. Ma nessuno di questi approcci si è dimostrato utile per comprendere lo sviluppo e la funzione del cervello, perché la materia grigia del cervello non si fossilizza e non ci sono, quindi, reperti da studiare. Allora, il professore di pediatria e medicina cellulare e molecolare alla University of California San Diego School of Medicine, Alysson R. Muotri, ha usato organoidi del cervello geneticamente modificati per imitare gli ormai estinti Neanderthal. Un organoide non è altro che un insieme di cellule di un organo che ne simula il funzionamento. Il nuovo studio è stato pubblicato su Science. Muotri ha deciso di provare con le cellule staminali per costruire organoidi cerebrali - dei modellini di cervello - in laboratorio. Il team di Muotri ha così catalogato le differenze tra i genomi di diverse popolazioni umane moderne e i Neanderthal, che vivevano durante il Pleistocene, da circa 2,6 milioni a 11.700 anni fa. Imitando un'alterazione che hanno trovato in un gene, i ricercatori hanno usato cellule staminali per progettare organoidi cerebrali "Neanderthalizzati". Una singola variante con conseguenze immense «È affascinante vedere che un'alterazione di una singola coppia di basi nel DNA umano può cambiare il modo in cui il cervello è interconnesso» ha detto Muotri. «Non sappiamo esattamente come e quando nella nostra storia evolutiva si è verificato questo cambiamento. Ma sembra essere significativo e potrebbe aiutare a spiegare alcune delle nostre capacità nel comportamento sociale, nel l inguaggio, nell'adattamento, nella creatività e nell'uso della tecnologia». Il team ha scoperto che uno dei geni alterati, NOVA1, è un regolatore genico principale, che influenza molti altri geni durante il primo sviluppo del cervello. Gli organoidi cerebrali ricostruiti con il NOVA1 di Neanderthal hanno un aspetto molto diverso dagli organoidi cerebrali umani moderni, anche al microscopio ottico. Scrutando più a fondo, il team ha scoperto che gli organoidi cerebrali moderni e quelli di Neanderthal differiscono anche nel modo in cui le loro cellule proliferano e come si formano le sinapsi, le connessioni tra i neuroni. Anche le proteine coinvolte nelle sinapsi sono diverse. E gli impulsi elettrici non si sincronizzano bene nelle reti degli organoidi cerebrali di Neanderthal. La capacità di applicare l'approccio comparativo degli esseri umani moderni ad altri ominidi estinti è un campo di studio completamente nuovo. Alysson R. Muotri studia applicazioni terapeutiche personalizzate per il disturbo dello spettro autistico e altri disturbi neurologici con origini genetiche. |
Post n°3386 pubblicato il 14 Aprile 2021 da blogtecaolivelli
Fonte: libere risorse dell'Internet Banksy ci mette la firma. È suo il murales della prigione di Oscar Wilde Un fuggitivo scappa dalla prigione di Reading con una macchina da scrivere. È Oscar Wilde, e l'opera è di Banksy Solo qualche giorno fa, critici d'arte, esperti e appassionati si affannavano per cercare di comprendere di chi fosse la firma del murales apparso sui muri della prigione di Reading. Certo, quello stile inconfondibile aveva già fatto avanzare delle ipotesi, ma la mancata rivendicazione da parte di Banksy aveva lasciato ancora qualche dubbio. L'opera, apparsa improvvisamente sulle mura del carcere, raffigura un prigioniero intento a fuggire attraverso una corda fatta di lenzuola, legate a una macchina da scrivere. I lineamenti del fuggitivo ricordano inevitabilmente quelli di Oscar Wilde che, ricordiamo, rimase nella prigione tra 1895 e il 1897. La macchina da scrivere, poi, sembra confermare l'ipotesi. Il celebre scrittore fu condannato e portato in carcere a causa della sua omosessualità confermata dalla relazione con Lord Alfred Douglas. La prigionia fu raccontata nella poesia La ballata del carcere di Reading. Oggi il carcere di Reading, situato nell'omonima cittadina a circa 50 km da Londra, è allo stato di abbandono ed è stato messo in vendita dal governo britannico. Tuttavia, negli ultimi tempi, è stata avanzata l'ipotesi di trasformarlo in un complesso artistico e, il murales sposerebbe alla perfezione la volontà da parte dello street arter di sostenere l'iniziativa. Del resto, l'opera di Banksy è conosciuta e apprezzata proprio per l'autentica rappresentazione della società e dei suoi problemi. Non è difficile, quindi, immaginare che ci sia proprio l'artista ribelle dietro a questo murales. E vi confermiamo che, chi aveva ipotizzato fosse stato Banksy a realizzare l'opera, ci aveva visto giusto: l'artista più famoso e misterioso del mondo ha, infatti, rivendicato la paternità del murales con un video diffuso sui social. Il motivo che si cela dietro a questa creazione sta proprio nel sostegno, da parte dell'artista, di salvare la prigione. Diverse istituzioni sono già all'opera per far sì che il progetto si concretizzi e la campagna portata avanti ha coinvolto anche diversi protagonisti dello star system, tra i quali Kenneth Branagh, Natalie Dormer e Judi Dench. A questi, ora si è aggiunta anche la voce, o meglio la firma, di Bansky. Nel video pubblicato dallo street arter, vediamo il writer inglese all'opera di questo murales. Alla fine della clip una voce sembra annunciare il senso dell'opera: "Dipingere per me rappresenta la libertà". Banksy, il murales sui muri del carcere di Reading porta la sua firma |
Post n°3385 pubblicato il 14 Aprile 2021 da blogtecaolivelli
Fonte: libere risorse dell'Internet PALEONTOLOGIA Haszkaraptor escuilliei, il più bizzarro dinosauro mai scoperto GIANLUCA GROSSI13 DIC 2017 Un'anatra? Un cigno? Un pinguino? Macché. È un dinosauro vissuto 70 milioni di anni fa in Mongolia. E cosa c'entrano animali tanto diversi? C'entrano, perché la specie che esaminiamo oggi non ha quasi nessun carattere appartenente al mondo dei rettili; ma anzi, mostra molte particolarità riconducibili all'universo degli uccelli. E perfino a quello degli anfibi. Il riferimento è a Haszkaraptor escuilliei, nuova specie non a caso riconducibile tassonomica- mente al Velociraptor, tuttavia lontana da qualunque dinosauro considerato finora. È in giro da un po' di anni, ma solo ora la scienza ha potuto far luce sulla sua natura; coinvolgendo anche scienziati dell'Università di Bologna. Prima d'ora, il fossile dell'animale, era infatti passato di mano in mano fra i bracconieri che da sempre invadono la Mongolia a caccia di fossili da rivendere nel mercato nero; per fortuna questa volta la catena di compravendita si è interrotta e l'animale è giunto in un laboratorio scientifico. Dove è stato scandagliato da cima a fondo, utilizzando anche prospetti tridimensionali. Insomma, quello che è emerso ha lasciato esterrefatti gli scienziati che ancora si chiedono come potesse vivere un dinosauro con una fisionomia tipica di un volatile. Le ricostruzioni in 3D non lasciano dubbi. Era un dinosauro con il collo di un cigno, la testa di un'anatra e il corpo di un pinguino. Un mix incredibile che ha permesso ai ricercatori di indagare sulla sua quotidianità; di fatto, strettamente dipendente dall'acqua. E qui risiede la prima grande differenza con il mondo dei grandi rettili del Cretaceo. Finora si è sempre pensato ai rettili del passato come ad animali che avevano rotto la loro intima relazione con l'acqua, mostrando l'importante capacità evolutiva di riprodursi sulla terraferma, dando vita a piccoli che potevano svilupparsi indipendentemente dalla stretta sinergia con il corso di un fiume o le rive di un lago. Ora, invece, si tratta di animali che pur avendo conquistato un livello evolutivo maggiore, mantenevano un comportamento analogo a quello degli anfibi; o, appunto, di molti uccelli. Ecco spiegato il becco dell'anatra e il collo del cigno. Con queste fattezze era permesso loro di interagire con i bassi fondali di uno specchio lacustre per recuperare cibo in quantità. E laddove non arrivavano gli espedienti anatomici espressi da un becco, entravano in gioco i caratteri più rettiliani: come gli artigli a falce, con cui molti dinosauri dilaniavano le proprie prede. Le analisi svolte, infine, appurano che Haszkaraptor escuilliei fosse un rappresentante dei teropodi che coloniz- zarono il mondo da 230 milioni di anni fa all'ultima grande estinzione di massa. I teropodi comprendevano anche molti pescivori, animali con una dieta che non poteva prescindere da un dialogo costante con l'acqua. Peraltro è proprio da qui che ebbe origine il ramo evolutivo che portò all'affermazione degli uccelli e a similitudini morfologiche come la forcula, un osso formato dalla fusione delle clavicole; che ancora oggi spiega l'incontrovertibile legame fra volatili e dinosauri. © RIPRODUZIONE RISERVATA E CITAZIONE FONTE:RIVISTANATURA.COM |
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