Post n°68 pubblicato il 24 Aprile 2010 da blu_dada
Escape
Aveva deciso di partire all’ultimo momento, in preda al desiderio irrefrenabile di voler essere altrove, nei luoghi che lei amava tanto. Il viaggio era stato breve e confortevole. Era arrivata all’aeroporto e un tassì l’aveva condotta all’albergo nel centro della città. Non amava gli alberghi mastodontici, apposta ne aveva scelto uno piccolo, tipico e caratteristico in cui si respirava l’aria di quel posto. La camera era spaziosa, con un colore delicato alle pareti e mobili leggeri. Sul muro dietro al letto c’era la classica carta da parati provenzale nei toni di un azzurro tenue, in pendant con la tappezzeria della sedia accanto allo scrittoio. Ma la cosa più bella era la grande finestra che affacciava su uno dei quartieri più affascinanti della città. Aprì le tende e lasciò le imposte spalancate, in modo da vedere fuori mentre si muoveva nella stanza. Tirò fuori dalla valigia solo l’indispensabile. Fece una doccia e si vestì in fretta. Indossò un leggero soprabito, il suo filo di perle e non dimenticò il profumo. Da sempre usava un’essenza esclusiva, una sola goccia bastava a segnare il suo passaggio. Immaginò per un momento che il suo profumo sarebbe rimasto lì, anche dopo la sua partenza. Quel pensiero la rincuorò, perché sapeva che, presto, sarebbe ritornata a casa. Doveva. Nell’ascensore, mentre scendeva, si guardò di sfuggita allo specchio e vide nei suoi occhi rilessi una nota di felicità. Era piacere misto all’eccitazione e alla soddisfazione. Ce l’aveva fatta. Lasciò le chiavi alla reception e si tuffò fuori. Era per strada: Montparnasse Boulevarde. Camminò a lungo, spingendosi fino al Boulevard di St. Germain, e girò fra le librerie i negozi d’arte fino a tardi. Aveva fame di quel luogo, respirò avidamente quell’aria. Quasi la divorò. Era come ubriaca, stordita da tutto quello che era nei suoi occhi, nelle sue orecchie, sulla sua pelle. Sentiva la testa che le girava o era Parigi che girava intorno a lei? Incrociò un giovane uomo che, in un primo momento, la guardò distrattamente, poi si girò quasi sorpreso da quello sguardo indefinibile. Quando arrivò al bistrot, trovò tutto come lo ricordava, le poltroncine di vimini, i tavolini, i vasi pieni di fiori e tutto il resto. Si sedette e ordinò da bere. Poco dopo, il cameriere le portò il suo drink e le chiese se desiderava ordinare da mangiare. - Aspetterò ancora un po’.- Rispose, con un lieve sorriso... ma non sapeva cosa stesse aspettando. O chi. Un attimo dopo il suo volto s’incupì. Si chiese se era davvero a Parigi o stava semplicemente sognando. Si riprese subito e decise che non le importava sapere, dopotutto stava così bene a quel tavolino. Solo questo contava.
Il cervello è un organo straordinario. Con un balzo arriva in posti lontani e mi fa immergere in quei luoghi. Lo lascio libero di andare, di saltellare qua e là, di volare. Instancabili neuroni lavorano, dipingono case e strade, fanno vedere colori, sentire profumi, suoni, sapori. A volte, mi sorprende la fine del viaggio, perché non so se mi rimane un ricordo, o solo un sogno svanito.
Post n°67 pubblicato il 19 Aprile 2010 da blu_dada
Scale
Una mela pink lady. Buccia liscia e polpa croccante. Lavata al volo, un minuto prima di uscire e ficcata in borsa. Il mio spuntino di metà mattina. Come quando andavo in prima elementare. Ricordo che mia madre mi preparava il cestino, con dentro la merenda; poi, in una tasca del mio grembiulino metteva qualche caramella e nell’altra un fazzolettino ricamato con la mia iniziale. Quel fazzolettino aveva il profumo della sicurezza. Ormai sono grande, e devo pensarea me... da sola. Eppure stamane, mentre facevo quel gesto banale, mi ha colto un’insulsa tristezza. Sarà che regredisco, ma mi ha sorpreso la voglia di essere accudita come una bambina. Avere qualcuno che si prenda cura di me... senza che io chieda. Una tantum, vivere un giorno senza responsabilità... alcuna. Mettere da parte il senso del dovere per gli altri e tutto il resto. Ma è più forte di me, è come un vortice che mi inghiotte. Scendo il primo gradino... e precipito fino in fondo sulla scala dei miei giorni. È da sempre che mi concedo il piacere solo dopo il dovere. Oggi invece, avrei voglia di scappare, di volare via, con quella spensieratezza dentro che fa sentire in pace con il mondo, ma soprattutto con se stessi. Perché in fondo è questo che vorremmo tutti, stare in pace con noi stessi. Avere la coscienza a posto e nessun senso di colpa che si insinua. . . . . . .
Post n°66 pubblicato il 13 Aprile 2010 da blu_dada
Post stupido
Mi sei mancata da morire. Ti amissimo. ( si può dire - Ti amissimo?-)
Ti penso cucciola. Dove sei? Non vedo l’ora di abbracciarti. Scusami se non ho avuto molto tempo da dedicarti ieri... ci rifacciamo stasera? Ti amo troppo. Non posso più stare senza di te... quando arrivi? Ci siamo appena lasciati e già mi manchi. Buonanotte amore, ti sognerò tutto il tempo.
E altre frasi sul genere....
E tanti: Ti amo Ti amo Ti amo
Ecco:
Sul mio cellulare arrivano messaggi di questo tipo. Non sono per me. Lo so. Un po’ mi diverte leggerli. Un po’ mi confortano, anche. L’amore è sempre bello, persino quando è quello di qualcun altro. E quelle parole, anche se non sono per me, mi sfiorano lo stesso. Tutto sommato, non sono, poi, così stupide. . . . .
PS: In verità... ho prestato il mio cellulare a mia figlia, in qualche occasione. Perché quello suo è sempre scarico, sempre senza un centesimo di credito. Il suo ”innamorato” continua a mandarle messaggi d’amore. Ma... non sa che arrivano a me. :-) . . . .
Post n°65 pubblicato il 11 Aprile 2010 da blu_dada
Certi gioni
In primavera è facile imbattersi, camminando per strada in quei chioschetti pieni zeppi di fiori. Così invitanti, colorati, profumati. Impossibile resistere.
Ecco, stamattina ho comprato per me, un enorme fascio di fresie. Hanno un profumo così gradevole e duraturo. Chissà perché, ci aspettiamo sempre che siano gli altri a regalarci dei fiori. Io non me li nego. E poi, è bello camminare con un mazzetto di fiori che hai comprato solo per te. Farsi una gentilezza, per il puro gusto di trattarsi bene. Serve. Ci sono certi giorni che hai proprio voglia di tenerezza. . . . . . . .
Post n°64 pubblicato il 07 Aprile 2010 da blu_dada
Tre parole
Lunedì sera, dopo una passeggiata al mare. Freddo e ancora pioggia. Alcuni amici davanti al camino acceso. Si rideva, si mangiava... si parlava del più e del meno. Poi, siamo scivolati su una frase. Sentita e detta tante volte... - Ti voglio bene.- Banale? Non credo.
Ne abbiamo parlato a lungo ed ognuno aveva la sua idea. Perché queste tre parole : “ti voglio bene”? È un - Farò di tutto per vederti felice? - Anche a costo di? Ma se costa far felice l’altro... allora non è voler bene. O, è implicito nel voler bene, quel rinunciare che non pesa? Si può voler bene a prescindere? Ecco, così ha detto uno dei presenti... Non sono molto d’accordo. Anzi per niente. Per me è un po’ pensare con la mente di chi vuoi bene. Conoscere di che cosa ha bisogno, cosa desidera.
Donare un sorriso Rende felice il cuore. Arricchisce chi lo riceve Senza impoverire chi lo dona. Non dura che un istante, Ma il suo ricordo rimane a lungo. Nessuno è così ricco Da poterne fare a meno Né così povero da non poterlo donare. Il sorriso crea gioia in famiglia, Da sostegno nel lavoro Ed segno tangibile di amicizia. Un sorriso dona sollievo a chi è stanco, Rinnova il coraggio nelle prove, E nella tristezza è medicina. E poi se incontri chi non te lo offre, Sii generoso e porgigli il tuo: Nessuno ha tanto bisogno di un sorriso Come colui che non sa darlo.
Faber . . . .
L’uomo da solo non ha significato... è misero. Sorridere è come aprire la porta del proprio mondo e concedere agli altri di farne parte... anche per un solo momento. In fondo, siamo esseri umani bisognosi del tocco di altri esseri umani. È questa l’unica verità “vera”, il significato della nostra esistenza. Siamo tante gocce che vogliono farparte dello stesso mare.
Oggi sorrido a voi tutti e vi lascio il mio tocco... blu ovviamente.
Primi raggi di sole, tepore che viene annusato dalle formiche che escono affamate dai loro nidi. Sanno che è tempo di uscire. Non sono indecise, sanno dove devono andare, che è arrivato il momento di ricominciare. Riprendono la loro interminabile lotta per la sopravvivenza. Soldatesse che marciano in fila indiana senza mai perdersi. Così piccole, ma così forti, formiche guerriere senza paura. Non si scoraggiano mai. Sarà questo il loro segreto. Non si arrendono, continuano sempre a procedere. Instancabili. Tenaci. Fiduciose... cercano. Mi incanto davanti alla loro caparbietà. . . Stasera nell’aria c’è il profumo di foglie appena nate e di fili d’erba bagnati. Annuso quest’aria nuova. Un’aria che mette voglia di fare cose buone. O, semplicemente, voglia di stare bene. Mi sento fragile e forte allo stesso tempo. Come una formica che esce dalla sua tana dopo l’inverno e si affaccia a nuovi giorni, continuerò a cercare la vita dentro e fuori di me. E il blu del cielo. Ancora e ancora, nonostante tutto. E quella forza interiore,che conduce a non perderti, anche se ti senti perso, non la perderò. Mai.
Quando ero piccola facevo un gioco con mio padre. Il gioco consisteva nel lasciarmi cadere all’indietro, a peso morto, senza la minima paura. Mi fidavo ciecamente. Sapevo che c’erano mani che mi avrebbero presa, che non sarei caduta e non mi sarei fatta alcun male. E la sensazione che provavo non era quella di cadere, ma quella di essere al sicuro. Anche in quella situazione pericolosa. A volte penso a quanto mi manca lasciarmi cadere, come quandomi affidavo alle mani di mio padre. Quel sentirmi al riparo da ogni male. Non è semplice nostalgia. O la voglia di ritornare “figlia-bambina”. Riaffiora dal profondo il bisogno antico di protezione, di avere qualcuno che dica: - Stai tranquilla, ci penso io. - E allarga le braccia per sorreggerti. Il bisogno di poter mollare la presa, perché sai che c’è qualcuno che tiene duro solo per te, che si offre di portare il tuo peso. E sei presa da una meravigliosa sensazione: non hai paura, né preoccupazioni. La tua mente è libera. Ti senti leggera,non riconoscente... solo al sicuro.
Sovente, siamo noi a non volerci fidare, o affidarci ad altre mani. Crediamo che possiamo farcela da soli, ma non è così. Dopotutto... siamo solo essere umani, bisognosi e deboli, a volte. Ma non vogliamo ammetterlo.
Sarà questa primavera che non accenna ad arrivare. Sarà questo freddo, questo grigio intorno Sarà questo continuare di giorni sempre uguali. Sempre pieni e sempre vuoti. Sarà questo perenne senso di attesa. Sarà che sono sempre io quella che deve capire. Sarà questa voglia di non fare e dover fare. O la voglia di fare ma non riuscire a fare. Sarà che vorrei partire... cambiare aria, luoghi, facce. O, ritrovare le vecchie facce... Sarà questo desiderio di cielo blu e di certezze. Sarà oggi... Sarà solo un momento...grigio.
Semplice probabilità: due cromosomi che si accoppiano, XX, o XY.
Il gioco è fatto... si nasce femmine o maschi. Un piccolo cromosoma che determina così tante differenze, ha del miracoloso. Ma al di là del sesso, non dimentichiamoci chi siamo: Persone, piccoli universi vaganti. Ogni donna dovrebbe avere questa consapevolezza. Come ogni uomo. Ecco... io sono XX, per puro caso. Ho un cervello, un cuore e delle mani per fare. Rido, piango, mi emoziono, penso. Sono una persona. Non sono meno di nessun’altra persona. Non mi sento meno e non mi sento più. Non ho bisogno di sentirmi meglio, solo di sentirmi bene, sapendo chi sono. Sono una donna che sa di essere una persona. Una persona che è femmina: una XX solo per caso. Non si sceglie di essere femmine o maschi. Succede. Donne si diventa. Uomini si diventa. Non più per caso, non per semplice probabilità.
Oggi 8 marzo, me ne starò a casa, come sempre. Non seguirò la triste tendenza dei “bagordi” nei locali, trasformando il significato di questo giorno in altro. Pessimo altro. Semplicementericorderò chi sono. Se qualcuno mi donerà un rametto di mimosa, lo accetterò e ricorderò tutte le donne che, solo per essere state donne, hanno pagato un costo. E tutte quelle che continuano a pagarlo, urlando o in silenzio. E tutte quelle che non sono rispettate, come delle persone. Ma non le dimentico negli altri giorni. No, non dimentico, mai. Come non dimentico tutte quelle che essendo donne dimenticano chi sono, non rispettando più se stesse. E me ne dispiace tanto, perché sono donne, XX come me. Ma non basta essere XX per essere donne. Come non basta essere XY per essere uomini.
Inviato da: mastro.zero
il 16/01/2019 alle 22:11
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il 19/11/2014 alle 10:02
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il 10/10/2014 alle 19:09
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il 10/02/2012 alle 13:59