Creato da fbellbra il 24/02/2007

CAFFE' AMARO

una piccola pausa, tra sogno e disincanto

 

 

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una felicità di rubinetto

Post n°8 pubblicato il 10 Marzo 2007 da fbellbra

immagineCaffè: amaro. Su questo non c'erano dubbi.
Uno joghurt di quelli alla frutta ma con 0,1% di grassi, 40 g di pane toscano e 30g di marmellata senza zucchero. Poi una mela a mezza mattina. A pranzo 80 g di pasta, pomodoro senza soffritto e senza sale, 1 cucchiaio di olio a crudo e 1 di parmigiano. Verdura a piacere. Un altro joghurt 0,1 oppure un'altra mela a mezzo pomeriggio. A cena 180 g di carne bianca, 10g di olio a crudo, 50 g di pane. Niente sale. E sempre verdure a piacere. E sempre acqua, acqua, tantissima acqua. Un litro e mezzo al giorno, minimo. Ma se alla sera vado in palestra meglio invertire il pranzo con la cena e mangiare la pasta un pò prima di fare sport in modo da bruciare gli zuccheri e avere dunque l'energia necessaria. E' vero. Facendo così riesco a correre anche 20 minuti a 8.0 e senza fiatone.
E se questa fosse la ricetta della felicità? No, non sto parlando della dieta. Vado oltre.
Io pensavo la felicità fosse cioccolato bianco che si scioglie lentamente nel palato, gorgonzola piccante in abbondanza sugli gnocchetti sardi, oppure pomodori secchi appena scolati dall'olio da mangiare insieme ai Bibanesi. Credevo che la felicità fosse gelato alla panna, un poco scongelato, da raccogliere direttamente dalla vaschetta Carte d'Or con cucchiaio grande. Credevo fosse la Coppa Lasagne della gelateria sotto il campanile di Auronzo. O, perchè no, meringata di compleanno e tiramisù come lo fa la mamma, parmigiana al forno, patatine al mais, torta al cioccolato fatta dalla mamma di Mauro e Titti o cioccolatini Lindt con la confezione rossa.
E invece può esistere anche una felicità fatta di joghurt ai frutti di bosco, come piacciono a me, ma che invece di essere con la panna, deliziosi, della Muller, sono con 0,1 % di grassi e tutto sommato non fanno schifo. E magari anche una felicità fatta di marmellata senza zucchero o di pane senza sale. Niente a che vedere con una fetta di pandoro spalmata di nutella, ma a colazione può bastare anche così.
Insomma, quello che voglio dire è che forse sbagliavo a misurare la felicità secondo il grado di intensità delle cose o dei sentimenti. Forse non dipende dalle cose. Ma dell'equilibrio che riesci a creare tra di esse. Vivere è un pò come stare a dieta: non significa non mangiare, ma semplicemente mangiare regolare. Misurare le quantità ed eliminare gli eccessi. Cercare un equilibrio tra ciò che desideri e ciò che ti è permesso desiderare. La felicità come benessere, come dilatazione, come quiete.
Ma che ne è delle passioni, delle trasgressioni, dei sapori forti?
Beh, a cosa si trasgredisce senza una regola? Qual è il sapore forte quando si mangia tutto piccante? E qual è la vera passione se non quella che scaturisce come un impulso lì dove pare esserci calma piatta?
La mia felicità può essere silenzio e buio. Assenza e disincanto.
Un caffè amaro.
La mia felicità può essere acqua. Non acqua salata, non acqua di mare, non l'acqua cristallina di un'isola. La mia felicità è acqua di rubinetto. Un litro e mezzo, minimo.
In questo momento la mia felicità è una tazza di tè al gelsomino, tutta per me.
Buon compleanno, franci.


 
 
 
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