Creato da dobladillaa il 24/09/2006

il canto del gitano

ululare alla luna

 

 

Fango

Post n°26 pubblicato il 19 Febbraio 2008 da dobladillaa

 
 
 

piccolo mondo senza suoni

Post n°25 pubblicato il 14 Febbraio 2008 da dobladillaa

stoffe e abiti colorati che si fanno trastullare dal vento mi distraggono.

 frutta e verdura che si fanno vendere per la loro bellezza,senza che nessuno sia interessato al  sapore.

carni sanguinolente che sbattono la loro morte sul viso di donne appesantite dal mattino,dalle esperienze e dai sacchetti.

odori e profumi di fiori, di cose dimenticate,marcite,caplestate,che si mescolano a quelli di persone che si muovono tra i rumori.

non li sento,i mercanti,mentre mi lusingano con occasioni irripetibili, mi seducno con sapori di terre lontane, mentre mi stordiscono con le loro urla senza verbi. cammino tra le loro bocche che si agitano e mi lascio confondere dalle mani che mi cercano,dai corpi che mi trovano e mi perdono sul loro cammino e non ascolto.

filtra la luce tra i tetti scuri dei banchi e illumina i resti del giorno sull'asfalto.

basta che una mela sia ammaccata perché nessuno la voglia,perché si ritrovi a rotolare tra i piedi della gente.

a raccoglierla è un barbone, che tra i piedi della gente trova di che vivere.

non le sento le voci tremolanti dei vecchi contadini, ma vedo la loro vita che cammina sulle strade che gli si aggrovigliano sul viso.non ascolto le imprecazioni che sputano sull'aria,ma osservo le loro mani abbrutite dal lavoro che accarezzano un fiore.

uno zingaro mi mostra il suo sorriso sdentato e in un inchino mi augura la felicità e attende che paghi l'augurio con qualche moneta,perché lo sa bene è più facile essere felici quando non si deve pensare a sopravvivere.

ma io non sento,non vedo,non parlo. guardo,solamente.

nascono strani amori in questo luogo. amori di uomini che inseguono con lo sguardo giovani donne e pensano ad una vita intera in un istante. amori di donne sole che spendono i soldi per cene ricche che non cucineranno a nessuno. amori di bambine che ringrazieranno un vecchio per un gioiello senza valore. amori di persone che cercano un po' di calore nelle voci, nei corpi che si scontrano.

filtra la luce tra i banchi scuri e illumina i resti del giorno sull'asfalto..

 
 
 

Visi di Carta

Post n°24 pubblicato il 30 Novembre 2007 da dobladillaa
Foto di dobladillaa

sto moltiplicando tutti i loro visi.

ho un po' la pretesa di poterli far rinascere dalle mie mani.

o forse solo la speranza di poterli far passare attraverso il mio corpo e la mia mente,per poi generarli ancora e ridargli la libertà,lasciandogli la consapevolezza di me.

magari è solo per l'illusione di potermi sentire avvolta dalla loro presenza.

posso odiarli ed amarli,lasciarli nell'ombra e donargli la luce, posso farli piangere e sorridere, abbassare il loro sguardo e costringerli a tenerlo sul mio.

posso restare a comporre monologhi confusi e pretendere che li ascoltino mentre prendono corpo,mentre sbaglio e ricomincio,mentre mi fermo a sospirare,senza temere che se ne vadano.

resto anche in silenzio ad accarezzare i loro capelli, senza poterli scomporre.

sto creando un esercito di spettri,probabilmente per potermi sentire diversa da loro.

presto saranno tutti con me e anche se la loro forma non mi potrà mai donare il calore di un corpo e la morbidezza del movimento, so che se resteranno in silenzio,sarà solo perché non possono fare altrimenti. 

 
 
 

Divinità nell'ombra

Post n°23 pubblicato il 25 Ottobre 2007 da dobladillaa
Foto di dobladillaa

ti guardo.

 dal basso della piramide osservo la tua sagoma in controluce.come sei bello,così scuro,così indefinito. Allungo una mano verso il tuo cielo e provo a farti restare in bilico tra le dita. Scivoli lentamente sul palmo della mia mano tesa Tengo sulla pelle l'ombra di un uomo. Sai appartenermi  solo come sagoma enon temi la mia stretta,ma semplicemente ti assopisci sul calore di un corpo.

ti guardo.

Potrei spostarmi verso l'ombra per farti sparire,per perderti e dimenticarmi di averti tenuto sospeso su una mano,ma soche se lo facessi, continuerei a cercarti in ogni linea senza luce.

Sei così piccolo e leggero su di me, che avverto solo il peso del silenzio, quando smetti di respirare per qualche istante.. Hai paura di me anche se non posso ferirti. Sai cosa vorrei dirti ogni volta che comincio a parlare,perché tu sai ascoltare soprattutto tutte le parole che restano nascoste tra le altre che scivolano.

Abbiamo due consistenze così diverse l'uno nell'altra,che non so immaginare come poterti amare.

Sei qui,adesso ed io  non ho più nessun dio.

 
 
 

Post N° 22

Post n°22 pubblicato il 03 Ottobre 2007 da dobladillaa
Foto di dobladillaa

è molto tempo che non faccio della mia vita parole.

per troppo tempo,infatti sono venute a mancare.

adesso che il tempo mi è trascorso addosso come una vecchia pellicola e vedo i ricordi muoversi velocemente e in modo sgraziato,adesso che anche quelli più prossimi sembrano essere lontani,adesso,dopo molto tempo,di nuovo,scrivo.

ho conosciuto così tante persone da sospettare d'aver dimenticato molte cose appartenute a quel passato che ho tanto odiato,per poter ricordare i loro nomi ed i loro visi.

ho provato così tante sensazioni da provare compassione per quella parte di me che si crogiolava in quelle poche emozioni che sembravano bastare.

ho scoperto di avere così tante pretese da non poter più tollerare di accontentarmi di ciò che il cielo lascia cadere come avanzo.

ho smesso di sognare,di sperare,di illudermi. ho imparato a sfidare sempre il peggio come unica possibilità,perché non potesse mai davvero arrivare ad essere sé stesso e così ho imparato ad assaporare ogni istante,senza attendere il seguete.

ho imparato a non avere la pretesa di amare e di essere amata sempre e per sempre. l'amore ha i suoi misteri. adesso amo tutte le volte che ne ho voglia e smetto di farlo quando non ne vale la pena. l'amore non ha bisogno di aggrapparsi ad un viso,per essere tale. se esiste,esiste solo come necessità da sprigionare...e può anche disperdersi.

in fondo la donna si prepara ogni mese ad amare,a ricevere amore e a creare con esso la vita,ma non ogni mese questo accade e tutta questa materia eterea si disperde.

ogni sera,quando saluto le persone che amo e che odio intorno,lo faccio come fosse l'ultima volta che potessi amarle,odiarle e comunicare la mia esistenza.

quando vado a dormire non ho più paura di lasciare andar ei miei sogni a desideri proibiti,perché se non dovessero attualizzarsi nel reale comune...lo avranno fatto nel mio.

questa è la mia vita ed ora ne sono felice.

 
 
 

L'anima in un sorso

Post n°21 pubblicato il 28 Gennaio 2007 da dobladillaa
Foto di dobladillaa

                                                       

 

 

 

mi domando cosa ci faccio qui,adesso.

le osservo intorno,che parlano,che ridono e si scambiano nomi e racconti come respiri,che si truccano e fumano.

l'aria è pesante in questa stanza, viziata dai ricordi e dal colore denso del fumo,che ci trasforma in un presente torbido.

mi torna alla mente tua madre,sparita a poco a poco dietro questa stessa nebbia che assorbi quasi per paura che possa andare perduta. 

non mi hai mai chiesto di ascoltarti piangere,non hai mai voluto ascoltarmi piangere. andiamo a una festa stasera.

è tardi. la notte giace,fredda e immobile lontana da qualsiasi giorno che possa animarla. La notte,la morte della luce.

Come tanti altri sprechiamo sorrisi distratti tra quelle pareti strette e veloci che ci trasportano verso la nostra stessa dimenticanza;illusi che possa servire,certi che al ritorno saremo come prima,in cerca,di nuovo,di qualcosa che possa servire.

Mi guardano e cercano di indurmi a mandare giù la mia anima in sorso. Mi dipingerei la pelle,tra gli aborigeni; fumerei per la pace,tra gli indiani. Tra loro devo solo bermi l’anima.

Ecco,adesso la sento rannicchiata nello stomaco,che neanche cerca più di risalire. È strano guardare solo con gli occhi,quando l’anima non può vedere.

Le immagini mi si strusciano nella mente,lente e pesanti, poi si fanno inspirare dal buio delle pupille e rigettare fuori e in un piccolo vortice si ricompongono e continuano a sfilarmi davanti.

Mi domando quanto siano lontani i miei piedi. Non mi sentono. La testa è pesante e si fa confondere dal loro fuggire disordinato.

Mi domando cosa ci faccio qui,adesso.

La musica degli altoparlanti che cantano dall’alto verso il basso mi tiene sospesa e solo le membra restano molli e inermi di fronte al ritmo che rimbomba. Ho lo sguardo socchiuso come una finestra al chiarore accecante del tramonto.

Intorno a me altri sguardi socchiusi,altri burattini sospesi ai fili del Ritmo,altri illusi che bersi l’anima possa servire.

Vigliacchi.

Si confondono le  reminiscenze con ciò che accade ed entrambi fanno meno male nell’inconsapevole oblio.

Sfumerà tutto,un po’ come tua madre,dietro questa nebbia, ma a noi sarà possibile tornare a casa e fingere che non sia accaduto niente. Ancora una volta.

Le parole che scorrono veloci,ricominciamo a sprecare sorrisi e a fare inchini alla convenzione. Si sta facendo giorno.

Non è altro che un solo, fottuto e insignificante attimo quello che trasforma la vita in morte,il giorno in oscurità, l’asciutto in bagnato, la lentezza in velocità.

Rido,parlo,mi fermo,penso. Una luce rossa,il fumo, i tuoi capelli scompigliati che si disegnano nelle mie immagini. Cazzo. Devo uscire,non si apre,aspetta, non capisco, sono fuori,scavalchi il sedile,esci,stiamo in piedi.

Quello che è successo,la rabbia,lo sgomento,chiamare aiuto,non c’è tempo per capire. Mi sento male. No. Mi sento bene. No. È a terra,voglio andare  via,non piangere,telefona,ho paura.

La mia anima è ancora in fondo a me stessa,per questo non piango,non rido,non capisco. Tremo un po’.

Va tutto bene. State tranquilli,sono sola,si deve imparare ad esserlo,mi portano via di qui.

Sono io,non so chi sono,troppe domande, scusate,con la sirena non sento mia madre,va tutto bene,è solo la prassi,guardo il vetro,siamo arrivati,aspetto il mio turno,ho bisogno di parlare.

E di nuovo lentamente riprende a vivere il mondo intorno. Il mondo del mattino, affaticato e stordito, dopo la lotta contro il buio.

Non piangere e non sentirti in colpa, volevo andare a quella festa,perché anch’io come te,avevo bisogno di vedere il mondo solo con gli occhi,per un po’.

Adesso torniamo a casa a dormire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

non figlio

Post n°20 pubblicato il 30 Dicembre 2006 da dobladillaa
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"no, non potrei, mi dispiace. anche tu potessi guardarmi, non riusciresti a farmi cambiare idea".

pensava ad alta voce e camminava avanti e indietro per la stanza.

non se ne sarebbe più andato, come un tatuaggio,con i suoi significati nascosti, con quello che ricorda, ma a differenza di esso avrebbe potuto respirare, camminare,parlare e avere bisogno di lei.

non avrebbe potuto essere la culla di una vita, lei, che della vita si era quasi convinta di poter fare a meno.

questa volta non sarebbero bastate due dita in gola per liberarsi di ciò che la faceva sentire inadeguata.

non le sarebbe restato che essere vigliacca e farlo morire finché non avesse potuto difendersi.

"se ci sei, vattene". ripeteva sussurrando con voce stanca.

teneva stretta tra le mani la verità e negli occhi chiusi il coraggio per guardarla. nei respiri tratteneva la sua innocenza e nella mente era già donna, senza sapere come  fosse arrivata ad esserlo.

si fermò di fronte alla finestra e abbassò lo sguardo. si portò una mano al ventre e accennò una carezza.

in fondo non sarebbe stata colpa sua.  forse, in quel momento anche lui avrebbe fatto di tutto per riuscire a divincolarsi dall'abbraccio mucoso della vita, dentro di lei, forse le avrebbe sussurrato, con voce stanca: " se non mi vuoi, lasciami".

se non ce l'avesse fatta a tornare non-vita, se avesse dovuto farsi ferire gli occhi dalla luce, avrebbero potuto tenersi per mano e odiarsi ed amarsi insieme, per non sentirsi in colpa e non sentirsi soli.

continuava ad "accarezzarlo".

non so dire se non ci sia mai stato o se sia riuscito davvero a scivolare via, in silenzio, così come era arrivato, per non dover vedere  negli occhi di quella che avrebbe duvuto ( e non voluto ) essere sua madre, il suo riflesso. perché sapeva che in quegli occhi avrebbe per sempre galleggiato nell'ombra di un passato che non lo comprendeva se non per errore e che non avrebbe voluto conoscerlo.

solo ironia,quella della Vita, che crea se stessa per non desiderarsi vivente.

fece come per abbracciarlo, dentro il suo corpo, stringeno le braccia intorno a quello che avrebbe potuto essere  il suo rifugio e cominciò a dondolare dolcemente, con gli occhi ancora chiusi, senza il tempo nei pensieri.

immaginava come sarebbe stato essere scrutata da chi avrebbe potuto dedicarla la prima parola, da chi avrebbe trovato nel suo calore, la forza di abbandonarsi al sonno e nei suoi respiri il coraggio di darle fiducia.

si sedette sul letto stringendo forte la risposta tra le dita. fece un respiro profondo e lentamente aprì lo sguardo versodi essa.

non esisteva.

disse che solo una lacrima le aveva bagnato il viso. solo una, piccola, tiepida, trasparente,umida e fragile, come una vita.

 
 
 

Mimo

Post n°19 pubblicato il 18 Dicembre 2006 da dobladillaa
Foto di dobladillaa

immobile.

le persone gli passavano davanti distratte, alcune parlavano, altre ridevano, c'era chi frugava nella borsa senza sapere cosa stesse cercando,forse per non dovere affrontare la fissità dei suoi occhi. uomini d'affari che parlavano al telefono e camminavano veloce, ragazzi con lo sguardo assente, bambini che gli saltellavano intorno,giovani donne che si facevano ammirare.

le luci, il brusio, la mobilità dei gironi di festa.

restava immobile.

in questo consisteva il suo lavoro: doveva abbandonarsi all'inerzia della staticità e lasciare che il movimento gli  scivolasse sugli occhi.

il giorno gli si svegliava sul  viso, trascorreva la luce sulla sua pelle, le ombre giravano intorno ai suoi lineamenti.

il passare del tempo, che per tutti era un'ossessione da sfidare e vincere, sembrava poter avere un senso solamente fuori da quel suo sguardo. sembrava che potesse arrivare alla sera senza essere invecchiato neppure di un giorno.

il cerone bianco pareva poter soffocare i segni del vivere.

restava immobile.

un uomo fermato in un istante che trascorre per tutti, ma non per se stesso,che fa dell'attesa la sua ragione di esistere.

non cedeva ai richiami dei bambini, non alle lusinghe delle voci ammirate dei turisti,non so dire se per professionalità o perché avesse nascosto la mente troppo in fondo.

potrebbe anche essere che le statue siano state, un tempo, uomini, che sono riusciti a fermare il tempo dei loro corpi. in fondo, quando si passa davanti ad una scultura, spesso si ha l'impressione di percepire il suo sguardo.

uomini che hanno capito come sfidare il logorio della morte, ma che sono rimasti intrappolati in un'esistenza seza Vivere.

sapeva che avrebbe potuto anche non riuscire ad andarsene,anzi, forse già non poteva farlo, altrimenti  non sarebbe rimasto  lì, con questa consapevolezza nel cuore. o forse non gli importava,in fondo, se se ne fosse andato avrebbe dovuto ricominciare a lottare per trovare di che vivere.

si fermò  a guardarlo, come tante altre persone. una ciocca di capelli le tagliava lo sguardo e le prolungava la linea sottile delle labbra.

tin, tin.

l'unico suono che potesse richiamarlo e destarlo dall'oblio: il tinntinnare delle monete.

l'anima gli cigolò tra le membra e improvvisò,a scatti, un goffo inchino.

lei sorrise. non poteva sapere che anche avesse voluto fare diversamente, non sarebbe riuscito che a donarle quella cortese performance da automa.

di nuovo immobile.

spostò appena gli occhi per vederla sparire nel brusio, nelle luci, nella mobilità dei giorni di festa.

 
 
 

non anima e non corpo

Post n°18 pubblicato il 13 Dicembre 2006 da dobladillaa
Foto di dobladillaa

 Buio, un rumore assordante, luce e di nuovo buio e di nuovo luce; nel vetro che non ha spazio per i riflessi.


gli impulsi nervosi assorbono il disegno della città che si definisce in lontananza e lo spingono nella mia mente. ora la vedo.


le case perdono la dimensioni della mia percezione e crescono.


afferro quel poco che ho scelto per rappresentarmi, mentre scorre sul tappeto mobile, e me lo striscio dietro, con il passato che rappresenta, mentre cammino.


filtra, la brina, la realtà nella quale mi muovo, mentre parlo e nascondo l'attesa.


non ho il coraggio di affondare le dita in quel presente, ma piano le stringo, per non perdermi nella velocità e tu vai avanti.


ti seguo eppure resto indietro.


movimenti che trovano il loro senso solo negli sguardi, allusioni che si fanno comprendere solo da chi vorrebbe intreccarsi alla vita altrui.


il ritmo mi è rimasto sulla pelle e la fa tremare.


ecco il passato che sta lì, ai miei piedi ed il suo profumo viene lentamente bruciato dalle candele, assopita la sua voce dalla musica.


mi guardo, mentre mi osservo di fronte, ma non sono sola, non la sola ad essere riflessa, non l'unica ad osservarmi mentre mi guardo, di fronte.


 la mia anima vaga nel corpo per cercare rifugio, per nascondersi al tuo sguardo e mi si stringe nella gola, perché le parole non la tradiscano.


 respirare ciò che di me è stato, mentre brucia, con te che dormi e che non ne percepisci l'odore. non ti sveglio.


ora le dita  scivolano in una danza senza musica, inseguono la vita che ti scorre addosso, si fermano, si incontrano, disegnano i miei pensieri e cercano di non perdersi, di non fermarsi.


se fosse possibile vedere ciò che la mente proietta nelle mucose scure degli occhi, non ci si potrebbe fare ingannare dalla recita delle essenze che si esibiscono nel volto di chi ha paura.


solo un silenzio ad occhi aperti, solo un sospiro a denti stretti. troppo bisogno di sussurrare, troppi rumori per averne il coraggio.


ho freddo, stanotte e non sono sola.


i fiori. non li colgo, perché non appassiscano tra le mie mani, perché restino a farsi muovere dal vento, anche se vorrei intrecciarli ai capelli.


il cielo chiude gli occhi e camminiamo nel buio.


nell'oscurità non vedo che le sole linee di luce di quel mio passato, che dorme ai miei piedi.


la mia anima è venuta a respirare la notte e la osservo mentre si sforza di avere una consistenza nei tuoi sguardi, mentre prova a farsi illuminare dalla luce, che le passa attraverso, perché non ha corpo.


mi prende per mano, vuole che le insegni ad esistere.


insieme amiamo il Presente, ci facciamo guardare mentre cerchiamo di imparare a farci illuminare da quei  pochi raggi di luce della sera.


la paura ed il suo freddo si scaldano con i miei sospiri e si vestono della mia anima. insieme siamo riuscite a possederli e a farli morire e rivivere.


la pesantezza dei sogni che si adagia sui nostri visi e distende il mio sorriso.


vorrei che tu fossi quello che ho cercato di rubarti e di assorbire dalla tua pelle, per poterti stringere tra le mani.


le apro e non ci sei.


 

 

 

 
 
 

riflessi

Post n°17 pubblicato il 03 Dicembre 2006 da dobladillaa
Foto di dobladillaa

                                    

 

 

cercavo la mia immagine riflessa sul vetro, con un libro qualsiasi in mano, del quale non avrei mai ricordato neppure la copertina.


sfuggivo la mia immagine riflessa e rincorrevo quella delle persone al di là di quello stesso vetro.


Il brusio, una voce metallica sopra le altre che dava indicazioni; fuori, i colori delle macchine e della vita di città che scorrevano.


Tu di fronte a me, in silenzio, con l’aria compiaciuta di chi aggiunge alle tasche della memoria un altro volto.


I tuoi occhi fingevano di non scrutarmi, ma sentivo i tuoi pensieri che mi bisbigliavano alle spalle.


Io, invece, ti osservavo, abbozzavo nella mente uno schizzo di te, sul quale aggiungere pochi particolari che ti distinguano dalle altre sagome che ho in testa. Scusa, ma io il mondo lo vedo così e quel giorno ho cercato di rubarti le linee per renderti una mia immagine.


Molte altre figure hai accartocciato nel tuo ricordo quel giorno, ti guardavo mentre cercavi di non farle scappare, mentre le rincorrevi.


Camminavamo per le strade alla ricerca di una meta che fosse il pretesto per non fermarsi, perché si faceva sempre più indefinita e lontana, quando, casualmente, sembravamo raggiungerla.


Una piccola terrazza con una rosa gialla e l’edera intorno. Ridesti.


Le dita che ci scivolavano tra le mani, quasi a voler cancellare i segni di altre dita che, in passato, si erano adagiate in quella carezza e, a loro volta, avevano preso il posto di altre ancora.


Perché le mani sono curiose e si lasciano sedurre dalle nuove forme, dai colori, dal freddo e dal calore. Le mani smettono di amare prima che lo faccia il resto del corpo e si concedono ad altre mani e ad altre cose.


Il sole mi si posava sul viso e si tratteneva a giocare con l’ombra fino a quando non mi voltavo e lo respingevo per qualche istante.


I tuoi silenzi.


Avrei voluto dirti, avrei voluto ascoltarti, avrei semplicemente voluto, ma mi distraevi. Il tuo profilo, il tuo inseguire il tempo, i tuoi pensieri, quelli che ancora sentivo intorno e che, adesso, mi avevano preso per mano.


Osservavamo quello che era l’unico orizzonte che avevamo di fonte, che si muoveva e si lasciava colare sulla forme lontane davanti, negando la sua natura di linea.


Quello che mi piaceva era che provavo un niente e un  tutto, in un indefinito groviglio di sensazioni che mi portava oltre la comune denominazione delle emozioni.


Le tue parole.


I miei silenzi. Quei silenzi che si rassegnano alla loro mancanza di suono, perché non sanno sbrogliare l’intreccio sottile tra convenzione e significato.


Semplicemente un’immagine percepita su una pellicola che non la imprime su di se. Mi vedevi e anch’io ti vedevo, ma solo perché sapevamo di esserci.


Il fresco Trascorrere che mi sfiorava la pelle, mentre mi illudevo che il buio dei miei occhi chiusi potesse convincerlo a rinunciare alla sera.


Veloci le luci, i passi, i rumori, non mi davano il tempo di disegnarli come volevo nei ricordi. La fretta di arrivare, la paura di perdere, il sospetto di voler smettere quella corsa verso ciò che ero e che non avevo voglia di tornare ad essere.


Cercavo la tua immagine riflessa sul vetro e vedevo la mia che ti guardava, che ti parlava, che ti sorrideva, che ti salutava, che ti ricordava, che…


La mia immagine sul vetro e un libro in mano, perché nessuno mi chiedesse dove stessi rivolgendo lo sguardo.


Ti voglio bene.

 
 
 
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