Civis

La nostra fragile democrazia

Nei discorsi ascoltati per strada e nei luoghi pubblici si nota un diffuso senso di scoramento, una sfiducia generalizzata. Trapela l’idea che la crisi che stiamo vivendo non sia solo economica, ma anche sociale e politica. La nostra è stata definita una democrazia malata.

Fare una graduatoria dei problemi è un’impresa ardua: la corruzione, l’evasione fiscale, … .

Di seguito annoto solo alcune riflessioni fra le tante possibili.

La nostra è una democrazia rappresentativa dove, da tempo, le elezioni sono viste come una iattura. Anche politici stranieri, amici dell’Italia, vedono il passaggio elettorale come un pericolo; è accaduto sia con il governo Monti che con Letta. I cittadini si allontanano dalle urne, basti vedere che l’affluenza alle ultime elezioni regionali di Sicilia e Basilicata è scesa al di sotto del 50%. L’iter esasperante della riforma elettorale mostra i partiti alla ricerca della soluzione a ciascuno più conveniente che non alla ricerca della soluzione più idonea a misurare la volontà popolare. Insomma una democrazia che vive le elezioni come rischio fa, quanto meno, riflettere.

Una classe politica miope che agisce pressata dalle tante emergenze, incapace di offrire una visione progettuale che, a costo di ulteriori sacrifici, sappia offrire soluzioni credibili agli annosi problemi che affliggono il Paese. Le emergenze  come alluvioni, terremoti, rifiuti sono divenute quotidianità che prosciugano risorse che, se ben spese, risolverebbero il problema e creerebbero posti di lavoro.

Questo quadro, appena tratteggiato, spiega la sfiducia dilagante, i vincoli sociali che si logorano. Tuttavia la giusta ricerca di un cambiamento ci espone ad alcuni pericoli: la ricerca del “nuovo” comunque, un ribellismo generalizzato, le speranze riposte nei partiti “personali”.

Sembra di essere rinchiusi fra due alternative estreme: fra la impotente rassegnazione oppure un estremismo parolaio che sembra dire “abbattiamo tutto poi si vede”.

Alcune considerazioni mi paiono di buon senso: anche il nostro comportamento di cittadini è fra le cause dell’attuale situazione; i problemi sono complessi e difficili; dopo la giusta protesta occorre la capacità di governo; occorre non solo dire cosa non va ma come lo si vorrebbe cambiare. Credo, infine, che memori dei numerosi e nefasti esempi storici, dobbiamo scartare ogni tentazione autoritaria che, visto anche lo scenario internazionale, sarebbe una fuga all’indietro.

Allora, come uscirne? Occorrono risposte radicali. Rivitalizziamo la nostra democrazia con una partecipazione che sia da stimolo, controllo e fonte di proposte per gli eletti.

Diffidiamo dei capipopolo buoni solo a disfare, scartiamo chi nasconde la mancanza di idee con slogan accattivanti e giudizi sommari.

L’esercizio della democrazia ci migliorerà come cittadini e sapremo scegliere meglio i nostri rappresentanti. Una partecipazione organizzata, perché senza organizzazione non vi è democrazia. Il disordine e la confusione offrono spazio ai furbi ed ai demagoghi. La strada è lunga e difficile ma non ci sono scorciatoie  e chi le indica illude. Bandiamo le semplificazioni e mettiamoci all’opera iniziando dalle sedi locali di associazioni, circoli, sezioni. Diamo spazio alla buona politica, unica speranza per il nostro Paese.