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Quando i pezzi del puzzle si incastrano

Post n°501 pubblicato il 15 Settembre 2023 da Hanahr

Ormai scrivo sempre più sporadicamente e spesso quando scrivo è per esternare il dolore, la sofferenza o la depressione.
Ma ieri è stato un grande giorno per me, anche se nella sua piccolezza per il mondo, e oggi...oggi sono incredibilmente felice.
Ai tempi della scuola dai 12 ai 18 anni ho fatto teatro.
Teatro è per me una delle esperienze più formative e meravigliose che chiunque possa fare, sia che lo si voglia intraprendere come mestiere sia che lo si voglia fare con l'intento di imparare qualcosa di sè stessi.
Ebbene io ero brava. E so che ora suona come un narcisistico compiacimento, ma lo ero sul serio e adoravo il teatro. Adoravo il buio prima di entrare in scena, adoravo il terrore misto a forza che ti pervade poco prima di salire sul palco, adoravo l'eccitazione, la sensazione di star facendo qualcosa di grandioso (anche se solo in un piccolo club scolastico di adolescenti), adoravo le luci che oscuravano la vista sul pubblico, adoravo il silenzio sospeso della sala, gli scrosci di risate per una battuta riuscita, l'attesa nei momenti drammatici e ovviamente adoravo gli applausi finali. Ma soprattutto adoravo l'incredibile forza del gruppo che coopera per arrivare insieme al risultato finale, perché non importava andare d'accordo con tutti e non importava nemmeno se proprio il tuo partner in scena davvero non lo sopportavi, la cosa importante era ciò che usciva dall'insieme, ciascuno esprimendo la propria voce, il proprio talento, la propria interiorità.
Ovviamente c'era chi era più talentuoso e chi meno, ho avuto la fortuna di lavorare con una grandissima persona che è stata la nostra regista e insegnante per cinque anni, e ho avuto anche l'incredibile fortuna di lavorare con tanti miei coetanei dotati di un talento eccezionale. Eravamo un gruppo splendido che sul palco si divertiva e che viveva per quei momenti.
Poi come spesso accade alla fine della scuola quella magia è scomparsa, accantonata per anni e seppellita sotto l'impellenza della quotidianità. Spesso tornavo con la mente al teatro e mi sarebbe piaciuto riprendere, ma vuoi per pigrizia, vuoi per insicurezza, vuoi per mancanza di soldi, quel desiderio è rimasto inespresso, sepolto per ben 20 anni.
Finché ieri non ho deciso che era ora di dissotterrarlo e ripulirlo.
Come ho detto in molti post passati, sono in terapia ormai da più di due anni.
Non è sempre una passeggiata e ci sono lunghi momenti in cui penso ancora di non essere arrivata da nessuna parte, ma dopo ieri mi sento quasi di dire che forse qualcosa è cambiato, per quanto in modo infinitesimale.
Questo percorso lungo e tortuoso mi ha permesso di portare avanti il progetto di un canale di audiolibri prima e ora di uscire dalla mia zona di comfort dentro quattro mura e di affacciarmi di nuovo su un palco.
Nei giorni scorsi ho preso contatto con una scuola di teatro prestigiosa di Bologna, diretta da un attore e regista di grande rilievo. Sapevo e so che devo ricominciare tutto daccapo, sono passati tantissimi anni e tutto il gran lavoro fatto in passato è arrugginito e scricchiolante, ma è ancora lì nonostante tutto.
Ieri sono quindi andata al primo incontro conoscitivo per capire un po' meglio il funzionamento del corso e per fare due chiacchiere con il direttore e lo staff. 
Ero terrorizzata.
Terrorizzata di fallire, ma ancora di più di riuscire. Terrorizzata di bloccarmi e fare una figura barbina.
Eppure non appena mi sono seduta e ho cominciato a chiacchierare quella sensazione di pesantezza, paura, timore, è sparita.
A un certo punto ci è stato offerto di vedere la sala teatrale dove si sarebbero tenuti i corsi e il direttore è andato a recuperare un testo di poesie di Prevert, poiché una poesia di Prevert farà parte del primo blocco di lezioni, e mi ha chiesto di leggerla, dopodiché è salito sul palco e l'ha interpretata, ovviamente lasciandoci senza fiato.
Mi ha chiesto di salire e di provare a mia volta a interpretarla sotto alcune sue indicazioni.
Non appena sono salita sul palco, con la luce sul viso e il leggio sotto gli occhi, mi sono sentita completamente assestata con me stessa, assurdamente in pace e perfettamente felice.
Era quel momento, quello spazio, quella sensazione a cui tornavo con tutta l'incredibile naturalezza di fare qualcosa che ti appartiene.
E ho interpretato.
Ovviamente dovrò lavorare sodo e ricominciare tutto da capo, ma quel nucleo è lì, ancora lì, ed è sempre stato lì.
Alla fine della lettura mi sono accorta che l'insegnante di dizione era entrato perché mi aveva sentito da fuori, sia lui che il direttore mi hanno fatto i complimenti per la qualità della mia voce, della mia dizione e dell'interpretazione.
E' stato uno dei momenti più belli e felici della mia vita e ho tutta l'intenzione di tenermelo ben stretto a prescindere da come andrà da qui in poi.
Ci ho provato ed è andata bene.
Ci ho provato e mi sono resa conto che sono ancora brava.
Ci ho provato e sono tornata a casa.
Intendo ovviamente iscrivermi al corso, anche se dovrò fare un'altra piccola audizione/lezione il prossimo giovedì con un testo da preparare su indicazione del maestro e non vedo l'ora.
Ieri mi sono sentita completamente piena di entusiasmo e di felicità, mi sono sentita così forte e potente, così perfettamente nel posto giusto. Ed è una sensazione che ormai avevo quasi dimenticato come fosse.
Non sto dicendo che il corso sarà un successo o che necessariamente è quella la strada che avrei dovuto imbroccare, non mi sento mai sicura di nulla e continuamente mi metto in discussione. Sto dicendo che quel momento mi apparteneva come io appartenevo a quel momento.
Mi ha permesso di ricordare perché il teatro è magnifico, perché è incredibile essere su quel palco e vivere quelle sensazioni, immedesimarsi nell'interpretazione e imparare cose nuove, ma soprattutto imparare da se stessi.
Io non so come andrà da qui in poi e non mi faccio illusioni che questa piccola cosa possa cambiare tutto, ma so che sono felice di averci provato e che potrò continuare a provarci. Merito di darmi una chance.

 
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