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Creato da: demo_cratico il 25/10/2007
Il nuovo modo di dare le notizie..

 

 

E venne il giorno dell'accordo possibileWalter e Silvio: ok alla legge elettorale

Post n°15 pubblicato il 30 Novembre 2007 da demo_cratico
 

Delicato, sottile, minuscolo ma il punto di equilibrio è stato trovato. Si chiama "normalità", quella, dice Veltroni, "di due forze politiche alternative che riescono a dialogare, in conflitto ma anche capaci di scrivere insieme le regole del proprio paese". La stagione delle riforme, forse, è iniziata davvero. Dopo anni e mesi di insulti almeno oggi, almeno stasera, i due poli della politica italiana escono dallo stesso palazzo, dalla stessa riunione dove si è parlato di riforme istituzionali e di legge elettorale - quindi della struttura portante del paese - e possono dire: "E' stata una giornata positiva" (Berlusconi) e "mai come oggi è nella disponibilità delle forze politiche italiane fare riforme che facciano uscire il paese dalla crisi e dall'immobilismo" (Veltroni).

"Disponibilità al dialogo" dice il Cavaliere; "convergenza possibili" fa eco il segretario del Pd. Per dirla come sembra, alla fine di questa settimana lunga, difficile e che sarebbe stata decisa e risolta tutta oggi pomeriggio nel fatidico incontro Veltroni-Berlusconi, ecco, sembra un film. E di successo, anche.

L'accordo. L'eredità della giornata è ghiotta. Il segretario del Pd si porta a casa l'ok a una legge elettorale che dia il via libera "a una nuova stagione di bipolarismo non forzoso", cioè, per dirla con Veltroni "a un proporzionale che non rinunci al bipolarismo perché tra le due cose non c'è contraddizione". E' la fine, comunque, di vincoli sul programma e sul premier. "Ci siamo confrontati sulla bozza proposta dal segretario del Pd e abbiamo trovato punti di dissenso risolvibili. C'è disponibilità a discutere su una legge elettorale per un bipolarismo autentico che valorizzi la vocazione maggioritaria del Pdl" spiega Berlusconi. Il Cavaliere sembra rinunciare alla pregiudiziale sulla data della fine della legislatura e concorda ("è opportuno" dice) anche sulla necessità di riformare i regolamenti parlamentari. Per questi e per il sistema di voto parla di "due binari paralleli". Lo stop arriva sulle riforme istituzionali, monocameralismo, più poteri al premier, un taglio al numero dei parlamentari. "Noi nel merito siamo d'accordo" precisa il Cavaliere che anzi rivendica alla Cdl il merito di aver proposto questo pacchetto. Il problema sono i tempi. Per l'ex premier non se ne può parlare adesso perché "vorrebbe dire prolungare la vita di questa legislatura incapace di dare risposte al paese e in grado solo di aumentare il solco di diffidenza tra classe politica e società". Veltroni, invece, si sa: le riforme sono un pacchetto unico da poter realizzare "in dodici mesi". Entrambi considerano il referendum sulla legge qualcosa "da evitare, assolutamente".

Il film della giornata: luoghi, attori, costumi, scenografia. Al netto delle attese comincia alle 15 e 35 quando Veltroni, in netto anticipo, entra con Franceschini nel portone del palazzo dei gruppi in via Uffici del Vicario. Abiti grigi entrambi - unica macchia di colore la cravatta color ciliegia del sindaco - parlottano fitto, non si fermano, selva di telecamere - 21 contate - e di microfoni, impossibili da contare. Dopo un po' arriva, da solo, il capogruppo al Senato Renato Schifani che si becca qualche apprezzamento circa la capigliatura dai passanti e curiosi in sosta per l'evento davanti alla gelateria Giolitti. Alle 15 e 53 - notata la puntualità - arrivano Berlusconi e Gianni Letta, l'uomo del dialogo e degli accordi, colui che diventa sempre protagonista nelle stagioni "ragionevoli" del Cavaliere, il tessitore che nelle ultime settimane avrebbe avuto - dicono e scrivono i restroscenisti delle cose politiche - molti e frequenti incontri con Goffredo Bettini, l'uomo ombra di Veltroni. Si rinchiudono tutti al quinto piano. E spariscono fino alle 17 e 20. Nel frattempo si aggirano per il palazzo, di fretta ma senza meta, il numero 2 di Fi Sandro Bondi e il numero 3 Fabrizio Cicchitto.

Alle 17 e 20 l'incontro finisce. Telecamere e giornalisti dovranno però aspettare un'altra ora per la conferenza stampa del Cavaliere, la prima delle due previste. Berlusconi e Letta hanno convocato i vertici di Forza Italia nell'ufficio di Elio Vito, il capogruppo alla Camera per spiegare e decidere cosa dire. Si annusano da anni, il Cavaliere e il sindaco. A modo loro si "piacciono" anche. Ma non si fidano. Lo staff di Veltroni infatti è al lavoro da qualche ora per assicurarsi la diretta radio della conferenza stampa dell'ex premier. "Che lusso" sono le prime parole del leader azzurro. Si riferisce alla sala stampa, al microfono, alla pedana. Parla da solo, i suoi sono tutti - tranne Letta già andato via - sullo sfondo ma di lato. Lo osservano e pesano le sue parole con facce tese, bocche arricciate. Curiosità: a parte il cerone e il colore dei capelli, la sala è normale, arredi marroni, poltroncine da ufficio, nulla di azzurro o di particolarmente luminoso. Normale, come il punto di equilibrio ritrovato.

La foto, vent'anni dopo. Entrambi, pur da microfoni separati, sorridono quando vengono chiesti dettagli sul clima dell'incontro. Il Cavaliere sorride: "Ci conosciamo da tanti anni, Veltroni ha anche scritto un libro 'Io e Berlusconi'". Sorride, poi, anche Veltroni, che però cerca di glissare "eh sì, una vecchia conoscenza...". Di sicuro la foto ufficiale di oggi - entrambi in piedi, seri, uno accanto all'altro, mezzo sorriso - sarà confrontata con quelle di dieci, venti anni fa. Un rapporto invecchiato negli anni.

Che succede adesso. "Se ne occuperà il Parlamento" assicura Veltroni. Il Cavaliere annuncia altri incontri "dei tecnici" per affinare la proposta. Il segretario del Pd annuncia una nuova bozza del testo della legge elettorale e poi un documento-sintesi che sarà consegnato la prossima settimana a Violante e a Bianco, i presidenti delle Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato. Di sicuro, puntualizza Veltroni, "finisce oggi il clima di odio e di timore e si apre la possibilità di fare le riforme. Chi vorrà riproporre quel clima se ne dovrà assumere le responsabilità". Un equilibrio delicato appunto.

Il timore dell'inciucio. Inciucio? Asse Veltroni- Berlusconi? Vedremo. Di sicuro il timore c'è soprattutto dentro la maggioranza. Il socialista Boselli parla di "commedia degli inganni". Il più diffidente di tutti, Clemente Mastella, mette a nudo l'incontro: "Che dialogo è se non c'è l'accordo sulle riforme istituzionali?". Scettico anche il verde Pecoraro Scanio: "Il bipolarismo è l'unico antidoto all'inciucio. Al termine di questo giro di consultazioni è importante trovare un accordo nell'Unione". Nella Cdl, o in quello che ne rimane, il più severo di tutti è Fini che parla di "molta confusione sotto il cielo". "Domani - dice il leader di An - i giornali saranno pieni di notizie sull'incontro tra Berlusconi e Veltroni. C'è un'unica certezza, la più semplice: un partito che ha la sua storia e il suo radicamento non deve tenere nulla. Meno che mai le leggi elettorali". E Prodi? Palazzo Chigi tace. Il premier è a Nizza. Di certo Veltroni ha bocciato l'idea del Mattarellum riproposta oggi. "No - taglia corto il segretario - noi lavoriamo per un sistema proporzionale con correttivi maggioritari". Un sistema in cui non sono previste alleanze preventive e in cui ognuno corre col proprio programma.

La Repubblica

 
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Berlusconi - Veltroni: mai così vicini ad un accordo

Post n°14 pubblicato il 30 Novembre 2007 da demo_cratico
 

Silvio Berlusconi ribadisce la propria disponibilità a lavorare per modificare la legge elettorale, nel rispetto del bipolarismo. E subito dopo la riforma il Cavaliere non ha dubbi: bisogna tornare a votare. "Ho ribadito la preoccupazione per la crisi nella quale versa il nostro paese per l’obiettiva inadeguatezza del governo ad arrivare a quelle riforme che sarebbero necessarie per il futuro dell’Italia. Il primo dovere che abbiamo è uscire da questa situazione e tornare al voto", ha aggiunto Berlusconi che si è detto pronto a discutere sul Vassallum ma ha spiegato che non si è discusso di "grosse koalition". "Mi auguro che il clima di questo colloquio apra la strada a un confronto normale fra le forze politiche, in un clima di reciproco rispetto. La legge elettorale - ribadisce il leader di Forza Italia - è la regola del gioco e non credo che debba essere il frutto di un accordo tra le due forze maggiori, ma occorre un consenso più vasto possibile. Sono convinto che se le espressioni di volontà che abbiamo raccolto si manterranno, ci siano i tempi per la legge elettorale. Non abbiamo mai evocato l'ipotesi del referendum anche perché c'è la comune convinzione che si possa arrivare a una riforma elettorale". E se "non ci sono i tempi" per discutere di riforme, quella dei regolamenti parlamentari può essere realizzata, ma "parallelamente alla legge elettorale" prosegue Berlusconi che si dice disponibile a dare un contributo alla legge proposta da Franceschini: "Il problema però sono i tempi".

"Ho sentito altri partiti, sono disponibili" "Ho avuto modo di contattare anche altri partiti e mi sono fatto la convinzione che siano propensi ad accettare questa proposta", ha detto Berlusconi. "La situazione politica così come si è sviluppata è tale da richiedere un chiarimento sia a destra che a sinistra. Credo che un sistema proporzionale come quello a cui guardiamo possa essere una risposta". Il Cavaliere ha quindi fatto sapere che i partiti da lui contattati sono sia di centrodestra che di centrosinistra.

Il Giornale

 
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Veltroni-Berlusconi: intesa possibile

Post n°13 pubblicato il 30 Novembre 2007 da demo_cratico
 

Il ghiaccio è rotto. Walter Veltroni e Silvio Berlusconi hanno intrapreso, con un'ora e mezzo di discussione su legge elettorale e riforme, ovvero sulle «regole del gioco», il dialogo per dare un volto nuovo alla politica del Paese. Di «intesa possibile» ha parlato Silvio Berlusconi; e Veltroni gli ha fatto eco usando più volte il termine «convergenze rilevanti», confortato soprattutto dal fatto che il Cavaliere non abbia posto «alcuna pregiudiziale» sulla data del voto e sulla caduta del governo Prodi. «Berlusconi non ha posto il voto come pregiudiziale per il confronto sulle riforme. Questa è la novità del giorno», ha sottolineato Veltroni.

VIA AL DIALOGO - Insomma, tra i leader dei due maggior partiti italiani sembra poter nascere quel dialogo che si potrà tradurre, come ha detto Veltroni, «nell’arco di 12 mesi», in riforme per il paese: «Si comincia dalla legge elettorale», ha detto il segretario del Pd, che ha anche sottolineato come «convergenze rilevanti» (anche nel merito) siano riscontrabili anche sul terreno nelle riforme istituzionali (abolizione del bipartitismo perfetto, Senato delle Regioni, maggiori poteri per il presidente del Consiglio) e nella modifica dei regolamenti parlamentari. «Tre punti di convergenza» che fanno dire a Veltroni che con Berlusconi «c'è stata la condivisione che bisogna passare a un nuovo bipolarismo, da un bipolarismo forzoso a un bipolarismo fondato sulla coesione programmatica». A cominciare da quella legge elettorale che per entrambi dovrà dare vita a un «sistema proporzionale, che però non rinunci al bipolarismo».

BERLUSCONI - Un discorso non molto diverso da quello fatto dal leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, dopo l’incontro del pomeriggio con il capo del Pd: «Per garantire democrazia e il bipolarismo è indispensabile che ci siano due grandi partiti alternativi tra loro. Siamo disponibili al confronto su una nuova legge elettorale. Ma la nostra posizione politica non cambia ed è che si torni al più presto al voto perché lo chiedono i cittadini e la situazione del Paese».

«RIFORME? NON C'E' TEMPO» - I due leader si sono confrontati circa un’ora e mezza in una saletta di Montecitorio, affiancati dai rispettivi bracci destri, Gianni Letta e Dario Franceschini. Berlusconi ha riferito di aver parlato a Veltroni delle proprie preoccupazioni per la crisi in cui versa il governo Prodi, che inducono il suo schieramento a sostenere la posizione del ritorno immediato alle urne. Fatta salva, ovviamente, la modifica del sistema elettorale. Non è invece disponibile, Berlusconi, ad estendere questa apertura anche alle riforme istituzionali, perché non ce ne sono i tempi tecnici («mentre sui contenuti saremmo favorevoli, visto che si torna a parlare delle stesse proposte che erano contenute anche nella nostra riforma della Costituzione») e perché l'allungamento dei tempi significherebbe allungare anche la sopravvivenza dell'attuale esecutivo. «La data delle elezioni non è pregiudiziale - ha però precisato il leader forzista - Non abbiamo fissato alcuna data. Lo scioglimento delle Camere spetta al capo dello Stato».

IL SISTEMA ELETTORALE - Per quanto riguarda la legge elettorale, Berlusconi ha fatto sapere di essere pronto anche a studiare il cosiddetto Vassallum, il sistema elaborato dai costituzionalisti Vassalli e Ceccanti (un proporzionale con sbarramento che mette insieme i sistemi tedesco e spagnolo), in testa nei gradimenti del Pd. «Abbiamo cercato di essere pragmatici e di confrontarci sul modello proposto da Veltroni - ha detto il Cavaliere - che presenta punti di convergenza e altri di divergenza ma a mio avviso risolvibili». Una disponibilità che fa felice Veltroni: «Bisogna accelerare - avverte il sindaco - perché se no c'è il referendum...».

LE APERTURE - I toni usati da Berlusconi nel corso della conferenza stampa sono stati accomodanti nei confronti di Veltroni, verso il quale il Cavaliere ha ribadito stima. «Mi auguro che il clima del colloquio di oggi - ha aggiunto - dia la possibilità di un confronto normale, e uso un vocabolo caro a qualcuno, come è giusto che sia tra forze protagoniste che si rispettino». Ma il confronto non sarà limitato solo a Forza Italia (o al nascente Partito della libertà) e Partito democratico. Sulla legge elettorale, che è legge che fissa le regole, ha detto Berlusconi, «credo si debba cercare di ottenere il più vasto consenso». A giudizio del Cavaliere, sulla legge elettorale «non debbono essere solo i due più grandi partiti ad essere d'accordo».

PASSI AVANTI - Anche Veltroni, c'è da dire, è sembrato confortato dal dialogo con il leader dell’opposizione: «È una materia da affrontare con grande prudenza e responsabilità, un passo per volta. Ma certo dal clima che c'era un mese fa si sono fatti grandi passi avanti», ha ammesso Veltroni. «Mai come oggi il Paese sembra vicino a dotarsi di quelle regole tanto a lungo inseguite», ha comunque aggiunto il leader del Pd, che ha anche sottolineato che il partito di Silvio Berlusconi e il Partito democratico restano due forze che nascono e restano alternative, ma che stanno dialogando per riscrivere le regole. «Proprio per questa loro alternatività – ha detto Veltroni dopo l’incontro avuto con Silvio Berlusconi - è significativo che abbiano cominciato a dialogare sulle riforme istituzionali. Così si fa nelle democrazie moderne. Per questo l’incontro, che è stato avvolto da tante attese tra me e Berlusconi dovrebbe essere considerato naturale in una democrazia moderna. Cosa che in Italia non è stata possibile per tanto, troppo tempo».

DODICI MESI - In questa situazione di collaborazione e rispetto reciproco, Veltroni si è sentito in condizione di sbilanciarsi: «Mai come oggi abbiamo la possibilità di dare a questo paese, nei prossimi 12 mesi, riforme certe e nuove. Questa è la condizione che si è creata», ha detto il segretario del Partito democratico. Che ha anche inteso confortare il premier: «Più la legislatura va avanti più aumenta la possibilità di fare le riforme costituzionali. Ho una ragione in più - ha detto Veltroni - per auspicare che il governo duri il più a lungo possibile».

GROSSE KOALITION - Il nuovo clima di confronto tra i due principali partiti non deve però far ipotizzare un'intesa politica per un possible governo istituzionale. «Non si è parlato di grosse koalition nel modo più assoluto - ha detto Berlusconi -. E preciso che anche in passato non ho mai parlato di governo di coalizione, se non quando mi hanno chiesto cosa avrei fatto in caso di una nostra vittoria risicata dopo il voto e io ho detto, come avevo già fatto dopo le elezioni del 2006, che avrei scelto di condividere le responsabilità di governo con l'altra parte».

Corriere della Sera

 
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BENIGNI VA ALL'INFERNO

Post n°12 pubblicato il 30 Novembre 2007 da demo_cratico
 
Tag: Libero

Benigni va all'Inferno. Mezz'ora di gag politiche e poi la Divina predica. Voi ridete pure delle terrene miserie, io mi consolo con Dante. Vi racconto gli ignavi, ma mi stacco dagli ignavi. Affondo e levito via. Però ve lo faccio vedere come siamo (siete) messi. Vi faccio vedere il vostro Medioevo e me ne torno nel civile, modernissimo 1300. Ma prima di ripartirsene, di farsi inghiottire nei gironi, va detto, ci ha fatto ridere. Subito dopo il Tg, fino a poco prima della Divina Commedia. Poi avremmo voluto spegnerlo. Non il televisore, proprio lui. Berlusconi che «c'ha avuto cinque mogli, due delle quali addirittura sue». Prodi che «prima andava a messa una volta alla settimana, ora tutti i giorni, per pregare per la buona salute dei senatori a vita. Se perde quelli, crolla tutto». Tremaglia «che ha fatto più di Gramsci e Togliatti per il partito Comunista, ha fatto votare gli italiani all'estero.

Libero News

 
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Veltroni vede Berlusconi «Intesa possibile sulle riforme»

Post n°11 pubblicato il 30 Novembre 2007 da demo_cratico
 

Un anno per fare le riforme, a cominciare dalla legge elettorale e da quella, collegata, dei regolamenti parlamentari. Sembra questo il punto di caduta dell'incontro che si è svolto venerdì, tra Veltroni e Berlusconi alla Camera. Ottanta minuti di colloquio tra i leader dei due maggiori partiti degli opposti schieramenti. Poi due conferenze stampa disgiunte, in cui, naturalmente, ognuno ha dato la propria lettura, mettendo accenti diversi.

«Siamo disponibili a discutere di una nuova legge elettorale che consenta un bipolarismo autentico e una governabilità effettiva», ha iniziato Berlusconi a raccontare l'incontro al quale ha portato anche Gianni Letta come consigliere - dopo una breve consultazione con il capogruppo a Montecitorio Elio Vito - per aggiungere subito dopo però che l'obiettivo primo per lui resta quello di un rapido ritorno alle urne. Perché «prolungare la legislatura allargherebbe il solco tra le istituzioni e i cittadini».

Per il Cavaliere a dire il vero il "Vassallum" - la proposta di legge "spagnolesca" di Veltroni - va bene, e l'intesa «si può raggiungere» anche sulla riforma dei regolamenti parlamentari in modo da ancorare gli eletti alla lista. O meglio, per lui il modello proporzionale corretto proposto da Veltroni «presenta alcuni punti di consenso, alcuni di dissenso a mio parere risolvibili». Ma assolutamente non ha intenzione di attendere «un anno e mezzo» prima di votare. Insomma, ciò che lo preoccupa sono «i tempi». La buonavolontà, dice alla stampa, è comunque provata dal fatto che né lui né Veltroni abbiano fatto alcun accenno al referendum elettorale che potrebbe esserci in primavera.

Veltroni nella conferenza stampa finale ha confermato la volontà di dare un'accelerazione ai tempi, anche nell'ottica di scongiurare un referendum che va in direzione diversa dalla proposta sul tappeto. Si è però soffermato a lungo a spiegare che il primo risultato raggiunto da questo suo giro di consultazione è lo svelenimento dei toni e del confronto tra i due schieramenti politici. E il secondo è l'essere entrati nel merito delle riforme istituzionali, affrontando anche temi come il premierato e la trasformazione del Senato in una Camera federale con attribuzioni diverse da quelle di Montecitorio, sul modello tedesco. Per Veltroni anche queste sono riforme imprescindibili per ridare governabilità al Paese. E comunque adesso, ha concluso il sindaco di Roma, «la parola passa al Parlamento». Perciò Veltroni passerà il testimone ad altri, ai presidenti delle Commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato.

Certo, non ha negato Veltroni che a suo giudizio il via al dialogo favorisce la durata del governo Prodi perchè «la continuazione del governo è la condizione per fare le riforme, più avanti il governo, più c'è spazio per le riforme». Del resto, come ha confermato anche Berlusconi, il leader di Forza Italia non ha posto come pregiudiziale al dialogo il porre una scadenza al governo. La data delle elezioni del resto dipende dalla decisione del presidente della Repubblica.

Insomma, l'impegno non perentorio ad un'accelerazione dei tempi- l'arco del 2008 come "anno delle riforme" come aveva già detto Veltroni - e il primo passo della legge proporzionale alla tedesca ma anche un po' alla spagnola, sembrano essere la base di partenza per la prosecuzione del dialogo. Una situazione che sembra quasi ricalcare l'intesa per il dialogo tra israeliani e palestinesi.

l'Unità
 
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Prodi, Veltroni e 2800 delegatila prima volta del Partito democratico

Post n°10 pubblicato il 26 Ottobre 2007 da demo_cratico
 

Offuscati da una settimana al cardiopalma tra palazzo Madama e Palazzo Chigi, i 2841 delegati all'assemblea nazionale del Pd si riuniscono domattina nel padiglione 16 della fiera di Rho, periferia nord ovest di Milano. Con una domanda fissa nella testa: "Ma il governo regge?".

Un senso di simil-precarietà che non smorza entusiasmi e attese. Perché al di là della politica politicante, di quello che succederà, l'appuntamento riserva comunque novità ed esordi. A cominciare dal colpo d'occhio: tremila teste, di cui la metà sono donne. Andate a cercare in archivi e annali, non ci sono precedenti in nessun paese al mondo di una quota rosa così affollata, mille e cinquecento donne in un colpo solo. Alla fine la Costituente non sarà così giovane come desiderato, però ci sono la bellezza di cinque minorenni e parecchi ventenni. Sarà anche interetnica e, sembra di capire, lo sarà sul serio, non solo perchè fa chic.

L'appuntamento è alle 10 e 30. I lavori però inizieranno alle undici e andranno avanti fin verso le 17. Riunione snella, ha chiesto il segretario Veltroni che in nome del Pd ha dovuto rinunciare - insieme con il suo braccio destro Goffredo Bettini - alla kermesse finale della Festa del cinema di Roma. E lo sarà snella, ma nel senso che gli interventi saranno veloci per lasciare spazio a più persone e perché le questioni principali sono per lo più già state decise nei giorni scorsi in riunioni a livello ristretto - Veltroni e il suo team - e poi trasmesse a livello regionale.

"Parlerò a Milano" ha ripetuto in questi giorni Veltroni a chi pretendeva che il segretario del Pd dicesse la sua sul quadro generale delle condizioni di salute del governo, su riforme e legge elettorale. La consegna del silenzio sembra, per ora funzionare: dal suo staff non esce nulla. Neppure dettagli sulla scenografia. Cosa si troveranno davanti poi 2.841 delegati quando domattina entreranno nel padiglione 16 della Fiera?

Scenografia - C'è sempre un po' di cinema nei passaggi importanti della vita di Veltroni. Cinema come mistero, attesa, capacità di sognare e di guardare oltre, immaginare. Così i delegati si troveranno davanti un enorme telo che copre il palco. Effetto sorpresa. Cose "semplici perché i soldi sono pochi" si sente dire. Però suggestive. E di gusto. Custode del segreto Roberto Malfatto, l'architetto che già aveva curato il lancio della candidatura di Veltroni a giugno al Lingotto. Top secret la colonna sonora, si sa solo che probabilmente il colore predominante sarà ilverde. Nella scienza dei colori il verde significa serenità, equilibrio, pace. Chissà.

Agenda dei lavori - Sarà Romano Prodi a presiedere l'assemblea che dovrà insediare il segretario eletto con le primarie e investire ufficialmente il vicesegretario Dario Franceschini. Dopo gli interventi del presidente e del segretario, è certo che prenderanno la parola anche altri che si sono iscritti a parlare. Non erano previsti. Poi ci ha pensato la solita guasta-feste della Rosy Bindi a sparigliare: "Voglio intervenire, perchè il pd è una grande forza aperta e plurale in cui gli aderenti sono prima di tutto partecipanti e non è nè un partito personale, nè un partito burocratico nè un partito delle correnti". Ecco, così, tanto per ribadire e rimarcare. Così parlerà il ministro della Famiglia, e parlerà Letta e chiunque voglia intervenire. Sono tassativamente esclusi ministri, segretari di partito e i soliti-già-noti. Scatterà il numero chiuso e i tempi saranno contingentati. Si sentiranno comunque tante voci. Quasi certi gli interventi dei minorenni e degli stranieri.

Le commissioni - Un altro punto fermo della giornata sarà la nomina delle tre Commissioni di lavoro che dovranno redigere la bozza del codice etico del nuovo partito, la bozza dello statuto e della carta dei principi. Ognuna sarà composta da un centinaio di delegati individuati in liste con una rosa di nomi. Si sa che le Commissioni "dovranno rispettare la parità tra uomini e donne e l' equilibrio tra le varie anime dell'assemblea". Anime, non correnti. Ma staremo a vedere.

Attesa per la relazione di Veltroni - "Parlerò solo sabato" ha ripetuto in questi giorni il segretario. La relazione dovrebbe affrontare varie questioni: la forma del partito (ad esempio, tessere o no), le riforme che sono già in discussione alla Camera, quale legge elettorale, modello tedesco oppure maggioritario secco. Il tutto assicurando pieno sostegno al governo Prodi con il quale, assicura, non ci sono rischi di dualismo. Progetti, idee, programmi su cui pende l'incognita tenuta del governo. "Se passiamo la metà di novembre" assicura Enrico Letta e la finanziaria, dopo per l'Unione sarà in discesa. Anche perchè la Cdl punta tutta sulla caduta del governo e se non ce la fa poi perde in credibilità". Se passa la Finanziaria, quindi, poi ci sono vari segnali che anche la Cdl, da gennaio, potrebbe sedersi al tavolo delle riforme.

La Repubblica

 
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Ma smettetela

Post n°9 pubblicato il 26 Ottobre 2007 da demo_cratico
 
Tag: Libero

Ieri è successo di tutto e solo all'idea di ricostruire i fatti mi deprimo. Temo una vostra reazione di disgusto e che gettiate il giornale nel cestino della cartaccia. Cari amici, non è colpa di Libero se la politica è a questo punto. D'altronde è giusto siate informati. Ricorriamo a un compromesso: cercherò di limitarmi all'essenza. In cambio, vi chiedo di resistere. Il governo è andato sotto a ripetizione. Prodi non ce la fa più a tenere unite le file. Oddio, è da tanto tempo che naviga a vista urtando uno scoglio dopo l'altro. Ma adesso la situazione è talmente grave da rasentare la comicità. Il Professore in certi momenti pare essere in procinto di buttarsi dal balcone per farla finita; e non sarebbe uno spettacolo da perdere. Però quando è esausto e la sua espressione manifesta sintomi d'impaz zimento, all'improv viso, non si capisce perché, Romano beve un bicchiere d'acqua - chissà cosa c'è dentro - e rientra in sé.

Libero

 
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«Reddito giovani cresca in modo stabile»

Post n°8 pubblicato il 26 Ottobre 2007 da demo_cratico
 

Draghi: «Una ripresa della crescita del consumo è fondamentale per il benessere generale»

TORINO - «Occorre che il reddito torni a crescere in modo stabile». È il monito lanciato dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi, in una lezione all'Università di Torino aggiungendo che «una ripresa della crescita del consumo è fondamentale per il benessere generale, per la crescita del prodotto, per la stessa stabilità finanziaria. Destinatari e protagonisti di questo processo sono in particolare i giovani».

IMPOVERIMENO DEI GIOVANI - I giovani, dice Draghi, potrebbero comprimere la loro propensione al consumo in ragione «di un reddito permanente atteso più basso che in passato» e della «discontinuità della vita lavorativa».

STIPENDI - I livelli retributivi dell'Italia «sono piu bassi che negli altri principali paesi dell'Unione europea» ha aggiunto il governatore della Banca d'Italia. «Le differenze salariali rispetto agli altri Paesi - ha detto Draghi - sono appena più contenute per i giovani, si ampliano per le classi centrali di età e tendono ad annullarsi per i lavoratori più anziani. Il differenziale è minore nelle occupazioni manuali e meno qualificate». Secondo dati dell'Eurostat relativi alle imprese dell'industria e dei servizi privati nel 2001-02, ha spiegato Draghi, «la retribuzione media oraria era, a parità di potere d'acquisto, di 11 euro in Italia, tra il 30 e il 40 per cento inferiore ai valori di Francia, Germania e Regno Unito». «L'Italia mostra, come la Francia, un profilo ascendente per età, mentre in Germania e Regno Unito il profilo è a U rovesciata: le retribuzioni raggiungono un apice in corrispondenza delle età più produttive, calano negli anni successivi».

RIFORME - Secondo il governatore di Bankitalia, esiste una «concorde diagnosi dei mali italiani» che porta «in primo piano l'esigenza di misure volte a riformare le regole dell'economia e della spesa pubblica. Saranno quelle stesse misure strutturali, mirate ad aumentare l'efficienza e la competitività della produzione interna, a sostenere i redditi e i consumi delle famiglie, assicurando la crescita dell'economia».

«Il ventaglio dell'azione pubblica è ampio», si legge nelle lezione di Draghi all'università di Torino che si sofferma su tre settori.
Il primo fa riferimento alla riforma «coraggiosa» del sistema d'istruzione, e in particolare dell'istruzione superiore, che «deve sollecitare i giovani in procinto di affacciarsi sul mercato del lavoro a investire seriamente in capitale umano».
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, inoltre, vanno individuati, secondo Draghi, gli strumenti per «ripartire più equamente i costi derivanti dalla maggiore flessibilità. Vi sono modi, sperimentati anche in altri paesi, per contemperare le esigenze di imprese competitive con le aspirazioni dei lavoratori che entrano nel mercato, con i bisogni di stabilità e crescita professionale di coloro che già vi sono».
Infine «un innalzamento dell'età effettiva di pensionamento può ricostruire l'equilibrio fra attesa di vita, attività lavorativa e modelli di consumo».

REDDITO - «La spesa pro capite per consumi è oggi più che raddoppiata rispetto al 1970», dice ancora Draghi, sottolineando come «nell'ultimo quindicennio in Francia e, soprattutto, nel Regno Unito il reddito pro capite sia cresciuto a ritmi sostenuti, favorendo una rapida espansione dei consumi. In Germania, che ha condiviso con noi una fase di quasi stagnazione della crescita economica fino a due anni fa, la dinamica della spesa è risultata inferiore a quella del reddito, che ha beneficiato degli intensi processi di ristrutturazione, dei miglioramenti della produttività e della rafforzata capacità esportatrice del sistema produttivo tedesco. Viene confermata la fondamentale diversità dei casi italiano e tedesco: il nostro sistema ha sofferto di una crisi di competitività internazionale, quello tedesco di una crisi di fiducia dei consumatori». «Secondo stime che saranno diffuse entro l'anno dalla Banca d'Italia - annuncia il numero uno di Bankitalia - la ricchezza delle famiglie italiane, non considerando quella pensionistica pubblica, in accordo con le norme statistiche internazionali, ha mostrato un deciso incremento dalla metà degli anni novanta: pur tenendo conto delle difformità nazionali nella valutazione delle attività reali, alla fine del 2004 essa era pari a circa otto volte il reddito disponibile, un valore in linea con quello del Regno Unito e nettamente più elevato di quelli di Giappone, Francia, Germania e Stati Uniti. Nel nostro paese le attività finanziarie rappresentano poco meno della metà della ricchezza totale netta, una quota superiore a quella francese, pressochè pari a quelle della Germania e del Regno Unito e molto al di sotto di quelle degli Stati Uniti e Giappone. L'indebitamento delle famiglie italiane, pur in significativo aumento, rimane molto inferiore nel confronto con gli altri paesi».

Corriere della Sera

 
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Mastella indagato a Roma

Post n°7 pubblicato il 26 Ottobre 2007 da demo_cratico
 

Il nominativo di Clemente Mastella è stato iscritto nel registro degli indagati della procura di Roma, nell’ambito della parte di inchiesta denominata "Why not" arrivata nella capitale. Il ministro della giustizia è indagato per i reati di abuso d’ufficio, concorso in truffa e violazione della legge sul finanziamento dei partiti. Gli atti saranno poi trasferiti al tribunale dei ministri con pareri e richieste da parte della procura della repubblica di Roma che assume in questa vicenda il ruolo di pubblica accusa mentre il tribunale dei ministri svolgerà le funzioni di giudice dell’indagine preliminare.

Il procuratore Ferrara: "Atto dovuto" "L’iscrizione di Clemente Mastella nel registro degli indagati costituisce un atto dovuto, poiché nel fascicolo arrivato da Catanzaro quel nominativo era già iscritto". Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Roma, Giovanni Ferrara, spiegando i motivi dell’iscrizione del guardasigilli nell’apposito albo di Piazzale Clodio. Gli inquirenti della capitale avranno ora 15 giorni di tempo per esaminare il materiale cartaceo ricevuto e successivamente dovranno procedere alle richieste (approfondimento delle indagini, oppure archiviazione) al Tribunale dei ministri.

Mastella: "Vado avanti sereno" "Non sono rimasto affatto indifferente ai messaggi di solidarietà che da più parti, a iniziare dalle più alte cariche istituzionali, mi sono giunti dopo l’ennesima lettera di minaccia che, certo, potevo anche aspettarmi, ma che mi ha lasciato profondamente amareggiato". Lo afferma in una nota il segretario dell'Udeur e ministro della Giustizia, Clemente Mastella. "Nel ringraziare sinceramente tutti coloro che mi hanno manifestato la loro vicinanza - prosegue Mastella - voglio ripetere come sia necessario, oggi più che mai, abbassare i toni della polemica e dello scontro perché la vita delle Istituzioni di questo paese possa continuare a rendere un servizio reale a tutti i cittadini. Da parte mia - conclude Mastella - continuerò a lavorare con serenità, determinazione e trasparenza come Guardasigilli e come esponente politico della maggioranza".

"I magistrati non cerchino consenso della piazza" I giudici debbono rispettare la legge e i loro doveri deontologici senza cercare il "consenso della piazza perchè oltre questo confine non c’è più la giustizia quale noi conosciamo e vogliamo". È uno dei passaggi centrali del messaggio inviato dal ministro della Giustizia al congresso di Unicost che si tiene a Viareggio all’indomani della trasmissione "Annozero". Il Guardasigilli, non citando espressamente il caso De Magistris, sottolinea il "valore costituzionale della soggezione del giudice alla legge; soltanto alla legge, ma almeno alla legge. In mancanza di ciò -prosegue- è la base stessa su cui poggia l’indipendenza della magistratura a essere messa a rischio, salvo a non immaginare un ben più grave rischio per l’intero assetto delle nostre istituzioni democratiche". Il Guardasigilli sottolinea infine che "la soggezione del giudice solo alla legge, privata del muro di cinta costituito dal rispetto delle regole deontologiche, colorirebbe fino a dissolversi consegnando prima i singoli magistrati e poi l’intero ordine giudiziario, non più alla garanzia indefettibile dell’autogoverno, ma alla perniciosa ricerca del consenso della piazza".

 
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Ci siamo: sabato nasce il Pd 3mila delegati, 5 ore di riunione

Post n°6 pubblicato il 26 Ottobre 2007 da demo_cratico
 

Si apre sanato mattina alle 10,30 la prima Assemblea Costituente del Partito Democratico. A due settimane dalle primarie che hanno incoronato Walter Veltroni alla guida del Partito democratico, oltre 2800 persone si riuniranno nel padiglione 16 del nuovo complesso fieristico di Rho, per dare inizio alla costruzione del nuovo soggetto.

In uno scenario che si annuncia molto sobrio (poche le indiscrezioni sulla scenografia, ma sembra che a prevalere sarà il colore verde Ulivo) a prendere la parola a inizio giornata sarà il presidente del Consiglio e presidente del Pd, Romano Prodi, che avrà anche il compito di presiedere i lavori dell'Assemblea. Seguirà la proclamazione di Walter Veltroni a segretario e l'indicazione di Dario Franceschini come numero due del partito. I lavori proseguiranno con la nomina di tre commissioni, ciascuna composta da un centinaio di persone, che dovranno redigere lo Statuto del partito, il "Manifesto delle idee" e un codice etico per gli aderenti e i militanti del nuovo soggetto. È previsto anche un dibattito, ma dato l'altissimo numero di partecipanti all'Assemblea, sia il numero degli interventi che la loro durata sarà certamente "calmierato".

Quasi certo l'intervento dal palco, oltre che di Prodi e di Veltroni (che pronuncerà il discorso di insediamento e chiuderà la giornata), anche di Rosy Bindi e di Enrico Letta. Escluso l'intervento di altri big, può darsi che possano prendere la parola alcuni segretari regionali o qualche rappresentante del popolo della società civile (si pensa ad un sedicenne e ad una testimonianza femminile).

La prima seduta dell'Assemblea cade in un momento molto delicato per la maggioranza e il governo. Molto atteso è l'intervento di Veltroni, che dopo avere di fatto smentito le indiscrezioni circolate in questi giorni che gli attribuivano varie posizioni sulla riforma della legge elettorale («non partecipo al teatrino della politica», aveva detto il sindaco di Roma) ha annunciato che scoprirà alcune delle sue carte proprio domani. E se ieri Veltroni è stato il primo a commentare positivamente l'appello di Prodi alla maggioranza, da parte degli stessi maggiorenti del nuovo soggetto viene la richiesta di chiarezza: «Da Veltroni - dice Enrico Letta - mi aspetto parole chiare sulle riforme».


Le indiscrezioni: Fassino a tempo pieno e D'Alema non va in Europa

I  Ds si sciolgono? No, per ora no. Anche se nel Partito Democratico la classe dirigente traslocherà tutta intera e con ruoli di primo piano. Walter Veltroni naturalmente è alla guida. Nelle sue mani peraltro, il segretario avrebbe già una sorta di organigramma di massima, anche se sabato non dovrebbe procedere ad alcun tipo di nomina. Di organismi se ne riparlerà da lunedì in poi, fanno sapere dal suo entourage. Ad affiancarlo Veltroni dovrebbe avere un esecutivo, diviso per settori funzionali, e composto dai collaboratori con incarichi operativi. Accanto a questa sorta di segreteria, ci sarebbe poi un Ufficio di Presidenza politico, all'interno del quale siederebbero i big dei due partiti.

Piero Fassino, a quanto si apprende, avrebbe un ruolo di grande responsabilità in chiave operativa, lavorando fianco a fianco con il segretario e siederebbe nello stesso tempo nell'Ufficio di Presidenza. Per lui si parla da tempo di un ruolo da "ambasciatore del Pd" soprattutto in chiave europea, e anche di una sorta di delega per il Nord Italia. Ma tra le ipotesi in campo c'è anche quella di un raccordo funzionale e politico tra partito e istituzioni, in primis il governo. Chi gli ha parlato nelle scorse ore, tuttavia, non conferma. La sua ultima settimana da segretario della Quercia, Fassino l'ha passata lavorando sodo come al solito al botteghino, ma con una singolare sotto-esposizione mediatica.

Un particolare che fa pensare ad una prossima e clamorosa sorpresa. E sembra proprio che sarà Walter Veltroni, sabato a Milano, a renderne noti i lineamenti. Ma della partita, che si chiami Partito Democratico o governo, sarà protagonista centrale anche Massimo D'Alema. Il ministro degli Esteri, parlando con i suoi collaboratori, ha dato per scontato un suo impegno pieno nel quadro politico nazionale. Le indiscrezioni che lo volevano "decollare" verso il ruolo di mister PESC (Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune) con la riforma del trattato comunitario, non erano prive di fondamento e D'Alema avrebbe apprezzato quello che definisce un ruolo molto, molto importante, definendo quelle ipotesi "lusinghiere". Ma che possa trasferirsi in Europa nei prossimi mesi non è una questione all'ordine del giorno.

Intanto al botteghino ci si prepara a restare in attività per altri mesi. Una parte del personale è già traslocato a Santi Apostoli e poi andrà nella nuova sede del Circo Massimo. Ma dopo l'assemblea di Milano il partito sarà ancora operativo per un periodo imprecisato. Tra sedi, finanziamenti e altre pratiche, anche per un partito, come per un partito, la dismissione è una fase piuttosto lunga.

L'Unità

 
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Il premier: un invito a tradire"Fausto mi ha pugnalato alle spalle"

Post n°5 pubblicato il 25 Ottobre 2007 da demo_cratico
 

"È una pugnalata alle spalle". Ce l'ha con Fausto Bertinotti. Ma non ha gradito nemmeno il richiamo del capo dello Stato. Romano Prodi ha ascoltato con sospetto i richiami di Giorgio Napolitano e del presidente della Camera a favore delle riforme. Il fantasma del governo tecnico o istituzionale, infatti, aleggia sulla testa del Professore. E lui ieri non ha fatto niente per nascondere il suo malumore. Il triangolo istituzionale che fino ad ora ha accompagnato e guidato la legislatura, da ieri sembra essere incrinato. L'asse Quirinale-Palazzo Chigi-Montecitorio non è più forte come prima.

Il duello tra "Fausto e Romano" è proseguito per tutta la giornata. A colpi di note e smentite. Un scontro tutto centrato sul "dopo-Prodi". Eh già, perché avallare adesso l'ipotesi di un nuovo governo per varare la riforma elettorale, secondo palazzo Chigi rappresenta un "invito" ai senatori più titubanti. Un via libera ad accettare le avances di Silvio Berlusconi sapendo che la caduta del Professore non comporterà automaticamente le elezioni anticipate.

"Dopo di me ci sono solo le urne, ma so bene - ripete da tempo il capo del governo - che un secondo dopo l'apertura della crisi ci sarà la corsa a chiedere un esecutivo istituzionale". L'allarme a Palazzo Chigi, insomma, è scattato. Ci si è messo pure Antonio Di Pietro a minacciare l'appoggio esterno. E poi, a parte i soliti "fedelissimi" del Professore, in pochi nell'Unione - e nel Partito Democratico - hanno smentito la prospettiva di un "tecnico" a Palazzo Chigi.

Il premier si aspettava una parola da Walter Veltroni. Ma anche il Sindaco di Roma non ha escluso con i suoi che anche quella può essere una "soluzione". E pur ribadendo che sosterrà Prodi fino alla fine, ha anche annunciato che sabato prossimo illustrerà la sua proposta sulla legge elettorale. Un progetto che non sarà molto lontano dal modello tedesco. E proprio la revisione del "porcellum" potrebbe essere il perno su cui costruire un eventuale esecutivo istituzionale. Per varare la Finanziaria, superare il prossimo anno e poi andare al voto nel 2009.

Uno scenario che non preoccupa solo il Professore. Anche Silvio Berlusconi ha messo in movimento la sua "contrarea". Sa che la questione è sul tavolo. Che la caldeggia il Colle e che è stata trattata dai "big" del centrosinistra e da alcuni rappresentanti del centrodestra. Per questo ha spedito Gianni Letta da Pier Ferdinando Casini. "Ma che volete fare? - stata la domanda posta dal messo berlusconiano al leader dell'Udc - Noi vi assicuriamo che a novembre il governo cade. Ma poi bisogna andare a elezioni".

Il dialogo tra i due ha mantenuto i toni soft. Un equilibrio di parole giocato sulle sfumature. "Noi - ha spiegato l'ex presidente della Camera - noi non ci aggiungeremo mai ad un governo del centrosinistra. Ma voteremo per chi ci assicura un sistema elettorale tedesco". "Se cade Prodi e nasce un esecutivo per la legge elettorale - dice ancora più apertamente Bruno Tabacci - noi ci stiamo". Nello stesso tempo il Cavaliere ha chiamato di nuovo Umberto Bossi. Per chiedere garanzie e bloccare chi perfino nella Lega non chiude la porta ad un'intesa.

L'ex premier dunque è in fibrillazione. È sicuro di poter far crollare il governo al Senato nelle prossime settimane. Ma ieri ha iniziato a coltivare qualche dubbio sulle conseguenze. "Se l'esito deve essere un governo tecnico - ha ragionato con i suoi a Via del Plebiscito - allora meglio non provocare adesso la crisi. Meglio aspettare che sia passata la Finanziaria. Solo se riusciamo a far passare da noi un intero gruppo possiamo essere sicuri di andare alle urne. Altrimenti tanto vale tenere lì Prodi".

Anche perché, se lo sfilacciamento dell'Unione non dovesse condurre alle elezioni nel 2008, sarà il Cavaliere a discutere la nuova legge elettorale. "Noi - spiega Enzo Bianco, l'uomo che per la maggioranza sta provando a trovare un punto di mediazione con la Cdl sulle riforme - sappiamo che da novembre Berlusconi vorrà parlare con noi". Una previsione confermata dallo stesso leader forzista. "Senza voto, preferisco parlare con Prodi. E sarò io a trattare. Non lascio a Casini la possibilità di farsi la legge elettorale a sua misura".

La Repubblica

 
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Tutta colpa di questo quì

Post n°4 pubblicato il 25 Ottobre 2007 da demo_cratico
 
Tag: Libero

A volte ritornano, e pazienza. A volte non se ne vanno mai e poi mai. È il caso di Giulio Andreotti, democristiano senza requie, che da sessanta anni è sempre lì e non lo schiodi nemmeno con la fiamma ossidrica. Sono convinto. In nessun altro Paese al mondo esiste un tipo così, praticamente immortale e inamovibile. Pazienza se lo tenessero a Palazzo Madama quale soprammobile, portafortuna, souvenir, massì monumento. Macché. Andreotti lavora moltissimo sulle carte parlamentari come tutti quelli che non hanno mai lavorato sul serio, non diserta una sola seduta, è il primo ad arrivare in aula e l'ultimo ad andarsene (speriamo spenga la luce, visto che la paghiamo noi). Si dà da fare, partecipa a riunioni ed è un perfetto cattivo consigliere; ne sa qualcosa Mastella. Già. È stato Giulio a suggerirgli di non dimettersi, e se siamo ancora qui a parlare di Prodi - cade o non cade? - lo dobbiamo a lui, altrimenti a quest'ora ci dedicheremmo a un bel funerale.

Libero

 
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Prodi: «Esigo il rispetto degli impegni»

Post n°3 pubblicato il 25 Ottobre 2007 da demo_cratico
 

Il premier agli alleati dopo le divisioni in Senato: «Le forze di maggioranza dicano se sostengono il governo»

ROMA - Un duro richiamo. In diretta televisiva. Dopo il giovedì terribile della maggioranza (quattro ko in Senato sul decreto fiscale collegato alla Finanziaria), Romano Prodi scende nella sala stampa di Palazzo Chigi e in un breve discorso trasmesso dal Tg3 lancia agli alleati quello che suona come un vero e proprio ultimatum: «Esigo il rispetto degli impegni».

IL BREVE DISCORSO - L'espressione del premier è quella dei momenti difficili. «Il nostro Governo - attacca Prodi - ha proposto all'approvazione del Parlamento una serie di importanti provvedimenti: il decreto fiscale, la legge finanziaria, le misure in favore dei più poveri, l'aumento delle pensioni più basse, le politiche per la casa, le pensioni e le politiche contro la precarietà. Contemporaneamente - ha proseguito Prodi - il Governo ha svolto una azione di stimolo verso il Parlamento per avviare la discussione sulle riforme istituzionali e sulla legge elettorale. Noi abbiamo fatto tutto questo per rilanciare l'economia e per portare un po' di equità nella società italiana». A questo punto arriva l'analisi di quanto avvenuto a Palazzo Madama: «La maggioranza che sostiene il Governo si è divisa al momento del voto non sull'impianto di queste grandi proposte, ma su fatti particolari, mettendo a rischio la realizzazione delle indispensabili riforme». Ed ecco l'affondo: «È giunto il momento che tutte le forze politiche della maggioranza dicano chiaramente se intendono continuare a sostenere il Governo o se vogliono invece far prevalere gli interessi di parte su quelli del Paese. Non pongo oggi il voto di fiducia, ma esigo che le forze politiche della maggioranza rispettino gli impegni che esse hanno assunto di fronte ai cittadini. Questo è quanto comunicherò nelle prossime ore a tutti i partiti della maggioranza».

VELTRONI: SONO D'ACCORDO - Passano pochi minuti e le agenzie battono la prima reazione al discorso di Prodi: è quella di Walter Veltroni. «Concordo pienamente con il tono ed il contenuto dell'appello del presidente del Consiglio - afferma il leader del Partito Democratico -. Il Paese ha bisogno del massimo di solidità della maggioranza per rafforzare l'azione del governo. Questo è il primo impegno del Pd». A stretto giro di posta Prodi incassa anche il sostegno del segretario dei Ds, Piero Fassino, del leader della Margherita, Francesco Rutelli, e del ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio: «Condividiamo le parole di Prodi». Per Rifondazione Comunista, «il richiamo al rispetto degli impegni da parte della maggioranza deve valere per tutti». «E gli impegni - spiega il presidente dei deputati del Prc, Gennaro Migliore - sono l'applicazione della linea dettata dal programma».

IDV E UDEUR - E l'Italia dei Valori, che in Senato ha votato con l'opposizione? Antonio di Pietro spiega che l'obiettivo dell'IdV è quello di «rafforzare il governo, non farlo cadere». Ma questo si può fare solo «realizzando impegni concreti» ed evitando la «politica dei veti» che la sinistra vuole imporre «spinta da furore ideologico». Il ministro delle Infrastrutture, in particolare, torna a spiegare le ragioni del voto dei senatori di Idv in Senato (salvo Franca Rame) contro l'emendamento che prevede la liquidazione della società "Ponte Stretto di Messina". «Noi - spiega - non abbiamo votato con il centrodestra, ma ci siamo espressi per ripristinare il testo originario del decreto, come era uscito dal Consiglio dei ministri. Per questa coerenza Prodi dovrebbe ringraziarci perché dà credibilità all'azione del governo». Anche quelli dell'Udeur (protagonisti nelle ultime settimane di aspre polemiche proprio con Di Pietro e l'IdV per il caso Mastella-De Magistris) affermano di non avere nulla da rimproverarsi: «Sottoscriviamo l’appello di Prodi - dice Mauro Fabris, capogruppo del Campanile alla Camer - e lo accogliamo in toto. Ma noi abbiamo dimostrato di essere leali, non abbiamo nulla da rimproverarci. L'appello non è rivolto all'Udeur». E Clemente Mastella aggiunge, sibillino: « «Prodi ha fatto bene a parlare. Si è rivolto a uno solo. Uno che non ha mai cambiato mestiere...».

Corriere della Sera

 
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Senato, il Governo quattro volte koProdi: esigo il rispetto degli impegni

Post n°2 pubblicato il 25 Ottobre 2007 da demo_cratico
 

Roma - Ore decisive per l’iter della manovra 2008 in Senato. Questa mattina, in aula, maggioranza e governo sono stati battuti complessivamente quattro volte. In particolare, per quanto riguarda la prima proposta di modifica, quella sulla soppressione della Società Stretto di Messina, che ha visto la maggioranza battuta, è stata l’Italia dei Valori, con l’esclusione della senatrice Franca Rame, a schierarsi con l’opposizione. Un segnale, questo, che testimonia le difficoltà dell’Unione a tenere serrate le fila. Soprattutto in vista della sequenza di voti, che si annuciano ancora testa a testa, che sarebbero necessari per andare avanti con l’esame del provvedimento. Sono stati finora votati gli emendamenti ai primi 17 articoli sui 47 totali e i tempi previsti dal calendario dei lavori imporrebbero di licenziare il dl entro oggi. E dopo la conferenza dei capigruppo il governo decide di non mettere la fiducia sul decreto che accompagna la Finanziaria e la seduta di oggi andrà avanti ad oltranza nelle votazioni.

Voti contrari: 160 La maggioranza è stata battuta sull’emendamento che prevede la soppressione della società Stretto di Messina. La proposta di modifica al decreto legge collegato alla finanziaria, al momento del voto dell’aula di palazzo Madama ha avuto 145 voti favorevoli e 160 voti contrari. Il provvedimento era stato accantonato ieri durante i lavori dell’assemblea. Questa mattina la maggioranza si era incontrata per trovare una soluzione unanime. Ma non avendo raggiunto l’accordo il relatore aveva proposto il ritiro dell’emendamento, che però non è stato accettato dalla commissione Bilancio. L’Italia dei Valori, al momento del voto, ha annunciato il voto contrario, e il governo ha rimesso il parere all’assemblea.

Secondo ko Maggioranza di nuovo battuta nell’aula del Senato, nelle votazioni sul decreto legge collegato alla Finanziaria. L’Unione è stata sconfitta avendo espresso 149 voti favorevoli, mentre i contrari sono stati 160 contrari e un astenuto, su un emendamento della Commissione Bilancio sulla Scuola superiore della pubblica amministrazione. Il relatore aveva espresso parere favorevole mentre il governo si era rimesso all’aula. Lamberto Dini e il diniano Natale D’Amico hanno votato insieme alla Cdl sull’emendamento della commissione Bilancio che prevedeva la soppressione della scuola della pubblica amminstrazione. A votare contro la proposta dell’Unione anche Domenico Fisichella. I senatori a vita, Emilio Colombo e Rita Levi Montalcini, hanno votato con la maggioranza.

Terza sconfitta Governo battuto in aula al Senato per la terza volta su un emendamento proposto dall’Udeur sui dirigenti della giustizia. Il governo aveva espresso parere favorevole alla modifica mentre il relatore si era rimesso alla volontà del governo. Il voto dell’aula è stato di 155 pari, che al Senato equivale ad un no. L’emendamento, proposto dal senatore dell’Udeur Tommaso Barbato, riguardava il personale dirigenti del ministero della Giustizia, proponendo l’assunzione di alcuni vincitori di concorso che erano stati assunti in via provvisoria in base a sentenza del giudice del lavoro.

Quarta batosta Ancora un voto pari nell’Aula del Senato - 156 a 156 - e il governo viene nuovamente battuto. Questa volta a non passare è l’emendamento della Commissione Bilancio sul digital divide.

Il Giornale

 
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Prodi tira le orecchie ai suoi: «Bisogna rispettate gli impegni»

Post n°1 pubblicato il 25 Ottobre 2007 da demo_cratico
 

«Non prevalgano gli interessi di parte»

Una Finanziaria all´insegna del risanamento e dell´equità. Che rischia di andare in fumo per futili particolari. «Oggi la maggioranza che sostiene il Governo – ha spiegato Prodi – si è divisa al momento del voto non sull'impianto della manovra, ma su fatti particolari, mettendo a rischio la realizzazione delle indispensabili riforme».

«È giunto il momento – ha detto senza mezzi termini – che tutte le forze politiche della maggioranza dicano chiaramente se intendono continuare a sostenere il Governo o se vogliono invece far prevalere gli interessi di parte su quelli del Paese». È un duro richiamo ai ministri e ai partiti della coalizione quello che il premier Prodi ha voluto lanciare in una breve conferenza stampa a palazzo Chigi.

Quasi un gesto estremo, un tentativo chiaro di recuperare la coesione nella maggioranza: basta con le «divisioni su fatti particolari: esigo che tutte le forze politiche della maggioranza rispettino gli impegni presi di fronte ai cittadini». Zittisce così ogni polemica il primo ministro. Ora, si attendono risposte concrete, non solo parole.

L'Unità

 
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