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Il Liszt romano nei Diari di Gregorovius

Post n°778 pubblicato il 04 Luglio 2014 da giuliosforza

Post 734

 

Ho amato ed amo, mi dispiace per il il mio discepolo ed amico, il grande musicista polivalente Marco Lo Muscio, Chopin e Liszt, le due torri (una troppo presto abbattuta dalla folgore del destino) della cattedrale del lirismo pianistico romantico. E’ per questo che mi fa particolarmente piacere leggere le testimonianze di Gregorovius, seguire passo passo nei suoi Diari romani le vicende che nella città eterna il Magiaro vive tra un salotto e l’altro, tra una chiesa e l’altra. Alcune di tali testimonianze riporto qui di seguito per gli appassionati, che spero le trovino originali, curiose e sapide, come le ho trovate io. 

 

Nei Diari romani (1852-1874) undici volte ci imbattiamo in Liszt, solo tre volte in Wagner (dell’ungherese genero, avendone sposato la figlia Cosima dopo averla sottratta al suo amico e direttore preferito von Bülow), pur avendo il Lipsiense avuto in quegli stessi anni molte frequentazioni italiane, soprattutto della riviera amalfitana e di Ravello in particolare, che ogni anno lo ricorda, come è a tutti noto, con un grande  festival. Gli è che Wagner era un personaggio poco mondano, al contrario di Liszt, la cui figura mistica e allampanata ed il cui genio pianistico (senza dire delle vicende private per lo meno sconcertanti, come il ricevimento della tonsura ecclesiastica) ne facevano uno dei personaggi più ricercati dei salotti dell’alta nobiltà romana.

Incontriamo Liszt la prima volta la domenica delle palme 1862, e subito ci appare in tutta la sua stravagante unicità:

 

“Ho fatto conoscenza di Liszt: figura appariscente e demoniaca; alto, scarno, lunghi capelli grigi. Secondo la signora von S. egli si sarebbe consunto e non rimarrebbero in lui che le pareti, fra le quali oscilla una spettrale fiammella”.

 

Il grande virtuoso e compositore, rivoluzionatore della tecnica pianistica, aveva all’epoca 51 anni ed era all’apice della gloria internazionale, e stava maturando quella  crisi mistica, di cui Gregorovius narrerà via via le fasi.

Il 27 marzo 1854, giorno di Pasqua, annota:

 

Liszt ha dato, alcuni giorni fa, nella nuova cappella del campo pretoriano, il suo grande concerto (Accademia sacra)  a beneficio dell’obolo di San Pietro. Vi erano molti legittimisti ed amici curiosi. Hanno parlato quattro cardinali, Liszt suonava, il coro pontificio cantava; alla fine monsignor Nardi ringraziò della partecipazione a favore del più generoso e più povero monarca d’Europa’ -tremendo applauso nel campo pretoriano. Liszt si è mostrato fanaticamente cattolico”.

 

In un giorno imprecisato di Dicembre lo ritroveremo nel salotto di Lindemann. Il Papa Pio IX ha appena pubblicato, l’otto dello stesso mese, il famigerato Sillabo, un  capolavoro di oscurantismo religioso e politico in ottanta frasi col quale egli tenta di mettere inutili puntelli allo Stato pontificio ormai sull’orlo del crollo. L’ultimo articolo, l’ottantesimo, condanna l’opinione ormai sempre più diffusa negli ambienti progressisti vaticani, che ritiene che  il Papa romano può ed ha il permesso di concludere un accordo conciliatore con il progresso, con il Liberalismo, e con la civiltà moderna”. Per la curiosità del lettore riporto il commento di Gregorovius:

“I clericali vedono in questi manifesti una azione storica, e tutti i ragionevoli vi scorgono solo la dichiarazione dell’incapacità del Papato di progredire col tempo, e la sua lettera di dimissioni rivolta alla cultura umana. L’arroganza di essere nell’anno 1864 l’unica fonte di ogni potenza e di ogni diritto, addirittura di ogni civiltà, questo linguaggio antiquato di Innocenzo III e di Bonifacio VIII sulla bocca di un debole sognatore, è cosa ridicolissima. Le sciocchezze sillabate provano soltanto la rimbambita senescenza di questo istituto”.

 

Roma, 30 aprile 1965

“ Il 21 Liszt ha dato al Palazzo Barberini il suo concerto di addio. Dilettanti hanno cantato e suonato: lui ha suonato ‘Il re degli elfi’, singolare addio al mondo. Nessuno sospettava che egli avesse già in tasca la calza di sacerdote. La domenica seguente gli fu fatta la tonsura in San Pietro ed egli ricevette la prima consacrazione da monsignor Hohenlohe. Ora porta la mantellina da sacerdote, abita nel Vaticano, e, secondo ciò che mi raccontò Slözer ieri, starebbe bene e di buon umore. Questa è la fine del geniale virtuoso, di una personalità veramente sovrana. Sono contento di aver ancora sentito suonare Liszt; lui e lo strumento mi sembravano formare un corpo unico, come un centauro-pianoforte”.

La scelta lisztiana non garba molto, come si vede, allo storico prussiano, ma ciò non gli impedisce di dare dell’artista ormai…bénit,  una delle rappresentazioni più icastiche che mai ne siano state a noi tramandate.

 

Roma 7 maggio

“Ho visto Liszt vestito da sacerdote -usciva da una vettura da nolo;la sua mantellina di seta nera volteggiava ironicamente intorno a lui- Mefistofele travestito da sacerdote. Così finisce Lovelace”

G. parla impropriamente di sacerdozio. In realtà L. aveva ricevuto solo la tonsura e gli ordini minori, primo gradino verso il sacerdozio. La Lovelace a cui Liszt si riferisce è sicuramente Ada Lovelace, la sola figlia legittima di Byron, grandissima matematica, inventrice della macchina analitica anticipatrice del computer, che dopo una vita, pur breve, trascorsa nel più perfetto e conclamato materialismo, in extremis, malata di un cancro uterino di cui sarebbe morta ad appena 36 anni, fece abiura e si convertì ad una intensa vita religiosa. Il suo caso fece molto scalpore nella prima metà dell’Ottocento.

 

Roma 26 novembre

“ Ho trovato Liszt, in veste di sacerdote, dalla signorina von Stein. Si dice che egli si penta già della sua metamorfosi”.

 

Roma 7 gennaio 1866

“Mercoledì scorso all’Ara Coeli. Liszt presentò una composizione sullo Stabat Mater Speciosa di fra Jacopone; era piuttosto stentata; passando mi disse: musica di chiesa, musica di chiesa!”.

 

Roma 15 febbraio

“Ieri ho terminato il terzo capitolo del libro XII  (della Storia di Roma nel Medioevo). Il carnevale mi ha infastidito. Stato a cena dal principe di Weimar con Liszt. Quest’ultimo era molto cordiale. Voleva avvicinarsi a me e andandosene mi disse che sperava di stringere più amicizia. Questo sarà difficile, dato che non ho nessun punto di incontro con lui. E’ invecchiato molto, il suo volto si è completamente raggrinzito; ma la sua vivacità è ancora travolgente. La contessa Tostoi mi ha raccontato ieri che un’americana che vive qui avrebbe fatto incorniciare la stoffa di una sedia sulla quale era stato seduto Liszt e l’avrebbe appesa alla parte; essa l’avrebbe detto a Liszt che all’inizio si sarebbe indignato, poi però avrebbe chiesto se fosse vero. Se un uomo del genere non disprezza la gente bisogna dargliene gran merito”

 

Roma 11 marzo

“So stato molto fuori e la colpa è di Tolstoi; stato molto nel mondo russo, ambiente che, strano a dirsi, frequento più di tutti gli altri –e questo a Roma! Liszt ha presentato la sua Sinfonia di Dante nella Galleria dantesca; come sacerdote ha mietuto ancora un’ovazione di tarda estate. Le signore della Galleria gli gettarono fiori dall’alto; la signora L. poco mancò che l’uccidesse con una grande corona di alloro. I romani criticano aspramente questa musica chiamandola priva di forma. Essa contiene sì dello spirito, ma non abbastanza. Liszt è andato a Parigi. Il giorno prima della sua partenza ho fatto colazione con lui nel giardino di Tolstoi; ha suonato per un’ora e vi si lasciò costringere di buona voglia dalla giovane principessa S., una signora dalle forme colossali  ma di non meno notevole intelligenza”.

 

Roma 10 giugno 1866

“Liszt è venuto da Parigi. Dato che Hohenlohe lascia il Vaticano, egli si installa di nuovo sul Monte Mario. Sono stato spesso con la sua amica, la principessa Sayn-Wittgenstein. La sua natura mi disgusta, benché brillante”. (Sua di chi? Di Liszt o della principessa??

 

Roma 24 0tt0bre 1869

“Liszt è venuto ieri e mi ha detto che si recava nella solitudine di Villa d’Este, dove voleva restare per mesi, fuggendo così allo sciame di gente. Egli vuole portare a termine un’opera musicale per il giubileo di Beethoven, in occasione del quale gli ho scritto alcuni versi per completare quelli che deve comporre. Sembra avere un intenso desiderio di lavorare”.

La famosissima Villa d’Este di Tivoli (che, dopo varie vicissitudini seguite alla morte di Ippoilito II d’Este , divenne proprietà degli Asburgo dai quali fu donata al Cardinale Hohenlohe di cui Liszt era sodale nei suoi soggiorni romani) ebbe molto spesso ospite il Maestro magiaro. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1886. quasi ogni anno per tre mesi, da settembre a Dicembre, vi risiedeva in cerca di pace. Viveva in tre stanze modeste sotto al tetto, da cui si godeva il magnifico spettacolo dei Castelli e della stessa  Roma. Il pianoforte, un Ėrard, su cui egli suonava è sopravvissuto e, nel 1986, restaurato da una ditta giapponese, fu suonato in una notte magica nel piazzale della Villa da uno dei più grandi lisztiani contemporanei, un maestro australiano il cui nome non ricordo. Fu una emozione inesprimibile, ed io ebbi la ventura di condividerla.

 

Roma 10 gennaio 1870

“Dalla signora L. si radunano molte persone. Vi suonano due polacche, la contessa S. della Lituania e la signora J. di Varsavia. Quest’ultima, fanatica di Liszt, ha abbandonato i i suoi bambini per diventare sua allieva. E’ una personcina brillante, che va matta per Liszt. Questi si è ritirato a Tivoli nella Villa d’Este”.

 

Roma 14 febbraio

“Ieri, nel salotto della signora von Tallenay, è apparso Liszt annunciando la sensazionale notizia dell’aggiornamento del Concilio poiché la lotta si arroventava troppo. Oggi dovrebbe essere emanato un nuovo regolamento che annienterà l’ultima possibilità di libera discussione”.

 

Fin qui le memorie lisztiane di Gregorovius. Ma non abbandono lo storico tedesco. Già dal prossimo post ci faremo raccontare altre cose interessanti della vita romana di quegli intensi anni, decisivi per le sorti del Vaticano e dell’Italia protesa verso l’unificazione.

 

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Chàirete Dàimones!

 

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 
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