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Shakespeare-Scespirelli-Scrollalanza

Post n°1070 pubblicato il 14 Marzo 2021 da giuliosforza

 

982

   Oggi non ho voglia di pensare e mi diverto con Shake-speare-Scespirelli-Scrolla-lanza. Anche per farmi perdonare una cattiveria che ho scritto ieri: sfuggitomi in una risposta a un lettore un te pronome accentato (), ho annotato dopo essermene accorto:’ naturalmente il va letto senza accento, tanto più che odio gli albionici bevitori di tè’. Dove un po’ del mio innato malcelato scherno c’è, inutile negarlo. Dedico dunque questo spazio tutto ad Albione ed al suo Immortale drammaturgo e poeta. Suo, poi? Più d’uno l’ha messo e lo mette in dubbio, e sembrerebbe con buone ragioni.

   Amico intimo di Filippo Bruno nolano in arte Giordano, e perciò per legge transitiva amico dei suoi amici e quindi anche dell’esule John Florio, che altri non sarebbe che Shakespeare, mi prendo il piacere di trascrivere per i miei lettori un lungo articolo tratto dalla rete, in cui si sostiene la tesi dell’italianità, anzi sicilianità del Drammaturgo sommo con argomentazioni che ritengo plausibili. E affronto questo giorno sereno e polare, anzi siberiano, con una delle mie illusioni, senza le quali la vita mi sarebbe invivibile. Per i brani che cito ringrazio gli autori: la spiritosa giornalista Giusi Patti Holmes del quotidiano indipendente ‘ilSicilia’, il blogger Admin e gli autori anonimi di Wikipedia, uno dei quali riporta una testimonianza di Guido del Giudice, medico bruniano che non ha nulla da invidiare ai brunisti, e che all’acribia del ricercatore unisce la passione dell’innamorato. Debbo far notare inoltre che il Michelangelo citato nell’articolo della Holmes è il padre di John e non il John studioso che a noi interessa e che è uno dei commensali de La cena de le Ceneri del Nolano.    Inizio col riportare, dalla rete, le notizie storiche sul personaggio storico John:

   “Giovanni Florio, noto anche come John Florio (Londra1552 Fulham1626), è stato un umanista inglese di origine italiana, nacque durante il regno di Edoardo VI, grande lessicografo, linguista, traduttore, scrittore e precettore reale.

   “È riconosciuto come il più importante umanista del Rinascimento inglese. Ha contribuito allo sviluppo della lingua inglese con 1149 parole, posizionandosi terzo dopo Chaucer, con 2 012 parole, e Shakespeare, con 1969 parole, nell'analisi linguistica condotta da John Willinsky John Florio è citato 3871 volte nell'Oxford English Dictionary ed è la 77esima voce più citata nell'Oxford English Dictionary.

Fu anche il primo traduttore in inglese del filosofo e scrittore francese Montaigne, e il primo traduttore di Boccaccio. Ha inoltre scritto il primo esteso dizionario inglese-italiano, superando il primo dizionario italiano-inglese di William Thomas, pubblicato nel 1550.

   “Il poeta e scrittore Ben Jonson, di cui Florio era amico, definì Florio, in una dedica scritta a mano per il suo volume il Volpone, come un ‘padre amorevole’ e un "supporto di Ispirazione Poetica". ("To his loving Father & worthy Friend Mr John Florio, The Ayde of his Muses, Ben: Jonson seakes this testimony of Friendship & Love"). Anche il filosofo Giordano Bruno strinse un'amicizia importante con Florio. Florio incontrò Bruno, mentre quest'ultimo si trovava in esilio nell'ambasciata francese a Londra, dove Bruno scrisse e pubblicò i suoi sei più famosi dialoghi morali, inclusa La cena de le ceneri, in cui Florio viene descritto come amico di Bruno.

   In Queen Anna's New World of Words ("Il nuovo mondo di parole della Regina Anna"), del 1611, Giovanni Florio si definì An English Man in Italian ("Un inglese in italiano"), e nella sua opera Secondi frutti ("Second Fruits"), si definì Italus ore, Anglus pectore, ossia, Italiano di lingua, inglese nel cuore.

Si è fatto il suo nome tra i possibili autori delle opere di William Shakespeare, anche se alcuni studi bio-bibliografici non concordano con questa ipotesi.[12] Specificatamente, nella prima storica menzione che testimonia l'esistenza della figura di Shakespeare come scrittore e poeta, fatta dal drammaturgo Robert Greene nel suo pamphlet Groats-worth of Witte nel 1592, Greene attacca Shakespeare identificandolo in "absolute Johannes Factotum" e accusandolo di nascondersi dietro la figura di un attore ('with his Tygers heart wrapt in a Players hide"). Secondo studiosi come Gerevini, John Florio può essere facilmente identificato con il nome Giovanni, 'Johannes' in Latino, il termine 'absolute' simile al termine 'resolute' utilizzato dal Florio nella sua firma [13] e il termine dispregiativo 'factotum', utilizzato per una persona che svolgvea, come Florio, il ruolo di tutor per i figli degli aristocratici e funzioni di segretario”. Ringraziato l'anonimo estensore delle interessanti notizie su Florio, passo allo spiritoso articolo di Giusi Patti Holmes. "William Shakespeare è Michelangelo Florio? La storia continua

  

    “Miei cari Watson, forse non vi ricorderete che la vostra Patti Holmes, un po’ di tempo fa, scrisse un articolo su William Shakespeare, ponendo dei dubbi sulla sua identità, grazie a una preziosa fonte, l’architetto messinese Nino Principato che ha scritto un interessantissimo libro dal titolo: William Shakespeare e la città di Messina. Un mistero lungo quattrocento anni”.

   Lo studioso, tra le sue fonti, cita un giornalista romano, Santi Paladino, che, nel 1927, trovando nella biblioteca paterna un antico libro, “I secondi frutti”, firmato da un certo Michel Agnolo Florio, e leggendolo, sempre più esterrefatto, scoprì che molte frasi in esso contenute erano identiche a quelle delle opere di William Shakespeare, il grandissimo drammaturgo inglese. Il volume, inoltre, era stato stampato nel 1549, prima ancora della nascita del poeta avvenuta il 23 aprile 1564. Da qui nacque la tesi che William fosse Michel Agnolo.  Lasciatevi trasportare da questa trama ma, prima di soffermarci al presente e alle riflessioni tra il poco serio e il molto faceto della vostra Holmes, riavvolgiamo il nastro.

   Santi Paladino, indagando su Michelangelo, scoprì che, nato a Messina dal medico Giovanni Florio e dalla nobildonna Guglielma Crollalanza, era fuggito a Treviso con la famiglia perché calvinista, aveva studiato a Venezia, Padova, Mantova, viaggiando molto e visitando Danimarca, Grecia, Spagna e Austria. Diventato un umanista di grande cultura, ricercato come precettore dalle famiglie più ricche d’Europa e, grazie all’amicizia con Giordano Bruno che aveva buoni rapporti con i conti di Pembroke e Southampton, nel 1588 raggiunse Londra dove fu assunto come precettore di lingua italiana e latina della futura regina Elisabetta I, il cui lungo regno è ricordato come «età dell’oro». Facciamo una breve sintesi sull’intricata vicenda:

   1. Il cognome materno Crollalanza si tradurrebbe con “Shake”, che vuol dire agita, scrolla e “Spear“, il cui significato è, invece, lancia.

   2. In Amleto compaiono i cognomi di due studenti danesi, Rosencrantz e Guildenstern, che frequentarono l’università di Padova assieme a Michelangelo Florio.

   3. In Amleto si trovano molti proverbi pubblicati dal calvinista Michelangelo Florio nel volumetto, già citato, “I secondi fruttì’.

   4. L’origine italiana di Shakespeare potrebbe spiegare i molti nomi e luoghi italiani presenti nelle sue opere come Romeo e Giulietta, Otello, Due signori di Verona, Il mercante di Venezia, La Bisbetica Domata, che è di Padova, Giulio Cesare e La Tempesta, che ha per protagonista Prospero, il vero duca di Milano.

   5. La gran parte delle sue opere rivela una conoscenza diretta dei luoghi visitati durante il suo periodo girovago.

   6. Nei registri della scuola secondaria di Stratford, la “Grammar School” non compare il nome di nessun William Shakespeare.

   7. Si sa che William Shakespeare frequentasse a Londra un Club In, in cui, non risulta registrato fra i soci, mentre vi appare Michelangelo Florio.

   8. Quando morì Sheakespeare, il 23 aprile 1616, nessuna commozione né lutto nazionale si registrò in Inghilterra, quasi fosse uno straniero e non una gloria nazionale.

   9. Ẻ noto che la stringatezza della biografia di Shakespeare, raffrontata alla grande mole della sua opera teatrale, ha fatto dubitare dell’autenticità della sua esistenza a molti studiosi e ritenere essere il prestanome di un personaggio più famoso.

   Questo ultimo punto, citato dall’architetto, per la cervellotica Holmes, in-degna nipote del più serio Sherlock, è diventato fondamentale, facendole esclamare: “Elementare Watson”. Perché vi starete domandando? Ẻ presto detto: agli anglosassoni non poteva e continua a non piacere la probabile origine sicula di Shakespeare e ciò è assodato dal fatto che se vi trovate a passeggiare dalle parti del Tate Modern, Museo di Arte internazionale moderna e contemporanea, potreste imbattervi, a poche centinaia di metri, senza che niente lo segnali, nel Globe Theatre, fedele riproduzione del teatro di Shakespeare, costruito sul luogo in cui sorgeva l’originale.

   Dove sta l’anomalia? Nel fatto che questa bella costruzione, se si è distratti, potrebbe passare inosservata, se non fosse per dei cartelloni che pubblicizzano gli spettacoli in cui compare, appunto, Shakespeare. Altro particolare è che, dopo aver realizzato di trovarsi in “casa” Shakespeare, Florio o Crollalanza, alzando lo sguardo, si intravede seminascosta una statua dal volto pensoso che sembra dire: “Non c’erano altri posti in cui pormi? Mi hanno voluto oscurare perché non sono britannico, ma siculo?” Se andate nel sito del teatro, inoltre, a conferma di quanto detto, leggerete che poco o niente si sa della vita di William Shakespeare e questo potrebbe significare che, brancolando nel buio, si sono impossessati del grande poeta ma, col dubbio che fosse extracomunitario, lo hanno relegato e gli hanno regalato sì un posto, ma “ammucciato”.

   Ricordatevi sempre, però, che mi chiamo Holmes, fiuto indizi, ma sono un segugio fantasioso e non razionale come Sherlock e, quindi, questa ricostruzione potrebbe essere vera o una messa in scena, una pièce teatrale nata dalla mia fervida mente. D’altronde, amati Watson, se ci pensate cos’è la vita se non un grande palcoscenico su cui ci muoviamo? Guardate le foto, in una mi vedrete dondolare un personaggio che è stato bello immaginare che nella prima spinta fosse Shakespeare e al ritorno il nostro Florio e, magari, la soluzione la troverete proprio lì.

   A presto amici, anzi see you soon.”

   Ora la parola ad Admin

 

   “Il mio vecchio amico nolano…”

   Published on 27 novembre 2019admin

  

   “Nei due anni trascorsi presso l’ambasciata di Francia a Londra, in casa dell’ambasciatore Michel de Castelnau, Giordano Bruno strinse una sincera amicizia con Giovanni Florio, figlio di un esule protestante fiorentino.

Marianna Iannaccone ha realizzato un bellissimo sito dedicato a questa affascinante figura di letterato, analizzando a fondo anche il suo rapporto con Bruno.

   Florio acquistò fama soprattutto come traduttore e, nell’introduzione ai Saggi di Montaigne, ricorda come “il suo vecchio amico Nolano” decantasse nelle sue lezioni il rigoglioso impulso che le traduzioni imprimevano a tutte le Scienze: “my olde fellow Nolano tolde me and taught publikely, that from translation all Science had its of spring”.

   John Florio è uno dei personaggi che, nella Cena de le Ceneri accompagnano il Nolano al famoso incontro-scontro con i pedanti di Oxford, nella residenza del gentiluomo Fulke Greville. Alcuni accenti descrittivi rivelano un rapporto di grande familiarità tra i due: “Noi, invitati sí da quella dolce armonia, come da amor gli sdegni, i tempi e le stagioni, accompagnammo i suoni con i canti. Messer Florio, come ricordandosi de’ suoi amori cantava il “Dove, senza me, dolce mia vita”. Il Nolano ripigliava: “Il Saracin dolente, o femenil ingegno”, e via discorrendo.”

   Così Guido del Giudice rievoca il viaggio nel suo Giordano Bruno, il profeta dell’universo infinito:

   “14 febbraio 1584, giorno delle Ceneri. Un barcone scricchiolante scivola sul Tamigi in una serata nuvolosa. A bordo, oltre a due vecchi e scorbutici barcaioli, ci sono Giordano Bruno e i suoi due amici, messer Giovanni Florio e maestro Matteo Gwynn, venuti a prenderlo per accompagnarlo alla residenza di sir Fulke Greville. Questi ha invitato il filosofo a cena, per sentirlo disputare sulle sue teorie eliocentriche ed infinitiste. Bruno è a prora e, volgendo lo sguardo verso un cielo livido, in cui si staglia una candida luna, dialoga con Florio.

   BRUNO. La luna mia, per mia continua pena, mai sempre è ferma ed è mai sempre piena. Mi è sempre piaciuto in serate come questa contemplarla e immaginare di essere lassù. Magari potrei trovarvi, finalmente, un po’ di pace: fuggire l’università che mi dispiace, il volgo ch’odio, la moltitudine che non mi contenta.

   FLORIO. Suvvia, sta di buon animo Giordano! Stasera ti aspetta una gran bella disputa! Anch’ io muoio dalla voglia di sentirti difendere contro i pedanti di Oxonia la teoria eliocentrica di messer Copernico, su cui hai innalzato la tua Nova filosofia.

   BRUNO. Io non vedo né per gli occhi di Tolomeo, né per quelli di Copernico! Sono grato a questi grandi ingegni, come a tanti altri sapienti che già in passato si erano accorti del moto della terra. Lo affermavano i pitagorici: Niceta Siracusano, Ecfanto, Filolao. Platone ne parla nel Timeo, lo lasciava intendere cautamente il divino Niccolò Cusano. Ma è toccato a me, come Tiresia, cieco ma divinamente ispirato, penetrare il significato delle loro osservazioni, leggervi ciò che essi stessi non hanno saputo cogliere.

   FLORIO. Pensavo che almeno su Copernico non avessi niente da obiettare!

   BRUNO. Grandissimo astronomo! Ha l’enorme merito di aver conferito dignità e credibilità alle tesi degli antichi ma, più studioso de la matematica che de la natura, neanch’egli è riuscito a liberarsi completamente dalle vane chimere dei volgari filosofi, fino ad abbattere le muraglie delle prime, ottave, none, decime e altre sfere per affermare l’infinità dell’universo. Quell’ infinità che io, fin da ragazzo, avevo imparato a contemplare nella mia amata terra natia”.

   Del Giudice, risulta chiaro a chi abbia familiarità col Nolano, si è preso la libertà di modernizzarne un poco il vivace linguaggio, come a volerlo tradurre per gli illetterati. Operazione per me discutibile. Ma i rapporti Guido-Bruno sono così intimi che egli con Lui si può permettere questo ed altro. Per quanto mi riguarda, dopo il lungo copia e incolla mi sento più stordito e stanco che se avessi scritto io tutto il testo. E avevo dichiarato di non aver voglia di pensare e di volermi riposare. Ben mi sta!

 ____________

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

   Gelobt seist Du jederzeit, Frau Musika!

 

 

 
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