Creato da giuliosforza il 28/11/2008
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Neill, Autobiografia. Untori? Dante nell'Empireo

Post n°1101 pubblicato il 06 Dicembre 2021 da giuliosforza

 

1008  

   Ripresa la lettura dell’Autobiografia di Alexander Southerland Neall (Neall Neall Orange, o banana Peell). Il ‘pedagogista’ libertario dell’esperienza di Summerhill mi sembra molto più ignorante di quanto m’aspettassi. Ingenuamente anche egli racconta i fallimenti dei tentativi del padre di indirizzarlo verso studi seri, a differenza  al pari dei suoi numerosi fratelli. Hanno ragione i suoi critici. Alla base della sua diciamola così ‘pedagogia’ c’è solo un vago rousseauismo non supportato da una cultura di fondo di alcun genere, né letteraria, né storica, né estetica, né soprattutto filosofica, solo leggermente psicologica. Ma non per questo la lettura è inutile e poco interessante. Imparo almeno che ogni mondo è paese, che nel villaggio di Scozia come al mio borgo centocinquanta anni fa i giochi dei bambini erano gli stessi (essenzialmente biglie, trottola, cerchio), gli stessi i primi pruriti erotici, stessa la noia a scuola e soprattutto in chiesa, stessa la curiosità mortificata a suon di ceffoni e di bacchettate; apprendo il significato che coccodrillo ha nel gergo giornalistico e parole come gibigiana. Celie a parte, non basta dire ‘fate quello che vi pare’ per fare educazione libertaria. Giustamente Jean-Jacques parla di educazione naturale e non di educazione libertaria. Parla di educazione ‘negativa’ in senso positivo: vuole aiutare il bambino a crescere estirpando tutte le erbacce che tendono a soffocare lo spontaneo sviluppo  della sua pianticella. Anche Neill teoreticamente distingue tra libertà e licenza, ma nella pratica di Summerhill  la distinzione quasi scompare, ed è quanto i critici gli rimproverano. 

(Procedendo nella lettura dell’Autobiografia mi accorgo di essere stato nel giudizio troppo precipitoso. Non ho colto l’ironia e l’autoironia che colorano il discorso di Neill. E soprattutto non ho tenuto conto che egli fa riferimento, quando si dà dell’ignorante, ai suoi anni giovanili, quando, come diremmo noi, e come diceva il padre, era uno sfaticato. Crescendo le cose sarebbero di molto cambiate. Avrebbe preso più di una laurea, tra cui tre ad honorem!  Se per valutar la grandezza di un uomo si dovesse tener conto delle sue lauree, Neill non sfigurerebbe tra i massimi. Ma tutti i più grandi uomini della storia han trovato modo migliore per impiegare il loro prezioso tempo, che non perderlo annoiandosi all’auniversità…

  Ciò detto il mio giudizio definitivo su “Neill Neill Orange peel – buccia di arancia, o banana peel”, come era detto di suoi ragazzi per la sua figura alta magra e un po’ ricurva, è molto positivo per quanto riguarda humour e cultura; come riformatore pedagogico e filosofo dell’educazione non lo trovo così tanto originale: molto  era già stato abbondantemente detto di ciò che ha detto , molto altro è puro ciarpame Ho l’impressione che il mondo lo abbia sopravvalutato. Froebel, Montessori,  Steiner, sotto molti aspetti discutibili anch’essi, meritano infinitamente più credito, filosoficamente, scientificamente, esteticamente).

 *  

   Due sogni realisticamente credibili  

   Stamane nuovamente “è fosco l’aere, il cielo è muto”. Sorgo da sogni cupi e, pur se sotto una cappa, qua e là squarciata, di nubi simili a rasce funebri tese sul portale del tempio dell’universo, e un po’ di luce attorno baluginando, tento la mia solita sortita antelucana, tra il lusco e il brusco d’un’alba piovigginosa, alla ricerca di un’aria dalla pioggia purificata e possibilmente meno mefitica, e nella speranza che la mia mente si schiarisca e meno tetri pensieri partorisca.

   Nel mio sabba onirico anche il Covid stanotte ha imperversato, e questo è quanto di tal sogno mi è ancor chiaro e sono in grado di riassumere. Ambientazione un’aula universitaria (difficile la rimozione di circa mezzo secolo di prevaricazioni!); argomento, a richiesta, le mie attuali opinioni sull’evento nefasto alla sua quarta ondata.

   Anche sul versante Covid”, ho fra molto altro nel sogno detto, “le mie residue certezze vacillano. E sono sempre più tentato di condividere le tesi ‘complottistiche’: troppi potentati finanziari (industriali, politici, clericali- evito il termine ‘religiosi’ per allontanare sospetti di miope faziosità), troppe camarille, cricche, conventicole d’ogni formazione origine natura, presumibilmente hanno interesse a che  l’ormai pluriennale moria, fonte di lauti profitti, si protragga, e a ciò s’adoperano e s’affannano: ha ancora bisogno di una bella sfoltita una terra sovra popolata (dopo vecchiaia e maturità, ora giovinezza fanciullezza e infanzia attendono il loro turno), urge svuotare i magazzini dalle montagne di materiali anticovid superati o in esubero, perché possano ricolmarsi dei  nuovi che una scienza delinquenziale e connivente  senza tregua s’inventa per le numerose  variazioni ‘scoperte’ nei laboratori. Al tutto s’aggiunga che schiere di ‘untori’ assoldati, e non solo rom, raccattano dalle strade dai marciapiedi e dalle carcasse di cassonetti stracolmi e maleodoranti (che nessun Gualtieri riuscirà mai a smaltire con le sue competenze, dicono, …letterarie), cumuli di mascherine e fazzoletti di carta, pronti ad essere riciclati, di cui altri delinquenti o incoscienti impunemente si disfanno. Seminatori assoldati di peste?

   E ancora. Nell’Europa occidentale si dà per vaccinato il settanta per cento della popolazione, ma il virus invece di regredire par si rinforzi. Qualcosa evidentemente non va, nella individuazione delle cause e nell’analisi degli effetti troppe cose non tornano. Le pesti storiche di cui si è tramandata notizia si esaurivano da sole, e senza l’aggressione massiccia dell’odierno apparato scientifico tecnologico, dopo un certo più o meno lungo periodo di tempo, nel caso del covid abbondantemente già superato. Come non ipotizzare il complotto di forze oscure?”…

   Un sogno

   Solo un brutto sogno?

*

    Per fortuna il sogno a questo punto cambiava decisamente direzione. E si faceva letificante. Mi ritrovavo a leggere e a commentare per lo stesso pubblico gli ultimi versi del ‘Paradiso’, certo i più ‘metafisici’ ed esoterici e mistici; quelli che mi sono apparsi sempre il vero  culmine  del Poema, quelli in cui tutto il lungo processo mistico intellettivo di ‘indiamento’ (maestro Dante nella creazione di nuove compendiosissime parole, vedi l’’indova’ del v. 138) si riassume e condensa,  al quale non può seguire che l’estasi identificativa; versi  coi quali Dante tenta l’impossibile cercando di darci una ‘idea-in-immagine’ (idea alla seconda potenza) di Dio quale a lui appare nell’Empireo, nella sua ‘trina unità’ e nella sua  una trinità’ tradotte in colori arcobalenici. E l’’immagine-idea’ (uno il cerchio ma tre dell’unico cerchio le colorazioni) è ardita al punto da togliergli le energie e da fargli abbandonare l’impresa. Ma non prima d’avergli consentito di scrivere il verso che a me demoniaco interprete più interessa, quello che fa di Dante un possente ‘eretico’, un immanentista che predica l’identificazione di umanità e divinità, e ‘Qui’ e ‘Oltre’, ‘Diesseits’ e ‘Jenseits’, ‘Tempo’ ed ‘Eternità’ si risolvono in ‘Unità’.

“O luce eterna che sola in te sidi

   sola t’intendi, e da te intelletta

   e intendente te ami e arridi!

Quella circulazion che sì concetta

   Pareva in te come lume riflesso,

   da li occhi miei alquanto circunspetta,

dentro da sé, del suo colore stesso,

   MI PARVE PINTA DELLA NOSTRA EFFIGIE;

   per che il mio viso in lei tutto era messo”. (vv. 127-132)

   Il lungo processo di risalita, plotiniana ‘epistrofé’, verso l’’Uno’’, da cui (‘proodòs’) l’essere emanò, è concluso. Assoluta in-manenza, assoluta identità, superamento del dualismo ‘Umano-Divino’, ‘Spazio’-‘Illimite’, ‘Tempo’-‘Eternità’, ‘Immanenza’-‘Trascendenza’, l’una nell’altra ontologicamente fusa e risolta. ‘Unità’ dell’’Ente’ e dell’’Essere’: concetti e parole che il commentatore ‘ortodosso’ ha paura di pensare e di pronunciare, soprattutto a scuola, e che Dante ci autorizza, seppur nella poetica trasposizione, a pensare e a pronunciare serenamente, senza più tema di roghi. 

   Sogno anche questo?

   Solamente sogno o vaneggiamento?

    *

   Marco Bertelli, intimo del Fiorentino, così osserva:

   “Più che un sogno, mi piacerebbe definirlo un bi-sogno. Si voglia tener conto del trattino o meno, lo sdoppiamento di significati, generatore di equivoci, pare essere una costante e spesso sgradita compagna di questi tempi. Come al solito, caro professore, lei riesce a sublimare qualsiasi "equivoco" in una sostanza sola, cosa impossibile ai più oggi. Se la prima parte del bi-sogno, a mio avviso pregna di vaghe tinte manzoniane, non fa altro che descrivere impeccabilmente la realtà che viviamo attualmente e che l'essere umano "ordinario" considera essere l'abituale stato di "veglia", ma in quanto "ordinario" non riesce a distinguere tale veglia dal sonno nel quale si muove abitualmente e per lo più inconsapevolmente, la seconda parte del bi-sogno, a mio avviso, si protende verso "l'alto", oltre l'onirico (e dovrei far senza specificare che ciò è merito esclusivo di Dante).

   Questo dovrebbe essere ciò a cui l'essere umano "vero" e non "ordinario" dovrebbe tendere sempre. Lei, caro Professore, ancora una volta ce lo ha insegnato grazie a questo bellissimo bi-sogno, nella cui seconda parte il trattino.... scompare. Grazie

   Al che Io:

   Carissimo, mentre scrivevo pensavo a lei e tremavo. E ne avevo ben donde. La sua familiarita con Dante è tale che dovrebbe essere impossile a chiuque s'azzardi a metter bocca sulla Commedia non tenerne conto. Lei con la sua dotta e benevola riflessione conferisce dignità ai miei vaneggiamenti e alle mie esaltazioni. Lei medium, mi sento persino perdonato dal ...'grifagno' pellegrin fuggiasco. Posso dirle che nessuno meglio di lei, con le sue periodiche perle generosamente distribuite su questi spazi ha dato senso all'Anniversario?

   E Bertelli:

   Caro Professore, le sue parole (generosissime) sono per me come raggi di sole in questa buia e fredda mattina di nordico novembre. In realtà, per come la vedo io, il suo "vaneggiamento", come lo chiama lei, è l'unico lasciapassare valido per la dignità (quella vera) che oggi sia meritevole di essere cercato. E a dire il vero, anche io tremo al pensiero di non essere all'altezza di scrivere qualcosa che sia degno di lei. Ma tra me e lei, chi ne ha ben donde sono solo io, si fidi. Grazie per tutta la sua benevolenza.

  __________________ 

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et        absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

   Gelobt seist Du jederzeit, Frau Musika!

 

 

 

 

 
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