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Miscellanea

Post n°1161 pubblicato il 28 Marzo 2023 da giuliosforza

 

 

1060

    Assisto giorno per giorno con impotenza curiosità e rodimento allo spettacolo osceno del mio ineluttabile disfacimento. Non v’ha pace pei morituri.

 

*  

   Stamane, dopo l’ennesimo sogno turbolento, ho il muscolo cardiaco non in gola ma nelle orecchie. Che fastidio. Il Cuore invece chissà in quale anfratto del mio io profondo si è perduto. Non lo avverto più, arido di linfa e sangue.

   Quando il mio muscolo cardiaco si ridesta con tutte le sue irregolarità, lo avverto pulsare confuso tra i fischi i ronzii i rombi gli acufeni di ogni sorta dell’orecchio sinistro che dissero assolutamente morto, ma, paradosso, non tanto da non sentire se stesso Non era dunque già da quindici anni il mio udito sinistro defunto, fulminato da un microtrombo? Fallacia degli otorinolaringoiatri e della loro scienza. Come di tutto al mondo, del resto. Più onesta la meta-scienza o meta-fisica del ‘tutto nel mondo è burla’? O del da incubo, tragico, diabolico, non vano, ahimé, sognare?

   *

   Una quarantina di anni orsono mangiai un’ottima frittura di pesce su un trabocco di Vasto con una collega di commissione. Stanotte ho rivissuto in sogno l’evento, stessa collega, stessa ambientazione, stessi commensali, stesso giorno, stessa ora. Fu sogno allora o è stato sogno stanotte? Così è (se vi pare).

   Così è (se vi pare) sta trasmettendo adesso rai5. Non amo i giochi, i grovigli, i sofismi pirandelliani.  

*

   Scopro con piacere che il Cadet-Rousselle in tenuta da guascone, quello della mia porcellana limosina, impugna un massiccio bastone a forma di serpente, ma molto meno raffinato di quello da me ricavato da un ramo di castagno sepolto da secoli sotto un cumulo di letame nella stalla ‘ ‘e Giulio ‘e Mottabbruscio’.

 *

Pongo mano in questi giorni a due progetti impegnativi: il quarto volume di Dis-Incanti (il terzo è da poco venuto alla luce), e una breve autobiografia dedicata esclusivamente ai miei rapporti con la Signora che sopra tutte, ricambiato, ho amata, che non ho mai tradito (tranne allorché s’abbassa a umiliarsi consentendo il sacrilego esilio dell’organo e le volgari schitarrate nelle Chiese, così offendendo se stessa in primis e i suoi più grandi cultori nell’ambito del sacro, da Pierluigi a Perosi): Frau Musika. Come dovessi campare mill’anni! L’autobiografia si intitolerà: “Io e la mia unsterbliche Geliebte: Frau Musika, evidente omaggio all’‘Amata immortale’ (amore irrisolto, come tutti gli amori irrisolti destinati a durare in eterno) della famosa lettera di Ludwig.

*  

   Balugina appena in questo giorno della fuga di Proserpina dal talamo inverecondo di Ade: sparita è la notturna caligine, il cielo sfavilla del suo più azzurro splendore. È dunque davvero Primavera. Ne annuncia a voce spiegata Madre Natura in ogni suo aspetto il ritorno: 'Persefone risorse e il mondo infiora / Pan non è morto, non è morto Pan!'.

   Solo Procne non l’ode. Non ne scorgo i voli arabescanti in cielo, non mi giunge rasserenante il suo canto.

   E me lo annuncia anche Taube che proprio in questo istante trova un varco tra la tenda abbassata e il muro del mio verone, e viene a posarsi vicino vicino alla finestra dello studio, e a beccare, ogni tanto alzando lo sguardo verso di me, tra il terriccio del vaso rialzato entro il quale ancora resiste parte del per metà secco, riarso dal feroce solleone dell’anno passato, mandarino cinese. Per molti anni ogni giorno la mia diletta deutsche kleine Taube volava, senza bisogno di essere invocata, da me, ma da molto, troppo tempo era sparita. Io per mio conto non passa giorno che ancora non la invochi. Che sia dunque lei quella che gurrt e pickt stamane dentro il vaso di quel che resta del mio diletto Kumquat, alias Fortunella Margarita? Che sia finalmente tornata da me riappacificata a darmi il Guten Morgen? Speranzoso esco per salutarla, incautamente batto le mani, vola via impaurita per, una volta io rientrato, tornare, posarsi sul davanzale della finestra trasparente come cristallo e fissarmi quasi a volermi parlare. Ecco, attraverso il vetro davvero mi parla, mi tuba parole che ben comprendo, o mi illudo di comprendere, poi un ultimo più intenso sguardo e riprende il volo verso i suoi cieli oggi cupi.

   Un Auf Wiedersehen, mia immortale Colomba?

   O un crudele definitivo Abschied?

*

   Verone Verona. Che strana coincidenza! Che Verona derivi da Verone? In realtà Verona sembra coincidere col suo Verone più che con la sua Arena, e che ne abbia preso il nome solo con una minima variazione vocalica. Etimologia bislacca? Sarà, ma a me piace pensarla così.  È più romantico e anche più giusto: Giulietta frutta alla bella Città molto più delle sue Arene e dei suoi pandori.

*

   Puccini, La Rondine (libretto di Giuseppe Adami). Un’opera di cui ho dalla prima giovinezza, prima ancora che di essa nulla sapessi, nell’orecchio una canzone che trovai nel mio Nuovo Canzoniere Italiano Signorelli, Milano 1951.

Nell’Opera la canzone è affidata a una ‘Voce lontana’:

“Nella trepida luce d'un mattin

m'apparisti ricinta di rose...

E ti vidi leggera camminar

seminando di petali il ciel.

Mi vuoi dir

chi sei tu?

- Son l'aurora che nasce per fugar

ogni incanto di notte lunar!

- Nel amor non fidar!”.

   Opera di cui di sbagliato trovo solo il titolo. Ché la vicenda della cortigiana Magda, vista con occhi disincantati non si conclude con un libero volo, ma con una ricaduta a precipizio nel peggiore degli stati femminili: quello della mantenuta.

*

   Leggo che Antonio Ghislanzoni, altro librettista  di Verdi, tra l’altro dell’Aida, morì nel a 1893 69 anni e ricevette sepoltura nelCimitero monumentale di Lecco. Nella sua vita prese posizione a favore della cremazione, a proposito della quale aveva scritto un efficace epigramma. Eccolo:

 

 

«Contro il sistema della cremazione 

Protestano con ira i collitorti
gesuiti ed i preti retrivi; 

Noi non cremiam che i morti,
La 
Santa Inquisizione  

Preferì sempre di cremare i vivi.» (da Libro proibito)

 

   Epigramma in fondo non cattivo, perché non fa che registrare una verità. Molto più …epigrammatico, perché cattivo, uno mio di qualche anno fa che trovò posto in L’Èvità:

È morto Mario Luzi novantenne / L’italica Calliope ne esce indenne.

   Da allora non smetto mai di chieder perdono alla memoria del grande e pio personaggio di Sesto Fiorentino, grande poeta e non solo, anche drammaturgo, critico letterario, traduttore e critico cinematografico e, a novant’anni, ahimé, senatore a vita della Repubblica.

   Una brutta fine.

__________________

  Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 

 
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