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Buona Pasqua in greco, Cirillo "Racconti della Rivoluzione,Veneziani, risposta a Luft ecc

Post n°1188 pubblicato il 31 Marzo 2024 da giuliosforza

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Χριστός Ανέστη! Καλό Πάσχα σε όλους!

*

   Finalmente di Giorgio Cirillo, già mio alunno negli Anni Sessanta in un liceo classico della Capitale, poi giornalista e saggista Rai, è uscito l’interessante volume dedicato ai Racconti della Rivoluzione ungherese del 1956, al quale a lungo lavorò fra molte difficoltà, che rivela aspetti inediti, o volontariamente da storici ideologizzati sottaciuti, di quel tragico evento. Recita la nota editoriale di presentazione: «La Rivoluzione Ungherese dell’Ottobre del 1956 e la conseguente invasione sovietica del Paese appena proclamatosi libero, indipendente, democratico e, soprattutto, neutrale, sensibilizzò e appassionò per giorni e giorni, e in maniera travolgente, l’attenzione, l’apprensione e la commozione dell’opinione pubblica di tutto il mondo.
   L’intervento dell’Armata Rossa fu caratterizzato dall’impiego di decine e decine di carri armati e seguito da una feroce e sanguinosa repressione. Almeno 250.000 ungheresi, soprattutto giovani, riuscirono a sfuggire al carcere o al capestro varcando il confine del loro Paese con l’Austria e dando così vita a un imponente esodo di massa.
Il dibattito e l’aspro confronto politico-ideologico tra i sostenitori delle ragioni dei sovietici e dei comunisti ungheresi da una parte e chi bollava invece l’aggressione russa come un crimine contro l’umanità dall’altra, monopolizzarono e infiammarono a lungo il già acceso contrasto tra i partiti che definivano allora il panorama parlamentare e civile dell’Italia di quegli anni.
   L’imbarazzo e il disagio dei sostenitori della “dittatura del proletariato”, costretti a spiegare il come e il perché proprio i proletari magiari si fossero ribellati a quelli che a parole sarebbero dovuti essere un sistema e un governo sotto il loro controllo, fu grande e di non facile soluzione.
Altrettanto grande e difficile da gestire fu il turbamento e la perplessità di chi, parteggiando per quello che allora veniva definito il “mondo libero”, dovette prendere atto dell’inerzia, dell’indifferenza e della rassegnata passività di quello che, sempre allora, veniva qualificato come il “Blocco Occidentale”.
Gli uni e gli altri finirono dunque con lo stendere un impietoso quanto ipocrita velo di silenzio e di oblio sull’Ottobre  Ungherese.

   Questo libro si propone di squarciare quel velo raccontando alcune delle vicende più intime e personali di alcuni tra i tanti anonimi protagonisti di quelle vicende, mettendo a nudo le loro emozioni, i loro sentimenti, il loro dolore.
   Sempre attraverso vicende intime e personali, i racconti della seconda parte del libro si propongono invece di evidenziare come le conseguenze morali e culturali di quel forzato silenzio e di quella strumentale dimenticanza continuino a qualificare la morale imperante e la cultura dominante ancora ai nostri giorni».

  Attendo con curiosità di leggere la definitiva stesura di un’opera alla cui laboriosa gestazione, se non al suo felice parto, ebbi modo di assistere.

 *

   Grande delusione per me (forse proprio per questo il volumetto delizierà altri) il Vico dei miracoli dell’ ottimo giornalista e severo ma civilissimo polemista Marcello Veneziani. Più che di un libro su Vico (‘il più grande filosofo italiano’? - così il sottotitolo. Ohibò! Sicuramente il più grande piaggiatore, servile e piagnone tra i filosofi italiani, che seppe usare con maestria la retorica, di cui fu insegnante all’Università, per cercar di ingraziarsi potenti, nobili, ecclesiastici, molto spesso senza riuscirci) si tratta di un divertente e godibilissimo racconto sulla Napoli a lui contemporanea, la ‘napolitudine’ appunto, come efficacemente è titolato uno dei capitoli centrali. Ma probabilmente tale era l’intento dell’autore: non tediare il lettore con l’aspetto storico-filosofico della produzione vichiana e soprattutto coi PRINCIPJ DI SCIENZA NUOVA, i suoi corsi e  ricorsi, il suo ‘sentire senza avvertire, avvertire con animo commosso, riflettere con mente pura’ (i tre stadi percorsi dall’umanità nel suo evolversi) eccetera eccetera, e la presentissima trascendente Provvidenza (davvero scientifica questa Scienza Nuova!), vero deus ex machina per lo scioglimento dei nodi più complessi, delle situazioni più aggrovigliate della Storia. Per mia parte preferisco l’hegeliana List der Vernunft , quell’Astuzia della Ragione, che altro non è che Provvidenza immanentizzata.

   Ma il racconto di Veneziani probabilmente vuole esser solo un invito per i non iniziati ad avvicinarsi al grande Pensatore napoletano. Speriamo ci riesca.

   Quel “mignolo che penetra nell’orifizio della verità”

   La Scienza Nuova in   un simbolo …urologico secondo Veneziani.

   Per sintetizzare i contenuti della Scienza Nuova Veneziani ricorre ad una singolare simbologia di alto valore didattico, quella della mano. Peccato la ignorassi all’epoca del mio insegnamento nei licei, ove giovanotto scanzonato rivelavo a giovanotti altoborghesi scanzonati i segreti di Madama Sofia, o Madama Verità nel suo storico farsi. I miei giovanotti ne sarebbero rimasti segnati per tutta la vita. «Immaginate», scrive Veneziani, «La Scienza nuova come una mano aperta: il pollice è una storia ideale eterna e universale su cui sorge il diritto naturale delle genti al lume soprannaturale. L’indice addita una teologia civile ragionata della Provvidenza divina che interviene e indica un fine alla storia. Il medio è la Filosofia dell’autorità che lega la legge divina alla legge umana fondata sul certo. L’anulare è una storia generale delle scienze umane e delle quelle idee che si sposano coi fatti. Infine il mignolo che più sottilmente, direi filosoficamente, penetra nell’orifizio della verità e ne coglie quantomeno il senso, non potendo coglierla per intero» (Veneziani, Op cit, p.167)

   Quel mignolo che ‘penetra nell’orifizio della verità’ è una meraviglia. Mai immagine più icastica illustrò e sintetizzò la Filosofia e la sua Storia. Immagine …urologica.

   Scherzi a parte. In questa filosofia la Parola definitiva spetta alla Provvidenza, il cui agire è imperscrutabile. A che dunque l’umano affannarsi?  

   (Nella versione fb è riprodotta la foto delle due immagini illustrative altamente simboliche che Vico volle allegate al testo dell’edizione definitiva dell’opera che io posseggo contenuta nel prezioso volume Opere di Giambattista Vico, stampato in NAPOLI DALLA TIPOGRAFIA DELLA SIBILLA nel 1834, con una lunga introduzione di Giulio (sic, per Jules) Michelet.

*

   Mi pregate, mia cara Luft, e voi tutte,  mie curiose Lüfte, di riassumervi brevemente le tappe del tragitto culturale (o meglio spirituale, che è meno riduttivo). Eccovelo, brevissimamente.

   Nulla di rilevante fino al terzo decennio di mia vita, allorché mi imbatto in Bruno da Nola e in Nietzsche da Roecken che mi destano dal sonno dogmatico, in Heinrich von Hardenberg da Weissenfels, in arte Novalis, e in Gabriel Marcel da Parigi che impediscono alla navicella del mio ingegno di finir nelle secche della ‘Ragione oggettivante’, arida imperatrice dei deserti, e mi  indicano nella ‘Ragione partecipativa’, e nella conseguente ‘Comunione ontologica’, i sentieri che guidano all’Essenza e al disvelamento dell’Isi velata. Posizioni che mi inducono infine a rovesciare la Dialettica dello Spirito hegeliana: ds Arte Religione Filosofia a Religione Filosofia Arte. Idealismo romantico estetico.

   Vi basta? Contente? Allora aggiungerò, e vi deluderò, che in questa mia stravecchiezza tendo ormai al recupero di un pirronismo impreziosito di plotinismo a-gnostico, vale dire dell’epoké, o sospensione del giudizio. Posizione in fondo di gran comodo perché non obbliga a pronunciarsi per nessuna tesi che si pretenda definitivamente dimostrata. Dopo averne tante lette viste udite e fatte in una lunga vita è giusto che la stanchezza prenda il sopravvento.

*

   Dopo tre anni di clausura sono tornato a visitare il centro di Roma. Pessima impressione. Roma più vecchia e più sporca. L’Altare della Patria (l’“urinatoio di lusso” dei Futuristi) ancora più inguardabile per il nerume da inquinamento mai rimosso e per i monumenti bronzei che, persa l’ultima traccia dell’originale doratura, risultano ancora più tetri e funerei. Ho sempre anch’io detto male del capolavoro di Giuseppe Sacconi, soprattutto perché ha chiuso, principalmente per chi provenga da Via del Corso, la visione dei Fori.

   Ma almeno una cosa carina l’ho trovata: una originale manifestazione musicale nel cortile di Palazzo Valentini sulla quale mi voglio un poco trattenere.

   Si trattava del concerto di un’orchestra giovanile diretta da un brillantissimo Germano Neri che illustrava e contemporaneamente dirigeva una originale Quinta beethoveniana, movimento per movimento. Luogo il cortile di Palazzo Valentini, sede della Città metropolitana ex Provincia. Occasione la celebrazione della Giornata dell’UE, per la verità, vista la presenza, poco sentita (presenti alcuni funzionari della Città metropolitane e del Comune, qualche signora ostentante con poca grazia le sue grazie, e tre o quattro rappresentanti delle Amministrazioni periferiche). Meglio così. Un pubblico scelto fa piacere a Frau Musika, come tutte le grandi Signore vanitosetta. Introduceva signorilmente e spigliatamente il giovane vicesindaco metropolitano Pierluigi Sanna. Il direttore dell’orchestra giovanile EICO (‘Europa in-Canto’) ottimamente preparata, teneva quella che in verità era una lezione assai originale, dotta e nel contempo divulgativa, di Educazione all’Ascolto. Nulla di nuovo per me, che un seminario di educazione all’ascolto tenni per una ventina d’anni a Roma Tre, collegato ai temi dei Corsi di Pedagogia generale. Ma sì per Vittorio, il mio nipote recente acquisto di Frau Musika, determinato a carpirne e a goderne  tutti i più celati intimi segreti.

__________________                           

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano

 
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