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'Sogno di una notte di mezza estate',

Post n°1195 pubblicato il 02 Giugno 2024 da giuliosforza

 

   

 

 

 

 

 

 

1089

 

   Guai a chi oserà stamane distrarmi dal  Sogno di una mezza estate shakespeariano tradotto in musica romanticissima da Schumann e  coreografata da quel genio di Balanchine. E poi con una Ferri che non tocca quasi più terra, una Ferri ancora più aerea, vittoriosa più del solito sulla forza di gravità, e un Bolle che non ti dico.

   Questa notte ho dormito male e malamente sognato. È giusto che dagli Amici  William Robert George Alessandra Roberto ne sia ripagato!

*

   Periodo ancora nero nero nero per me.

Oggi per placare un po' la rabbia, che non riesco ancora a smaltire, per l'oscuramento del mio blog, e la perdita, stamane, o il furto, del mio cellulare, mi sono inventato un risottino ai funghi (purtroppo non porcini) che da tanto tempo non riassaggiavo: una mezza via tra risotto e minestra.

Cotti i funghi in padella e ridottili a purea col frullatore a mano, ho preparato un brodino con un involtino di petto di pollo e bresaola della Valtellina, prezzemolo, aglio e cipolla a pezzetti liofilizzati. Dopo circa un'ora ho estratto l'involtino e ho sciolto nel brodo la purea di fughi. A ebollizione ripresa ho gettato i miei 40 grammi di riso, ho aspettato che l'acqua fosse tutta riassorbita, una spolverata di parmigiano reggiano e via.

   Ho trovato il mio risotto-minestra ai funghi davvero squisito/a.

   Gradirei un giudizio degli chefs della rete.

*

Guai a chi oserà stamane distrarmi dal  Sogno di una mezza estate shakespeariano tradotto in musica romanticissima da Schumann e  coreografata da quel genio di Balanchine. E poi con una Ferri che non tocca quasi più terra, una Ferri ancora più aerea, vittoriosa più del solito sulla forza di gravità, e un Bolle che non ti dico.

   Questa notte ho dormito male e malamente sognato. È giusto che dagli Amici  William Robert George Alessandra Roberto ne sia ripagato!

*

   Riflessione mattinale stamane sotto la vasta ombra del pioppo gigante.

Il terzo trentennio della mia vita nel tempo, ancora soltanto simbolo, 'eikòn', dell’Eterno, sta per concludersi, e il quarto annunciarsi nel corso del quale, presumibilmente, il mio tempo da solamente immagine dell’eterno, conclusosi il percorso epistrofeico, tornerà 'aionio' nel seno dell’Uno.

Platone e Plotino mi attendono.

(Ma ho fatto anche riflessioni meno impegnative e più leggiadre, osservando il via vai di bellissime donne coi loro cagnolini e i loro sorrisi al Vegliardo, fantasma ormai arcinoto vagante da un decennio per sentieri e prati di Casal Nei e dintorni).

*

   Dieci giorni fa il mio bonsai Ginseng, dono di Lilli, pareva definitivamente morto. Gli erano rimaste solo tre foglioline semisecche. Poi il miracolo. Bastò che lo spostassi all'ombra perché, senza altro intervento da parte mia, risuscitasse. E così, giorno dopo giorno, assisto al rispuntare di nuove foglioline con la stessa tenera emozione con cui riassisterei ai primi vagiti di neonate nella loro rustica culla. Meraviglia della Vita universa, divina in ogni sia pur minima forma.

*

   Questa rustica culla a dondolo di durissimo castagno inattaccabile dai tarli, costruita da papà (appena tornato, senza il fratello maggiore rimasto tra le migliaia di vittime di Bligny, dal Primo grande Macello dopo sei anni di durissimo fronte: caporal maggiore del Genio Pontieri aveva passato, soleva celiare, sei anni a bagno scaldato dal fuoco delle artiglierie per la prima volta anche aeree) per il primo figlio purtroppo  nato morto; fu essa a neniare i primi vagiti, pianti, sorrisi dei sei pulcini di una numerosa nidiata sopravvissuti, votati  a diversi destini. Ora se ne sta, solitaria per la maggior parte dell’anno, al Frainile con gli altri cimeli di casa, i mobili i quadri e i posters, di viaggio e musicali, che tappezzano i muri, e l’enorme organo elettronico Farfisa, che resiste eroicamente al disuso coi suoi circa sessanta registri e una pedaliera di due ottave. Oggi voglio strappare la culla alla sua solitudine e gettarla nel traffico caotico della rete per narrare di un episodio che ho risognato e riguarda essa e me. Avevo solo qualche mese, si narra, e mentre mamma, sempre indaffaratissima (nel frattempo papà era stato richiamato per un’altra guerra, la guerra d’Africa) sfaccendava, la sorella più grande era incaricata di farne le veci presso la culla. Un giorno, particolarmente nervosa perché tardavo a prendere sonno e ‘gnaulavo’ in continuazione, con uno strattone la fece capovolgere, io le finii sotto miracolosamente  salvandomi: la duttilità delle ossicine in formazione evidentemente m’avevano preservato dai gravi traumi non solo cerebrali che avrebbero potuto seguirne, e la conformazione dei lati della culla aveva consentito il passaggio dell’aria. Nel sogno il mio fratello maggiore (per altro il più pacioso) mi ripeteva con petulanza: hai battuto la testa da piccolo, non ci stai con la testa: ed io reagivo violentemente urlandogli che con la capoccia io stavo assai meglio di lui.

   Mi sono svegliato ancora nervoso, ma paradossalmente più sereno ed obiettivo. Mi son detto: avesse avuto ragione lui? Non è il primo a ripetermi, e fuori di sogno, che io con la testa non ci sto, per scherzo o sul serio me lo ripetono da anni in tanti, soprattutto le donne. Ora confesso che ho veramente ‘battuto la testa da piccolo’, e fu una cosa grave, irrimediabile. E già so anche che nelle mie cicliche future rinascite sarà sempre peggio, ricadrò ogni volta da una culla, magari elettronica, e ribatterò la testa facendomi sempre più male, veramente tanto male. È il mio destino, lo sento. E il bello è che ne sono felice, tanto felice. PERCHÉ SIGNIFICA CHE PER DESTINO IL MIO CERVELLO NON POTRÀ FINIRE MAI ALL’AMMASSO.

 

 

 
 

 

   

 

  
 
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