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Daphnis et Cloé,Tosca e Cavaradossi,Marinoff,morte di Ferrarotti,con Luigi Volpicelli a Scanno...Mancuso

Post n°1214 pubblicato il 06 Dicembre 2024 da giuliosforza

 

1103

   Non è mai troppo tardi?
   Dopo aver visto ed ascoltato e goduto su rai5 il 'Daphnis et Chloé' di Maurice Ravel, composto su commissione dell’amico impresario teatrale russo Sergej Diaghilev (che volle essere sepolto nel Cimitero di San Michele di Venezia, in …attesa che lo raggiungesse, nel 1971, l’amico Stravinsky) mi è venuta voglia di leggere il romanzo che dicono il migliore di tutta la classicità greca, quel romanzo d’amore pastorale, che un Longo Sofista scrisse a Lesbo sua patria nel secondo o terzo secolo dopo Cristo, da cui il capolavoro raveliano è tratto, e ne ho subito fatto richiesta ad Amazon (bella edizione Rizzoli con testo greco originale a fronte).
Come tantissimi altri capolavori mi era sfuggito, avevo solo del suo titolo un vago ricordo di scuola.
Credo di essermi fatto un bel dono per i giorni della quiete alcionia.

*

   La disperazione di Tosca:  

“Vissi d'arte, vissi d'amore, 

non feci mai male ad anima viva! 

Con man furtiva

quante miserie conobbi aiutai.

Sempre con fé sincera
la mia preghiera
ai santi tabernacoli salì.
Sempre con fé sincera
diedi fiori agli altar.
Nell'ora del dolore
perché, perché, Signore,
perché me ne rimuneri così?

Diedi gioielli della Madonna al manto,
e diedi il canto agli astri, al ciel,
che ne ridean più belli.
Nell'ora del dolore,
perché, perché, Signore,
ah, perché me ne rimuneri così?”.

   La disperazione di Cavaradossi;

   ‘E lucevan le stelle

E olezzava la terra
Stridea l'uscio dell'orto
E un passo sfiorava la rena
Entrava ella, fragrante

Mi cadea fra le braccia
O dolci baci, o languide carezze
Mentr'io fremente,

le belle forme disciogliea dai veli
Svanì per sempre il sogno mio d'amore
L'ora è fuggita e muoio disperato,

e muoio disperato
E non ho amato

sì tanto la mia vita, tanto la vita”.

   Non v’è in tutta la storia della Lirica qualcosa che le eguagli. Nella musica, dico. 

 Decido di riprendere la lettura di Platone è meglio del Prozac, di Lou Marinoff. L’avevo interrotta perché trovavo il libro troppo divulgativo, a scapito sia della Filosofia che delle Scienze psicologiche. Sbagliavo. Gli specialisti dell’una e dell’altra parte hanno i loro cenacoli, i loro orticelli, i loro salotti i loro tomi per sfoggiare la loro scientifica acribia bibliografica e compiacersene. Lascino a noi ignorantelli la gioia di goderci le miche dei loro banchetti in santa pace.  Insomma, il libro di Marinoff ora mi piace, proprio perché dispiace ai sofi. Si legge che è un piacere ed anche chi, come me, di robe psicologiche e di uso terapeutico di Platone è completamente ignorante, (ma non di Prozac et similia senza Platone!) oltre che divertirsi ha tanto da imparare. Dei sessantasei filosofi che egli cita in una bibliografia approssimativa (evidentemente non ha scrittori fantasmi, manodopera spicciola per le ricerche di biblioteca) dei quali pochi approfonditamente conosco, mi faccio bastare le poche cose che egli fa loro dire, e prendo appunti per le rinascite, se avrò la ventura di ricordarmi nei nuovi io di quell’Io che ancora sono e che di sé si compiace. Per oggi mi faccio bastare glie eserghi che egli premette al libro, senza riferimento bibliografico preciso. Marco Aurelio: “La durata della vita non è che un punto e la sostanza è un flusso, e nebulose ne sono le percezioni, e la composizione del corpo è corruttibile e l’anima è un turbine, e la fortuna imperscrutabile, e la fama cosa insensata… E dunque, cosa c’è che possa guidare un uomo? Una cosa e solo una: la filosofia”. Anicio Boezio: “Le nubi del mio dolore si dissolsero e io mi abbeverai alla luce. Raccolti i miei pensieri, mi volsi a scrutare il volto della mia guaritrice. Girai gli occhi e fissai gli sguardi su di lei, e mi avvidi che era la nutrice nella cui dimora ero stato nutrito fin dalla giovinezza: la filosofia”. Buddha: “I falegnami fooggiano il legno, i frecceri foggiano frecce; il saggio foggia se stesso”. Epicuro: “È soltanto la Ragione a rendere la vita piacevole, scacciando tutti i falsi concetti od opinioni, capaci in mille modi di turbare la mente. Hegel: “Mai potrà l’uomo sopravvalutare la grandezza e il potere della mente”. Iris Murdoch: “La vita non sottoposta ad esame non vale la pena di esser vissuta”. E così via citando. Per ognuna delle quattro parti e dei quattordici capitoli le citazioni sono tali e tante che ci viene risparmiato il fastidio di cercare i tomi da cui son tratti, anche perché unutili alle finalità che Marinoff si prefigge,  avventurarsi là dove nessuno si è spinto” (Paolo Coelho in quarta di copertina).

Con calma mi centellinerò l’elisir del Dulcamara- Marinoff, nella speranza che mi resti il tempo per riferire sulla sua efficacia,

*

   Ieri dunque è morto a 98 anni Franco Ferrarotti. 98 anni di cultura immensa, non solo sociologica. Chiamato da Luigi Volpicelli, ebbe la prima cattedra di sociologia, la prima in Italia, da noi a Magistero. Mi onorò della sua amicizia. Relazionò nel 1997 al convegno "Musica ed ecologia in prospettiva estetica", organizzato dalla nostra Associazione di varia umanità e musica 'Vivarium', sul tema 'Musica e giovani'. Fu un uomo e un intellettuale supremamente libero. A me mancherà moltissimo. Spero manchi a tanti, in questi tempi della miseria.  

*

Come si è rimpicciolito il mondo! Quello che ho scritto ieri di Jacqueline e Claude Held sul mio blog, ho per caso scoperto essere già presente sul Wikipedia francese alla voce che li riguarda. Incredibile. Devi stare veramente attento, caro Sforza, a quello che scrivi. Fra non molto una qualche diavoleria tecnologica ruberà, per disperderli nell'etere, i tuoi pensieri prima ancora che tu li pensi. E tra i circa novantamila visitatori (non necessariamente lettori) del tuo 'Dis-Incanti' potrebbe celarsi l'inquisitore anche dei tuoi pensieri non pensati. Sognavi la gloria, Giulio Sforza? Eccotela, e a sì picciol prezzo!

*

   Ricordo indimenticabile.

   Una foto ormai sbiadita degli anni Settanta mi ritrae in visita, con la mia famigliola, al mio grande Maestro ed Amico Luigi Volpicelli e alla sua amabilissima sempre sorridente Signora Maria Signorelli, scenografa, costumista, creatrice e collezionista di burattini, in vacanza nella loro casa sul lago di Scanno. Sul tavolo ancora l’immancabile bottiglia di vino rosso di Montalcino e il bicchiere ricolmo.

   Sono molto commosso, e non chiedetemi perché.

*

   Vito Mancuso

   Mi par d’avere più volte detto in questo blog del teologo ex sacerdote “cattolico” che recuperò il Cristianesimo abbandonando parte, solo parte, del ‘cattolicesimo’ paolino fatto di paletti recinti stazzi e …colonnati dogmatici, per recuperare un cattolicesimo come autentico universalismo (tale suona etimologicamente il termine) “aggiornando” in parte una teologia che mostrava tutti i segni del tempo.        Personalmente sono molto vicino alla posizione mancusiana e apprezzo l’apertura mentale e la dottrina con cui nei suoi numerosi scritti (ultimo, e da leggere, Destinazione speranza) affronta i più scottanti temi di una inquieta attualità. Naturalmente ho le mie riserve, ritenendo la posizione mancusiana più vicina a un illuminato protestantesimo, che nega alcuni, solo alcuni, dei dogmi della Chiesa di Roma, e non fa il salto, definitivo e laico, verso il recupero di una religiosità dell’immanenza assoluta (Philippe, qui videt me videt et Patrem …ego et Patrem unum sumus), di quel panteismo gnostico che tanto a me piace.

   Conobbi di persona Mancuso il 6 settembre del 2023 in occasione di una conferenza a due (non lo chiamerei confronto) con Maria Grazia Marchianò (recentemente scomparsa), cattedratica di Estetica a Siena e ultima compagna di Elemire Zolla, storico delle religioni, esoterista, docente di angloamericano presso Roma Tre (una sorta di nostrano Mircia Eliade e  Culianu insieme), di cui ebbi modo di apprezzare l’umanità e l’ingegno al castello Massimo di Arsoli in uno dei convegni itineranti da me organizzati che lo ebbe relatore. Una posizione intermedia tra le posizioni zolliane e mancusiana espresse un simpatico framassone non so a quale loggia affiliato, che mi parve assiduo della Libreria esoterista Rotondi che ci ospitava. In quella occasione Mancuso, relegato (grave mancanza di rispetto) ad ultimo relatore in un’ora già tarda e con un pubblico stanco, si mostrò, almeno questa fu la mia impressione, molto nervoso e giustamente spazientito per non aver avuto la possibilità di esprimere compiutamente il suo pensiero. Ebbe la mia completa solidarietà e ci demmo appuntamento ad un altro incontro al quale non ebbi poi modo purtroppo di partecipare. Con grande piacere perciò l’ho seguito recentemente, ospite del programma di rai5 “Quante storie. Autore per un giorno” condotto da Giorgio Zanchini, per la presentazione del suo ultimo libro. Zanchini lascia parlare, interviene quanto basta per chiarire qualche concetto o sottolinearne un altro. Non cavilla quasi volesse mettere  in difficoltà l’intervistato né pare sia guidato da pregiudizi ideologici. Mancuso ha potuto esprimersi liberamente ed esaurientemente così consentendo all’ascoltatore disincantato di coglierne le posizioni e riflettervi su. Auguro a Mancuso, intellettuale ormai non allineato, di poter continuare a lungo a godere di libertà di espressione. Con l’aria che tira qualche rischio lo corre.

*

E che dire della deliziosa divertentissima, in versione cinematografica e in  bianco e nero, Fille du régiment donizettiana? Brava la giovane protagonista, di cui mi sfugge in questo momento il nome, nonostante qualche sbavatura nelle note alte; ma addirittura strepitoso Florez che il pubblico, ed io fra esso, non avrebbe voluto  mai smettesse richiedendogli tre bis per la famosa Aria (Ah mes amis!) dei nove do di petto e non solo. Dopo la Fille di Régiment di ieri su rai 5 la mia passione belliniana non s’attenua ma sicuramente si appaia in intensità alla passione donizettiana, finora imperdonabilmente assai contenuta.

 

 

 
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