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Riflessione filosofico-poetico-musicale

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Edgar Allan Poe e la didattica, io e Leopardi, Villafalletto e Vanzetti...a, A se stesso,

Post n°1215 pubblicato il 17 Dicembre 2024 da giuliosforza

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Leggo che Edgar Allan Poe ne “Il principio poetico” affermerebbe che la didattica è la peggiore di tutte le eresie. Senza saperlo io, con altre parole e differenti argomentazioni, sostenni la stessa cosa nel mio libricino La Funzione didattica, Spunti per un discorso sul metodo come episteme, che sarebbe poi finito nell’Indice dei libri proibiti rispolverato dall’Opus Dei pur dopo una recensioncella carina, ci credereste?, dell’Osservatore romano; e ieri mattina su Face book l’ho ribadito con parole di D’Annunzio tratte dal Notturno. Caso vuole che questa sia la settimana di Edgar Allan. Proprio ora rai5 sta trasmettendo una pièce teatrale thriller del drammaturgo spagnolo Alfonso Sastre intitolata Il corvo, il cui spunto, anche se non dichiarato (lo stesso nevermore, mai più, è qui ricorrente) è l’omonima famosa poesia dello scrittore di Boston.  Ebbi nuova di Poe dal giovane Baudelaire, primo suo traduttore e valorizzatore in Europa, e mi affrettai a leggerlo in uno dei volumi economicissimi dell’Editrice romana Newton Compton, che spero esista ancora, tanto benemerita è stata negli anni la sua opera di diffusione dei grandi classici di ogni tempo e di ogni luogo. Interprete del thriller di Sastre è un giovanissimo Herlitzka, recentemente scomparso, qui somigliantissimo al bravo Luigi Vannucchi, morto, come si ricorderà, suicida, che avrebbe potuto essere perfetto per un dramma alla Poe. A ben rifletterci l’affermazione poeiana circa la didattica non è più provocatoria di quella hegeliana circa la storia, dalla quale, afferma il filosofo, nessuno impara nulla  semplicemente perché nulla in essa v’è da imparare. Una affermazione altrettanto provocatoria che non sarebbe piaciuta ai teorici della circolarità del tempo (vedi Vico e Nietzsche), ma coerentissima in bocca al Filosofo del Divenire.

Ecco quanto ho pubblicato ieri si FB:

   All’ingresso di ogni scuola scolpirei a caratteri cubitali:

NULLA SFUGGE ALI OCCHI SENZA POSA ATTENTISSIMI CHE LA NATURA MI HA DATO, E TUTTO M’È ALIMENTO E AUMENTO. UNA TAL SETE DI VIVERE È SIMILE AL DESIDERIO DI MORIRE E DI ETERNARSI” (D’Annunzio, Natturno)

   E abolirei tanto ciarpame di programmi e di libri.

*

   Pomeriggio con Leopardi. Pensieri poco natalizi. Ma il tarlo del pensiero non si placa nemmeno nei giorni della quiete alcionia.  

“A SE STESSO

Or poserai per sempre,
Stanco mio cor. Perì l’inganno estremo,
Ch’eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
In noi di cari inganni,
Non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
Palpitasti. Non val cosa nessuna
I moti tuoi, né di sospiri è degna
La terra. Amaro e noia
La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T’acqueta omai. Dispera
L’ultima volta. Al gener nostro il fato
Non donò che il morire. Omai disprezza
Te, la natura, il brutto
Poter che, ascoso, a comun danno impera,
E l’infinita vanità del tutto”.

   Torno a rileggere i Canti e le Operette morali di Leopardi nella edizione “Reprints editoriali MCMLXXVI”, riproduzione in fac-simile dell’edizioni Starita 1835 con correzioni e aggiunte autografe dell’Autore.

   È sempre una emozione rileggere un autore assistendo al travaglio delle correzioni a mano dei testi prima e dopo la stampa (personalmente ho avuto modo di scoprire che in nessuno più che in D’Annunzio, soprattutto nel capolavoro lirico Alcyone, col prosastico Notturno il suo capolavoro assoluto, si assiste al tormento dei rifacimenti o dei semplici aggiustamenti per arrivare a quella perfezione di contenuti e di forme che ben conosciamo e ammiriamo). Nel caso del Recanatese mi sto divertendo a scovare, anche in questa stampa definitiva, refusi sfuggiti ai pur solerti (allora, perché oggi con la scrittura digitale è un disastro) correttori di bozze, dei quali il più vistoso è quello che dà  il Canto XXIX per XXVIII, ma soprattutto a godermi il pessimismo nichilistico del ‘giovane’ poeta, e virgoletto giovane perché in realtà in Leopardi parlar di giovane non ha senso, essendo egli nato, come suol dirsi, vecchio e del vecchio avendo dalla prima adolescenza  fino alla precoce, secondo i nostri moduli valutativi, scomparsa, tutti i caratteri.

    Da giovane odiavo, tranne che nei non rari momenti di spleen e depressione, Leopardi. Lo trovavo, pur ammirando la perfezione del suo verso, un insopportabile piagnone, odiatore della vita e del mondo, in fine della loro bellezza e magnificenza, Lo ammiravo per la sua sconfinata cultura, per la sua curiosità intellettuale, per la sua filosofia che lo spingeva ad indagare su tutti i segreti dell’essere e dell’esserci, che gli risultarono poi quelli del male dell’essere e dell’esserci. Ora che sono stravecchio, e tutte le illusioni e tutte le energie (non ancora, per felice o infelice ventura, quelle mentali) mi si vanno dissolvendo come nebbia al sole, lo frequento con ironico disincanto e mi diverto pure alle sue geremiadi, che non gli impediscono di abbuffarsi di leccornie e di cioccolato in particolare (almeno una cosa buona dunque questo maledetto esserci l’ha, il cioccolato, naturalmente il fondente) fino a crepar, pare, per una crisi iperglicemica. Ora so anch’io dell’infinita vanità del tutto, ma so anche della vanità dell’infinita vanità del tutto. E rido claunescamente con Falstaff allo scoprir che nel mondo tutto è burla.       

* 

   Mi accorgo solo ora che quest'anno ricorre anche il centenario della morte, a Berlino, del grandissimo Ferruccio Busoni. Mi son lasciato sfuggire io le commemorazioni o non ci sono state? A Puccini questo silenzio non piacerebbe.

*

   Santa Cecilia e la musica.

   "Mentre tutti gli strumenti suonavano (leggi: in pieno concerto) Cecilia (dentro di sé) inneggiava al solo Signore dicendo: che il mio cuore resti mondo (da che, se non dalla musica?) perché io non venga confusa". Così ho sempre inteso le parole che si dice essere state pensate dalla pur da me amata e venerata nobile Santa. Ed è per questo che non ce l'ho mai troppo vista come protettrice della Musica e dei musicisti.

   Ecco per la precisione il testo latino che ho così interpretato: "Cantantibus organis, Coecilia soli Domino decantabat dicens: fiat cor meum immaculatum, ut non confundar". A parte l''ut non' (se non vado errato ci vorrebbe il 'ne', finale negativa) il resto non fa una piega.

Ora mi aspetto la lapidazione. Ma faccio lo stesso i migliori auguri a tutti gli amanti di Frau Musika.

 *

   Ennesimo vaccino anti-virus. Nell'attesa leggo, nell''Endimione' di Keats, di Anfione, inventore della musica e costruttore, al suono della sua lyra, delle ciclopiche mura di Tebe.

   Io vorrei, al suono della mia lyra-giocattolo, ricordo di un pellegrinaggio a Weimar da Goethe, Schiller, Nietzsche, abbattere le mura della Morte e degli Inferi. Impresa ben più possente ma, per il Mozart del 'Flauto magico', per la Musica non impossibile.

 *

   Associazione culturale di Varia Umanità e Musica "VIVARIUM"

  Il nostro, speriamo gradito, dono: un ricordo poetico di una delle nostre GIORNATE INTERNAZIONALI ITINERANTI di STUDI e d'ARTE nei versi dei poeti, più volte nostri ospiti ed amici, Jacqueline e Claude Held, questi recentemente scomparso, al cui commosso ricordo è dedicata l'edizione bilingue con testo originale a fronte qui presentata.

*

   Copie-omaggio saranno disponibili in occasione delle prossime Festività.

*

   Ritrovo, tra le mie penne a sfera, insieme alle molte stilografiche più o meno antiche e preziose che riposano in pace nei loro astucci ormai incartapecoriti (che tristezza l’impersonale algida scrittura al computer! Non possono più essere strette, le mie penne, dalle mie dita frementi, non possono più, le mie dita frementi, con esse amoreggiare, non possono  più  farle veicoli e tramiti fedeli dei miei sentimenti più intimi;  solo cimeli morti ormai esse sono  di un’epoca di scrittura assatanata in cui dalla grafia, sempre diversa a seconda dell’umore, fluivano per esse sulla carta le mille anime dei mille giulii diversi che sono) ri trovo dunque  alcune souvenirs degli alberghi ospitanti durante le mie peregrinazioni; e su una di queste, che ha l’inchiostro ancora miracolosamente diluito (altro che miracolo di San Gennaro, con rispetto parlando) leggo: ’Hotel agli Alteni’ di Villafalletto in provincia di Cuneo. Era il periodo, una settantina ormai di anni fa,  in cui non passava estate che non m’avessero le mie amate Alpi Marittime di cui posso dire di conoscere ogni anfratto, pietra su pietra, ghiacciaio su ghiacciaio (in uno di questi, che terminava in una grande morena, discendendo dall’Argentera, per una involontaria spinta di chi mi seguiva precipitai, cavandomela miracolosamente solo con contusioni e slogamenti che mi obbligarono una settimana a letto in un rifugio sul lago Broccan), canalone su canalone. Negli intervalli tra una salita e l’altra vagabondavo per i luoghi più interessanti della ‘Provincia granda’, che non son pochi. Ricordo che quando scoprii l’esistenza di un Villafalletto, e lo scoprii luogo di nascita di quel Vanzetti anarchico che con Sacco fu martirizzato in America nel 1927 (e riabilitato solo nel 1977), non stetti nella pelle e decisi di recarmici subito, da buon anarchico, in pellegrinaggio. E fu in quella occasione che albergai all’Hotel di cui sopra, un hotel a tre stelle attrezzato e tenuto come uno a cinque. Una decina di anni fa avevo deciso di tornarvi a raccomandarmi l’anima, ma rimanda e rimanda eccomi qua, nell’impossibilità ormai di adempiere uno dei miei estremi voti. Per cui non mi resta che consolarmi usando la biro dell’’hotel agli Alteni’ per il mio giornaliero diario segreto, quello che l’etere me vivente mai non avrà.

*

   Ogni tanto nelle mie ormai brevi passeggiate quotidiane, particolarmente quelle antelucane, esco, come oggi, con uno dei miei tre bastoni metallici di origine orientale: quello color ottone che ha per impugnatura una testa stilizzata di elefante, quello di color argento con impugnatura simile, e il terzo simil-argento anch'esso ma con una grossa impugnatura a pera. Quando qualche bambino che va all'asilo o a scuola per mano alla mamma mi incontra con l'uno o l'altro, esclama meravigliato: mamma mamma, quel signore ha il bastone d'oro, o quel signore ha il bastone d'argento!; e persino l'eventuale cagnolino guaisce di meraviglia. In realtà esco coi bastoni metallici quasi solamente quando faccio percorsi solitari nei parchi dove non è raro fare incontri sospetti (fu in uno di questi che qualche tempo fa mi rapinarono, per fortuna solo di un cellulare). Queste tre ...armi sono più efficaci della mia pistola scacciacani di montagna, ora, ahimè, riposta in un cassetto ad arruginirsi.  

__________________  

 Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

  

 
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