Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Ultime visite al Blog

giuliosforzafantasma.ritrovatom12ps12patrizia112maxnegronichioooooannaschettini2007kunta.mbraffaele.maspericotichPoetessa9avv.Balzfamaggiore2dony686cassetta2
 

Ultimi commenti

Non riesco a cancellare questo intruso faccendiere che...
Inviato da: Giulio Sforza
il 20/11/2023 alle 07:25
 
Forse nei sogni abbiamo una seconda vita
Inviato da: cassetta2
il 01/11/2023 alle 14:32
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:38
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:34
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:31
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

« Acqua di Colonia 4711 ed...pensieri sparsi ferragostani »

Giulio Giorello, Luciano Pranzetti. Antonio Scurati

Post n°1041 pubblicato il 28 Luglio 2020 da giuliosforza

 

960

  Man mano che procedo nella lettura di M. Il figlio del secolo, il suo autore, Antonio Scurati, autore pluripremiato (forse unico suo neo) sale nella mia stima. Il suo modo di avvicinarsi ai principali personaggi, dell’una e dell’altra parte politica, del romanzo storico (ché tale, più che semplice romanzo, esso m’appare) protagonisti dei primi turbolenti e tragici anni post-bellici (1919 -1924), è il più distaccato, oggettivo, imparziale (nello stile di un De Felice), infine scattante e vivace nello stile e documentatissimo nei contenuti (si intuisce al suo interno una sconfinata bibliografia). Finalmente non perdo il mio tempo né alla lettura mi si arrovellano i visceri.  

*

   Due parole di premessa a LUOGHI COMUNI, FALSI E BUFALE, di Luciano Pranzetti.

   Di tutte le decadenze, gli svilimenti, le degradazioni, gli involgarimenti, infine gli scempi di cui sono stato nella mia interminabile vita e sono tuttora testimone, la progressiva perdita di senso della Parola è quella che più mi ha ferito e ferisce, poiché attenta direttamente ai semèia, ai simboli di cui la Parola fu al suo inizio sostanza (ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος, un Logos creante - la prima Parola come Fiat), coincidente perciò con l’Azione, la faustiana Anfang che all’Inizio del poema il Francofortese predica sostitutiva del Logos -che di fatti un Idea che non si faccia Azione, che un azione che non sia idea incarnata? A superare l’impasse penserà l’Atto gentiliano). Attentando alla Parola si attenta alla radice stessa della comunicazione dell’uomo con se stesso, dell’uomo con le cose che le parole sono, dell’uomo con la natura-idea-naturata, dell’uomo con l’uomo-natura-idealizzata, dell’uomo con Dio Natura naturans e Natura nec creata creans Senza la Parola non resta che il silenzio dell’Essere, anzi non resta che il vuoto del non-Essere,

   La denuncia che Luciano Pranzetti, in questo suo secondo volume di rilievi vivaci  ai limiti della stroncatura, con fine analisi filologica fa delle insensatezze, delle approssimazioni, delle volgarità, delle insignificanze trapassate nel linguaggio comune per ignoranza o negligenza, ed anche per vile resa alle loquele “barbariche” imperanti (soprattutto quelle imposte dall’imperialismo linguistico albionico nella sua corrotta versione yenkee), aliene allo spirito della nostra lingua che è poi lo spirito del nostro proprio essere-al-mondo in quanto esser-con (Sein come Mitsein), tale denuncia si fa più profonda e particolareggiata, e, se fosse possibile, più capillarmente attenta a cogliere nei singoli lemmi e nella loro tessitura grammaticale e sintattica un colpevole tradimento della storia della nostra lingua quale si è andata evolvendo, sia nell’uso comune che in quello togato, ma soprattutto in quello della comunicazione massiva dei ‘media’ (latine, quaeso!). L’evoluzione della lingua, fenomeno normale in tempi normali, va ora assumendo sempre più i caratteri di un tradimento e di una capitolazione. cause fatali del suo sempre più veloce svuotamento di senso. E così fatalmente un fenomeno che potrebbe, e vorrebbe, apparire puramente e astrattamente formale, si fa etico: allorché una lingua si corrompe e si depaupera, si corrompe e si depaupera il popolo che ad essa fa riferimento e attraverso la quale si pone dicendosi; fatalmente decadono i suoi valori e i suoi costumi, fatalmente si autonega quale soggetto morale. E fu forse questo il motivo che spinse Kung-fu-tzu, alias Confucio, nella sua duplice veste di filosofo e di legislatore, a porre al centro del suo sistema di regole civili (delle celesti si preoccupava il Tao-Te-Ching del contemporaneo Lao-tzu) la questione linguistica. In uno dei suoi più celebri Aforismi egli avrebbe affermato: “Se fossi imperatore della Cina per prima cosa restituirei al loro senso primigenio le parole”.

Non credo esista migliore, più radicale e profonda, più originale riforma.

    

*

Dopo l'''Edgar" di Puccini (opera forse ingiustamente sottovalutata), riascoltato, nella interpretazione di Placido Domingo, il suo 'Inno a Roma', vittima di una stupida damnatio memoriae da parte di chi, oltretutto, non sa che fu scritto prima dell'avvento del Fascismo. Io ero solito farne cantare il ritornello ("Sole che sorgi libero e giocondo - sui colli nostri i tuoi cavalli doma. - Tu non vedrai nessuna cosa al mondo - Maggior di Roma") nei perfetti versi saffici dell'originale oraziano del 'Carmen saeculare': "Alme sol curru nitido diemqui - promis et celas aliusque et idem - nasceris possis nihil Urbe Roma - visere maius".

Il giovane Orazio, studente ad Atene, s'era arruolato (tranne poi a gettare, per sua ammissione, lo scudo) nella battaglia di Filippi coi repubblicani di Bruto e Cassio, testardi difensori di una Repubblica corrottissima e ormai agli sgoccioli, assassini (giustizieri?) di Cesare, finiti dopo la sconfitta suicidi. Il fatto non impedì ad Orazio di scrivere per i 'Ludi saeculares' del '17 a. C., indetti da Cesare Ottaviano, nipote e figlio adottivo di Gaio Giulio Cesare, il Carmen.

Propongo una bella damnatio memoriae anche per il Venosino.

*

   Ritrovo nella mia casetta di campagna, ove trascorro piacevoli giorni di solitudine e di frescura, uno dei libri più interessanti di Giulio Giorello, di quelli che dirò da riposo della mente, uno dei tanti da lui dedicati ad argomenti non strettamente legati alla specifica riflessione filosofica (divagazioni e distrazioni salutari per lo spirito, che da taluno gli sono state subdolamente rimproverate, con pessimo gusto e supponente sorniona ipocrisia, in occasione della sua recente scomparsa): Il tradimento. In politica in amore e non solo (Longanesi 2010). Lo ritrovo interrotto alla pagina 86, alla fine del capitolo “Filosofi armati e pronti a tradire”, e lo riprenderò immediatamente, alternandolo col Dictator. L’ombra di Cesare (Newton Compton 2010, RSC Mediagroup 2019). Non ricordo il motivo dell’interruzione (forse semplicemente la fine della vacanza e il ritorno alle frenesie cittadine) di una lettura che deve avermi molto interessato se sono molte le sottolineature e le annotazioni a matita di cui trovo martoriate le pagine. Riprendo, sub tegmine…caelebis platani ultracentenario (quello dei due che guarda l’altipiano del Cavaliere, i monti sabini e carseolani e il dominatore Velino) se già bambino lo ricordo in tutta la sua attuale imponenza), al capitolo “Trenta denari per l’immortalità. Teologia”, non senza prima avere ridato uno sguardo, per rinfrescarmi la mente, alla presentazione in bandella, ove si legge:

   “Peggio di Caino e di Abele, due loschi fratelli della Toscana medievale si fronteggiano, il pugnale nella destra celata dietro le spalle. E riescono a uccidersi contemporaneamente. Questi due tragici spettri introducono Dante nel posto più sozzo dell’Inferno, ove i traditori sono collocati nel centro geometrico dell’universo…Oggi è tornato di moda trattarsi reciprocamente come dei Giuda, pronti a vendere la famiglia o il partito per trenta denari. Eppure manca, in tutto questo caleidoscopio di accuse e di insulti, la dimensione epica del tradimento, come sfida a Dio e agli uomini insieme, intreccio indissolubile di malafede e di orgoglio, di crudeltà e di invidia.

   E dire che può esserci persino un uso geniale, creativo e finanche ‘virtuoso’ del tradimento: ce l’hanno insegnato tipi insospettabili come Machiavelli, Shakespeare e Leopardi, per non dire di Mozart e Da Ponte. Negli affari di cuore come in quelli di politica: ma perché tutto non ricada nel conformismo, occorre che traditi e traditori ‘abbiano fermo il cuor nel petto’, cioè diano prova di quel coraggio che spazza via le ipocrisie dei moralisti d’ogni colore. Il coraggio che spingeva Bruto e Cassio – i due ‘arcitraditori’ di Cesare – a proclamarsi ‘liberi e armati’”.

   Avvezzo alle Wanderungen e alle flâneries, non solo intellettuali, riprendo il cammino senza meta con l’ombra recente di un Uomo che avrebbe potuto essermi amico (e che per un solo intenso pomeriggio ebbi in un estemporaneo colloquio a Nola da Bruno familiare) come me ‘traditore’ dei suoi maestri, e per questo forse di essi testimone non indegno.

 

__________________

  

Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano).

   

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/disincanti/trackback.php?msg=15047492

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
Nessun Commento
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963