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Messaggi di Giugno 2019

Festa dei Gigli. Don Milani e la Musica in un'intervista a Riccardo Luciani

Post n°1007 pubblicato il 30 Giugno 2019 da giuliosforza

 

Post 929

   Oggi a Nola è la Festa dei Gigli, e ne ho nostalgia. Sono stato tentato di farvi una …fuitina (non dirò in compagnia di chi) in incognito senza avvisare gli amici, soprattutto l’avv. Paolino Fusco, ma sarei stato sicuramente scoperto, e avrei creato imbarazzo. E poi sarebbe stato sicuramente  un suicidio, visto l’incendio dell’aria e la mia tenera età. Dedicherò così tutto il giorno a Bruno ed agli altri due Testimoni del Pensiero ardimentoso, Martiri di Metanoesi : Tommaso Campanella ed il meno ricordato, ma non meno grande, Giulio Cesare Vanini, orribilmente dilaniato dall’Inquisizione a Tolosa nel 1619, l’anno stesso dell’inutile, viste l’incoerenza e la viltà del suo teorizzatore, incapace di trarne, ma soprattutto di affrontarne, le conseguenze, “Cogito” cartesiano. Tre frati ribelli, due domenicani,  uno carmelitano: un vero dono per l’Umanità, uno dei più grandi miracoli operati dalla Provvidenza (o, per chi preferisce, dalla hegeliana List der Vernunft).

 *    

   Ma un altro “ribelle” voglio oggi celebrare, un ebreo convertito  diventato prete cattolico, anche egli variamente perseguitato ed  al vasto pubblico sicuramente più noto, che risponde al nome di Lorenzo Milani. Me ne offre l’opportunità la fotocopia di un articolo inviatami da Maria Teresa Luciani (per oltre vent’anni curatrice del Seminario di educazione all’ascolto collegato ai miei insegnamenti di Pedagogia generale e Metodologia dell’educazione musicale alla Sapienza prima, poi alla sua filiazione  Roma Tre): un interessante, direi storico, documento  in cui si dice del rapporto umano ed epistolare intercorso  tra don Lorenzo Milani  e suo (di Maria  Teresa) fratello Riccardo (Nino), noto musicista, già docente del Conservatorio di Firenze e della Scuola musicale di Fiesole, nonché prolifico compositore.  Si tratta di un servizio di “Toscana oggi”, periodico cattolico, del 16 gennaio 2011, che riferisce di una intervista al Luciani a firma di Tommaso Tronconi, responsabile del Movimento Studenti di Azione cattolica. In esso emerge un altro aspetto della concezione e della attività pedagogica del Priore di Barbiana: l’interesse per l’educazione all’ascolto  musicale, ritenuta fondamentale, con la formazione linguistica, nella lotta per l’emancipazione culturale dei figli del popolo.  

 Ecco il testo dell’intervista, dal titolo redazionale “Quando Don Milani scriveva: «La musica ci ha fatto volare».

 “Pochi mesi dopo l’ordinazione sacerdotale, a 24 anni, don Lorenzo Milani fu nominato (Ottobre 1947) cappellano a San Donato di Calenzano, dove, benvoluto e sostenuto dall’anziano parroco don Daniele Pugi, organizzò una «scuola serale popolare» per l’evangelizzazione e l’elevazione culturale e civile dei giovani operai e contadini della zona.

  “Nel Novembre 1953, un anno prima del trasferimento a Barbiana, chiese a un amico musicista, Riccardo (Nino) Luciani, di venire a San Donato a far sentire e spiegare un po’ di musica classica. Il risultato fu sorprendente ( i giovani si appassionarono non solo all’ascolto ma anche alla lettura delle partiture musicali), e don Lorenzo ringraziò l’amico con un biglietto, che esprime un aspetto fondamentale della sua missione: suscitare l’interesse per i molteplici aspetti della cultura in chi, per condizionamento sociale, se ne è tenuto e/o ne è stato tenuto lontano.

   “L’attualità di questo problema educativo, l’importanza di superare la frattura fra cultura ‘alta’ e cultura popolare, giustifica la pubblicazione di questo breve inedito, resa possibile dalla gentilezza di Riccardo Luciani e di chi, Tommaso Tronconi, lo ha intervistato per noi”.

   Qui ha termine la nota introduttiva redazionale. Purtroppo non mi è possibile riprodurre  la fotocopia dell’autografo della breve lettera da cui prende spunto l’intervista e debbo contentarmi di trascriverla:

  Caro Nino,

   scusa il ritardo nello scriverti e nel rimandarti le sinfonie. Se puoi lasciarmele ancora qualche giorno mi farai un grande piacere. Ci siamo sentiti moltissime volte la VI. I ragazzi ne sono diventati appassionatissimi […]e cogliono sempre quella, Forse anche perché alcuni ormai hanno imparato a seguire lo spartito, […]. Stasera voglio insistere perché s’imparino anche la IX. Si fa tanta musica finché il padrone del giradischi non verrà a ripigliarselo. E’ questione di giorni. E allora te riavrai lo spartito e noi ci ributteremo nei nostri consueti studi. […].

   E poi volevo dirti che ti sono tanto grato perché hai avuto ragione del nostro duro realismo e ci hai fatto per una sera volare in un cielo diverso dal nostro. Che i ragazzi fossero vinti e avvinti l’avrai isto anche da te. É la prima volta nella storia della nostra scuola che nessuno ha dormito.

E ora ti saluto affettuosamente sperando di rivederti presto quassù.

Tuo Lorenzo Milani.

  La calligrafia di Lorenzo meriterebbe un attento  esame grafologico. Procede per caratteri quasi infantili in un corsivo tendente al diritto e le parole sono molto spaziate l’una dall’altra, quasi si voglia lasciare al lettore l’opportunità di colmare da solo i vuoti dell’inespresso…

   Ed ecco l’intervista.

   “Incominciamo con le presentazioni: chi è Riccardo Luciani?

   «In questo momento sono un pensionato. Sono stato insegnante di lettura della partitura al conservatorio Luigi Cherubini di Firenze.. Ho avuto anche  un’attività i compositore di musica da camera, sinfonica e corale. Poi ho collaborato dieci anni con la Rai dove componevo colonne sonore  per film o documentari. Ho pubblicato una settantina di dischi di musica che commentano dal mare alla natura alla guerra. Adesso mi occupo di corsi presso l’Università e la scuola di musica di Fiesole.

   Come ha conosciuto don Lorenzo Milani?

   «Con la mia famiglia conoscevamo sua sorella Elena e con lei si andava fuori, a sentire concerti, a sciare. Insomma eravamo un piccolo gruppo. Dopo un po’ di tempo che non ci vedevamo più, mi venne fatta una telefonata proprio da don Milani che mi chiedeva se avevo una sera libera per fare una chiacchierata. Allora fissai il giorno e don Milani mi disse subito: “non ci sono soldi, ma farò venire qualcuno dei miei ragazzi a prenderla”. Una sera tardi arrivai su e c’era proprio lui che mi disse:” Non ho da darle nemmeno un bicchiere di vino. Un bicchiere di latte va bene?”. E poi mi disse: “Io la metto un pochino in guardia perché questi ragazzi sono buoni e cari ma se cominciano a tirare fuori le domande…Ieri è venuto il direttore della Nazione e l’hanno proprio pelato! “. Gli risposi: Spero proprio che con la musica non capiti, però ha fatto bene a mettermi in allerta!».

   Mi pare che la sua reazione fu positiva di fronte a questo invito…

   «Prima di tutto non potevo rifiutare, non c’era nessuna ragione. Poi gli dissi: “Cosa vuole che faccia?”. “Quello che vuole”, mi rispose»

In una lettera del 9 Novembre 1953, don Lorenzo scrive: «Non so a chi parlerò stasera e che faccia avrà la mia classe». Che tipo di classe si trovò di fronte? Si ricorda indicativamente  che cosa fece ascoltare e di cosa parlaste?

«Entrai e trovai questi ragazzi, uomini, e mi ero portato dietro dei dischi e degli appunti per fare un panorama di storia della musica. Cominciai però in maniera un po’ dotta. Nel giro di cinque minuti presi questi foglietti che mi ero preparato, li misi in tasca e andai a braccio. Si arrivò a Mozart e Beethoven, e feci sentire delle cose spiegando che messaggi ci potevano essere dietro le sinfonie. Poi si arrivò alle domande e io dissi: “Avete delle domande?”, e nessuno disse niente .Allora arrivederci, grazie dell’attenzione, don Milani mi ringraziò e mi riaccompagnarono a casa. Dopo una settimana venne uno di questi ragazzi con un biglietto di don Milani e mi disse: ”don Milani le chiede se gli può prestare la partitura delle settima sinfonia”».

   Aveva colto nel segno…

   «Poi don Milani mi disse: “Dopo che sei venuto te, quasi tutte le sere noi si proietta la partitura e cerchiamo di seguire la sinfonia. Questa cosa li ha affascinati molto, sono entusiasti di essere entrati in questo mondo da cui erano completamente esclusi”,. La ha fatto da sé il suo lavoro».

   Nella lettera del 22 Dicembre 1953, in cui don Lorenzo le scrive per ringraziarla, si legge che i ragazzi erano «vinti e avvinti». Cosa intendeva dire con questa espressione?

   «Vinti per il fatto che sentivano parlare di cose da cui loro erano esclusi socialmente. Gli aprivo un mondo che non era il loro. Vinti perché hanno reagito in maniera non negativa. E poi sono stati avvinti, ma non certo da me, dalla Musica. E hanno chiesto loro di poter andare avanti. Poi io non sono più tornato».

   A più di quaranta anni di distanza dalla sua morte, qual è il ricordo più forte che conserva della personalità di don Lorenzo?

   «Questa sua immagine di ‘scorbutico’ e di uomo pronto a rifarsi contro le cose che non andavano. E il contrasto con quella frase di ringraziamento sul biglietto portato da quel ragazzo: “non sa quanto bene ha fatto per noi”. Questa convivenza di due poli opposti».

   Un uomo molto colto, don Lorenzo…

   «Sì, ma sapeva come distribuirla questa cultura, senza far vergognare chi non ce l’aveva».

   Lei avendolo conosciuto, seppur solo in questo breve episodio, come ha visto quello che poi è stato l’”esilio” a Barbiana?

   «Una grande ingiustizia. Un voler spostare una persona scomoda. Faceva un lavoro che altri non è che no hanno capito, ma no hanno voluto accettare».

   Stringiamo un attimo sulla situazione della cultura oggi. Don Milani negli anni in cui è alla scuola di Barbiana professa l’insegnamento che «il sapere serve solo per darlo». Da professore e maestro di musica, che sia ancora attuale nel 2010?

   «Potrebbe esserlo, ma non lo è. Da come agiscono nei quadri politici che abbiamo davanti a noi, siamo proprio all’opposto. Se un Ministro ti dice che con la cultura non si mangia…Questo per quanto riguarda la cultura in generale. Per quanto riguarda la musica, ancora di più perché la musica sembra che non faccia parte della cultura. Non c’è stato nessun Ministro dell’Istruzione che l’abbia voluta aggiungere. E poi la tragedia è che usciti dal conservatorio non c’è lavoro, perché hanno tagliato le orchestre. In televisione se si vede qualcosa che riguarda la musica si vede alle 2 o alle 3 di notte».

   Guardando al mondo dei giovani, crede che tra di loro esista oggi interesse per le cultura?

   «I giovani sono molto distratti, non per colpa loro, ma perché ci sono molte distrazioni. Si rovano, non è raro, ragazzi oggi che veramente amano la cultura, la vogliono. Altri poi ne fanno a meno».

   La situazione attuale è questa, con tutte le sue sfaccettature. Per il futuro lei è ottimista o pessimista riguardo alla cultura che dovrebbe, come diceva don Milani, rendere uguali…?

   «Dovrebbe, ma così non è. Ci vorrebbero migliaia di don Milani sparsi per l’Italia…».

*

   Sarebbe interessante, dopo questo servizio, che nella sua semplicità accenna appena al problema e non fa emergere in profondità il pensiero dei due protagonisti dell’incontro (due personalità ricche e complesse nella cui anima andrebbe più profondamente scavato; questo dico a ragion veduta conoscendo bene il Luciani di persona e nell’opera, e il Milani solo dall’opera, dalla quale, per quel che io ricordi, risulta l’interesse musicale dell’apostolo di Barbiana essere stato solo episodico, avendo egli insistito soprattutto sul problema linguistico. Sarebbe interessante verificare, attraverso eventuali documenti e testimonianze dirette di ex alunni, quale sia stato il ruolo effettivo  della   musica nel seguito della vicenda educativa e personale di Don Milani e se davvero  abbia continuato nella vita a ‘far volare’ gli ex allievi del Prete ribelle. Nelle sue più note opere (Esperienze pastorali e Lettera a una professoressa) tale interesse mi risulta del tutto assente. Ma assolvo il prete ribelle: egli passò gli ultimi anni della troppo breve e tribolata esistenza in altre e ben più gravi faccende affaccendato, vittima di  processi e persecuzioni, oltretutto per aver pubblicamente difeso l’obiezione di coscienza. E con me l’assolve Frau Musika.

   Oltre che a Nola oggi  mi tocca ‘pellegrinare’ anche a Barbiana.

   __________________________

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 

 
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Solstizio. Un sogno. Osho. Tutino su Bosso. Traviata di Zeffirelli all'Arena. Concerto del CDS, Vino e amore

Post n°1006 pubblicato il 22 Giugno 2019 da giuliosforza

Post 928

  

   Solstizio d’Estate. Festa della Luce. Fascino e Nostalgia delle feste pagane, da Stonehenge all’Alaska.1986: notte magica di San Giovanni, coi colleghi del Colloquio internazionale di Estetica “Dimensions du Merveilleux”,  attorno alla grande  quercia  nella campagna osloense. Rievocazioni e riti magici  al sole di mezzanotte nel bosco in compagnia di elfi e troll e dell’Orso Valemone cavalcato dalla  principessa di cui è innamorato..

*  

   Sogno. Paese su un monte che guarda pianure ed orizzonti lontani fino al mare. Sole e neve, tanta neve a terra. Un mia giovane ex allieva volteggia nell’aria serena poi scende a danzare sulla neve a piedi nudi quasi avesse le ali, e canta. E canta  e danza e danza e canta. La rapisco sollevandola di peso e la reco al sole  fra suoi risolini e tentavi vani (finti?)  di divincolarsi dalla mia stretta. Socialisti meditabondi ai margini di una via panoramica. Sono tristi e pensosi delle loro sorti.     Chiedo: che fine hanno fatto i comunisti? Mi si risponde mestamente: sono in ritiro in Francia con Pujia (?), una sorta di santone politico, a meditar le mosse del riscatto. Mi sveglio sereno e libero dai crucci fisici e spirituali dei giorni trascorsi.

*

   “Non dovete creare un tempio o una chiesa per Dio,
   è assurdo perché Dio è ovunque!
   Per chi state creando un tempio,
   una chiesa o una moschea?
   Se volete pregare potete farlo ovunque.
   Dovunque vi inchiniate,
   vi inchinate a Dio,
   perché non esiste nient'altro”.
 
   Osho

   Copio la citazione  dalla rete e non ne garantisco l’appartenenza. Ma lo spirito e lo stile di Osho sono inconfondibili. Mi ci ritrovo totalmente. Circa i templi di pietra son portato a dissentire: ridotti a musei celebranti per la grande Arte la gloria dell’Uno vanno curati e moltiplicati, non abbattuti. Giovano alle goethiane, e prima bruniane, ‘religiosità’ del dotto e religione dell’ignorante.

 

*

   Marco Tutino è intervenuto, con tutto il peso della sua autorità (è autore, oltre che docente al “Verdi” di Milano, di diciotto opere liriche e di non so quanta musica corale e strumentale) in “difesa” della trasmissione  di  Rai3 (‘Che storia è la musica’) curata da Ezio Bosso. E’ intervenuto su fb con le parole che qui riproduco.

   “Ieri sera, un milione e mezzo di italiani hanno potuto assistere su Rai3 e in prima serata a un lungo programma che parlava di musica. Solo di musica. Al posto della usuale immondizia televisiva, Beethoven. Mentre la si eseguiva, la si commentava. Addirittura ci si poteva scherzare sopra, e comunque trattare da amica e non da solenne guardiana del Classico. Ieri sera moltissimi italiani sono un poco migliorati, e oggi forse si sono svegliati con qualche curiosità in più e qualche cattiveria in meno.
   Tra loro, alcuni su questo social si sono sfogati esprimendo uno stizzito disprezzo, una altera riprovazione. Erano tutti addetti ai lavori; e sicuramente, non l’hanno detto ma si capisce, avrebbero fatto meglio loro. Se -come sarebbe stato giusto- l’avessero chiesto a loro”.

   Se intervengo nel dibattito non è certo perché io mi ritenga un addetto ai lavori, pur se per oltre quaranta anni ho curato, con Maria Teresa Luciani, sorella del compositore Riccardo, un seminario di Educazione all’ascolto presso Roma Tre. Dico la mia da semplice spettatore che non soffre di passiva‘paticità’ da dipendenza nei confronti dello strumento televisivo.

   La trasmissione di Rai3, molto simile a quelle più giovanilmente disinvolte della BBC e della TV spagnola, da mesi se non da anni ormai trasmesse anche da noi, non mi è piaciuta (non mi riferisco alle musiche eseguite né allo stile del direttore) nel suo aspetto che dirò formale. La presenza di Mentana, di Signorini, di Bizzarri e degli altri ospiti non aveva alcun senso: dalla loro bocca, se si esclude Alfonso Signorini il cui retroterra culturale è di tutto rispetto, sono uscite solo ovvietà, triti luoghi comuni, per non dire insensatezze, che davano del fenomeno musicale l’interpretazione più banale e perciò fuorviante  che esista e che non può non ripugnare a chi sia minimamente esperto di filosofia e di psicologia musicali. La Musica è per natura esoterica (come l’Arte tutta che non sia impostura), non essoterica, ed educare ad essa il grosso pubblico non può né deve significare  snaturarla. Cosa che non ha fatto certo Bosso, che per quanto lo riguardava ne è uscito con indiscutibile lode. E’ l’impianto del programma che, dal mio modesto punto di vista, è sballato: il pro-fano deve essere indotto a varcate le doglie del tempio se vuole scoprire l’Isi velata, non il tempio deve perdere la sua sacralità. “Volgarizzare” un Einstein non è possibile. Perché ciò  dovrebbe essere possibile per Bach, Beethoven, Wagner? Forse il detto evangelico qui habet aures audiendi audiat vuol dire molto di più di quello che un certo costume ermeneutico vuol fargli significare.

*

   Traviata con regia di Zeffirelli, ultima sua fatica, all’arena di Verona, alla presenza del Capo dello Stato (al quale da giorni Il Fatto Quotidiano chiede invano se è al corrente delle ipocrisie e delle mene che da parte politica si tramano in alto e in sede locale per la gestione degli enti lirici in generale e dell’Arena in particolare) . Il Fiorentino, che da qualche giorno  trova pace nella sua città al Cimitero delle Porte Sante accanto alla madre,  non si smentisce. ‘Barocco’ eccessivo. Daniel Oren, kippah in testa, irriconoscibile nella sua obesità, s’agita come uno scimmione indemoniato. Sembra stia dirigendo uno spettacolo gladiatorio, non una Traviata. Dei protagonisti, il migliore mi risulta ancora l’inossidabile baritono settantasettenne  Leo Nucci. La Clerici anima negli intervalli il fatuo, irriverente, infine   volgare chiacchiericcio salottiero tra i soliti invitati, lì per fare ascolto, solo preoccupati (è la stessa Clerici a farlo intendere) di vincere la concorrenza di Canale 5, impegnato in un a sua volta super volgare programma sboccacciato da avanspettacolo. Se si escludono gli interventi del tenore Grigolo, competenti e commossi, per il resto c’è da schifarsi. Protagonisti uno dei figli di Zeffirelli col Baudo, con la Ricciarelli, con  uno Sgarbi con l’avanzare dell’età sempre più …‘sgarbato’ (magia di un nome), sempre più sopra tono, sempre più inascoltabile, addirittura pietoso quando non parla di arte,  nel suo truculento linguaggio,  e con un povero sindaco di Verona obbligato ad assistere in silenzio al fuori scena e a far da bella statuina (ma altro non immagino sarebbe capace di fare). Tutti a evocare e ad avvertire, come in una seduta spiritica, la Presenza  del Maestro, continuamente evocato con dissacranti e divertiti riferimenti alla  sua vita privata. Se davvero il suo Fantasma fosse stato presente, i salottieri l’avrebbero obbligato a dissolversi.

   Tutto questo aristocratico spettacolo trasmesso  in mondovisione. Dio che vergogna!.

*

   Concerto di fine anno degli alunni  del Centro Diffusione Suono tiburtino, nell’Aula Magna del Convitto Nazionale Amedeo di Savoia, diretti da Federico Biscione. In programma  l’Ouverture dall’ “Ifigenia in Aulide” di Gluck nella versione wagneriana con finale, e nella riduzione per archi di Federico Biscione; il Concerto in Do Maggiore n.13 K. 415 per pianoforte e orchestra di W. A. Mozart, al piano il giovane, ormai più che una promessa, Andrea Riccio; il Concerto in Sol Maggiore RV 532 di Vivaldi per due mandolini e orchestra, con Marco Balduini e Francesco Cipriani alla chitarra; Danze popolari rumene di B. Bartock, che purtroppo mi son perso. Un bel Pomeriggio.

   Nella antistante Piazza Garibaldi, attorno all’inutile solenne arco bronzeo pomodoriano sovrastante una fontana asciutta ricettacolo di mozziconi e di plastiche, altra…musica: ragazzi e adolescenti  giocano a pallone, usando il muro esterno del convitto come parete respingente, incuranti dei passanti,  o caracollano sui  pattini a tutta velocità negli stessi spazi, tra una azione e l’altra dei calcianti.  Un pallone con la velocità di uno shrappnel e la potenza di una cannonata mi sfiora l’orecchio sinistro. M’avesse colpito in faccia non starei qui a scrivere queste note. Reazioni qualcuna di spavento, in maggioranza di più o meno repressa e compressa ilarità. Dei vigili    nemmeno l’ombra, naturalmente.

   Ave, Tibur… vacuum!

*

   Un’amica che vive in Germania ha ricevuto in dono una bottiglia di Falanghina (dal Sannio a Düsseldorf!) personalizzata con una etichetta che riporta alcuni versi bacchici tra i più famosi tratti dall’Ars amatoria (I, vv 237-244) di quell’Ovidio sulmonese, con Gabriele pescarese il secondo più grande “mastro” della Parola. Me ne chiede la traduzione, che è facilissima.

   Vina parant animos faciuntque caloribus aptos:
   Cura fugit multo diluiturque mero.
   Tunc veniunt risus, tum pauper cornua sumit,
   Tum dolor et curae rugaque frontis abit.
   Tunc aperit mentes aevo rarissima nostro

   Simplicitas, artes excutiente deo.
   Illic saepe animos iuvenum rapuere puellae,
   Et Venus in vinis ignis in igne fuit.

   (………)

   I vini preparano gli animi e li dispongono per gli ardori (dell’amore). Le ansie fuggono e si dissolvono col molto vino. Allora giunge il sorriso, il derelitto prende coraggio, il dolore le preoccupazioni e le rughe della fronte spariscono. Allora la sincerità, così rara ai tempi nostri, svela i pensieri, un iddio scacciando le finzioni. Lì spesso le fanciulle catturano i sentimenti dei giovani, E Venere, nel vino, fu fuoco nel fuoco.

Da notare che è esclusa l’interpretazione maliziosa dell’emistichio ‘tum pauper cornua sumit’. ‘Cornua’ sta solo ad indicare forza e coraggio…

__________________

  

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 
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