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Messaggi di Settembre 2019

Un sogno. Addio a De Sade. M di Antonio Scurati.

Post n°1017 pubblicato il 23 Settembre 2019 da giuliosforza

 

Post 938

   Un sogno degno di essere raccontato.

   E’ Primavera. Declivio verde e fiorito che dà sul lago di Garda, che è contemporaneamente del Turano, popoloso di folla variopinta in attesa. Attesa di che? Sulla riva del lago Garda-Turano sta per  scendere in acqua uno stranissimo idrovolante: scafo piccolo e tozzo, tutto bianco laccatto dai cui lati si elevano  due snelli parallepipedi a mo’ di colonne squadrate collegate ai vertici a ponte. Servono a sollevare l’idrovolante e a spostarlo cone un secchiello. Al centro della folla Italo Balbo nelle funzioni di moderatore, Gabriele D’Annunzio in forma di satiro con barbetta a punta e scucchia sporgente, che si autoirride compiacendosi della sua completa mancanza di denti: bisogna adattarsi alla natura, dice, in ogni sua fase; un Tommaso d’Aquino  giovane e longilineo ed elegantissimo nella sua tunica bianconera (altro che il grasso ‘bue muto’ di albertiana memoria!) che conciona di teologia…aviatoria, mentre la sua segretaria, Tosca D’Aquino, nel sogno sua parente, gli porge e regge i fogli e ne indica i capoversi (come la ‘Cicciuzza’ con l’Arcangelo coclite - ilVate, per chi non lo sapesse - all’epoca della stesura del Notturno); ed…io, impalato come un babbeo in attesa che mi si ceda la parola che non mi viene mai ceduta.  Sostanzialmente ignorato. Mi risento con Balbo, con Bruno e Nietzsche confusi tra la folla, abbandono, mi sveglio e mi ritrovo sotto la doccia. 

*

   Riposto Harzreise a riposare nel suo scaffale, restano sul mio tavolo, in attesa di essere terminati, Justine di De Sade, Ritratti e immagini di Alberto Arbasino, Più che l’amore di Annamaria Andreoli, Alfabeti di Magris, Il non finito di Papini, L’enigma di Piero di Silvia Ronchey, M il figlio del secolo di Antonio Scurati, Homo Deus di Noah Harari, Giardinosofia di Santiago Beruete. Mi tocca abbandonare la tecnica di lettura adottata per lo più in vita mia, quella  cioè di procedere a salti, passando da un testo all’altro: la mia mente non è più tanto agile da ricordare le ultime cose lette e ogni volta rischio di dover ricominciare per aver perso il filo: che è l’unico, non piccolo per la verità, scotto che pago alla mia età avanzante verso il declino. Ma la scelta non mi è facile: privilegiare l’un libro a scapito dell’altro potrebbe significare rischiare di non legger più l’altro, per motivi non difficile da intendere, e la cosa mi scoccia solo al pensarla. Ciò che aborro di più della morte è di dovere cessare di gustare con tutti i sensi, esterni ed esterni, tra tutte le cose belle del mondo, i volumi della mia biblioteca che stan lì buoni ad attendere di nutrire turbare rasserenare e colmare di sensi quella misteriosa breve vicenda dell’Essere che in me si individualizza storicizzandosi e che diciamo Vita. Ma una decisione già mi sento di prendere: finirla definitivamente a pagina 235 con Justine. Dopo aver assistito alle orge di ogni genere, molte sacrileghe, nelle varie dimore di conti e marchesi e nei conventi, soprattutto in quello di Notre-Dame des bois, ne ho veramente abbastanza. Ma non è la mia pruderie moralistica. E’ solo stanchezza. De Sade non è solo un ‘libertino’, il più diabolico dei libertini,  irrisore di credenze e morali comuni; egli è anche un rigoroso filosofo logico, acutissimo nel difendere le sue tesi e nello smontare le tesi avversarie - tesi e antitesi, ma senza sintesi - che mette in bocca, appena accennate ma radicali (questa la sua furbizia che fu forse essa a salvarlo, paradossale ma, leggo, vero, dall’Indice e dall’inquisizione: le persecuzioni e le condanne gli vennero per lo più dallo Stato e non dalla Chiesa)  alla povera protagonista e vittima narrante; è anche scrittore ‘verista’ di grande talento: le  descrizioni particolareggiatissime dei misfatti carnali dei suoi protagonisti sono impressionanti e notevolissimi sono il suo psicologico intuito e la sua  perspicacia analitica. Ma ciò non basta a farmi proseguire. Abbandono De Sade definitivamente al suo inferno (o al suo paradiso) per stanchezza, solo per stanchezza.

*

   Avevo detto basta anche col fascismo. E invece ecco che ci ricasco. Ma è un ricascarci diverso, poichè diverso è il libro che ho tra le mani, il primo di una trilogia che davrebbe essere completata entro Natale. L’Autore è Antonio Scurati, il titolo M. Il figlio del secolo, l’editore Bompiani 2018, le pagine 839. Il volume è da una anno sul mio tavolo, intonso. Ne sento riparlare e mi decido. Comincerò con la prima bandella, contravvenendo a una mia ben radicata convinzione, bandelle prefazioni e introduzioni doversi leggere, se proprio non se ne può fare a meno, al massimo alla fine? No, la salterò, anche se si presenta con  un allettante incipit: Lui è come una bestia. Sente il tempo che viene. Lo fiuta. E quel che fiuta è un’Italia sfinita. E inizierò direttamente col Rapporto dell’ispettore generale di pubblica sicurezza Giovanni Gasti, primavera 1919:

  

   Benito Mussolini è di forte costituzione sebbene sia affetto da sifilide.

   Questa sua robustezza gli permette un continuo lavoro.

   Riposa fino a tarda ora del mattino, esce di casa a mezzogiorno ma non rientra prima delle 3 dopo mezzanotte e queste quindici ore, meno una breve sista per i pasti, sono dedicate all’attività giornalistica e politica.

   E’ un sensuale e ciò è dimostrato dalle molte relazioni contratte con svariate donne.

   E’ un emotivo e un impulsivo. Questi suoi caratteri lo rendono suggestivo e persuasivo nei suoi discorsi. Pur parlando bene, però, non lo si può propriamente definire un oratore.

   E’ in fondo un sentimentale e questo gli attira molte simpatie, molte amicizie.

   E’ disinteressato, generoso, e questo gli ha procurato una reputazione di altruismo e filantropia.

   E’ molto intelligente, accorto, musirato, riflessivo, buon conoscitore degli uomini, delle loro qualità e dei loro difetti.

   Facile alle pronte simpatie e antipatie, capace di sacrifici per gli amici, è tenace nelle inimicizie e negli odi.

   E’ coraggioso e audace; ha qualità organizzatrici, è capace di determinazioni pronte; ma non altrettanto tenace nelle convinzioni e nei propositi.

   E’ ambiziosissimo. E’ animato dalla convinzione di rappresentare una notevole forza nei destini d’Italia ed è deciso a farla valere. E’ uomo che non si rassegna a posti di secondo ordine. Vuole primeggiare e dominare.

   Nel socialismo ufficiale salì rapidamente da oscure origini a posizione eminente. Prima della Guerra fu il direttore ideale dell’Avanti!, il giornale che guida tutti i socialisti. In quel campo fu molto apprezzato e molto amato. Qualcuno dei suoi antichi compagni e ammiratori confessa amcor oggi che nessuno meglio di lui  seppe comprendere e interpretare l’anima del proletariato, il quale vide con dolore il suo tradimento (apostasia) quando nel giro di poche settimane da apostolo sincero e appassionato della neutralità assoluta divenne apostolo sincero e appassionato dell’intervento in guerra.

   Io non credo che questo fu determianto da calcoli di interese o di lucro.

   Quanta parte poi, delle sue convinzioni socialiste, che non ha mai pubblicamente rinnegato, si sia sperduta nelle transazioni finanziarie indispensabili a continuar la lotta tramite Il Popolo d’Italia, il nuovo giornale da lui fondato, nel contatto con uomini e correnti di diversa fede, nell’attrito con gli antichi compagni, sotto la costante pressione dell’odio indomabile, della acida malevolenza, delle accuse, degli insulti, delle calunnie incessanti da parte dei suoi antichi seguaci, è impossibile stabilirlo. Ma se queste segrete alterazioni si sono verificate, inghiottite nell’ombra delle cose più prossime, Mussolini non lo lascerà mai trasparire e vorrà sempre sembrare, s’illuderà forse sempre di essere, socialista.

   Questa, secondo le mie indagini, la figura morale dell’uomo, in contrasto con l’opinione dei suoi antiche compagni di fede e adepti.

   Ciò detto, se una persona di alta autorità e intelligenza saprà trovare nelle sue caratteristiche psicologiche il punto di minor resistenza, se saprà innanzitutto essergli simpatico e insinuarsi nel suo animo, se saprà dimostrargli quale sia il vero interesse dell’Italia (perché io credo nel suo patriottismo), se con molto tatto gli offrirà i fondi indispensabili per l’azione politica concordata, senza dare l’impressione di un volgare addomesticamento, il Mussolini si lascerà a poco a poco conquistare.

   Ma col suo temperamento non si potrà mai avere la certezza che, a una svolta della strada, lui non dedfezioni. E’, come si è detto, un emotivo e un impulsivo.

   Cerrto che in campo avversario Mussolini, uomo di pensiero e di azione, oratore persuasivo e vivace, potrebbe diventare un condottiero, un picchiatore temibile.”

   In questo rapporto, a parte evidenti contraddizioni (per esempio all’inizo della relazione egli non è un oratore, alla fine lo diventa, e pure persuasivo e vivace) la figura del futuro Duce appare ben delineata e correttamente colta in ognuno di quelli che in seguito si riveleranno gli aspetti predominante della sua personalità.

  Passo dunque a leggere e a riflettere. Alla fine della lunga operazione azzarderò, in sede di consuntivo, una il più precisa possibile valutazione. Sono fiducioso che l’informazione, la bravura di narratore e il disincanto di Antonio Scurati me ne offriranno l’opportunità.

______________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

  

 

 

 
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Ricomincio da quattro. Musica 'scordata'. Papini, Diario giovanile. Viaggio nello Harz, fine

Post n°1016 pubblicato il 16 Settembre 2019 da giuliosforza

 

Post 937

   Sono appena tornato dalla scuola elementare di via Vittorio Mezzogiorno, dove sono andato ad attendere la riapertura. Festa di voci e di colori. Festa di Vita. Le mamme della nuova generazione sono quasi tutte belle slanciate, alte quanto e più di me. Pochi e trasandati i papà, pochissimi i nonni, fra i quali ho la ventura di essere ancora io. I bimbi garriscono e si rincorrono come uccelli appena volati dal nido. Io sono commosso. Solo il mio nipotino è triste, baciandolo per rincuorarlo gli dico se mi accetta come suo compagno in quarta elementare. Ricomincio da quattro. Della scuola ho scritto tanto, soprattutto male. Qualcuno ha anche ripreso qualche mio concetto, come è evidente nella foto che ripubblico. Oggi non so cosa scriverei. Me la cavo gridando: aboliamo le scuole, viva la scuola!

*

   Iniziata la rilettura del diario e degli scritti giovanili (1899-1904) di Giovanni Papini (Firenze 1881), che fu il modello segreto dei miei inquieti anni giovanili: il periodo della formazione, del desiderio insaziabile di conoscenza, dello studio frenetico, della corsa sfrenata da un campo dello scibile all’altro, della speranza e della disperazione, dell’ottimismo e del pessimismo sistematici. Nulla contenta, nulla placa il giovane ‘scapigliato’, tutte le biblioteche sono sue, tutti i cenacoli, tutti gli incontri. Annota il 7 novembre del ’99: ­­­

   “Da oggi deve cominciare per me una nuova vita. Debbo rifare interamente la mia cultura. Uscito dalle scuole ove si vegeta, debbo imparare. Forse è tardi, ma non è inutile tentare. Il mio bilancio intellettuale è presto fatto: Io so poco di tutto. Non ch­e nozioni vaghe, spezzate. Certi domini d’erudizione mi son familiari mentre mi mancano delle cognizioni elementari. Bisogna che io riordini quel che posseggo, colmi le lacune, spesso vergognose, della mia cultura. Io studierò:

   Lingue – latino tedesco inglese.

   Storia universale, civile e letteraria

   Filosofia

   Oggi comincio: speriamo che la costanza mi regga.

   Sono andato a scuola per ricominciare il tirocinio ma il Bruni, il direttore, era malato e così mi sono potuto recare in biblioteca a continuare il riassunto del Tichon. Ci Ho trovato il Bendini, che non fa niente ma è vestito più elegante del solito ed è insieme con un uomo dalla faccia sospetta; ci ho trovato il Bruni che  seguita il suo studio su gli Ari e gli Italici seguendo il Sergi; il Mori legge l’Ardigò e seguita a lavorare per il suo articolo. Sono uscito con lui e mi ha parlato a lungo e melanconicamente della camorra ipocrita che impera all’Università e della mancanza di carattere e di senso morale nei giovani che pur di farsi strada abiurano ogni principio politico, morale e altro che sia. Fra l’altro è stato fatto libero docente di filosofia un giovine, Melli, che ha dell’ingegno ma non ha fatto mai nulla. Il Mori, che ha letto appunto ora  Morale dei positivisti dell’Ardigò, è attristato dallo spettacolo turpe di una generazione così fiacca, ipocrita e immorale e si sfoga a dire male dei letterati che sono, egli dice con ragione, la peggior genia che esista sulla terra. Mi avveggo con piacere che egli non è più l’amabile scettico del tempo addietro e che un giorno converrà con me nell’abbraccio del pessimismo assoluto”.

   Il rilievo è mio.

   Oggi non è più così. Le cose, soprattutto per quanto si riferisce al malcostume universitario, oggi sono cambiate. In peggio, assai in peggio. Così mi suggerisce una vocina maligna.

 

*

   Il pomeriggio del 10 settembre era giorno della votazione al Senato per la fiducia al Conti Due, ed io, immemore, ebbi la malaugurata idea di recarmi in taxi a Piazza Navona, adiacente a Palazzo Madama, per un concerto di flauto e chitarra dal nome curioso, che mi aveva …incuriosito: La musica ‘scordata’ dell’Ottocento. Non immaginerete mai il servizio di polizia e di CC predisposto dalla nuova dirigenza dell’Esquilino e dell’Arma: pattuglie in ogni angolo, mitra spianati, impugnati da agenti e militi di ambo i sessi in assetto di guerra. Mancavano solo i carri armati e avrebbe potuto pensarsi a un colpo di stato. Ma forse un colpo di stato era davvero in atto, un colpo di stato soft in apparenza, teleguidato da Bruxelles, Washington, Vaticano. Ho osservato il cielo per scorgere eventuali droni: non ne ho visti, a meno che tra le caratteristiche dei più moderni non ci sia anche l’invisibilità, che è ragionevole ipotesi…. Ma avevo promesso di non interessarmi più alle vicende politiche in corso nel Bel Paese e invece ci sto ricascando. Recedo.

   Ero dunque andato per un concerto da godermi nella bella  sacrestia borrominiana di Sant’Agnese in Agone. La piazza, che non visitavo più da molto tempo, m’apparve finalmente ripulita di cose e di gente. Le fontane finalmente protagoniste. Persino l’esercito dei colombi (merito o colpa  dei gabbiani?) sparito. Solo aperti caffè ristoranti gelaterie storici, quelli sì affollati ma finalmente di turisti pacati e composti. Sulla scalinata della Chiesa pochi i ragazzi, correttamente seduti e non stravaccati. E nessuna traccia della pletora di venditori ambulanti abusivi di paccottiglie, di cavalletti e di ritrattisti. Solo, ma in lontananza, proveniente da Via di Santa Maria dell’Anima (quante memorie! In un bell’appartamento di non ricordo quale stabile era negli anni Sessanta la sede della pacciardiana “Nuova Repubblica”, dove avvenivano i nostri incontri, le conferenze, i dibattiti, moderati da personaggi indimenticabili: l’occhiazzurri Randolfo, il pacatissimo Giano Accame, il paffutello e serafico, acuto nelle  analisi e simpatico nel linguaggio un poco  bleso (don) Baget Bozzo, accademici vicini e non alle proposte del Movimento etc etc…) un suono di fisarmonica  che non  disturbava il quasi silenzio della piazza ove era di nuovo possibile ascoltare, oltre a quelli in pietra, gli sfottò orali berniniani al povero Borromini già presago della spada sulla quale avrebbe fatto harakiri…

   Ma ora del concerto, rientrante nel programma Experience Italian Music Concerts (ah questa provinciale mania anglofona!) previsto dal 23 aprile al 17 dicembre e comprendente una ricca gamma di musica classica e moderna, sacra e profana (ma non è ogni grande musica per se stessa sacra?): due solo pianistici, per il resto  duo di fisarmonica e violoncello, violoncello e pianoforte, violino e chitarra, trio di flauto chitarra e soprano, duo di violino e pianoforte, duo di flauto e chitarra, duo di mezzo soprano e chitarra, duo di oboe e pianoforte, un Ensemble corale di archi Fiati e voci, un duo di violoncello e pianoforte. Sala semivuota. Atmosfera mistica. Ottima acustica. Gli autori “scordati” e recuperati da Yuri Ciccarese (mobilità esagerata) flauto e Maria Ivana Oliva (esagerata staticità) chitarra, sono Carulli, Giuliani, Paisiello, Ghini, Paganini in brani dimenticati o raramente eseguiti. Le note giungono gradite al mio orecchio semichiuso, ho un’ora di tempo per riflettere ai miei casi esistenziali con delicato accompagnamento musicale. Per questo, solo per questo, ritengo non buttati i venti euro. All’uscita solita ricerca frenetica di un taxi. Autista in un primo momento riluttante: ritiene, incredibile auditu, il percorso eccessivo. Pagamento in bankomat su un aggeggetto che non dà ricevuta. Ho scritto in fronte giocondo.

 

*

Depongo Harzreise con dispiacere. Questo che è forse il capolavoro di Heine mi lascia nell’animo una grande nostalgia per quella Turingia nella quale in precedenti vite fui famulo di Bach a Lipsia, di Novalis a Weissenwels, di Hegel Fichte Schelling a Jena, di Schiller Herder e Goethe a Weimar e di tutti quanti quella beata terra allietarono e nobilitarono. Solo Gottinga col suo diritto forse mi fu estranea, Gottinga così tanto ironizzata da Heinrich. Ma tanto rimpianta. Forse ha ragione il Magris della prefazione: “Il viaggio di Heine, così pieno di amore per l’esistenza e della natura, si snoda fra la carta e la vita; fra la mappa che copre il mondo, con la sua arzigogolata, meticolosa e puntigliosa varietà garantita dalla precisione giuridica, e l’accidentata, variegata e irregolare superficie della vita vita stessa coperta da quella mappa…”. E ragione anche  mi pare abbia, seppur non in tutto, Maria Carolina Foi curatrice: “Il viaggio nello Harz, la più fortunata e popolare delle prose heiniane, è tutt’altro che un frammento, un’opera incompiuta. La conclusione mancante non riguarda il viaggio essoterico. Ciò che Heine meschinamente tace è il proprio, personale bilancio del viaggio esoterico: la consapevolezza che l’esperimento della Bergidylle  è stato un fallimentare compromesso fra i nuovi diritti e l’antica poesia. Attentissimo critico dei propri scritti, Heine comprende che insistendo su quella strada sarebbe finito incappato nelle secche della poesia di Uhland, uno dei suoi modelli giovanili, ai quali più tardi rimprovererà ‘di aver fatto scuocere’ il Volkslied ‘per renderlo disponibile al pubblico moderno’. Heine ha forse capito meglio di chiunque altro l’equivoco, o l’illusione, dei poeti romantici che riprendendo cadenze popolareggianti speravano di poter attingere con la loro lirica alla sotterranea corrente collettiva della poesia popolare. Ma, dall’esilio parigino, non ha potuto non ricordare, sfogliando il Corno magico del fanciullo, anche la propria fascinazione per quella tradizione indissolubilmente legata, come lo era la sua stessa poesia, alla patria tedesca:

   “In questo momento il libro è qui davanti a me, e mi par di sentire il profumo dei tigli tedeschi. Il tiglio, infatti, v’ha una parte fondamentale: alla sua ombra si baciano, di sera, gli amanti; è il loro albero preferito forse perché la foglia del tiglio ha la forma di un cuore umano. Questa osservazione fu fatta un giorno da un poeta tedesco che mi è molto caro – cioè da me”.

______________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 
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Vicende politiche ed altro

Post n°1015 pubblicato il 10 Settembre 2019 da giuliosforza

Post 936

 

   Risveglio, sereno e melanconico insieme, con Gustav Mahler (Lieder einer fahrenden Gesellen) e Richard Strauss (Till Eugenspigels lustige Streiche), di cui si celebra il settantesimo della morte. I due  tardoromantici a me sì cari mi  tengono compagnia per una lunga ora coi canti d’amore e di dolore d’un passeggiatore solitario confidati a una natura indifferente, e le birichinate esilaranti del giamburrasca tedesco. Grazie a Gustav e a  Richard suonano a festa oggi, di prima mattina, le campane del mio cuore.

 *  

   Alla festicciola del mio compleanno, dopo lo spegnimento delle due candeline, le mie figlie, i miei nipoti, i miei generi si sono benignamente prestati a brindare, anziché col solito Happy Birthday che odio, con la declamazione del Chàirete Dàimones (con l'aggiunta di tou pappou, del nonno) e del Namastè, stampati in ricchi caratteri a colori sul dritto e sul retro della maglietta donatemi anni addietro dalle miei allieve a dai miei allievi dell'IPU che hanno allietato e rasserenato i miei ultimi anni di insegnamento dopo il pensionamento dall'Università di Roma Tre. Ai miei cari si univano (ne avvertivo la presenza) tutti gli Amici, che vivamente ringrazio per la loro affettuosa partecipazione al mio 86° genetliaco che il più piccolo e birbone dei miei nipoti, Jacopo, ha invertito in...68°. Quod velint di!  

   * 

   Chi non conosce i Mephisto Walzer di Liszt, così mefistofelicamente, genialmente, ironici? Ad essi si ispira nel titolo una rubrichetta redazionale settimanale del Sole 24 Ore domenicale che fa molto sorridere ma anche molto pensare. La rubrichetta non ha firma. Questa volta si intitola Rousseau e il cavallo binario, il suo argomento è attualissimo (come un altro di Sergio Fabbrini, esposto in prima pagina politica, dai cui contenuti completamente dissento, sul Conte Due, e che - servilistica ‘genuflessioncella d’uso?’- titola “Un governo europeo, non fatto in Europa”). La rubrichetta che fa sorridere e pensare, e con la quale una tantum consento in toto (tranne che nel fanfalucche con doppia c) oltre che esser breve è assai densa e culturalmente ben fondata. La riporto integralmente, nella speranza che piaccia anche a voi, come è piaciuta a me.

   “Rousseau e il cavallo binario.

   “Nella formazione del nuovo Governo il grande successo mediatico l’ha ottenuto la piattaforma Rousseau. Al di là del merito sostanziale di Renzi che, complice Grillo, con un sulfureo colpo di coda se l’è inventata. E senza che, incredibile auditu, nessun tarantolato del PD si mettesse di traverso. Rousseau è forse sconosciuto ai più degli 80mila che hanno votato, in gran parte dotati di un Q.I. analogo a quello di chi cade sulle domande più elementari di un quiz tv. Chissà se l’abile Casaleggio avrà fornito loro una preventiva quick reference, per informarli che Rousseau, filosofo e musicista ginevrino (1712-1778), fu con Voltaire tra i primi a sviluppare l’ideale illuminista del “sapere aude”, firmato Kant: osare far valere la propria intelligenza, e non credere a fede, miti, leggende. Tutte fanfalucche del passato. Tra i due fu subito dissidio, umano e intellettuale. Voltaire (1694-1778) laico e pieno di ironia, anticlericale al punto di addebitare al Padreterno la strage - dopo il terrificante terremoto che distrusse Lisbona, “mentre Parigi balla” (1755) - accusò con un celebre pamphlet Leibniz, convinto di vivere “nel migliore dei mondi possibili” (Teodicea) e difese la necessità di un sovrano illuminato e colto. Al contrario Rousseau credeva nella sovranità del popolo (Contratto Sociale) e nella forza della natura bruta, tout court. Mentre Montesquieu predicava quella separazione dei poteri, tra legislativo, esecutivo, giudiziario (Lo spirito delle leggi, 1768) ancor oggi non raggiunta. E intanto mirava a una monarchia costituzionale. A fronte di tanto pensiero, che dire della nascita di un governo decisa da un sondaggio incostituzionale e irrituale, al quale i vertici del Paese si sono di fatto affidati? Se invece di dire sì gli 80mila avessero detto no, cosa sarebbe successo? Diabolica domanda binaria: tertium non datur. Simile in tutto alla mente del cavallo, che sceglie sempre in modo duale: salto oppure no. Giro a sinistra o giro dritto. Disarcionando a volte anche il miglior cavaliere. Rassegniamoci a vivere nella semplificazione comunicativa più assoluta, col solo vantaggio di annullare ogni ridondanza. Ma allora, perché non creare una piattaforma Voltaire, a bilanciare la Rousseau? Il diavolo solo lo sa, semel in anno licet insanire”.  

  * 

 

    Dal giorno del mio ultimo post parecchie vicissitudini, personali e non, si sono accavallate: fra le altre la perdita irrecuperabile di molti documenti, che non avevo avuto l’accortezza di salvare, dal mio ordinateur (oggi mi piace dare soddisfazione agli amici francesi che rivendicano giustamente al genio pascaliano l'intuizione prima di questo benedetto aggeggio che ci complica e semplifica la vita) andato in tilt. Ma le vicende politiche italiche soprattutto hanno occupato l’interesse dei media (latinamente detto), e ad esse io stesso sono stato, seppur saltuariamente, obbligato a prestare attenzione. Ne son seguite delle polemicucce fra me e alcuni miei vivaci amici di fb, fra i quali Leandro Teodori, il più critico, Adelmo Sforza e Augusto Cara ho scelto a rappresentarli. Ho omesso naturalmente i commenti positivi, non sempre frutto di una precisa coscienza critica.   

 Io

   Conte e il suo governo: resa vigliacca e incondizionata alla Merkel, a Trump e, dulcis in fundo, meglio in cauda venenum, a Bergoglio. Realpolitik? Ciò non attenua il mio senso di vergogna e di schifo.

 Augusto Cara 

 

   Altri governi in passato, ci hanno fatto vergognare di più, per alcuni, vergogna è addirittura un eufemismo. Con tutto il rispetto e l'amore che posso.

 Adelmo Sforza 

 

    Il pieno della vergogna era piuttosto il precedente, con un seminatore di odio e zizzania attivo 24h/24, 7 giorni su 7!

 Io

    ...Che la vostra insania politica riporterà presto al governo. Parola di anarchico. Ci penserà la ‘vesana plebs’.

  Leandro Teodori

   Bravo Giulio. A parte la resa ai c.d "poteri forti" europei, tutta da dimostrare (confondete le opinioni con la realtà) che cos'era meglio? I pieni poteri a Salvini? La libertà di ammazzare (finendo poi in galera)? La flat tax (che preleva dai redditi bassi per regalare soldi a quelli alti)? Il reato di soccorso in mare, contrario a tutte le leggi internazionali, all'umanità (dall'antichità classica ad oggi, dove alla "Mater deorum" protettrice dei naviganti si va alle molte "madonne di porto salvo", sparse in tutto il meridione) e alla dignità umana? Volete a tutti i costi che, sotto varie forme, ritorni il Nazismo? Mi meraviglio di te, Giulio! Ho sempre pensato, a torto evidentemente, che le persone colte, di qualsiasi opinione politica siano, cerchino la verità. Guarda, a scanso di equivoci, anch'io sono contrario a un governo "costi quel che costi", sia perché il PD non è mai stato il mio partito, sia, e soprattutto, perché i 5S, a dispetto di alcuni loro "punti" condivisibili, hanno condiviso 14 mesi di governo con quella merda di Salvini, e lo rivendicano. Quindi, o vengono a miti consigli, magari influenzando anche positivamente il PD e rinunciando alle leggi più efferate approvate con la Lega, o per me possono andare anche a quel paese. E se poi le plebe mal vissuta (e abbandonata ahimè dalla Sinistra) manderà al potere Salvini, amen. Vorrà dire che lo combatteremo a viso aperto. In questo la penso un po' come Calenda.

 Io

 

   Caro il mio Leandro. Non so se io sia una persona colta o no, ma so che una persona autenticamente colta non cerca dogmaticamente una verità su cui accomodarsi, ma delle ipotesi via via da verficare e da contestare. Santo relativismo. Non per nulla dopo che ...'sforziano’' sono nicciano!

  Leandro Teodori 

 

   Sono d'accordo sul principio, solo che mi sembra di percepire un certo appiattimento sulle varie vulgate propalate da Salvini e dalle migliaia di finti account che gli fanno da grancassa. Ma forse è un'impressione errata.  Inizio modulo

    Ed io in barba a Merkel Trump Bergoglio Mattarella Conte Di Maio Zingaretti Salvini e alle loro ciurme mi tuffo con Isotta nell'oceano dell'Amore-Morte (Wagner, 'Tristano e Isotta', dalle 10 su rai5): "Nel flusso ondeggiante / nell'armonia risonante / nello spirante universo/ del respiro del mondo - annegare, / inabissarmi / senza coscienza / suprema voluttà!".

 

   Chiudo qui con la mia del resto inusuale parentesi 'politica'. Io mi muovo sul piano filosofico, alcuni dei miei amici si muovono su quello 'ideologico', che suona 'dogmatico'. Tra i due piani non può darsi comunicazione. Amici come prima, se possibile, ma bando agli insulti e alle coprolalie. E chàirete, sempre, dàimones! Chàirete xènoi!

*

   Da ormai quasi cento anni uno spettro si aggira per l’Europa, soprattutto per l’Italia: lo spettro del Fascismo, reale o immaginario, in ogni occasione evocato e agitato da storici, politici, sociologi, romanzieri, cineasti, commediografi; un fascismo reale o inventato, storico o di fantasia, quale serbatoio inesauribile ove attingere a piene mani e di cui lautamente nutrirsi; che bisogna quindi tener vivo, ad ogni costo, perché noi si viva. Io, che ho quasi cent’anni e che il Fascismo ho respirato negli anni più delicati e ricettivi  della vita di un uomo (l’infanzia, la fanciullezza, la prima adolescenza); che l’ho bevuto, posso ben dirlo, col latte di mia madre, io non ne posso proprio più. Possibile che i pennisti (altra parola non so inventarmi in luogo di quella offensiva che mi verrebbe da scrivere, pennaioli se non pennivendoli) di casa nostra non trovino qualcosa di nuovo su cui esercitarsi, qualcosa di nuovo su cui reinventarsi, qualcosa di nuovo di cui alimentarsi? O davvero il Fascismo è una categoria dello Spirito eterna ed immutabile (ma nella teoria hegeliana del farsi perenne dello Spirito, nel processo dell’Idea, nulla è immutabile, tutto su se medesimo concresce, tutto si autopone e nell’atto stesso dell’autoporsi si supera e si rinnova in un perenne processo di Aufhebung); o è così meschino e così povero il nostro tempo da non aver altro, i pennisti, su cui esercitare la propria energia creativa, ri-flettere (come ‘chinar la mente’, genu-flettersi). pro-gettare (come iacěre, gettar la propria anima oltre l’ostacolo)? Mai dimenticare, è lo slogan dei pennisti. D’accordo, ma purché non sia l’alibi del non pensare (pensieri nuovi, quelli che rinnovano la faccia della terra) e del non fare (il fare del fiat, quello che manet, sì, in aeternum, ma sempre nova facit omnia). Basta con ‘fascismo’, un parola ormai lisa che non significa più niente e significa tutto, e, soprattutto, serve a confondere le idee quando non a coprire ogni tipo di prevaricazione.

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   Non chiedetemi ulteriori opinioni sulla situazione politica italiana. Non so chi frega chi per disposizione di chi. Franco-tedeschi, americani, vaticani? A quali giornali credere? Ma ai giornali arriva la verità? A quali?

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Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 
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