Un blog creato da rouge57 il 14/05/2006

Disparenze

Psicoterapia e analisi per trovare o costruire ciò che c'è o ci può essere al di là dell'apparenza ...

 
 
 
 
 
 

Dott. Alessandro Floris

MEDICO

Specialista in Psicoterapia e Allergologia

Relazioni Umane



Studio privato, riceve per appuntamento a Cagliari, Capoterra, Iglesias, Sant'Antioco

Tel. 3284251313

 
 
 
 
 
 
 

UNITA' E PROFONDITA'

C'è un desiderio di unità profonda.. unità vera.. insondabile unità.. unità già presente da sempre.. già prima forse della nostra vita .. pensiero che precede tale unità.. unità che si realizza però lungo le strade del mondo .. e soltanto nella libertà.. libertà che può spezzare quella unità.. Questo è il destino dell'uomo e della donna, il loro cammino per le strade della storia. quando si toccano quelle corde, dentro la nostra umanità che procede scalza ferendosi ad ogni incrocio di strada dissestata, non resta che piangere al pensiero di poterla perdere e piangere nel gioire di averla ritrovata quella unità (A.C.G.)

(COMMENTO AL POST N. 227)
 
 
 
 
 
 
 

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R A D I C I

Sarda Mater

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Roccia di granito,
forte il legame con la madre terra,
calda col sole, salda nella tempesta.
Roccia di granito,
stabile emozione, accogliente riparo,
sorgente di energia, ruvida bellezza.

 
 
 
 
 
 
 

ACQUA

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... prendere la vita con calma.
Così, magari,
arrivo anche
in anticipo!

http://digilander.libero.it/somatopsichica/

 
 
 
 
 
 
 

Parliamo di Trager con Piermario Clara (http://www.spaziopmr.it/, Torino)

Quando si dà risposta a dei bisogni,
si inizia ad essere percepiti

... Io posso sentire i bisogni di qualcuno solo se ho disponibilità e apertura a recepirli. Coscienza e attenzione. Vale per me, innanzitutto: se presto attenzione ai miei bisogni e riconosco la loro esistenza, già riconosco che io esisto. Basta che mi stia ad ascoltare. Se dò una risposta e agisco, riconosco l'importanza di ciò che ho percepito di me. Allora mi copro se ho freddo, mangio se ho fame, scappo o mi difendo se mi sento in pericolo, abbraccio qualcun altro che mi attrae... Riconosco che io sono importante per me.
  Le sensazioni che provo sono tutte frutto di una relazione di me con qualche parte di me o con un oggetto esterno a me, rilevate e portate a coscienza dal mio sistema nervoso: sento morbido un cuscino (più delle mie dita), duro il cemento (più delle mie ossa), calda la teiera (più della mia temperatura corporea), accecante il sole (più del buio che vedo a occhi chiusi), tenue l'Adagio di Albinoni (ma il suo livello copre già il suono del mio respiro)...
Sento un'altra persona e le informazioni che questa mi fa arrivare. Se le decodifico con attenzione, queste possono dirmi molto dei suoi bisogni.
Anche qui, basta che stia ad ascoltare che cosa io sento (attenzione, sono sensazioni fisiche, non “lettura del pensiero” o “proiezioni”!).
E se una risposta mi sorge e interagisco, do' riconoscimento a chi queste mie sensazioni ha generato. Così riconosco l'altro, riconosco la sua esistenza.
A fronte di una risposta che accoglie il proprio bisogno la persona si sente vista e presa in considerazione e orienta anche la sua attenzione al di fuori di sé, su chi l'ha vista! Di conseguenza, anch'io sono percepito da lei.
Perciò io divento importante per lei, in quel momento.
Se, in ogni relazione interpersonale che vivo (da quella con i miei familiari a quella con un'impiegata alle Poste), mantengo i sensi all'erta a 360°, selettivamente posso anche cogliere il bisogno di Trager di ogni persona che incontro: apertura, spazio, leggerezza, facilità di movimento, per alcune anche di tocco e contatto fisico...
E io posso dare una risposta a questo bisogno di Trager: so quali benefici ha prodotto in me - lo testimonio già nella coscienza di essere in ogni momento nella mia miglior postura possibile - e, rivolgendomi all'altro e dandogli una risposta Trager, questi mi percepisce, mi riconosce e si ricorderà di me come di quello con i movimenti sciolti, col sorriso facile e che ha capito (finalmente qualcuno!!!) di cosa lui aveva bisogno.

 
 
 
 
 
 
 

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La vita è quella che è

Post n°286 pubblicato il 21 Maggio 2009 da rouge57
Foto di rouge57

di Anna Fata

Quante volte mi capita di ascoltare il senso d’insoddisfazione delle Persone: “Mi manca questo, questo e quest’altro ancora”. A cui poi, altrettanto di frequente, s’accompagna il vissuto di mancata realizzazione di sé, e, per forza di cose, anche del Sé.
Quante volte mi chiedo il perché di tante corse, fughe, accantonamenti di se stessi, dei propri messaggi di vita. Quanta scomodità si cela nel dover prendere atto che tutto quel che abbiamo modellato e costruito fino a quel momento e a cui ci siamo aggrappati e, peggio ancora, identificati, non ci corrisponde più.
Un bel colpo. Che richiede incessantemente di ricominciare da capo. E arrivare così a quella che di fatto è l’Essenza che caratterizza ogni istante di Vita. Nessuna certezza, nulla di definito una volta per tutte, ogni istante è un mondo a sé.
Quanta delicatezza, quanta vulnerabilità e forza al tempo stesso sono sottese alla capacità di fermarsi, stare e so-sostare nella Vita. E non necessariamente questo coincide sempre con l’immobilità fisica. Saper agire, emozionarsi, muoversi, e restare nel profondo in connessione sospesa e silenziosa con sé, Sé e il mondo di cui si è parte è ben praticabile.
Che poi, di fatto, è anche l’essenza della Pratica Meditativa. Già, siamo dei Praticanti, tutti noi, anche senza saperlo. Il bello viene quando ne diveniamo coscienti. E cominciamo a giocare con questi vissuti e sensazioni che s’affacciano. Che spasso osservare se stessi con un pizzico di distacco: ci si rende conto di quanto, talvolta, ci rendiamo ridicoli ai nostri occhi! Perché lo facciamo?
Per lo più per essere accettati. Quanto dolore proverebbe quel piccolo Orfano – Archetipo che caratterizza ciascuno di noi, a livello individuale e collettivo – di fronte all’ennesimo abbandono.
E, allora ci camuffiamo: indossiamo abiti che ci costringono, proferiamo parole che pensiamo, ma non sentiamo, svolgiamo lavori che ci danno prestigio e denaro, ma scarsa realizzazione delle potenzialità, frequentiamo luoghi solo perché sono di moda. E, peggio, assai di frequente si arriva a tal punto ad immedesimarsi in questa rappresentazione che finiamo col crederci! C’illudiamo che quella sia la nostra vera essenza.
Ma, talvolta, come un alito di vento può increspare la superficie del mare, oppure, rinforzandosi, può ribaltare le imbarcazioni, un evento esterno, piccolo o grande che sia, ci risveglia, ci aiuta a vedere come sono più propriamente le cose. E lì, immancabilmente, il castello di sabbia s’affossa.
Tutto sommato, nonostante lo sbigottimento e il dolore iniziali, è una liberazione.
Liberazione, finalmente, d’essere se stessi, d’esprimersi per quel che si è, di fare quel che ci si sente, in linea con la propria natura più profonda. E anche laddove qualcosa in superficie non s’accorda alla nostra natura si accetta con quella serenità profonda che ci fa sentire che questa non intacca in alcun modo la nostra natura più intima.
Ma per arrivare a questa consapevolezza e accettazione, occorre un percorso, che è unico per ciascuno di noi, pur con elementi comuni alla collettività. Un percorso che passa attraverso la profondità per scaturire in una rinnovata leggerezza, in un abbandono di pesi e gravami che spesso ottundono la vita, che c’impediscono di viverla per quella che è: complessa, ma non complicata, leggera, ma non superficiale, ironica, ma non sarcastica.

 
 
 
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... un paziente può utilizzare la psicoanalisi per ottenere ... un grado di integrazione, di socializzazione e di scoperta di sé cui non sarebbe arrivato da solo. (Donald W. Winnicot)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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"So di aver dato fiducia e forza a molte persone che mi hanno avvicinato nel mio ruolo ... e so quanto io stesso sia fragile e quanto aiuto abbia cercato in famiglia, da mia moglie e dai miei figli, e dagli altri dl di fuori della famiglia. Se sono ... un buon marito, padre, amico o semplice conoscente lo devo in massima partealla mia paura, alla mia insicurezza che mi portavano a capire gli altri con la modestia di chi sa di non avere doti particolari se non quelle di un uomo che ha cercato sempre di camminare senza fare molto rumore, e di aiutare, semmai, senza la convinzione di poterlo fare. Ho amato la debolezza e la fragilità ..., poiché avevo consapevolezza di quanto io stesso fossi debole e fragile. Sono pieno di dubbi, ma il dubbio non impedisce di aiutare: si può capire come aiutare se si sente la necessità dell'aiuto". (corsivo di Vittorino Andreol, tratto LETTERA ALLA TUA FAMIGLIA, ed. Rizzolii, modifiche in stampatello mie) 

 
 
 
 
 
 
 

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