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Capisco che il nome del blog potrebbe trarre in inganno, ma qui non troverete il supporto psichiatrico che andate cercando.
Cordialmente,
Elettrikamente,
EleP.
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AMARE E ODIARE L'ESTATE
Post n°290 pubblicato il 13 Luglio 2019 da ElettrikaPsike
Bastava l’avvento della notte, con tutte quelle stelle in festa, le luci delle barche sul mare, a cancellare ogni malinconia, a restituirmi all’interminabile felicità dell’estate. (Michele Serra)
Flaiano scriveva che alla fine non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca e la primavera la invidia, tentando puerilmente di guastarla. Fatta eccezione per la primavera - sono sinceramente convinta anche io che sia una fata verde piuttosto narcisista e un po' invidiosa - rispetto alle altre stagioni, però, e soprattutto al mio desiderato autunno, non posso dire di ritrovarmi in lui. Sì, è vero, l'estate è stata - e talvolta sa essere ancora - una bella donna in festa; ma in troppe altre occasioni è un artificioso bagatto che esaspera colori e profumi mentre il grido delle cicale (se e quando ancora ci sono) trafigge l'aria afosa, nemmeno fosse un ago al lavoro sopra un panno troppo spesso. E su questo Yukio Mishima aveva una indiscutibile ragione... Così, di quelle tante estati un po' sdrucite e un po' macchiate, resta sempre forte il crepitio dei brutti dolori folgorati sulla graticola appesa al miasma della vita. Ed alcune di quelle estati, davvero, hanno ormai assunto nella memoria un colore unico. C'è, però, sempre il desiderio, e con lui la speranza, a portare nuovo stupore, ricomparendoci tra lo stomaco e il cuore proprio quando, invisibili e sonnecchianti, li credevano davvero troppo lontani. E dunque diventa sufficiente una parola, uno sguardo posato sulla lucentezza di un colore fresco ed un sapore che ti ricompone l'anima nelle giuste dimensioni ed i sentimenti nelle giuste proporzioni di bellezza, perchè si riaccendano - improvvisi - l'incredulità e la gioia in un solo momento. C'è un'immagine in particolare che spiega bene l'incoscienza estatica del volto di ogni bella estate. E l'ha descritta Pavese.
A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e attraversare la strada, per diventare come matte, e tutto era bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravamo ancora che succedesse qualcosa, che scoppiasse un incendio, che in casa nascesse un bambino, o magari venisse giorno all’improvviso e tutta la gente uscisse in strada e si potesse continuare a camminare fino ai prati e fin dietro le colline.
Questo accade se e quando dentro di sè ci sono libertà, giovinezza e bellezza. Ed è solo questo trittico a farci essere innamorati (di nulla e di tutto, di nessuno e di noi stessi) facendoci desiderare di essere vivi. L'estate è bella se e quando è un libro pieno di speranza. Ed ecco perché, ora, esattamente come Sáenz, anche io posso dire che ho amato e odiato le estati. Perché anche quando mi hanno di molto deluso, ad un certo punto mi hanno sempre fatto tornare la voglia di crederci...
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