EROI E UOMINI

Tutto ciò che si acquisisce a fondamento di cultura arricchisce la vita e la matura

 

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IL TEMPO


Il tempo     
in groppa al vento    
corre

Le foglie son cadute       
mi vedo scheletro
come le piante

Avaro il sole   
sopraffatto da alterne piogge
e rischio di neve

San Martino   
non m’illuse. Da tempo
calpesto la terra
e vivo morendo

Se un orizzonte si aprisse     
col Sole negli occhi
e dentro l’anima
per sempre   (A. Ol.)

 

CUORE IMMOTO


E quando   
vampe colori geli tenerezze
saran vicende chiuse
e gli occhi spenti e il cuore immoto
nulla più nulla conterà
oltre gli arditi gesti e i baldanzosi passi
tra cielo e terra
se non li avrò siglati
col segno dell’eterno  (A.Ol.)
 

GIUDICARMI

Per giudicarmi ogni volta
cosa sono
cosa ero
cosa devo essere

La vita corre  
ma guai esserne travolto
come sotto l’urto di fiumana
come rottame di naufragio

Volere
lottare
vincere

O Dio con Te   (A. Ol.)

 

SUGGESTIONI

Chiamatele pure  
suggestioni di forme
e di novello stile

ma il sentimento è mio
linfa della mia pianta
fiore del mio cuore
stilla della mia fede

Io non rincorro il grido
che fa grandi i nomi
o i fosfomi di evocazioni vane

Credo e amo
soffro e credo
attendo sicuro  (A. Ol.)

 

CHI NON SA

Tanto meno uno sa        
quanto più crede di sapere; 
tanto più uno sa      
quantomeno crede di sapere.
Chi non sa   
cerchi di sapere;  
chi sa
faccia di sapere di più.

Buffo è l’ignorante    
che sdottoreggia;
amabile il sapiente
che parla in umiltà.  (A. Ol.)

 

CHI NON SA

Tanto meno uno sa        
quanto più crede di sapere; 
tanto più uno sa      
quantomeno crede di sapere.
Chi non sa   
cerchi di sapere;  
chi sa
faccia di sapere di più.

Buffo è l’ignorante    
che sdottoreggia;
amabile il sapiente
che parla in umiltà.  (A. Ol.)

 

COSA VERA

Nessuna cosa 
è subito vera

Bisogna che acqua passi     
tra salti e sassi
per esser chiara  (A. Ol.)

 

LE IDEE

La persona è una   
e le idee
quando sono verità
trovano nel cuore
il sole che le scalda  (A. Ol.)
 

NATURA D'INCANTO

Quale incanto da piccolo la sera   
il concerto dei grilli e i fanalini
delle lucciole oblique sulle siepi
mentre al mattino le campane
risvegliate dai pettoruti galli:
lo spirito in sospeso
(aveva un bel chiamare la mia mamma
per la povera cena o per la scuola).
E la pioggia su tegole sconnesse  
tastiera a molte mani
e il vento in frúscio tra le piante e l’erbe
e l’abbaiar dei cani. (A. Ol.)
 

PRIMAVERA

In primavera    
al ritorno delle rondini
mi perdevo pur io a ghirigoro
nel sole e nell’azzurro
e dentro i prati verdi mi pareva
sentire aprirsi i fiori.
 

CONOSCENZA

Impegno ogni risorsa di natura    
a indagare, ma non basta.
Son come risucchiato in un gorgo    
profondo, dove - negato a ogni via
d’uscita (carrozzone piombato) –
non mi sarà mai possibile risolvere
il problema della vita, senza il ricorso
a una realtà trascendente.  (A. Ol.)
 

CULTURA

Tutto ciò che si acquisisce     
a fondamento di cultura   
arricchisce la vita e la matura
(A. Ol.)
 

VENTO

Oggi c’è vento  
e il freddo cielo  
sembra addolcirsi a primavera

Ma nella sera    
tornan le nubi e spengono   
desideri di fiori

acute speranze
contro fermi ritmi di stagione

c’è chi presiede e sa
qual è maggior bene

Io mi abbandono e credo     
felice se già tanto
consola le mie pene 

 

DON GIOVANNI TAMIETTI 1° DIRETTORE MANFREDINI

Il Collegio convitto Manfredini fu aperto il Novembre 1878, nel palazzo detto Ca' Pesaro, situato nella regione Torre di Este, e appunto ove la strada provinciale Este - Masi si incontra colla strada regionale Este - Montagnana Legnago. Ebbe il nome di Manfredini in ossequio a sua Ecc.za Mons. or Federico co. Manfredini , vescovo di Padova alla cui diocesi Este appartiene.
Il merito principale di questa situazione fu del M.o R. o D. Antonio Perin da Thiene, parroco in Este della parrocchia di S.a M.a delle Grazie. Esso mosso dal desiderio di arricchire questa città di un Collegio, ove si potesse avere una educazione veramente cristiana, tanto seppe instare presso il Sig. Dn Bosco da ottenere ch'egli aprisse questa nostra casa. Anzi aggiungendo al Collegio anche il Convitto (ed era necessario per la distanza che vi ha da Este) fu data comodità a quanti di questa provincia desiderano allevati cristianamente i propri figliuoli. [...]
(prof. sac. Giovanni Tamietti)

 

DON AGOSTINO PERIN PARROCO S.MARIA GRAZIE ESTE

Nel mese di Giugno [1878] fu all'Oratorio di San Francesco di Sales un degno ecclesiastico, Cooperatore Salesiano : era il M. Rev.do D. Agostino Perin, Parroco di Este. Colà lo moveva il vivo desiderio che dà molto tempo gli ardeva in petto di vedere nella sua parrocchia un Collegio-Convitto diretto dài Salesiani. Siccome i numerosi impegni già prima assuntici, non che le spese ed i gravami di tante opere in corso, formavano quale un monte di difficoltà non facile à superarsi; così il generoso uomo con uno slancio veramente edificante ci `disse : « Ebbene, mi promettano di venire fin di quest'anno, ed io farò per essi l'acquisto del locale. » Un atto di cotanta carità ci rapi l'animo, e lo giudicammo degno di essere assecondato. Pertanto accettammo il dono, e ci disponemmo a portare le povere nostre tende in quella città illustre.
Avuta la sospirata parola, lo zelante Sacerdote ritornò contento e giulivo ad Este, ove giunto, tanto s'ingegnò che, col fatto suo e coll'aiuto d i alcuni altri Cooperatori e benefiche persone, pose insieme la somma necessaria di comperare un grande ed ampio palazzo, capace di 200 convittori. Il Convitto fu aperto il 18 dell'or passato novembre, e porta il nome di Collegio Manfredini in ossequio a Monsignor Federico de' Marchesi Manfredini, Vescovo di Padova, nella cui diocesi si trova.
L'insegnamento abbraccia i1 corso elementare e ginnasiale, e viene impartito a norma dei programmi governativi da maestri e professori~ approvati. In quest' anno però saranno solamente attivate le quattro classi elementari e la prima ginnasiale.
La pensione è di L. 40 al mese. Le domande di ammissione si fanno al Sac. D. Agostino Perin, Parroco in Este, o al Direttore del Collegio Sacerdote Giovanni Tamietti, Dottore in lettere, oppure a D. Giovanni Bosco in Torino.
Fedelissimo alle sue promesse degnisi Iddio rimunerare col centuplo in questo mondo, e colla Vita Eterna nell'altro coloro tutti, che cooperarono all'impianto di questo nuovo Collegio; e nella sua misericordia renda pur questo per moltissimi giovanetti studiosi quale una scuola di virtù, ed un vivaio di buoni cristiani e probi cittadini.
(Bollettino Salesiano - Torino 1878)

 

MONS. FRANCESCO G. BRUGNARO - LA CULTURA ...

La vera cultura umana non può esaurirsi nella funzione di mediazione, di preparazione scientifica, nell'impegno fattuale; una cultura è in grado di rispondere e di maturare la potenzialità della persona solamente se s'interroga sui fini; se, invece, la problematizzazione del fine le è estraneo o le appartiene come uno dei valori, allora mancherà al suo obiettivo primario. Esso, proprio perché la cultura è in funzione della persona, consiste nel sottoporre le scelte al vaglio continuo della ragione, ed è quest'ultima a stabilire i criteri in base ai quali tendenze, desideri, impulsi e natura si ordinano.
Il metodo dell'intelligenza: domandare, vedere insieme, confrontare, ordinare, è l'unica garanzia nei confronti di culture unilaterali, ideologiche, totalitarie; l'intelligenza non tende all'esclusività, non ammette che qualcosa si perda. Se lo sviluppo storico della cultura, quasi sempre, non ci presenta come determinante l'aspetto di cui parliamo, la nostra esperienza, tuttavia, ci fa vedere con altrettanta chiarezza come diventino oscuri e tragici i momenti nei quali una cultura si trasforma da funzione, da descrizione, in obbligante valutazione, in cieco dover essere per altro.
(Prof. Francesco G. Brugnaro, Monografia Centenario Manfredini, 1978)

 

 

DEDICA DI DON MATTEO RIGONI

Post n°2 pubblicato il 14 Luglio 2008 da cliporpoint
 

Ai cari Amici ex Allievi dei Salesiani la narrazione in poche e povere parole degli ultimi quattro anni di vita del tenero comun Padre Dn. Bosco lento, ma mirabile tramonto in terra dell'astro più fulgido del secolo XIX
L'Autore


Prefazione

 Pio IX chiamava ai suoi tempi don Bosco "il più gran tesoro d'Italia", e il Ministro d'Italia Urbano Rattazzi contemporaneamente lo diceva "la più grande meraviglia del Secolo XIX", il primo Pontefice Santo, il Secondo un nemico della Chiesa e del Papa.
Sarà lecito anche a me, come nella Dedica qui sopra, chiamare gli ultimi quattr'anni della vita di Dn. Bosco "lento, ma mirabile tramonto in terra dell'astro più fulgido del Secolo XIX".
Dopo una lettura abbondante di 'Vita di Dn. Bosco' compresi I 18 Volumi delle Memorie Biografiche, dopo 60 e più anni di vita Salesiana nella famiglia di Dn. Bosco quale membro effettivo affezionato, dopo una prolungata meditazione sopra i quattro anni vissuti da fanciullo accanto a Dn. Bosco, gavendone le cure che un tal Padre Santo sa usare verso un povero figliolino tra i più disgraziati e bisognosi, mi venne in pensiero già da tempo di raccogliere alcune impressioni di quegli anni che furono i quattro ultimi della vita tribolata e gloriosa di Dn. Bosco.
Poco dopo la morte di Dn. Bosco mi sono applicato per obbedienza all'insegnamento, continuando in questa missione fino all'anno 1943, della mia età 74esimo,sempre insegnando con grande amore e passione matematica e scienze, e cogliendo nelle scolaresche succedentisi risultati lusinghieri. Ricordo con grande mia rinnovata gioia, quando, senza mai perdere un minuto dovuto alla scuola, andavo studiando volentieri l'occasione ed il momento di manifestare agli allievi qualcosa delle impressioni provate in quei quattro anni accanto al Padre Santo; godevo e godo attualmente nel pensare all'avidità con cui i miei allievi ascoltavano le grandi meraviglie operate da Dn. Bosco che io mi sforzavo di raccontare loro con vivacità e gaiezza.
Ormai enumero ex - allievi sparsi ovunque, anche nelle alte sfere della società, professionisti di valore, sacerdoti, religiosi che onorano Dn. Bosco missionari ardenti, professori di Licei e di Università, nonché impiegati negli alti gabinetti ministeriali, grandi industriali, perfetti agrari ed operai dei campi e delle officine…Tutti costoro appena si incontrassero nel mio nome oscuro vicino al gran nome di Dn. Bosco, Padre nostro comune, si sentiranno risvegliare in cuore l'incontro dei primi anni, ne esulteranno e stringeranno al petto questo volume che in qualche modo li porterà
ai sereni giorni della prima età.
Siccome poi tutti gli ex - allievi della Casa Salesiana vennero plasmati ad un unico stampo, figli tutti di uno stesso Padre, bontà Somma, vera immagine di N.S. G. Cristo, intendo dedicare questi miei Ricordi agli ex - allievi tutti in genere, e a ciascuno in particolare preminalmente.
Non sono impressioni di una grande elevatura, ma quelle di un povero montanaro, rimasto tale fino al valico dei suoi 70 anni.
Ciò non ostante, non riusciranno sgradite, perché tutto vi è ispirato all'amore del nostro comune benefattore Dn. Bosco, e alla comune fratellanza di figli ed ex - allievi di un Santo Padre.
In questo vasto campo di molti scompartimenti, gli amici si compiaceranno di imbattersi in allegre rimembranze, in nuove molteplici aiuole di fiori profumati, in appezzamenti non ancora bene esplorati, in minuzie, di poco conto, si diranno, ma che cessano di essere tali in certi uomini, come Dn. Bosco, pei quali tutto assorge a grandi altezze, a novità belle, sempre care e simpatiche.
Il mio augurio: che tutto concorra a procurarci un bel posto In Paradiso, vicino a Dn. Bosco. "Diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum". (M.R.)

 
 
 

Memorie di Don Matteo Rigoni

Post n°3 pubblicato il 15 Luglio 2008 da cliporpoint
 

Memorie di Don Matteo Rigoni degli anni 1884/1888
Ex Direttore della Scuola Manfredini - Salesiani di Don Bosco
Scritto nel 1943

Desideravo di continuare gli studi per essere un giorno Sacerdote […] fui accettato nell'oratorio di Dn. Bosco a Torino. Ai primi di Ottobre del 1883 per la prima volta lasciavo il mio altopiano dei Sette Comuni per raggiungere l'ultimo lembo sulla Cima Emerle, di dove all'improvviso mi si distesa dinanzi agli occhi l'interminabile sottostante pianura padana. Gli occhi, le mani, il corpo, lo spirito fatto era in sussulto, mi pareva di aver scoperto un mondo nuovo come Colombo, dopo 13 anni passati nel reclusorio, sebben magnifico, della mia conca alpina. Era con me un altro compagno dell'Altipiano, e precisamente di Rotzo di cui non ricordo il nome. Guida a tutti e due era il caro don Pertile distinto sacerdote ben noto fra i Salesiani di Gallio, che ritornava a Torino dopo alcun tempo passato in patria. Entrai nell'oratorio a notte inoltrata, e col mio compagno fui introdotto in una camera all'ultimo piano "camera S. Luigi". Al mattino mi svegliai, ero solo col mio compagno in un gran camerone, e sento al fondo della camera uno che parlava in modo incomprensibile, era un imbianchino che aveva cominciato di passar il suo lavoro. Non capivo una parola! Povero me! Viene mezzogiorno al centro in un refettorio sotterraneo; la prima volta mi vedo passare una pietanza di peperoni con un intingolo non ne avevo mai assaggiati e nemmeno visti. Quale disillusione! Fortunatamente minestra e a pane non ne mancavano. Ma ecco dopo qualche giorno una visione di pranzo viene a mitigare anzi a scancellare le prime impressioni di disgusto: una mattina sento un gridare, vedo un correre da tutte le parti verso un cortile " Viva Dn. Bosco! si gridava da ogni parte. Era per me la prima volta che lo vedevo, passava sopra un loggiato che metteva sulla sua camera; un incontro, talora si fermava, guizzava giù con un movimento di mani e braccia; un sorriso di Paradiso, sotto in cortile un battimano che non finiva un entusiasmo indescrivibile. Nessuno, che non l'abbia provato può immaginare l'effetto magico prodotto nel cuore dalla vista di un tal Angelo dei fanciulli, di un Santo Padre. Quale conforto per un fanciullo mai uscito dal dolce nido della famiglia e trasportato in un collegio, incontrava subito un volto amico, un dolce sorriso, una parola che sa di papà e di mamma. Il giorno dopo io salivo per una scala, ed egli discendeva. Quale felice, inaspettato incontro! Mi ferma e mi rivolge alcune domande sull'età, sui miei parenti, il mio paese, tutto con sommo imbarazzo e tenendomi per mano. E poi in atto di licenziarmi: "Ben, saremo dunque amici, non i vero?…Intanto preparati a far la confessione generale dei peccati della vita futura". Era evidentemente uno scherzo, ma io fui colpito solo dalle parole "confessione generale". Ne fui come atterrito, e andavo pensando alle cose mie, e non mi sarei incontrato volentieri da solo e solo un'altra volta con Dn. Bosco. Ma ecco che un altro giorno, non so come, mi trovo solo con Dn. Bosco, e prendendomi per mano le sue prime parole furono: "E dunque, sei pronto a fare la confessione generale dei peccati della vita futura?" Ohimè! ci siamo, ho detto fra me; ma subito come un lampo ho intraveduto tutto il pensiero, l'altra volta mi era sfuggito quel "peccati della vita futura". Dn. Bosco ripetendo quelle parole, sorrise, io insieme con lui, e quella nebbia svanì. Potente sempre, comunque avvenga, quel richiamo di Dn. Bosco alla Confessione! Dopo qualche giorno un nuovo spettacolo m'impartiva. Dn. Bosco attraversa lentamente il cortile. Tutti corrono, avanti a lato, dietro Dn. Bosco. Egli alza le mani e le braccia, e vedo tutti quelli che ci arrivano allungare la mano, per toccare anche solo con un dito la mano santa di Dn. Bosco. Simbolo dei pulcini sotto l'ala protettrice della chioccia. Intanto, si procedeva piano piano; Dn. Bosco parlava ora intimo, e ora coll'altro, ora a tutti. Io piccolo stavo timidamente nascosto dietro gli altri, nella speranza di passare inosservato, quando all'improvviso Egli apre lo sguardo verso di me; i suoi occhi di una dolcezza misteriosa s'incontrano coi miei; "Fate largo, disse, lasciate che venga a me li quel mio nuovo amico".

 
 
 

MEMORIE DI DON MATTEO RIGONI    Dialoghi con don Bosco                  (autobiografia 1884/1888)

Post n°4 pubblicato il 21 Luglio 2008 da cliporpoint
 

Vergognoso mi sono avvicinato, mi prese la mano, io baciai la sua, mi tenne con sé, ma intanto si era arrivati al fondo dello scalone. Salutatolo, e baciatogli la mano egli scompariva dalla nostra vista, non dal nostro cuore. Mi prese per qualche giorno la nostalgia della famiglia abbandonata. Ciò non ostante in tali condizioni mi sentivo ancora la forza di consolare quel mio conterraneo che incontrandomi piangeva quasi sempre, finché un giorno mi accorsi che era scomparso dall'oratorio, seppi che era tornato al suo paese. […] In una bella prima festa, credo dell'Immacolata, mi giunsero all'orecchio dall'orchestra della chiesa di M. Ausiliatrice le armonie dei cori dell'Oratorio; oggi ancora pensandoci, mi risuona dentro la delicatezza e dolcezza di quei canti; specialmente i cori di soprani e contralti mi davano l'impressione di cori di Angeli che partissero dal Paradiso per venire a rallegrare la terra. La Madonna provvedeva a Dn. Bosco grossi mezzi che valessero ad aiutarlo nel suo scopo di salvare le anime: voci mirabili di ragazzi e di uomini, scelti artisti per il teatrino fra giovani studenti ed artigiani. […] Non avevo mai visto nulla di simile al mio paese, e ringraziavo il Signore che mi avesse condotto in un luogo, da Lui così benedetto e favorito. Nelle solennità vi era anche la banda strumentale che rallegrava nel pomeriggio, sotto la guida del valente maestro De Vecchi. Talora sentivo motivi d'opera che mi erano noti perché uditi dalla banda del mio paese. Allora mi pareva di tornare fra i miei monti e rivedere i miei cari, ad assistere in piazza di Asiago, che oggi che scrivo esiste solo nella mia mente, ai modesti, ma tanto simpatici concerti, sempre vicino al tamburino o alla cornetta o a qualche altro strumento che trasformava il mio giovane entusiasmo anche perché strumenti suonati da qualche mio parente. Così passavo i primi mesi all'Oratorio di novità in novità, felice in una scuola di circa 80 compagni sotto un giovane professore, ma di tanta bontà, autorità e ascendente che il simile non ho mai più incontrato in seguito. Il cuore di Dn. Bosco lontano era sempre all'Oratorio, e i cuori dell'Oratorio seguivano il padre mentre innalzavano continue preghiere a Dio per la sua salute. Almeno una volta alla settimana dopo le orazioni della sera Dn. Rua veniva a parlarci e a portarci i saluti e le notizie di Dn. Bosco, sempre accolte con battimani perché festose e giubilanti. Ed intanto si procedeva con regolarità nel lavoro delle scuole e dei laboratori nell'attesa per noi di due grandi fatti, il ritorno di Dn. Bosco e la festa di Maria Ausiliatrice. Tutto questo occupava internamente il nostro cuore e ci rendeva felici e febbricitanti in una degna preparazione di canti e musiche, quando un giorno all'improvviso si sparse la voce che Dn. Bosco, prima di venire, ci avrebbe inviato una sua lettera, nella quale ci narrava un gran sogno da lui fatto in quei giorni, e in un giorno della novena di Maria Ausiliatrice, secondo la tradizione, dovevano fare la prima comparsa sull'orchestra, e dare un primo saggio i cantori della scuola inferiore di musica, i quali in numero di un centinaio scelti fra i nuovi venuti, dal principio dell'anno scolastico attendevano per mezz'ora ogni sera alla lezione di canto. Erano gli aspiranti alla "scola cantorum" effettiva, che sotto la guida del valente maestro salesiano Cav. Gius. Doglioni, a giudizio degli intelligenti, era salito al primo posto tra le cantorie d'Italia specialmente per il coro di soprani e contralti. Principianti volevamo misurarci coi nostri fratelli maggiori. L'attesa era grande fra i cantori ma anche fra gli estranei a simili gare. Venne finalmente la tanto sospirata sera. Dopo alcune battute di organo, una robusta profonda voce baritonale attacca i Tantum ergo a solo, a cui fa seguito e l'intreccia il novello coro di voci bianche, che con molta grazia e disinvoltura adempie il mandato. Esito trionfale!. Per il debutto non ci mancarono le caramelle e i rallegramenti. Era assicurata alla Scola cantorum di Maria Ausiliatrice anche per l'avvenire una vita sempre più fiorente.

 
 
 

Don Bosco con Matteo Rigoni negli anni 1884/1888(Direttore della Scuola Manfredini-Este fra il 1925 e il 1932)

Post n°5 pubblicato il 22 Luglio 2008 da cliporpoint
 

Ma a tenerci umili e ancor piccini di fronte alla sorella maggiore venne la festa di Maria Ausiliatrice, nella quale da ben 200 voci venne eseguita a perfezione la Messa in Re Maggiore del Cherubini. Chi non ha udito non può immaginare l'effetto magnifico e grandioso di quella musica. […]  Fin dai primi tempi dell'Oratorio, quando si tratta di accademie o di recite teatrali ricorse sempre un nome che divenne assai noto nella storia dell'Oratorio. Si chiamava Carlo Gaslini che aiutava Dn. Bosco a portare  la nota allegra in mezzo ai suoi giovani e Salesiani, riportando così il titolo di menestrello dell'Oratorio Io l'ho conosciuto e qualche cara volta ebbi la fortuna di essergli collega ben meschino e ancor piccino in qualche recita per es. nel grandioso dramma del Lemoyne allora di attualità intitolato: "La Patagonia". Gaslini aveva una abilità straordinaria per commuovere fino al pianto, e anche, quando era il caso per eccitare alle risa più gustose, passando con estrema facilità dal comico al tragico e viceversa, dalla prosa al verso, dall'Italiano a piemontese, in qualunque modo con effetto sempre sorprendente. Molti, specialmente fra i grandi, accorrevano alla camera di Dn. Bosco per sentire lo stato elle anime loro. Si vedevano e si udivano qua e là cose sorprendenti e curiose. Io timido per natura non mi sono presentato a Dn. Bosco, anche perché ancora della categoria dei piccoli, e d'altra parte dopo gli esercizi spirituali mi pareva di essere tranquillo di anima, ed anche ben  mandato sulla mia vocazione per la via ecclesiastica aspirando di entrare dopo il ginnasio nel Seminario di Padova. Ma in quel tempo era stato nel mio animo un forte dubbio che Dn. Bosco, avendomi a sé, mi prospettasse un'altra via, e mi facesse la proposta di farmi salesiano, a cui non avrei mai acconsentito. Perciò da questo punto, se la persona di Dn. Bosco da una parte mi attraeva e mi incantava, dall'altra me ne tenevo lontano il pensiero della famiglia a cui mi sentivo attaccatissimo, il pensiero del Seminario, l'ideale dei miei primi anni d'infanzia, a cui per nessuna cosa al mondo avrei rinunziato. […] Nel cortile dell'Oratorio, la sera dell'Assunta si tenne, al solito, l'accademia della distribuzione dei premi e della chiusura dell'anno scolastico. Vi furono canti, suoni e declamazioni, tra l'altro fu eseguito da tutti i giovani un inno corale con accompagnamento di banda del Maestro De Vecchi intitolato: La partenza per le vacanze. Ma quest'anno mancava il personaggio principale: Dn. Bosco. Fu però ricordato come se fosse presente, e venne letto pubblicamente l'indirizzo che per quel giorno, pure suo natalizio, fu spedito al Padre lontano. […] Della mia classe venni chiamato il primo a ricevere il premio, che fu un magnifico libro, ben legato, il noto racconto intitolato: La Fabiola, del Card. Wiseman ch'io mi vidi tra mano per la prima volta, la cui lettura mi ha tanto soddisfatto e portato gran bene al mio spirito. Mi era mancata una sola cosa, che, un tal libro l'avessi ricevuto dalle sante mani di Dn. Bosco coll'aggiunta della sua solita parolina di incoraggiamento. Questo sarebbe stato il colmo . Comunque mi sentivo proprio felice, e volentieri mi decisi di rimanere per quelle vacanze all'Oratorio, sapendo che Dn. Bosco era ben contento che si rimanesse e che non mi sarebbero mancati compagni ed amici. D'altra parte le vacanze erano ridotte a 1 mese e ½, e nessuno se ne lagnava, o aveva pretese, o compiva motivi di convenienza o di salute tanto facili a fabbricarsi per ottenere i quattro o almeno i tre mesi di vacanza dell'oggi. Quelle vacanze furono per me fonte di tanta allegria e soddisfazione; si stava contenti di qualche passeggiata in più e di qualche rara recita. Fui tutto per il canto e per le recite, che formavano sempre la mia delizia. All'avvicinarsi poi dell'ottobre ebbi un'improvvisata che non mi teneva più nella pelle. Un Superiore mi avvertì che anch'io ero designato insieme ad altri di partecipare alla passeggiata ai Becchi per festeggiare la Madonna del Rosario in una cappelletta adiacente alla casa di Francesco Bosco, l'unico fratello rimasto della famiglia Bosco.

 
 
 

INCONTRI CON DON BOSCOEstratto delle Memorie di Don Matteo Rigoni  (Insegnante e Direttore al Manfredini)

Post n°6 pubblicato il 22 Luglio 2008 da cliporpoint
 

Ed ecco il giorno aspettato, quello dei preparativi: vestiti, attrezzi per teatro, musiche, un armonietto anche, mi pare, libri di recite, di canti, una continuazione della famosa passeggiata di Dn. Bosco con i suoi primi allievi, che alla sera intrattenevano le popolazioni nei cortili di costose o campagnole cascine. […] Si pregava abbondantemente, ma senza luoghi, si dormiva sulla paglia in soffitta, con qualche coperta per ciascuno; di giorno passeggiate ai paesi d'intorno, Murialdo, Montorio, Castelnuovo, Chieri. Dinanzi alla cappella vi era un rialzo di terra, messo a prato, sul punto più alto si portava l'armonio, e noi cantori attorno a far sentire ogni sera canti soavi molto gustati da quei buoni terraggiani. Nel giorno della festa del S. Rosario al mattino si cantò la Messa di S. Michele del De Vecchi; accompagnava all'armonio il nostro bravo Maestro Doglioni e in pari tempo faceva le battute con gli occhi e con la testa. Non c'è bisogno di un gran direttore d'orchestra, tanto la musica era facile, melodica, e anche a tratti (direi) molto allegra; ancora adesso dopo oltre 50 anni, ricordo canto e accompagnamento […]Dn. Bosco mi conosceva, sapeva che nella scuola non ero degli ultimi e nemmeno dei mediocri, mi aveva visto sul palco a recitare e a cantare, sapevo che si interessava di me, doveva essere in quest'anno o  nell'anno dopo 1886 che assistendo anche Dn. Bosco ai nostri teatri quando poteva, una volta indicando me a Dn. Trione nostro catechista, che gli stava accanto, gli disse: «Vedi, quello là deve essere dei nostri te lo affido, non lasciarlo scappare». Questo l'ho saputo da Dn. Trione stesso tanti anni dopo, […]tremavo solo al pensiero che Dn. Bosco potesse fare dei calcoli sopra di me. Perciò me ne stavo lontano. Solo qualche rara volta seguivo quelli del ginnasio superiore fino all'anticamera di Dn. Bosco che serviva da cappella con un altare, dove Dn. Bosco a certa ora usciva a celebrare. A un certo punto ecco che si leva un leggero movimento della porta, compariva Dn. Bosco, come una visione di paradiso, tutto raccolto in se stesso accompagnato fino all'altare, ove comincia la Santa Messa. Tutti siamo pronti per la S. Comunione infra Missam, che Dn. Bosco stesso ci amministra. Finita la Messa, Dn. Bosco ritorna nella sua stanza per il ringraziamento. Non ricordo che si fermasse in quel momento a parlare coi giovani. Solamente un giorno ritornando, arrivato vicino a me, si ferma; mi fa cenno che mi avvicini alquanto come avesse qualche cosa da dirmi. All'orecchio mi dice piano: «E vai a confessarti?». «Sì, signore!» fu la mia risposta. Difatti ogni sabato andavo a confessarmi da Dn. Durando. Dn. Bosco vedeva che faccio la Santa Comunione, ma non mi vedeva mai al tribunale di penitenza, solo una volta nelle passate vacanze, quando, non so come sia avvenuto, mi sono precisamente confessato da Dn. Bosco in quella medesima anticamera, e poi gli ho anche servito messa, con mia grande consolazione. Era sempre Dn. Bosco, il buono, il santo, il grande. Verso la fine di quest'anno scolastico, un giorno nella ricreazione di merenda, un sacerdote, non so più quale, mi incontra, mi ferma, e mi dice che Dn. Bosco mi attendeva in sua camera. Sono salito alla camera di Dn. Bosco, con il cuore che mi batteva un po’ più forte. Dn. Bosco che sedeva al suo tavolinetto, io in piedi accanto a lui. Quasi subito mi domandò se non mi sarebbe piaciuto di fermarmi con lui e farmi salesiano. Gli risposi subito che era mia intenzione di andare poi in seminario, e che anzi quest'anno dopo due anni che stavo lontano da casa sarei andato al paese a passare le vacanze e a vedere i miei di casa che da tanto tempo non avevo più veduto. Dn. Bosco non disse più una parola sul primo argomento. Mi augurò buone vacanze, mi disse di salutare i miei a nome suo, e mi raccomandò di pregare Santa Maria Ausiliatrice, che anch'egli avrebbe pregato per me. E le vacanze vennero, e da solo partii da Torino per il mio lontano Asiago, con nel cuore un cumulo di forti soavi impressioni della mia nuova vita dei due anni trascorsi all'Oratorio, per di più con un pacco di poca roba, e piegato fra queste un testimonio prezioso (premio efficace) che non invano ho sofferto per due anni l'allontanamento dalla famiglia, cioè di quanto avevo di più caro nella mia vita.

CONTINUA SU http://blog.libero.it/ManfrediniEste

 
 
 
 
 

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Un blog di: cliporpoint
Data di creazione: 14/07/2008
 

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PRENDI IL TUO SACCO IN SPALLA

Prendi il tuo sacco in spalla       
senza guardare agli altri
e portalo animosamente
anno dopo anno
verso le cime

Brughiere   
spini   
aguzzi sassi    
normal retaggio
del comun viaggio

Ambire e durare        
verso l’adempimento     
di non fallace promessa

(Prof. Aurelio Olivati)

 

LUNA ROSICCHIATA

Stasera     
c’è una luna rosicchiata
da un buio che non vuol lasciarsi vincere
Però io so aspettare      
quando la notte
sarà come giorno   (A.Ol.)

 

DOPPIO FULGORE

Doppio fulgore       
dalla neve recente
quasi abbaglia
come provai su gli alti monti

E vedo nei tuoi occhi          
una balenare dolce
che quasi saetta
dal candore della tua anima

O benedetta innocenza     
primavera del mondo (A. Ol.)

 

RICONOSCENZA

Scoppio di riconoscenza

Sempre così    
quando sul poco umano
sovrabbonda il divino

Se si sapesse leggere la storia…

Senza piega senza velo     
l’uomo sarebbe verticale
piedi per terra
ma il cuore e la mente
negli occhi
tesi al Cielo  (A. Ol.)

 

LO SCRIGNO

Cavo dallo “scrigno”     
e mi rileggo tutto
del mio stato d’animo

Si risvegliano pungenti
le tristizie
e peno
e quasi piango

Ma su tanto mutare terreno  
si stende un infinito   
ad arcobaleno  (A. Ol.)

 

NON DORMO

Non dormo      
conto minuti eterni

fuori
né luna né stelle
immense cose belle

È buio      
è freddo

anche nell’anima

Non so pensare    
 non so vagare     
non so pregare

Invoco il sonno     
fior della notte  (A. Ol.)

 

L'ALTRA VITA

Fuoco di sole stanco    
temperato da fasce scure in basso
in alto una fascia arancione
sfumata in oro

Ha finito il suo viaggio     
qui da noi   
promette un bel domani

Che orizzonte  
tessuto nel ricamo
degli alberi ancora scheletriti
che ostentano prime gemme

La notte che verrà  
è già addolcita dal pensiero
d’un alba tutta rosa  (A. Ol.)


 

ADESSO

Adesso 
son tutto nel frastuono
di ritmi forsennati e dinnanzi
e l’anima ha perduto la sua gioia.  (A. Ol. )
 

NEBBIA

Velo agli occhi tirati  
nebbia greve sul cuore

Vivo nel rovello  
d’un gorgo da risucchio

Carrozzone piombato  
mi trascina dilemma antico

O Verità, spalanca i tuoi cieli.                          
(A. Ol.)

 

IL MIO TRAMONTO

Per “quelli”   
togli memoria 
poiché il paradiso  
è nuova storia

Per “questi”   
solo ringraziamento
alla misericordia
ce tramite mio
o Dio
volle tua gloria

Al mio tramonto 
la vita vera
in luce e in gioia
purificato
dal mondano tormento
da grave noia

Inquieto il mio cuore.  (A. Ol.)

 

L'UOMO

Succhiato mente e sensi    
da una luce spettrale
di pur alto congegno
l’uomo non sa più vedere
nemmeno i fiori del suo orto
né rispecchiarsi più alla festa
dei bimbi dentro il sole
ai trilli degli uccelli
ai miracoli di natura

Addio poesia    
canto di gioia viva

Adesso automi e schiavi   
regnano sul mondo   
e angoscia li attanaglia
in casa a porte e finestre murate

Resta l’universo       
una tastiera muta

 

STANISLAO GASPARETTO (1920-1934)

Stanislao passò otto anni – più di metà della sua vita – nel collegio salesiano Manfredini di Este,  [...] meritò di essere ritratto subito dietro a Domenico Savio, nel soffitto della cappella [...] in occasione della canonizzazione di Don Bosco. Era, Stanislao, un ragazzo d’oro, come si usava dire: un giovane buono, docile, limpido e fresco come acqua di ruscello. Non creava problemi, semmai aiutava a risolverli. [...] Stanislao era considerato da compagni e superiori uno dei migliori alunni in assoluto. [...]. Lo caratterizzavano una pietà sincera ma senza affettazioni, uno slancio spontaneo ma anche convinto verso il bene. Pochi erano come lui. Quando, nel 1934, dopo qualche mese dalle celebrazioni di Roma fu colpito da appendicite, affrontò con serenità il disagio. Poi l’appendicite si trasformò in peritonite, che allora voleva dire la morte tra atroci dolori. Non si abbatté nemmeno allora: sul letto della sua sofferenza, vicino ormai alla fine, lo affliggevano di più le lacrime della mamma che i suoi propri dolori. E ancora una volta meravigliò e commosse tutti per la bontà e la forza d’animo, quando chiese una penna per scrivere – quasi un testamento – che i suoi risparmi (si trattava di 300 lire) andassero per l’educazione del suo amico assamese conosciuto a Roma. L’ultima settimana di vita ogni giorno chiedeva a mamma Margherita che lo assisteva affranta dal dolore: “Mamma, che giorno è oggi?”. “E’ mercoledì, figlio mio!”. “Ah, c’è ancora tempo”. Così fino a venerdì. Aveva chiesto alla Vergine di morire di sabato, giorno della sua memoria, ed era sicuro che Ella l’avrebbe esaudito. Morì sabato 17 novembre 1934. Aveva soltanto 14 anni, ma per il cielo era maturo da tempo. (Bollettino Salesiano)
 

DON LUIGI BOSCAINI - MANFREDINI: GIOVANI, ...

Orientarsi nello spazio, con l'aiuto dei mezzi di cui dispone la scienza, costituisce un problema di cui oggi è facile dare soluzioni sufficientemente precise e sicure. Non è così, invece, nell'orientamento della vita. La crescita del benessere economico sembra accompagnarsi ad un certo disorientamento, a momenti di scontentezza, talora anzi di angoscia. Nella fascia dei giovani il fenomeno tocca livelli di sconcerto. Incontrarsi con «persone disorientate», specie nelle grandi città, in determinati luoghi ed in certe ore, costituisce ormai un fatto di cronaca. Ma perché? Un fiore separato dalle sue radici e isolato dal suo «habitat naturale» perde in fretta l'incanto della sua bellezza ed è destinato a inaridire. Per la persona umana le cose non vanno diversamente:  l'uomo  privato  delle  naturali  certezze  sulle  quali  è fondata la sua esistenza diventa presto uno dei tanti oggetti di consumo, desti- nato ad esaurirsi in quello che si dice, si pensa, si ama, si fa… giorno per giorno. «Non ha detto un uomo, che  pure  passa  per  un  grande  pensatore e  grande scrittore, Federico Nietzsche: - Dio non si confà ai miei gusti?-  Prendiamo coscienza di questa terribile frase. E quell'ateismo che  oggi  riempie il mondo non è certamente il prodotto di qualche resto degenerato di popoli condannati a scomparire; al contrario, è l'Europa cristiana che l'ha inventato. Questa selvaggia volontà nemica di Dio è nata in mezzo a popoli cristiani» (R. Guardini  Messaggio di S. Giovanni, p. 65). Lo storicismo negatore di ogni valore trascendente (e tutte le ideologie che ad esso si ispirano), che sembrava esser sorto per liberare l'uomo da una fredda astrattezza e collocarlo nel concreto della sua esistenza, una volta fattosi negatore di Dio ha finito per disorientare, uccidere: e prima delle sue vittime è la persona umana. La storia dei singoli e dei popoli di questi ultimi decenni ne è una amara e trista conferma. Quasi ogni giorno siamo messi di fronte alla constatazione della esaltazione dei diritti della persona e, nello stesso tempo, si è nella quasi necessità di respirare un clima di sangue, quasi di strage, proprio nei confronti dell'uomo. Le «persone disorientate», specie fra i giovani d'oggi cresciuti in quantità e qualità fino a costituire «classe» e perciò il problema più attuale e difficile anche sul piano sociale e politico, possono costituire un «test» della triste situazione in cui la persona umana è venuta a trovarsi, una volta resa orfana del suo Signore, del suo Dio, di suo Padre. «Dio e persona umana» sono due pilastri sui quali si regge l'arco della vita, della civiltà, della storia.
(don Luigi Boscaini, Monografia Centenario Manfredini, 1978)
 

HUMOR (DON MASSIMO GATTO)

Due ciclisti percorrono la strada Prato-Firenze, quando ad un certo momento incontrano due suore che si trovano in difficoltà a riparare la loro macchina in panne. Si fermano e aiutano a dare una mano per riparare il guasto. Le suore non sanno come ringraziare e la più eloquente chiede ad uno di loro:
"Come si chiama lei?"
"Gino"
"Bartali?"
"Eh, magari!"
e all'altro: "E lei come si chiama?"
"Fausto"
"Coppi?"
"Eh, magari!"
Uno dei due: "E lei, madre?"
"Maria"
"Vergine?"
"Eh, magari!".
 
 

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