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don Bosco al Manfredini

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Curriculum vitae (autobiografico)

OLIVATI AURELIO FERRUCCIO

- fu Aurelio e fu Carrero Emma
- nato a Palazzo Moneta di Belfiore Veronese.
- il 14 luglio 1909 (quintogenito di sette figli). (1)
1919-20 = 5 elem. al "D. Bosco" di VR
1920-25 = ginnasio " " "
1925-26 = Noviziato al "Manfredini" di Este (PD)
(M° don Ant. De Pieri). Malaticcio per quasi 6 mesi;
rimandata la professione.
21 sett. 1926 = Professione: voti triennali.
7 sett. 1929 = rinnovaz. Voti.
1926 – 28 = Strumentato filosofico a "Valsalice" Torino.
Tirocinio: Pordenone (con D. Ziggiotti, 1928-30); §
Rovereto TN con d. Gius. Busato, 1930-31;
Gorizia, con d. F. Antonioli, 1931-32.- Il tirocinio, iniziato felicemente, continuò male: a PN, pleurite e lesione iolo polmonare sinistro. Migliorato a Rovereto; guarito a Gorizia. Avvilimento per non essere entrato regolarmente in Teologia. Nel 1931-32, iscrizione in lettere all’univ. di Padova…"per consolarmi" (disse d. Antonioli).
Voti perpetui: Este, 22 agosto 1932.
Torino/Crocetta: tonsura (6.7.’933); minorista (2/1 e 7/7 1934); suddiacono (7/7 1935); diacono (1/1/36) sacerdote (5 luglio 1936); ord. Dal card. Fossati, presente mia mamma!
-
Cinquantesimo di messa, 1986.
- Sessantesimo, 1996.
 

Don Aurelio Olivati INSEGNANTE

OLIVATI AURELIO FERRUCCIO

Insegnamento presso Opere Salesiane
Gorizia: ins. di 4’ ginn. e 5’ – catechista – 1936-38 (ital. lat. gr.)
Pordenone: ginn./liceo – catechista 1938-41
Mogliano V.- ginn. 4’ – catechista - 1941-42
Belluno – Convitto "Sperti": 1942-49 – Ins. religione,
ITIO Segato; Catechista.
Rovereto: scuola media – catechista – 1949-51
(Mons. Cognata = confessore)
ESTE "Manfredini"- Liceo classico – catechista ‘951-69
(1969-70 Verona "S. Zeno" ITIS serale e II e IV liceo scient. Statale
per ristrutturazione liceo Manfredini)
1970 ESTE "Manfredini": liceo classico, poi scientifico,
dal 1970 al 1985 e scuola diurna e serale
statale dal 1967 al 10 sett. 1979.
- Giugno 1985: ritiro definitivo anche dalla scuola interna.

N.B. Nella scuola governativa ho assunto insegnamento "modesto" per tenere fede alle esigenze del "liceo interno".

Scuola pubblica

 

- Belluno, ITI "Segato"- 1942/49 – Religione
- Montagnana (PD): Ist. Prof. agr. Statale --------------- | 1967
- Verona: 2’ liceo scient. statale |
- Montagnana: Ist. Prof. agr. Statale | -------
- Este (con ruolo e sede definitiva) Ist. Prof. St. Comun.le |
classi IV e V --------- | 1979
* Dal 10 sett.1979, in quiescenza "statale" per limiti di età. (Ho continuato a insegnare lettere nel liceo scient. l. r. "Manfredini" fino al giugno 1985; poi, basta, col beneplacito dell’ispettore D. Giov. Fedrigotti, che ha riconosciuto crescenti difficoltà ... per faticoso stato enfisemico). Ai fini "pensione" riconosciuti anni 23 di servizio statale. –

Studi universitari e riconoscimenti ufficiali

1° - 2° - 3° anno a Padova; 4° a Torino 
Laurea: Torino, novembre 1935.
1986 :sessantesimo di Prof. religiosa |
:cinquantesimo di sacerdozio | ESTE 
:croce "pro Ecclesia et Pontifice"
consegnatami solennemente dal Mons. Alfredo
Magarotto, vic. Gen. PD, il 31.1.1987
1988 :cav. al merito della Repubblica
:cav. Uff. merito della Repubblica
1996 :settantesimo di Professione religiosa |
:sessantesimo di Sacerdozio | Este
1997 :Commendatore al merito (3 di agosto)

 

Croce pro Ecclesia et Pontifice

Nel giorno di Don Bosco, 31.1.1987, fine Messa presieduta da mons. Alfredo Magarotto vic. gen. della diocesi di Padova, presenti al gran completo confratelli, alcuni parroci viciniori, giovani liceali e di SMI, colleghi, genitori, exallievi, amici, mi è stata consegnata solennemente la CROCE "PRO ECCLESIA ET PONTIFICE". Mons. Magarotto ha parlato della "nobile figura di don Aurelio Olivati,maestro/religioso/sacerdote"…L’ovazione seguita, così piena concorde intensa lunga mi ha sorpreso: nonostante le apparenze, mi sono convinto una volta di più delle mie carenze intelletuali spirituali, morali e sto "con le ginocchia della mente inchine" dinanzi a Dio…

 

Clemenza dal Signore

Se condanna dal cuore

clemenza del Signore

Libero dal timore

conforto per chi muore

E giunto alla tua porta

di giudice pietoso

creatura distorta

io troverò riposo

Ti griderò in eterno

salvezza dall’inferno

 

Vita religiosa

Vita religiosa

Se non fosse anche viverla

da solo

nel profondo

suaderebbe delusione

disperazione

malevolenze

invidia

disamore

Resisto

grazie a Te

Che possa giunto al porto

non voltarmi

per esser tutto nella gioia Tua

e farmi luce intanto

a mio conforto

tra quei pochi

fermi alla Parola.

È tanto poco ma è molto

dopo l’esperienza

del volger lungo degli anni

E dopo morte

quanti elogi

secondo il rito

 

Prendi il tuo sacco in spalla

Prendi il tuo sacco in spalla

senza guardare agli altri

e portalo animosamente

anno dopo anno

verso le cime

Brughiere

spini

aguzzi sassi

normal retaggio

del comun viaggio

Ambire e durare

verso l’adempimento

di non fallace promessa

 

Non voglio piegarmi

Squassate le piante

da un vento di bora

Non voglio piegarmi

foss’anche la forza

di vortici marini

e di celesti terremoti insieme

Giubilerà l’anima

nella sua serenità

gabbiano in volo di felicità

 

Testamento (Santa Pasqua 2000)

Vivo trepidante

l’approdo all’ultima riva.

Mi pesa il panorama del passato:

tanto tempo, tanto lavoro,

poche gioie bastanti ad ardire sempre,

tanti sacrifici.

Vocazione? Sì.

Corrispondenza?

Ho trattato per anni e anni cose sante,

ho aiutato a dipanare

intrichi del sapere,

ho aperto tràmiti

di conforto e di speranza.

Quanto di buono? Quanto di vano?

Solo Dio sa.

Lascio in retaggio

cieli sereni e grevi tempeste

comune destino.

Invoco comprensione umana e divina

nella Carità.

 

Legge d'Armonia (Testamento 2001)

Scrivono sul futuro

gli allievi impauriti

e sull’ultima meraviglia

l’elaborato parlante e tutto fare

O ingegno umano

Ma non finirai schiavo

delle tue stesse creature?

Il divenire è sempre progresso?

Evoluzione o involuzione

circolo chiuso dell’umanità

serpente che si mangia la coda

Io non vedrò il Duemila

ma spero che sia Dio nell’uomo

e macro e microcosmo

in legge d’armonia

 

Un ex-allievo su don Olivati

Quando incontri un ex-allievo del Manfredini, è piacevole ricordare insieme gli anni trascorsi tra le mura di Cà Pesaro. Tra immagini a volte fumose, a volte deformate dal tempo, emerge subito la figura di d. Olivati. Pochi non l’hanno avuto come insegnante, nessuno non ha un episodio, un particolare da custodire di questo Salesiano che, come forse nessun altro, continua a segnare la vita del Manfredini. Scrivere di lui pertanto risulta limitativo: lascio ad ognuno il piacere di custodire questo "tesoro" fatto di parole buone e di rimproveri efficaci, di nozioni scolastiche e di lezioni di vita. Quello che invece è doveroso delineare è la statura umana di d. Olivati.
D. Olivati è prima di tutto SCERDOTE: uomo di preghiera, profondamente inserito nella Chiesa locale, severo direttore spirituale, incarna il modello di "curato delle anime" che molti sacerdoti, a volte troppo inseriti nel mondo al punto da esserne distolti, non sono più in grado di vivere.
D. Olivati è SALESIANO: parlando con lui si ha la netta sensazione che d. Bosco l’ha folgorato. Ne conosce la storia fin nei minimi episodi, ne richiama continuamente i principi, ne reincarna lo spirito. Fa parte di quei Salesiani che hanno fato grande il Manfredini perché lo hanno reso "diverso" dalla scuola pubblica e questa diversità l’hanno saputa impiantare nella nostra società locale.
D. Olivati è MAESTRO e UOMO DI CULTURA: forse questo è l’aspetto più evidente della sua persona ma sempre funzionale ai primi due. Dalle sue lezioni abbiamo capito che la cultura non è mai nozionismo, deve diventare "sapienza", guidare le giovani persone nelle loro scelte mediante le esperienze maturate dall’intera umanità e l’elevazione dell’animo. E mediante la cultura d. Olivati è riuscito a far breccia in molte coscienze, a creare ponti tra cuore e cervello, a far capire a noi, suoi allievi, che Dio e mondo non sono poi così lontani e indifferenti l’uno all’altro.
L’augurio mio è che d. Olivati sia anche un buon SEMINATORE: spero infatti che altri Salesiani e giovani ne raccolgano lo stile e la saggezza per poter continuare colui l’opera di educatore nello spirito di d. Bosco. Credo infatti chela Chiesa e la società abbiano bisogno di tali maestri, in modo particolare in questa epoca in cui i valori, la religione ed anche la cultura sono oscurati da mille altri "problemi esistenziali" molto più banali. M. P.

 

Un insegnante su don Olivati

Ero presidente dell’unione Exallievi del Collegio Manfredini da due anni, quando ai primi Delegati, Don Giovanni Capuzzo e don Antonio Barbacci, successe il Prof. Don Aurelio Olivati.
Non ci conoscevamo. Eravamo entrambi impegnati nell’insegnamento scolastico: Don Aurelio nel Ginnasio-Liceo del Manfredini, io nel Liceo scientifico di Cologna Veneta…
Ma da quel momento ci unì e ci accordò subito l’urgente e delicato compito di riorganizzare in maniera vitale l’associazione degli Exallievi del Manfredini. Sapevamo che l’associazione ha come fine che i soci conservino ed approfondiscano i principi educativi salesiani ricevuti e li traducano in autentici impegni di vita mediante la carità fraterna e la mutua assistenza…
Sapevamo che fra i nostri compiti doveva occupare il primo posto la sollecitudine per i giovani…
Allora per seguire meglio i numerosi ed affezionati iscritti, li abbiamo suddivisi in quattro gruppi: di Padova, di Vicenza, di Rovigo, di Este, di Montagnana. Quindi abbiamo iniziato la lunga serie dei nostri incontri locali, sempre cordialissimi e fruttuosi.
Il delegato Don Olivati fu subito accolto come l’amico, la guida morale di tutti; come l’animatore spirituale dell’Unione, il garante della fedeltà dell’Unione allo spirito di Don Bosco.
Io, allora, conosco poco gli Exallievi… dei miei compagni di sette anni di scuola nel Collegio Manfredini, dopo la guerra, rividi soltanto due…
Don Aurelio invece incontrò tanti suoi exalunni … ed era amico di tutti.
Insieme, così, - con rinnovato impegno – organizzavamo raduni, Esercizi spirituali e i grandi convegni annuali.
Quegli incontri cementarono presto la mia familiarità col Delegato…
Don Aurelio intanto continuava la sua attività di studioso e di insegnante.
La scuola è stata sempre il suo campo d’azione,con spiccata predisposizione per gli studi classici, per la storia dell’arte e per la pedagogia di Don Bosco.
Un anno scolastico, inaspettatamente, ci siamo trovati docenti nello stesso liceo statale, a Verona, e direttamente constatavo quanto il Preside, i Colleghi e gli alunni Lo stimavano.
Gli Exallievi pure ripagarono la sua dedizione con affettuosa riconoscenza, anche quando per altri delicati impegni non era più il Delegato della Unione.
L’amata sede della sua missione sacerdotale e scolastica fu sempre il "Manfredini"… Della gloriosa Cà Pesaro Don Aurelio conosce tutte le vicende sin dal momento in cui l’Architetto Antonio Gaspari la progettò quale prestigiosa residenza di campagna della dogale famiglia veneziana; … e poi come la volle Don Bosco, cioè come Collegio ed ora come Nuovo Centro Professionale, sempre fucina di "buoni cristiani ed onesti cittadini". Ancor oggi il Manfredini è per Don Aurelio oasi di riposo, di meditazione e di preghiera…
E quella maestosa Cà Pesaro, definita "Più che un approdo un imbarco", è sempre il mio caro Collegio… Così, anch’esso, il Manfredini, mantiene vivo il mio ricordo affettuoso per Don Olivati, che – con Don Bosco – nel mio cuore sta sempre accanto ai miei indimenticabili insegnanti salesiani: Don Cerotti, Don Amerio, Don Bosio, Don Coiazzi. A. F.

 

Aforismi: Tanto meno uno sa

Tanto meno uno sa

quanto più crede di sapere;

tanto più uno sa

quantomeno crede di sapere.

 

 

NOTE DI ARTE 1 (Prof. Don Aurelio Olivati) pagine 1-10

Post n°1 pubblicato il 10 Dicembre 2008 da unbeldomani

  "NOTE DI ARTE 1˚" - "appunti di arte"- segue a Zibaldone 2

Come il colore esprime i sentimenti

Ci serviamo dei colori anche nei discorsi: es. la vita è "rosa" = ottimismo, umor "nero" = pessimismo, "rosso" di furore – "giallo" di rabbia, esistenza "grigia". Il pittore fa parlare i quadri col colore: col colore esprime la sua personalità e quella degli altri (nei ritratti) es. Bald. Castiglione (di Raffaello): un’armonia di toni neutri / grigio vellutato delle maniche, bianco rosato del collare, cupo bruno della veste e del copricapo per assecondare l’espressione pacata del volto, la distinzione,la compostezza della persona. IL bevitore (di Franz Hals) giallo dell’abito, guance rubiconde, rosso del vino per esprimere l’ottimistico buonumore del personaggio. Il nero del cappello fa risaltare il resto. 4Lutero (del Cranach) copricapo e veste, nero – viso, pallido per assecondare la figura … scostante dell’uomo severo, duro, iroso. Annunciazione (Angelico) colori delicati, chiari, sfumati quasi … ad acquarello per fissare in serenità la contemplazione sacra. Crocifissione (Masaccio) colori forti: il rosso della Maddalena è come un grido di dolore, è un tuffo nel sangue: gesto e colore per dire la tragedia Camera dal letto ad Arles (Van Gogh) 1888 "Si tratta della mia camera da letto, con questo particolare, che colori da me usati servono a suggerire il riposo o il sonno" giallo / verde / azzurro - i colori esprimono il torpore di un luminoso e greve pomeriggio estivo. 5

JAN VERMEER di Delft - "Lo studio del pittore" - L’artista intento a ritrarre la modella - Ambiente dato prospetticamente : primo piano della sedia e tenda – poi , pittore, modella, carta geografica - Ma, protagonista è la luce, che penetrando da sinistra, si smorza nell’interno e rende irreale, quasi fissati in sogno persino il pittore e la modella. Donde, senso di serenità e di pace. È il frutto di un’evasione artistica da una dura realtà: la vita dell’artista nelle strettoie della necessità – Undici figli da mantenere – pagava il fornaio con le tele – forse, l’artista ha voluto dipingere "il suo studio come avrebbe voluto che fosse".  6 7

VAN GOGH    La pianura della Crau - - Il pittore lascia la città per rifugiarsi in campagna. Da Parigi, dove la sua vita era affannata, nella Provenza piena di sole. - Abituato a colori grigi e smorti, ora accende di giallo la tavolozza: il giallo è in tutti i colori, come se il sole toccasse tutte le cose. Blu, verde, azzurro: tutti con un po’ di giallo. Non sono colori puri. - fasce dei campi, orizzontali, regolari, che si assottigliano verso l’orizzonte, separate da tenui linee azzurre. Alla serenità non si addicono linee contorte. -  Anche la pennellata, da larga in primo piano si attenua fino a scomparire in fondo. - Il carretto è il centro del quadro: tutto vi confluisce e si diparte. Polarizza ed espande.  8 9

STATUE EQUESTRI: M. Aurelio - Statua dorata in origine (una leggenda dice che quando riemergerà l’oro sarà la fine del mondo); - non si vedono giunture o saldature. Unica fusione con unica gettata, e la tecnica rimane un mistero. Cangrande della Scala - dal sorriso sereno, gioviale, arguto, sembra salutare, prima di balzare via, - Persino il cavallo sembra ammiccare con furbizia, - Tali caratteri donano al complesso un tono d’insieme, che ammorbidisce la stessa durezza del marmo. Vi contribuisce l’elmo a muso di cane, la ricca gualdrappa da torneo. - Ignoto ma grande artista. Il Gattamelata - su ordinazione della "Serenissima" per i servizi del Gattamelata - opera compiuta in 5 anni e fusa tra molte difficoltà. - La statua è fusa in tre soli blocchi, saldati poi insieme. Ranuccio Farnese (Duca di Piacenza) - Il Mochi, autore, si rifece ai grandi esemplari di Roma e Padova; ma diede un’opera del tutto nuova, secondo il gusto barocco: tutto è movimento e svolazzo. "Cavaliere" di Marino Marini - nessun impeto "eroico",  semplicità scarna, quasi da esemplari… cretesi (3000 anni fa) - il cavaliere stende le mani e braccia in atto di disperazione, non di forza ed è assecondato da un impianto dell’animale tutto teso,come se fosse colpito a morte. 

 Cfr. anche avanti (dopo i cubisti) pag. 66

 
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Note di arte 1 (Prof. Don Aurelio Olivati ) pag. 11-20

Post n°2 pubblicato il 11 Dicembre 2008 da unbeldomani

11

il tedesco PAUL KLEE - Di nazionalità tedesca, ma proveniente dalla Svizzera, dov’era nato. Residente a Monaco. - Non è facile da capire, anche se i suoi lavori sono molto suggestivi. - Cominciò a godere d’una certa fama dopo un suo viaggio in Tunisia, ma solo fra artisti e intenditori. In Tunisia era rimasto affascinato dagli arabeschi dei tappeti e dai tramonti: si sentiva corrispondere la sua visione artistica. - Fece un’infinità di disegni, ma rimase per molto tempo ignorato e incompreso. Chi tenne su la famiglia fu sua moglie. Delle opere: 1) Il palloncino rosso (New Jork)- Nella composizione di triangoli, rettangoli, quadrati, spicca il palloncino. Il quadrato centrale è come una finestra aperta e le restanti figure 

12

Ci vuole non poca fantasia interpretativa; ma Klee ha voluto esprimere il senso di fanciullesco stupore che un bambino (o un artista) prova di fronte a uno spettacolo così semplice e suggestivo. 2) Paesaggio con uccelli gialli – (Basilea) – strani arbusti, foglie multicolori, pezzo di cielo turchino; e gli uccellini gialli – una scena irreale, quasi da sogno; 3) Il marinaio (Berna) – Una delle opere più celebri. Un marinaio, in costume strano, lotta con strani mostri. È una scena fantastica, rivelata da fasce di luce, come da riflettore; 4) Parte di G. (1927) Una scena notturna: case, strade, torri, campanili addormentati nel plenilunio. Sembra un disegno infantile, per le case sbilenche, le strade interrotte…ma che senso di pace e di assorto silenzio? 

13

NICOLA POUSSIN in Normandia, 1594 - "il RAFFAELLO FRANCESE" -  Gran passione per la pittura, fin da piccolo. A Parigi, conferma la sua vocazione. Ma il suo sogno è Roma. Una prima volta tenda d’andarci,ma si ferma a Firenze, perché malato e senza soldi. Poi, finalmente, conosciuto e stimato è aiutato dal ns/ G.B. Marino, poeta del secolo XVII, va a Roma e si entusiasma ai monumenti antichi e alla natura. Diviene "noto" in Italia e in Francia. Richelieu gli chiede 3 quadri (3 trionfi: Bacco, Pan, Galatea): un … trionfo. Si grida al "Raffaello della Francia". E si vuole in Francia. Ma dopo due anni, ritorna a Roma. Sfornò altre tele famose. Tra le quali: - Paesaggio con Orfeo ed Enaidice (Louvre) Trionfante il paesaggio. La cortina verde del boschetto si spalanca %

14

su una visione lontana di monti e di cielo. l’atmosfera è incantata, con colori nitidissimi, immersi in una luce cristallina). La moglie di Focione raccoglie le ceneri del marito. Quadro fratello di: "I funerali di Focione" (= i due Focioni). Ampio verde paesaggio, pieno di calma e di serenità: un angolo della Grecia, come Poussin la sognava (=curioso l’accostamento del tempio greco con case e mura e chiesetta, moderne). Le stagioni (da soggetti biblici) il colore è tutto per dare il timbro di ogni stagione.  

15

LA PROSPETTIVA - È il determinare su una superficie piana l’illusione della profondità, ossia della terza profondità. N.B. Per fare un’opera d’arte non è indispensabile una prospettiva esatta. Per es., nel ‘300, i pittori davano ai personaggi una prospettiva "morale": cioè i personaggi più importanti della scena erano anche in dimensioni più grandi. (cfr. Berlinghieri: Pala di S. Francesco – Tutto è narrato come in una favola, nei riquadri a fianco del santo. Non c’è profondità: "case e montagne sono alte quasi quanto le persone. Ma è ugualmente bello per il risalto efficace del Santo". Ancora: A. Lorenzetti: affresco del Buon Governo. Paesaggio senza prospettiva. Alberi di primo o di ultimo piano quasi tutti uguali. I campi messi a sghimbescio fanno un effetto curioso. (Proprio in questi…"sbagli" prospettici la suggestione incantevole del quadro).

 diventano profili di case che si stagliano contro il cielo.

16

Nel ‘400, la prospettiva è scienza. Massimi, Brunelleschi e L. B. Alberti, anche perché teorici. Nel secolo: P. Uccello, Masaccio, P. della Francesca e cari altri. Uccello – Battaglia di S. Romano. Uno spazio ampio su vari piani. Osservare la luce verticale e i tronconi a terra: "dividono" lo spazio e conducono l’occhio verso il fondo dove le montagne degradano, mentre i guerrieri si fanno sempre più piccoli. Anche i cavalli e guerrieri, in primo piano aiutano all’effetto della terza dimensione. Della Francesca – Flagellazione – Urbino (rubata nel 1975). La prospettiva è ottenuta con tre mezzi: - gruppi di personaggi su piani diversi, -colonne, travi, pilastri convergono verso la figura del Cristo, -fasce del pavimento che si assottigliano.

N.B. C’è anche una prospettiva aerea (veduta dal basso verso l’alto). · maestro prodigioso Padre Pozzo nel ‘600, · Tiepolo, nel ‘700

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Il mistero dei fratelli HUMBERT E JEAN VAN EYCK. Mistero: perché la loro testimonianza di pittori appare nella firma all’opera: «L’agnello mistico». Uno si chiamava Humbert, e non se ne sa di più; l’altro invece è Jean, del quale si sa che fu protetto da principi e operò molto e guadagnò gran fama. Jan Van EycK oltrechè per le varie sue opere è famoso per la tecnica usata nel dipingere, tecnica che fu detta a olio e propriamente tale non è. C’è olio con cui impasta i colori, ma anche vernici che li rendono smaglianti. E per quanto siano stati analizzati non si è ancora potuto precisare nulla. - Rimane il fato che – oltre la qualità dei colori e del conseguente effetto – egli possedesse perfettamente la prospettiva e fu un ritrattista eccellente.

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Delle sue opere famose

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si ricordano: Madonna del Cancelliere Rolin dove è interessante il paesaggio, reso con "prospettiva aerea". Ritratto dei coniugi Arnolfini (italiani, mercanti a Bruges) curioso il particolare dello specchio che li riflette in piccolo e con loro un terzo personaggio, forse lo stesso pittore (del quale non esiste alcun autoritratto). Trittico di Dresda – con tutte le caratteristiche pittoriche sopra citate. Il Card. Albergati (legato pontificio in Olanda). Faccia chiara che spicca sull’abito paonazzo.

GIOTTO · Di lui scrisse tardivamente Cenino Cennini. "rimutò l’arte del dipingere dal greco in latino". – Parole che sembrano indovinello. Invece: mentre, prima, dominava il gusto e la tecnica "bizantina (greca)" con figure patte, lunghe, senza volume, rigide, stilizzate, inespressive, simboli più che persone, ora, l’arte assume il carattere "latino", cioè dello stile espressivo e concreto, proprio degli artisti occidentali, fina dal tempo degli Etruschi e di Roma. · L’arte "latina" riprende con CIMABUE e col suo discepolo GIOTTO. · Tre i grandi momenti della pittura di Giotto: Chiesa Superiore di Assisi – storie di S. Francesco – Giotto aveva 30 anni. Cappella degliScrovegni – PD. Storie della vita della Vergine e di Cristo. L’arte di Giotto vi appare del tutto matura. Cappella Bardi e Peruzzi S. Croce FI. Gli affreschi non ebbero fortuna,perché ricoperti di calce per due secoli; restaurati poi a tempera e anche recentemente.

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Esempi · Assisi: Miracolo della fonte. cielo azzurro cupo, tutto unito e senza trasparenza, fa risaltare la sagoma nuda delle rocce a spigoli vivi. - I due costoni sembrano fa blocco con i personaggi. - Colori, delicati e spenti. A Giotto importava dare il massimo rilievo e la massima espressione alle figure. · Padova: Sogno di Gioacchino Manto rosa sfumato fino al bianco. - Dietro una capanna e un picco di roccia ne risulta un effetto d’imponenza e solidità. * La deposizione Basterebbe da sola a dir "grande" Giotto. Scena, tagliata a diagonale dalla roccia, che porta a incentrar l’occhio nel Cristo. Il dramma è nei volti, ma anche nelle due sagome a schiena, il cui atteggiamento dimesso e accasciato dà l’impressione chiara di un’angoscia tragica. · Firenze Lo stile di Giotto si è fatto più pacato. Altre opere: Firenze, S. Maria Novella - Crocifisso, Uffizi- Madonna d’Ognissanti, Chiesa S. Giorgio – Madonna in trono, Roma S. Pietro – Bonifacio 8° indice Giubileo, Washington, Nat. Gallery – Madonna

 
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NOTE DI ARTE 1 (Prof. Don Aurelio Olivati) pag. 21-30

Post n°3 pubblicato il 11 Dicembre 2008 da unbeldomani

21

MARK CHAGALL - Morto a 98 anni - Vedi anche p. 61 - Russo (N. 1887) figlio di povera gente ebrea. Può a stento frequentare la scuola e poi entrere nell’accademia delle B. Arti a Pietroburgo. Ma sogna Parigi, dove potrà andare, pagato da un deputato. Si afferma. Torna in Russia. Serve la rivoluzione del 1917: commissario per le Belle Arti, anche se scontenta tutti per le sue operestrambe: mucche che volano per aria, gente che vive a testa in giù. Ritorna a Parigi, dove si abbandona al suo estro, fatto di "ricordi". Opere: - Autoritratto con sette dita (mano sinistra) (Amsterdam). Le fonti d’ispirazione: Parigi (a spalle) e il paese natale fra le … "nuvole" (=ricordo). - Coppia di sposi con la torre Eiffel e Notre Dame (Parigi) c’è tutta la felicità degli sposini nei colori tenui e nelle figure che volano per l’aria. Fronde fiorite attraversano il cielo e una fanciulla porge a volo un mazzo di fiori ai due sposi abbracciati.

22

Il fascino del quadro è dato dal sapiente accostamento dei colori: anzi, per questo, Chagall è considerato uno dei più abili "coloristi" di ogni tempo. - Il violoncellista (Londra) Sembra una figura da circo (=mondo che ha attratto molto Chagall), perché lo strumento si è quasi personificato nello strumento. Alle spalle è un paesaggio nevoso in toni blu e verdi. Le due facce del violoncellista indicano la multiforme personalità di questi artisti di periferia. Le case sono forse ricordo del suo paese. - La donna col viso blu (1960). Anche dipinto tardi, ha tutte le fantastiche figure dei dipinti giovanili, insieme a intonatissimi colori suggestivi. C’è il clown (in alto, a volo) vestito in rosso , uccelli, mucche e uno scorcio paesistico (quello natale). In questa tela c’era dipinto un rabbino che egli trasformò in faccia blu di donna (= titolo del quadro).  

23

FIDIA

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MANTEGNA Pala di "SAN ZENO", Prima impressione: i santi appaiono impenetrabili, chiusi in se stessi. Nessuno guarda lo spettatore, tolto S. Pietro, pur con sguardo freddo, quasi assente. È un quadro difficile da interpretare. Infatti, Mantenga non vuole far presa sul ns/sentimento, ma solo sul nostro gusto artistico, sulla ns/ capacità d’osservazione. Bisogna, allora, osservare: - le figure sono tutte racchiuse dentro un abilissimo gioco prospettico - le figure hanno quasi tutte tre quarti di faccia, in modo da guardare il ns/ sguardo al volto della Vergine, - festoni conducono anch’essi alla Vergine attraverso una "strana" lampada che pende sul capo. Colori a tinte vivaci, fortemente contrastanti 

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Significato

della pala: - dar solennità alla Madonna, centro di devozione, - le figure dei santi, vigorose e ieratiche, rappresentano visivamente quello che per il Mantegna era il tipo ideale del credente = un essere incrollabile, pieno di dignità e dotato di una fede sicura, senza vuoti sentimentalismi.  

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BOSCH Girolamo Bosch (=Van AecKen) - (1450?-1516) - 1) un pittore fiammingo, che ha preso il soprannome dal bosco dove allestiva spettacoli religioso/morali, per fare riflettere sui problemi del Bene e del Male e sulle punizioni riservate ai peccatori. Dopo di lui, questo intento venne perseguito da un altro fiammingo, Pietro Bruegel. - 2) I suoi quadri sono pieni di figurine grottesche e mostruose, che riflettevano gli spettacoli che lui – divenuto "notabile" nella Confraternita di Nostra Signora – allestiva. 3) Opere famose. Tra esse: "Il Giudizio Universale" (Monaco) – "Il carro di fieno" (Madrid) per simboleggiare i beni terreni – "La salita al Calvario" (Gand): Cristo tra facce che esprimono i peccati più svariati – "La Crocifissione" (Madrid). 

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Il fregio dei CAVALIERI - Acutezza cui è colta la realtà. Cavalli e cavalieri, rappresentati in movimento - Scena scolpita in diagonale, coi personaggi disposti su diversi "piani" (cfr. zampe dei cavalli) - Il colore, sembrerà strano, ma le sculture di Fidia campeggiano rosse su sfondo azzurro e le armi – ora scomparse – non erano in marmo ma di bronzo e venivano aggiunte dopo, perché il sole le facesse sfavillare. Ma, oltre la tecnica, l’importanza sta nel significato spirituale dei volti, che esprimono fierezza, baldanza e calma solenne, coscienti del momento che stanno vivendo: processione panatenaica! Il loro è atteggiamento di religioso e assorto ossequio alla divinità. 

 
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NOTE DI ARTE 1 (Prof. don Aurelio Olivati) pag. 31-40

Post n°4 pubblicato il 11 Dicembre 2008 da unbeldomani

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Come si guarda una STATUA - Constatazioni 1) La scultura attrae di meno della pittura, perché non usa i colori né può avere altrettante varietà di soggetti. Qualche volta qualche artista,come Marino Marino nei "Giocolieri" usa insieme scultura e pittura. 2) non già perché sia più difficile da interpretarsi, ma perché ha un modo diverso di esprimersi. 3) Che cosa da tener presente?
A differenza della pittura, ha tre dimensioni (=si può vedere da tutte le parti: "tutto tondo") qualche volta è solo bassorilievo
Si può allora considerare il volume di essa, perché (a differenza della pittura) presenta un insieme di superfici curve, spezzate, piane, e la luce vi si posa in modo diverso, cioè uniforme e diffusa o vibrante e mossa
Non interesserà (come detto) il soggetto, quanto, piuttosto, lo stile dell’artista, cioè il "modo" con cui ha saputo trasfondere il suo animo nella materia.
Caratteri di una statua: proporzioni / staticità o movimento / plasticismo / espressione del viso / armonia
Esempi: quanto a "proporzioni", prendiamo un bassorilievo dell’Ara pacis (= figure

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perfette, curate, espressive); e un sarcofago paleocristiano (IV secolo) figure … proporzionate. Notare: l’artista non era un’ignorante, ma ha "deformato" per evidenziare di più l’espressione dei volti. 

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IMPRESSIONISTI  1) Le prime due mostre "rivoluzionarie": 1878 e 1876 a Parigi. Alcune espositori: Pissarro / Monet / Sisley / Renoir / Cezanne / Berta Morisat / Guillaunim… "Le figaro" ritrattò da "alienati". 2) Ragione dello scandalo. Fino alla prima metà dell’800, la pittura aveva sempre presentato, salvo qualche eccezione, soggetti "importanti" / personaggi storici / scene religiose o mitologiche. La tecnica era ancora quella dei grandi pittori rinascimentali, con particolari ben rifiniti e chiaroscuri sapienti a scopo di rilievo. Gli "impressionisti" invece (cosiddetti per disprezzo, come "incompetenti"): scelsero soggetti più semplici (paesaggi / scene e persone, tolti dalla vita di tutti i giorni; studiarono all’aperto (=fuori dallo studio) gli effetti che il variare della luce produce sulle cose, scoprendo che in natura le ombre consono nerastre,ma colorate; per far meglio risaltare i colori, non li mescolarono sulla tavolozza, ma li stesero direttamente sulla tela, puri, sovrapponendo le varie pennellate; 

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- per ottenere poi quella luminosità che è la principale caratteristica della loro pittura, accostavano i colori che meglio potevano valorizzarsi a vicenda: il blu e l’arancio, il viola e il giallo, il rosso e il verde; - infine, poiché il loro intento era quello di dipingere le cose negli aspetti mutevoli che dona loro la luce, usarono una pennellata rapida e vibrante e mantennero i contorni imprecisi, non definiti. 3) Furono artisti sfortunati e poveri, perché incompresi, anche se erano pionieri di una grande "maniera". 

Georges ROUAULT (Cfr. quaderno 2° note di arte pag. 20) Nacque a Parigi, in una cantina, mentre infuriava la guerra civile, nel 1871. A Parigi morì nel 1958, a 87 anni. Iniziò come restauratore di vetrate antiche e gli rimase nello spirito e nel gusto la suggestione dei colori. Scoperto come ragazzo promettente da un prof. dell’Accademia delle Belle Arti, vi fu iscritto e protetto. Vi si attuava un canone didattico: "cercare liberamente uno stile personale". Quel prof. diceva: "Io sono ora come un ponte su cui voi passerete, ma in seguito vi vedo soli, sempre più soli". Rouault fu un solitario. Non se ne conobbe quasi il recapito privato e lo studio. Unico indirizzo: Museo Moreau, di cui divenne direttore.
Soggetti: i più umili, nei quali pensava fosse riflessa la maggiore sofferenza umana; Cristo in prima fila, che egli ritrasse infinite volte; i clown, i saltimbanchi…
Le prime opere furono fosche e tenebrose, con quei contorni funerei neri, tanto che fu chiamato "ironicamente" fumista.

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In seguito, pittori con "macchie" brillanti di colore, a strati sovrapposti, come facevano i maestri di vetrate. Produsse molto. Divenne celebre. Un mercante di quadri aveva l’esclusiva delle sue opere, ma riuscì a liberarsi legalmente da tale ipoteca, perché dimostrò che molte opere erano incompiute. Visto che non poteva condurli a termine tutte, ne bruciò (1948) 315; e pensare che potevano valere insieme oltre un miliardo attuale! -Il clown ferito (1933) con tre figure, che sembrano far blocco delle spesse righe nere. Le tinte … sono da vetrata. - Notre Jeanne (d’Arc) (1940-48) Ritta sul cavallo, come le antiche statue equestri, diviene immagine stilizzata e simbolo di fede guerriera.la sua grandezza morale è data dal primo piano rispetto allo sfondo. Colori a tinta quasi fosforescente. - Eccettomo (39-1942) Ovale allungato del volto e struttura semplificata del busto, straordinaria dolcezza,che è favorita dalle linee e dalle tinte cromatiche più morbide e calde.  

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MATISSE e i "FAUVES" (=belve) Vedi anche pag. 59 - Fauves: da una frase detta per disprezzo dal critico parigino Louis Vauxcelles al vedere una "scultura" in mezzo a quadri di "pittori nuovi", compreso Matisse: "Donatello (la scultura) au milieu (in ½) des fauves (belve)!" - Da quel momento, Matisse e compagni = "fauves". MATISSE (1869 – 1954, = a 85 anni). Aveva cominciato la carriera forense. Dopo l’operaz. di una banale appendicite. Si appassionò alla pittura, che studiò e discusse con amici. Imboccò una poetica: · niente chiaroscuro, · niente prospettiva, · colori assolutamente "puri" (senza mezzi toni). Non fu capito e ancor oggi non lo è del tutto. Ebbe a dire: "Io sogno un’arte di equilibrio di purezza e di serenità. Un’arte che sia per l’uomo d’affari come per lo scrittore qualcosa di rasserenante, una specie di riposo della mente, qualcosa di simile a una buona poltrona, una distensione dalle fatiche fisiche…". I suoi compagni, in gran parte, presero altre vie, compreso Rouault; lui perseverò. Nella sua poetica c’era anche il principio dell’"esclusione di ogni riferimento alla realtà": quindi si potevano fare alberi rosa e cieli verdi. 

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Questo lo portò a rendere l’arte completamente libera dalla servile imitazione della realtà, per esprimere direttamente il mondo interiore e poetico dell’artista. Natura morta con pesci rossi, Ritratto di donna col raggio verde, Il marinaio, Natura morta con melanzana. Ogni tono di colore si accorda con gli altri I colori sembrano creare contrappunti musicali. Grande atelier Niente volumi e chiaroscuri. Solo accostamento di colori: l’azzurro del drappo e il verde del cocomero sembrano "retrocedere" sul piano rosso del tappeto, dando illusione di profondità. 

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PICASSO - Guernica (1937 – Museo Naz. D’Arte mod. New Jork) a prima vista, stravagante e incomprensibile Dimensioni: m. 7,5x3,5. Un toro, simbolo della Spagna, funestata dalla guerra civile nel 1937: infatti, Guernica = piccola cittadina venne bombardata. Sotto il toro, una donna disperata per la morte della sua creatura. Un cavallo, al centro, tutto attorto in sé per esprimere il suo terrore. Sotto il cavallo, il corpo squarciato d’un guerriero (= un braccio con spada spezzata). A destra, tre donne una protende una lucerna; un’alta sembra irrompere con impeto selvaggio; un’altra sembra precipitare da una finestra. Appena accennati: un tetto, un tavolo con …"colomba". Prevale il chiaroscuro, senza altri colori, per un effetto più tragico d’insieme.

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NOTE DI ARTE 1 (Prof. don Aurelio Olivati) pag. 41-50

Post n°5 pubblicato il 11 Dicembre 2008 da unbeldomani

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CUBISMO

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Nascita – A un’esposizione del 1908 Matisse gridò di fronte a una tela di Braque: "Oh, ecco i cubi!". Di qui, "cubismo". Def. È un nuovo modo di rappresentare la realtà, non come è, ma analizzata "dentro". Di qui, semplificazione massima delle "forme" fino a termini essenziali, geometrici. Alias, le "sezionarono",le scomposero nei loro elementi essenziali, cioè nei loro vari "piani". Es.: il volto di un uomo! Il pittore individuerà i vari piani: quello orizzontale della fronte, quelli obliqui del muso e delle gote, quello irregolare del mento. Terrà conto del piano di fondo su cui si staglia il volto. E i "piani" nascosti? (quelli che non si vedono?, come la nuca, zona dietro le orecchie) i cubisti vogliono ritrarre anche quelli. Inoltre: un viso, nella realtà non è mai immobile, bensì in continuo movimento, durante il quale tutti i piani si spostano in su in giù, a destra o a sinistra. Di qui: necessità di rappresentare contemporaneamente sulla tela tutti i piani che compongono l’oggetto da ritrarre: quelli visibili e quelli nascosti, quelli in quiete e quelli in movimento.

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· Ecco, il perché di quelle raffigurazioni sulle quali – si dice – "non si capisce nulla". La figura c’è, ma è tutta scomposta, irriconoscibile. I cubisti, abolita la prospettiva hanno creato uno spazio nuovo, in cui tutti i piani si intersecano l’uno nell’altro, giungendo a formare una specie di incastro di solidi geometrici. Questo incastro diventa talvolta tanto fitto e intricato da nascondere completamente l’oggetto ritratto. Cubismo "analitico" È cosiddetto il cubismo della prima fase". Ma il cubismo subirà elaborazioni, ripensamenti, superamenti. Fortune del "cubismo" Nel 1912, assenti Ricasso e Braque, a Parigi, "Salone d’autunno". Un consigliere municipale si sdegnò violentemente contro il cubismo e giunse a dire che là "si attentava – in ambiente governativo – alla stessa dignità del governo". E la questione – pur con un nulla di fatto – finì nella Camera dei deputati! Cubismo "sintetico" Braque e Picasso abbandonarono ogni semplificazione e portarono le 

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figure a termini più ampi e semplificati, spesso risaltati da colori intensi. Cioè: non analizzarono più gli oggetti, componendoli minutamente, ma li "costruirono" sulla tela servendosi di forme geometriche più spaziose, più definite, pervenendo a una fase detta del "cubismo sintetico". E arricchirono lo stile, introducendo sulla superficie del dipinto materiali inconsueti e di solito estranei alla pittura: colori impastati di olio e sabbia (per rendere rugosa la superficie), ritagli di giornali incollati sulla tela, fogli di carta dipinti a modo di pannelli di legno o di marmo. A che scopo? Allo scopo di rendere più reali i contenuti del quadro e anche a scopo decorativo.

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Cezanne e Picasso messi a confronto per uno stesso soggetto: molto di Ambrosie Voltaire, nel primo: costruzione secondo le "vecchie" regole, nel secondo: la figura è scomposta: non si stacca più dal fondo, in rilievo, secondo la prospettiva tradizionale; i piani si intersecano e si sovrappongono, determinando infinite sfaccettature, che non permettono più di individuare il soggetto, ma solo di intuirlo.

BraqueCase a l’Estaque (1908) : quadro che fece esclamare a Matisse : « Oh, ecco i cubi ! » BraqueLe gueridon (1911). Senza titolo si capirebbe ben poco. Si intuisce solo uno strumento musicale. Colori di tono spento.
LegerFumatori . Due uomini che fumano e levano cortine di fumo su un paesaggio di sfondo a colori vivaci e quasi cartellonistici.
DelannayLa torre Eiffel (1910). È riconoscibile, ma trasformata in una vivissima, fantastica "esplosione" di colore.

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PicassoViolino (1913) Esempio di "cubismo sintetico". Scomposizione di piani, ma questi sono divenuti più nitidi e distesi. La vivacità sta anche nell’effetto tra zone "ruvide" (olio e sabbia) e quelle colorate e levigate. È una composizione armoniosa, chiara ed equilibrata: un bel quadro (= non tutti i quadri dei "cubisti" sono belli: specie se vi si nota il prevalere della preoccupazione tecnica).
BraqueNatura morta (1929). Altro esempio di cubismo "sintetico". Rocca, tavolo, chitarra, giornale, frutta, coltello: tutto il dipinto è una felice armonia di colori limpidi e delicati.

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Marino MARINI (Vedi anche pag. 9) Uomo taciturno e tranquillo, che parla poco e osserva molto. Ha studiato all’Accademia delle Belle Arti di Firenze. Ha insegnato a Monza e ora al "Brera" di Milano. I suoi temi: le "pomone" (robuste figure femminili), i "giocolieri", e soprattutto i "cavalieri" in una serie lunghissima. Cavalieri: che cosa significano" Sono simbolo della condizione dell’uomo del nostro tempo. Nel 1937 eseguì il primo cavaliere, "un gentiluomo a cavallo, che cavalca sereno e classico" (Marini), un uomo fiducioso in sé e nel mondo, insomma. Poi, venne la tremenda esperienza della guerra e i suoi cavalieri divennero sempre più fragili, deboli, indifesi. Gli ultimi sono addirittura disperati e non hanno neppure la forza di reggersi in sella. Ha interpretato il dramma dell’uomo moderno

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MariniCavallo e Cavaliere (1947) Collezione Agnelli. Eseguito dopo la prima guerra mondiale. Gli uomini hanno ricominciato a "rivivere" e "sperare". Il cavaliere si tiene ritto in sella e alza il capo fiducioso. Le due figure fanno blocco unico. Volumi solidi e compatti. Struttura semplificata e piena di energia.
MariniCavallo e cavaliere (1947) Lincoln. Come nel precedente, ma i lineamenti del cavallo e cavaliere sono come "disintegrati", privi di personalità. - Opera lasciata scabra e opaca.
M
ariniGiocoliere (1953). New Jork. Qui c’è scultura e anche pittura. Cioè, il bronzo è chiazzato di colori, per cui risaltano più netti i piani, più vivaci e più dinamici.

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Def.

COME SI GUARDA UN’OPERA DI ARCHITETTURA- L’architettura è come la musica, "una musica solidificata"(Goethe). E cioè un’armonia fatta di ritmo, accordi, contrasti. - Al posto delle note ha volumi, superfici, masse, elementi decorativi, ma tutti in funzione dello SPAZIO che è il vero protagonista dell’edificio. Infatti, l’architetutta ha l’unica funzione di delimitare lo spazio, ossia di modellarlo in un modo preciso e adeguato allo scopo pratico ed estetico che l’architetto vuole raggiungere. 1) Le dimensioni dell’archit/: TRE (altezza, larghezza, profondità). Ma ce n’è un’altra, quella che risulta dai vari punti di vista, da cui ci si mette per "vedere" un’opera. Essi sono "vari", cioè molti, e si ha il "senso dello spazio", perché ci si trova immersi in esso. 2) Lo "spazio interno" è quello compreso dentro gli elementi che fanno l’edificio e che non devono essere considerati separatamente ma legatamene con gli altri. L’architetto rivela la sua sensibilità nel creare lo "spazio interno".

Intr.A

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Ci sono 3 diversi modi (principali) di "creare lo spazio" (e corrispondono a "tre epoche diverse"): A) Arte classica- a) uno spazio "immobile" come nel PANTHEON, cioè tutti gli elementi tendono a "chiudere" lo spazio e a darlo in una situazione di riposo e di stabilità.B) Arte rinascimentale – b) uno spazio ritmato come nella BIBLIOTECA DI S. MARCO, dove su pianta geometrica, archi e colonne, sempre uguali e a uguale distanza, sembrano muoversi ritmicamente nello spazio; (del Vignola a Firenze o nella Chiesa del Gesù a Roma);C) Arte barocca – c) uno spazio drammatico come nelle chiese barocche, dove tutto è animato, dilatato, moltiplicato da nicchie, pilastri, decorazioni, con forti contrasti di luce e di ombre. 3) L’aspetto esterno. Si può caratterizzare da due modi: a) il primo consiste nell’impostare l’edificio su una serie di volumi ben precisi (costruire "per volumi"), simili ai solidi geometrici. (Sangallo: chiesa di Montepulciano – Bramante: S. M. d. Grazie). I vari "corpi" sono perfetti parallelepipedi, l’abside è un semicilindro, il tiburio è un prisma. Il motivo geometrico è anche sui frontoni triangolari e sulle pareti rettangolari che risultano fra i pilastri. Donde: staticità, saldezza, ordine. Effetto "plastico".

L’architettura è l’arte di delimitare uno spazio, servendosi di elementi costruttivi che di esso costituiscono, per così dire "l’involucro".

 
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NOTE DI ARTE 1 (Prof. don Aurelio Olivati) continuazione

Post n°6 pubblicato il 11 Dicembre 2008 da unbeldomani

Su richiesta,  unione.manfredini@libero.it
Vi invierà il seguito di NOTE D'ARTE 1,
ed i files completi di :
- NOTE DI ARTE 2,
- NOTIZIE E DISCUSSIONE SU PALAZZO PESARO DI ESTE
- LETTERATURA ITALIANA
- PENSIERI E POESIE.

 
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Tutto è Grazia

Post n°7 pubblicato il 11 Dicembre 2008 da unbeldomani

Devo tanta riconoscenza ai genitori, ai maestri, ai benefattori in genere e a quanti mi hanno fatto del male.

Anche questi: il ferro è forgiato dal fuoco. Ignorare i più duri risvolti della vita sarebbe riprovevole ingenuità. E poi, non sarò stato io a provocare reazioni sfavorevoli negli altri?

Sono poco cedevole, fino a parere duro; sono corrivo a parole e a giudizi; sono portato a imporre più che a proporre...

Comunque, tutto sommato, vedo che devo molto anche a chi mi ha fatto del male, privandomi di stima e incoraggiamento quando ne avevo bisogno, buccinandomi per superbo e millantatore, demolendomi gelosamente per qualche gloriuzza.

Posso invocare anche qui la conclusione del Parroco di Campagna:

"Tutto è grazia?"

Credo di sì.

 
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Don Aurelio Olivati 1909/2002

Post n°12 pubblicato il 12 Dicembre 2008 da unbeldomani

Nato a Belfiore d'Adige (VR), il 14 luglio 1909, morto a Este (PD) il 17 marzo 2002, a 92 anni di età e 76 di professione religiosa salesiana.

 
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