EROI E UOMINITutto ciò che si acquisisce a fondamento di cultura arricchisce la vita e la matura |
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IL TEMPO
Il tempo
in groppa al vento
corre
Le foglie son cadute
mi vedo scheletro
come le piante
Avaro il sole
sopraffatto da alterne piogge
e rischio di neve
San Martino
non m’illuse. Da tempo
calpesto la terra
e vivo morendo
Se un orizzonte si aprisse
col Sole negli occhi
e dentro l’anima
per sempre (A. Ol.)
CUORE IMMOTO
E quando
vampe colori geli tenerezze
saran vicende chiuse
e gli occhi spenti e il cuore immoto
nulla più nulla conterà
oltre gli arditi gesti e i baldanzosi passi
tra cielo e terra
se non li avrò siglati
col segno dell’eterno (A.Ol.)
GIUDICARMI
Per giudicarmi ogni volta
cosa sono
cosa ero
cosa devo essere
La vita corre
ma guai esserne travolto
come sotto l’urto di fiumana
come rottame di naufragio
Volere
lottare
vincere
O Dio con Te (A. Ol.)
SUGGESTIONI
Chiamatele pure
suggestioni di forme
e di novello stile
ma il sentimento è mio
linfa della mia pianta
fiore del mio cuore
stilla della mia fede
Io non rincorro il grido
che fa grandi i nomi
o i fosfomi di evocazioni vane
Credo e amo
soffro e credo
attendo sicuro (A. Ol.)
CHI NON SA
Tanto meno uno sa
quanto più crede di sapere;
tanto più uno sa
quantomeno crede di sapere.
Chi non sa
cerchi di sapere;
chi sa
faccia di sapere di più.
Buffo è l’ignorante
che sdottoreggia;
amabile il sapiente
che parla in umiltà. (A. Ol.)
CHI NON SA
Tanto meno uno sa
quanto più crede di sapere;
tanto più uno sa
quantomeno crede di sapere.
Chi non sa
cerchi di sapere;
chi sa
faccia di sapere di più.
Buffo è l’ignorante
che sdottoreggia;
amabile il sapiente
che parla in umiltà. (A. Ol.)
COSA VERA
Nessuna cosa
è subito vera
Bisogna che acqua passi
tra salti e sassi
per esser chiara (A. Ol.)
LE IDEE
e le idee
quando sono verità
trovano nel cuore
il sole che le scalda (A. Ol.)
NATURA D'INCANTO
il concerto dei grilli e i fanalini
delle lucciole oblique sulle siepi
mentre al mattino le campane
risvegliate dai pettoruti galli:
lo spirito in sospeso
(aveva un bel chiamare la mia mamma
per la povera cena o per la scuola).
E la pioggia su tegole sconnesse
tastiera a molte mani
e il vento in frúscio tra le piante e l’erbe
e l’abbaiar dei cani. (A. Ol.)
PRIMAVERA
al ritorno delle rondini
mi perdevo pur io a ghirigoro
nel sole e nell’azzurro
e dentro i prati verdi mi pareva
sentire aprirsi i fiori.
CONOSCENZA
a indagare, ma non basta.
Son come risucchiato in un gorgo
profondo, dove - negato a ogni via
d’uscita (carrozzone piombato) –
non mi sarà mai possibile risolvere
il problema della vita, senza il ricorso
a una realtà trascendente. (A. Ol.)
CULTURA
a fondamento di cultura
arricchisce la vita e la matura
(A. Ol.)
VENTO
Oggi c’è vento
e il freddo cielo
sembra addolcirsi a primavera
Ma nella sera
tornan le nubi e spengono
desideri di fiori
acute speranze
contro fermi ritmi di stagione
c’è chi presiede e sa
qual è maggior bene
Io mi abbandono e credo
felice se già tanto
consola le mie pene
DON GIOVANNI TAMIETTI 1° DIRETTORE MANFREDINI
Il Collegio convitto Manfredini fu aperto il Novembre 1878, nel palazzo detto Ca' Pesaro, situato nella regione Torre di Este, e appunto ove la strada provinciale Este - Masi si incontra colla strada regionale Este - Montagnana Legnago. Ebbe il nome di Manfredini in ossequio a sua Ecc.za Mons. or Federico co. Manfredini , vescovo di Padova alla cui diocesi Este appartiene.
Il merito principale di questa situazione fu del M.o R. o D. Antonio Perin da Thiene, parroco in Este della parrocchia di S.a M.a delle Grazie. Esso mosso dal desiderio di arricchire questa città di un Collegio, ove si potesse avere una educazione veramente cristiana, tanto seppe instare presso il Sig. Dn Bosco da ottenere ch'egli aprisse questa nostra casa. Anzi aggiungendo al Collegio anche il Convitto (ed era necessario per la distanza che vi ha da Este) fu data comodità a quanti di questa provincia desiderano allevati cristianamente i propri figliuoli. [...]
(prof. sac. Giovanni Tamietti)
DON AGOSTINO PERIN PARROCO S.MARIA GRAZIE ESTE
Nel mese di Giugno [1878] fu all'Oratorio di San Francesco di Sales un degno ecclesiastico, Cooperatore Salesiano : era il M. Rev.do D. Agostino Perin, Parroco di Este. Colà lo moveva il vivo desiderio che dà molto tempo gli ardeva in petto di vedere nella sua parrocchia un Collegio-Convitto diretto dài Salesiani. Siccome i numerosi impegni già prima assuntici, non che le spese ed i gravami di tante opere in corso, formavano quale un monte di difficoltà non facile à superarsi; così il generoso uomo con uno slancio veramente edificante ci `disse : « Ebbene, mi promettano di venire fin di quest'anno, ed io farò per essi l'acquisto del locale. » Un atto di cotanta carità ci rapi l'animo, e lo giudicammo degno di essere assecondato. Pertanto accettammo il dono, e ci disponemmo a portare le povere nostre tende in quella città illustre.
Avuta la sospirata parola, lo zelante Sacerdote ritornò contento e giulivo ad Este, ove giunto, tanto s'ingegnò che, col fatto suo e coll'aiuto d i alcuni altri Cooperatori e benefiche persone, pose insieme la somma necessaria di comperare un grande ed ampio palazzo, capace di 200 convittori. Il Convitto fu aperto il 18 dell'or passato novembre, e porta il nome di Collegio Manfredini in ossequio a Monsignor Federico de' Marchesi Manfredini, Vescovo di Padova, nella cui diocesi si trova.
L'insegnamento abbraccia i1 corso elementare e ginnasiale, e viene impartito a norma dei programmi governativi da maestri e professori~ approvati. In quest' anno però saranno solamente attivate le quattro classi elementari e la prima ginnasiale.
La pensione è di L. 40 al mese. Le domande di ammissione si fanno al Sac. D. Agostino Perin, Parroco in Este, o al Direttore del Collegio Sacerdote Giovanni Tamietti, Dottore in lettere, oppure a D. Giovanni Bosco in Torino.
Fedelissimo alle sue promesse degnisi Iddio rimunerare col centuplo in questo mondo, e colla Vita Eterna nell'altro coloro tutti, che cooperarono all'impianto di questo nuovo Collegio; e nella sua misericordia renda pur questo per moltissimi giovanetti studiosi quale una scuola di virtù, ed un vivaio di buoni cristiani e probi cittadini.
(Bollettino Salesiano - Torino 1878)
MONS. FRANCESCO G. BRUGNARO - LA CULTURA ...
La vera cultura umana non può esaurirsi nella funzione di mediazione, di preparazione scientifica, nell'impegno fattuale; una cultura è in grado di rispondere e di maturare la potenzialità della persona solamente se s'interroga sui fini; se, invece, la problematizzazione del fine le è estraneo o le appartiene come uno dei valori, allora mancherà al suo obiettivo primario. Esso, proprio perché la cultura è in funzione della persona, consiste nel sottoporre le scelte al vaglio continuo della ragione, ed è quest'ultima a stabilire i criteri in base ai quali tendenze, desideri, impulsi e natura si ordinano.
Il metodo dell'intelligenza: domandare, vedere insieme, confrontare, ordinare, è l'unica garanzia nei confronti di culture unilaterali, ideologiche, totalitarie; l'intelligenza non tende all'esclusività, non ammette che qualcosa si perda. Se lo sviluppo storico della cultura, quasi sempre, non ci presenta come determinante l'aspetto di cui parliamo, la nostra esperienza, tuttavia, ci fa vedere con altrettanta chiarezza come diventino oscuri e tragici i momenti nei quali una cultura si trasforma da funzione, da descrizione, in obbligante valutazione, in cieco dover essere per altro.
(Prof. Francesco G. Brugnaro, Monografia Centenario Manfredini, 1978)
Ai cari Amici ex Allievi dei Salesiani la narrazione in poche e povere parole degli ultimi quattro anni di vita del tenero comun Padre Dn. Bosco lento, ma mirabile tramonto in terra dell'astro più fulgido del secolo XIX
Pio IX chiamava ai suoi tempi don Bosco "il più gran tesoro d'Italia", e il Ministro d'Italia Urbano Rattazzi contemporaneamente lo diceva "la più grande meraviglia del Secolo XIX", il primo Pontefice Santo, il Secondo un nemico della Chiesa e del Papa. |
Memorie di Don Matteo Rigoni degli anni 1884/1888 Desideravo di continuare gli studi per essere un giorno Sacerdote […] fui accettato nell'oratorio di Dn. Bosco a Torino. Ai primi di Ottobre del 1883 per la prima volta lasciavo il mio altopiano dei Sette Comuni per raggiungere l'ultimo lembo sulla Cima Emerle, di dove all'improvviso mi si distesa dinanzi agli occhi l'interminabile sottostante pianura padana. Gli occhi, le mani, il corpo, lo spirito fatto era in sussulto, mi pareva di aver scoperto un mondo nuovo come Colombo, dopo 13 anni passati nel reclusorio, sebben magnifico, della mia conca alpina. Era con me un altro compagno dell'Altipiano, e precisamente di Rotzo di cui non ricordo il nome. Guida a tutti e due era il caro don Pertile distinto sacerdote ben noto fra i Salesiani di Gallio, che ritornava a Torino dopo alcun tempo passato in patria. Entrai nell'oratorio a notte inoltrata, e col mio compagno fui introdotto in una camera all'ultimo piano "camera S. Luigi". Al mattino mi svegliai, ero solo col mio compagno in un gran camerone, e sento al fondo della camera uno che parlava in modo incomprensibile, era un imbianchino che aveva cominciato di passar il suo lavoro. Non capivo una parola! Povero me! Viene mezzogiorno al centro in un refettorio sotterraneo; la prima volta mi vedo passare una pietanza di peperoni con un intingolo non ne avevo mai assaggiati e nemmeno visti. Quale disillusione! Fortunatamente minestra e a pane non ne mancavano. Ma ecco dopo qualche giorno una visione di pranzo viene a mitigare anzi a scancellare le prime impressioni di disgusto: una mattina sento un gridare, vedo un correre da tutte le parti verso un cortile " Viva Dn. Bosco! si gridava da ogni parte. Era per me la prima volta che lo vedevo, passava sopra un loggiato che metteva sulla sua camera; un incontro, talora si fermava, guizzava giù con un movimento di mani e braccia; un sorriso di Paradiso, sotto in cortile un battimano che non finiva un entusiasmo indescrivibile. Nessuno, che non l'abbia provato può immaginare l'effetto magico prodotto nel cuore dalla vista di un tal Angelo dei fanciulli, di un Santo Padre. Quale conforto per un fanciullo mai uscito dal dolce nido della famiglia e trasportato in un collegio, incontrava subito un volto amico, un dolce sorriso, una parola che sa di papà e di mamma. Il giorno dopo io salivo per una scala, ed egli discendeva. Quale felice, inaspettato incontro! Mi ferma e mi rivolge alcune domande sull'età, sui miei parenti, il mio paese, tutto con sommo imbarazzo e tenendomi per mano. E poi in atto di licenziarmi: "Ben, saremo dunque amici, non i vero?…Intanto preparati a far la confessione generale dei peccati della vita futura". Era evidentemente uno scherzo, ma io fui colpito solo dalle parole "confessione generale". Ne fui come atterrito, e andavo pensando alle cose mie, e non mi sarei incontrato volentieri da solo e solo un'altra volta con Dn. Bosco. Ma ecco che un altro giorno, non so come, mi trovo solo con Dn. Bosco, e prendendomi per mano le sue prime parole furono: "E dunque, sei pronto a fare la confessione generale dei peccati della vita futura?" Ohimè! ci siamo, ho detto fra me; ma subito come un lampo ho intraveduto tutto il pensiero, l'altra volta mi era sfuggito quel "peccati della vita futura". Dn. Bosco ripetendo quelle parole, sorrise, io insieme con lui, e quella nebbia svanì. Potente sempre, comunque avvenga, quel richiamo di Dn. Bosco alla Confessione! Dopo qualche giorno un nuovo spettacolo m'impartiva. Dn. Bosco attraversa lentamente il cortile. Tutti corrono, avanti a lato, dietro Dn. Bosco. Egli alza le mani e le braccia, e vedo tutti quelli che ci arrivano allungare la mano, per toccare anche solo con un dito la mano santa di Dn. Bosco. Simbolo dei pulcini sotto l'ala protettrice della chioccia. Intanto, si procedeva piano piano; Dn. Bosco parlava ora intimo, e ora coll'altro, ora a tutti. Io piccolo stavo timidamente nascosto dietro gli altri, nella speranza di passare inosservato, quando all'improvviso Egli apre lo sguardo verso di me; i suoi occhi di una dolcezza misteriosa s'incontrano coi miei; "Fate largo, disse, lasciate che venga a me li quel mio nuovo amico". |
Vergognoso mi sono avvicinato, mi prese la mano, io baciai la sua, mi tenne con sé, ma intanto si era arrivati al fondo dello scalone. Salutatolo, e baciatogli la mano egli scompariva dalla nostra vista, non dal nostro cuore. Mi prese per qualche giorno la nostalgia della famiglia abbandonata. Ciò non ostante in tali condizioni mi sentivo ancora la forza di consolare quel mio conterraneo che incontrandomi piangeva quasi sempre, finché un giorno mi accorsi che era scomparso dall'oratorio, seppi che era tornato al suo paese. […] In una bella prima festa, credo dell'Immacolata, mi giunsero all'orecchio dall'orchestra della chiesa di M. Ausiliatrice le armonie dei cori dell'Oratorio; oggi ancora pensandoci, mi risuona dentro la delicatezza e dolcezza di quei canti; specialmente i cori di soprani e contralti mi davano l'impressione di cori di Angeli che partissero dal Paradiso per venire a rallegrare la terra. La Madonna provvedeva a Dn. Bosco grossi mezzi che valessero ad aiutarlo nel suo scopo di salvare le anime: voci mirabili di ragazzi e di uomini, scelti artisti per il teatrino fra giovani studenti ed artigiani. […] Non avevo mai visto nulla di simile al mio paese, e ringraziavo il Signore che mi avesse condotto in un luogo, da Lui così benedetto e favorito. Nelle solennità vi era anche la banda strumentale che rallegrava nel pomeriggio, sotto la guida del valente maestro De Vecchi. Talora sentivo motivi d'opera che mi erano noti perché uditi dalla banda del mio paese. Allora mi pareva di tornare fra i miei monti e rivedere i miei cari, ad assistere in piazza di Asiago, che oggi che scrivo esiste solo nella mia mente, ai modesti, ma tanto simpatici concerti, sempre vicino al tamburino o alla cornetta o a qualche altro strumento che trasformava il mio giovane entusiasmo anche perché strumenti suonati da qualche mio parente. Così passavo i primi mesi all'Oratorio di novità in novità, felice in una scuola di circa 80 compagni sotto un giovane professore, ma di tanta bontà, autorità e ascendente che il simile non ho mai più incontrato in seguito. Il cuore di Dn. Bosco lontano era sempre all'Oratorio, e i cuori dell'Oratorio seguivano il padre mentre innalzavano continue preghiere a Dio per la sua salute. Almeno una volta alla settimana dopo le orazioni della sera Dn. Rua veniva a parlarci e a portarci i saluti e le notizie di Dn. Bosco, sempre accolte con battimani perché festose e giubilanti. Ed intanto si procedeva con regolarità nel lavoro delle scuole e dei laboratori nell'attesa per noi di due grandi fatti, il ritorno di Dn. Bosco e la festa di Maria Ausiliatrice. Tutto questo occupava internamente il nostro cuore e ci rendeva felici e febbricitanti in una degna preparazione di canti e musiche, quando un giorno all'improvviso si sparse la voce che Dn. Bosco, prima di venire, ci avrebbe inviato una sua lettera, nella quale ci narrava un gran sogno da lui fatto in quei giorni, e in un giorno della novena di Maria Ausiliatrice, secondo la tradizione, dovevano fare la prima comparsa sull'orchestra, e dare un primo saggio i cantori della scuola inferiore di musica, i quali in numero di un centinaio scelti fra i nuovi venuti, dal principio dell'anno scolastico attendevano per mezz'ora ogni sera alla lezione di canto. Erano gli aspiranti alla "scola cantorum" effettiva, che sotto la guida del valente maestro salesiano Cav. Gius. Doglioni, a giudizio degli intelligenti, era salito al primo posto tra le cantorie d'Italia specialmente per il coro di soprani e contralti. Principianti volevamo misurarci coi nostri fratelli maggiori. L'attesa era grande fra i cantori ma anche fra gli estranei a simili gare. Venne finalmente la tanto sospirata sera. Dopo alcune battute di organo, una robusta profonda voce baritonale attacca i Tantum ergo a solo, a cui fa seguito e l'intreccia il novello coro di voci bianche, che con molta grazia e disinvoltura adempie il mandato. Esito trionfale!. Per il debutto non ci mancarono le caramelle e i rallegramenti. Era assicurata alla Scola cantorum di Maria Ausiliatrice anche per l'avvenire una vita sempre più fiorente. |
Ma a tenerci umili e ancor piccini di fronte alla sorella maggiore venne la festa di Maria Ausiliatrice, nella quale da ben 200 voci venne eseguita a perfezione la Messa in Re Maggiore del Cherubini. Chi non ha udito non può immaginare l'effetto magnifico e grandioso di quella musica. […] Fin dai primi tempi dell'Oratorio, quando si tratta di accademie o di recite teatrali ricorse sempre un nome che divenne assai noto nella storia dell'Oratorio. Si chiamava Carlo Gaslini che aiutava Dn. Bosco a portare la nota allegra in mezzo ai suoi giovani e Salesiani, riportando così il titolo di menestrello dell'Oratorio Io l'ho conosciuto e qualche cara volta ebbi la fortuna di essergli collega ben meschino e ancor piccino in qualche recita per es. nel grandioso dramma del Lemoyne allora di attualità intitolato: "La Patagonia". Gaslini aveva una abilità straordinaria per commuovere fino al pianto, e anche, quando era il caso per eccitare alle risa più gustose, passando con estrema facilità dal comico al tragico e viceversa, dalla prosa al verso, dall'Italiano a piemontese, in qualunque modo con effetto sempre sorprendente. Molti, specialmente fra i grandi, accorrevano alla camera di Dn. Bosco per sentire lo stato elle anime loro. Si vedevano e si udivano qua e là cose sorprendenti e curiose. Io timido per natura non mi sono presentato a Dn. Bosco, anche perché ancora della categoria dei piccoli, e d'altra parte dopo gli esercizi spirituali mi pareva di essere tranquillo di anima, ed anche ben mandato sulla mia vocazione per la via ecclesiastica aspirando di entrare dopo il ginnasio nel Seminario di Padova. Ma in quel tempo era stato nel mio animo un forte dubbio che Dn. Bosco, avendomi a sé, mi prospettasse un'altra via, e mi facesse la proposta di farmi salesiano, a cui non avrei mai acconsentito. Perciò da questo punto, se la persona di Dn. Bosco da una parte mi attraeva e mi incantava, dall'altra me ne tenevo lontano il pensiero della famiglia a cui mi sentivo attaccatissimo, il pensiero del Seminario, l'ideale dei miei primi anni d'infanzia, a cui per nessuna cosa al mondo avrei rinunziato. […] Nel cortile dell'Oratorio, la sera dell'Assunta si tenne, al solito, l'accademia della distribuzione dei premi e della chiusura dell'anno scolastico. Vi furono canti, suoni e declamazioni, tra l'altro fu eseguito da tutti i giovani un inno corale con accompagnamento di banda del Maestro De Vecchi intitolato: La partenza per le vacanze. Ma quest'anno mancava il personaggio principale: Dn. Bosco. Fu però ricordato come se fosse presente, e venne letto pubblicamente l'indirizzo che per quel giorno, pure suo natalizio, fu spedito al Padre lontano. […] Della mia classe venni chiamato il primo a ricevere il premio, che fu un magnifico libro, ben legato, il noto racconto intitolato: La Fabiola, del Card. Wiseman ch'io mi vidi tra mano per la prima volta, la cui lettura mi ha tanto soddisfatto e portato gran bene al mio spirito. Mi era mancata una sola cosa, che, un tal libro l'avessi ricevuto dalle sante mani di Dn. Bosco coll'aggiunta della sua solita parolina di incoraggiamento. Questo sarebbe stato il colmo . Comunque mi sentivo proprio felice, e volentieri mi decisi di rimanere per quelle vacanze all'Oratorio, sapendo che Dn. Bosco era ben contento che si rimanesse e che non mi sarebbero mancati compagni ed amici. D'altra parte le vacanze erano ridotte a 1 mese e ½, e nessuno se ne lagnava, o aveva pretese, o compiva motivi di convenienza o di salute tanto facili a fabbricarsi per ottenere i quattro o almeno i tre mesi di vacanza dell'oggi. Quelle vacanze furono per me fonte di tanta allegria e soddisfazione; si stava contenti di qualche passeggiata in più e di qualche rara recita. Fui tutto per il canto e per le recite, che formavano sempre la mia delizia. All'avvicinarsi poi dell'ottobre ebbi un'improvvisata che non mi teneva più nella pelle. Un Superiore mi avvertì che anch'io ero designato insieme ad altri di partecipare alla passeggiata ai Becchi per festeggiare la Madonna del Rosario in una cappelletta adiacente alla casa di Francesco Bosco, l'unico fratello rimasto della famiglia Bosco. |
Ed ecco il giorno aspettato, quello dei preparativi: vestiti, attrezzi per teatro, musiche, un armonietto anche, mi pare, libri di recite, di canti, una continuazione della famosa passeggiata di Dn. Bosco con i suoi primi allievi, che alla sera intrattenevano le popolazioni nei cortili di costose o campagnole cascine. […] Si pregava abbondantemente, ma senza luoghi, si dormiva sulla paglia in soffitta, con qualche coperta per ciascuno; di giorno passeggiate ai paesi d'intorno, Murialdo, Montorio, Castelnuovo, Chieri. Dinanzi alla cappella vi era un rialzo di terra, messo a prato, sul punto più alto si portava l'armonio, e noi cantori attorno a far sentire ogni sera canti soavi molto gustati da quei buoni terraggiani. Nel giorno della festa del S. Rosario al mattino si cantò la Messa di S. Michele del De Vecchi; accompagnava all'armonio il nostro bravo Maestro Doglioni e in pari tempo faceva le battute con gli occhi e con la testa. Non c'è bisogno di un gran direttore d'orchestra, tanto la musica era facile, melodica, e anche a tratti (direi) molto allegra; ancora adesso dopo oltre 50 anni, ricordo canto e accompagnamento […]Dn. Bosco mi conosceva, sapeva che nella scuola non ero degli ultimi e nemmeno dei mediocri, mi aveva visto sul palco a recitare e a cantare, sapevo che si interessava di me, doveva essere in quest'anno o nell'anno dopo 1886 che assistendo anche Dn. Bosco ai nostri teatri quando poteva, una volta indicando me a Dn. Trione nostro catechista, che gli stava accanto, gli disse: «Vedi, quello là deve essere dei nostri te lo affido, non lasciarlo scappare». Questo l'ho saputo da Dn. Trione stesso tanti anni dopo, […]tremavo solo al pensiero che Dn. Bosco potesse fare dei calcoli sopra di me. Perciò me ne stavo lontano. Solo qualche rara volta seguivo quelli del ginnasio superiore fino all'anticamera di Dn. Bosco che serviva da cappella con un altare, dove Dn. Bosco a certa ora usciva a celebrare. A un certo punto ecco che si leva un leggero movimento della porta, compariva Dn. Bosco, come una visione di paradiso, tutto raccolto in se stesso accompagnato fino all'altare, ove comincia la Santa Messa. Tutti siamo pronti per la S. Comunione infra Missam, che Dn. Bosco stesso ci amministra. Finita la Messa, Dn. Bosco ritorna nella sua stanza per il ringraziamento. Non ricordo che si fermasse in quel momento a parlare coi giovani. Solamente un giorno ritornando, arrivato vicino a me, si ferma; mi fa cenno che mi avvicini alquanto come avesse qualche cosa da dirmi. All'orecchio mi dice piano: «E vai a confessarti?». «Sì, signore!» fu la mia risposta. Difatti ogni sabato andavo a confessarmi da Dn. Durando. Dn. Bosco vedeva che faccio la Santa Comunione, ma non mi vedeva mai al tribunale di penitenza, solo una volta nelle passate vacanze, quando, non so come sia avvenuto, mi sono precisamente confessato da Dn. Bosco in quella medesima anticamera, e poi gli ho anche servito messa, con mia grande consolazione. Era sempre Dn. Bosco, il buono, il santo, il grande. Verso la fine di quest'anno scolastico, un giorno nella ricreazione di merenda, un sacerdote, non so più quale, mi incontra, mi ferma, e mi dice che Dn. Bosco mi attendeva in sua camera. Sono salito alla camera di Dn. Bosco, con il cuore che mi batteva un po’ più forte. Dn. Bosco che sedeva al suo tavolinetto, io in piedi accanto a lui. Quasi subito mi domandò se non mi sarebbe piaciuto di fermarmi con lui e farmi salesiano. Gli risposi subito che era mia intenzione di andare poi in seminario, e che anzi quest'anno dopo due anni che stavo lontano da casa sarei andato al paese a passare le vacanze e a vedere i miei di casa che da tanto tempo non avevo più veduto. Dn. Bosco non disse più una parola sul primo argomento. Mi augurò buone vacanze, mi disse di salutare i miei a nome suo, e mi raccomandò di pregare Santa Maria Ausiliatrice, che anch'egli avrebbe pregato per me. E le vacanze vennero, e da solo partii da Torino per il mio lontano Asiago, con nel cuore un cumulo di forti soavi impressioni della mia nuova vita dei due anni trascorsi all'Oratorio, per di più con un pacco di poca roba, e piegato fra queste un testimonio prezioso (premio efficace) che non invano ho sofferto per due anni l'allontanamento dalla famiglia, cioè di quanto avevo di più caro nella mia vita. CONTINUA SU http://blog.libero.it/ManfrediniEste |
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Prendi il tuo sacco in spalla
senza guardare agli altri
e portalo animosamente
anno dopo anno
verso le cime
Brughiere
spini
aguzzi sassi
normal retaggio
del comun viaggio
Ambire e durare
verso l’adempimento
di non fallace promessa
(Prof. Aurelio Olivati)
LUNA ROSICCHIATA
Stasera
c’è una luna rosicchiata
da un buio che non vuol lasciarsi vincere
Però io so aspettare
quando la notte
sarà come giorno (A.Ol.)
DOPPIO FULGORE
Doppio fulgore
dalla neve recente
quasi abbaglia
come provai su gli alti monti
E vedo nei tuoi occhi
una balenare dolce
che quasi saetta
dal candore della tua anima
O benedetta innocenza
primavera del mondo (A. Ol.)
RICONOSCENZA
Scoppio di riconoscenza
Sempre così
quando sul poco umano
sovrabbonda il divino
Se si sapesse leggere la storia…
Senza piega senza velo
l’uomo sarebbe verticale
piedi per terra
ma il cuore e la mente
negli occhi
tesi al Cielo (A. Ol.)
LO SCRIGNO
Cavo dallo “scrigno”
e mi rileggo tutto
del mio stato d’animo
Si risvegliano pungenti
le tristizie
e peno
e quasi piango
Ma su tanto mutare terreno
si stende un infinito
ad arcobaleno (A. Ol.)
NON DORMO
Non dormo
conto minuti eterni
fuori
né luna né stelle
immense cose belle
È buio
è freddo
anche nell’anima
Non so pensare
non so vagare
non so pregare
Invoco il sonno
fior della notte (A. Ol.)
L'ALTRA VITA
Fuoco di sole stanco
temperato da fasce scure in basso
in alto una fascia arancione
sfumata in oro
Ha finito il suo viaggio
qui da noi
promette un bel domani
Che orizzonte
tessuto nel ricamo
degli alberi ancora scheletriti
che ostentano prime gemme
La notte che verrà
è già addolcita dal pensiero
d’un alba tutta rosa (A. Ol.)
ADESSO
son tutto nel frastuono
di ritmi forsennati e dinnanzi
e l’anima ha perduto la sua gioia. (A. Ol. )
NEBBIA
Velo agli occhi tirati
nebbia greve sul cuore
Vivo nel rovello
d’un gorgo da risucchio
Carrozzone piombato
mi trascina dilemma antico
O Verità, spalanca i tuoi cieli.
(A. Ol.)
IL MIO TRAMONTO
Per “quelli”
togli memoria
poiché il paradiso
è nuova storia
Per “questi”
solo ringraziamento
alla misericordia
ce tramite mio
o Dio
volle tua gloria
Al mio tramonto
la vita vera
in luce e in gioia
purificato
dal mondano tormento
da grave noia
Inquieto il mio cuore. (A. Ol.)
L'UOMO
Succhiato mente e sensi
da una luce spettrale
di pur alto congegno
l’uomo non sa più vedere
nemmeno i fiori del suo orto
né rispecchiarsi più alla festa
dei bimbi dentro il sole
ai trilli degli uccelli
ai miracoli di natura
Addio poesia
canto di gioia viva
Adesso automi e schiavi
regnano sul mondo
e angoscia li attanaglia
in casa a porte e finestre murate
Resta l’universo
una tastiera muta
STANISLAO GASPARETTO (1920-1934)
DON LUIGI BOSCAINI - MANFREDINI: GIOVANI, ...
(don Luigi Boscaini, Monografia Centenario Manfredini, 1978)
HUMOR (DON MASSIMO GATTO)
"Come si chiama lei?"
"Gino"
"Bartali?"
"Eh, magari!"
e all'altro: "E lei come si chiama?"
"Fausto"
"Coppi?"
"Eh, magari!"
Uno dei due: "E lei, madre?"
"Maria"
"Vergine?"
"Eh, magari!".
Inviato da: diletta.castelli
il 23/10/2016 alle 16:40
Inviato da: scrivisulmioblog
il 17/07/2008 alle 11:07
Inviato da: scrivisulmioblog
il 14/07/2008 alle 17:52