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SULLA PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE A FAVORE DEI GAS (?)

Post n°37 pubblicato il 31 Luglio 2010 da gaspiterina

Nei giorni scorsi è stata presentata a Palazzo Cesaroni una proposta di legge finalizzata al sostegno e alla promozione dei GAS, primo firmatario il capogruppo regionale dell'Idv Oliviero Dottorini.

Qui di seguito la lettera che abbiamo inviato a Dottorini per esprimere la nostra posizione in merito.

Gentile Oliviero Dottorini,

Con la presente, in qualità di aderenti a un GAS del territorio umbro, desideriamo esporle alcune considerazioni in merito alla proposta di legge regionale “Norme per il sostegno dei gruppi di acquisto solidale (GAS) e per la promozione dei prodotti alimentari da filiera corta e di qualità” di cui lei è estensore.

Riconosciamo che tale normativa costituirebbe un passo in avanti nell’attenzione che le istituzioni rivolgono al consumo consapevole e alla promozione dell’agricoltura locale, ma ci sembra che abbia poca attinenza con la realtà dei gruppi d’acquisto solidale e con le problematiche incontrate da molti dei produttori con cui i GAS collaborano.

La sensazione è che nell’elaborarla lei abbia tenuto a mente soprattutto, se non esclusivamente, l’esempio dei GODO (l’unica iniziativa che cita in maniera esplicita) e di altri soggetti simili che a nostro avviso non possono essere considerati dei gruppi d’acquisto solidale (né d’altronde essi si definiscono tali).

Uno dei punti qualificanti della sua proposta è la concessione di un contributo a fondo perduto ai gruppi d’acquisto con lo scopo di partecipare “alle [loro] spese di funzionamento, promozione ed organizzazione”. Noi siamo fermamente convinti che un autentico GAS per funzionare non abbia bisogno di finanziamenti, perché i vincoli di solidarietà presenti al suo interno fanno sì che le spese di approvvigionamento si ripartiscano in modo equo e del tutto sostenibile tra i membri: ciascun aderente al gruppo svolge del “lavoro volontario” a beneficio di tutti gli altri, cosicché l’attività del GAS è, in sostanza, un “gioco a somma zero” che si autofinanzia. Un gruppo in cui qualche membro percepisca di “perdere qualcosa” è un gruppo che difetta di condivisione, partecipazione e, in ultimo, di solidarietà.

In questa ottica i GODO sono quanto di più distante possa esserci da un GAS: un’organizzazione che offre un servizio a degli “utenti” che sono del tutto deresponsabilizzati rispetto al funzionamento del gruppo e alla gestione degli ordini e che possono perfino ignorarsi bellamente tra loro. È ovvio che in una situazione del genere (che noi definiremmo di “filiera accorciata” e non “corta”, in quanto tra il produttore e il consumatore finale si frappone comunque un soggetto terzo) il carico di lavoro si concentra su poche persone che possono legittimamente pretendere di essere remunerate.

I contributi economici, dunque, potrebbero effettivamente giovare ai GODO e ad altre realtà simili, che però sono associabili ai GAS solo con una notevole forzatura (tanto che lei stesso, per ricondurle a questa tipologia, ha dovuto ritoccare la definizione che la normativa nazionale dà di “gruppi di acquisto solidale” specificando che l’attività di tali gruppi non deve prevedere l’applicazione di ricarichi “ad eccezione – questa la sua postilla – della copertura dei costi di gestione”). Per agevolare le attività dei veri e propri GAS, invece, potrebbe risultare molto più utile, ad esempio, concedere in uso gratuito degli spazi dove i loro membri possano riunirsi, scambiarsi i prodotti, organizzare iniziative pubbliche ecc.

Oppure perché non destinare i fondi a una campagna di informazione e di sensibilizzazione rivolta ai piccoli produttori convenzionali per stimolarli a convertirsi al biologico? Vi sono dei contributi regionali che aiutano ad ammortizzare i più elevati costi che questo tipo di agricoltura comporta (sempre che vengano stanziati: sappiamo della sua interrogazione in merito ai 260.000 euro per il bio mai investiti): questa iniziativa (da cui potrebbero trarre un guadagno indiretto anche i GAS) è stata pubblicizzata in modo adeguato tra i diretti interessati?

Che poi lei non abbia tenuto in gran conto l’esperienza dei GAS autentici lo si deduce dai requisiti che la sua proposta di legge fissa come necessari o preferenziali per accedere ai contributi regionali. In particolare, viene stabilito che:

- “[...] il Gruppo d’acquisto solidale deve avere la veste giuridica di associazione”. A questo proposito teniamo a ricordarle che i GAS sono per la maggior parte gruppi informali, cosa che consente loro di evitare pastoie burocratiche che avrebbero il solo effetto di inficiarne l’attività: è quanto meno sorprendente, per usare un eufemismo, constatare che questi GAS verrebbero esclusi a priori da ogni beneficio.

- “[...] nel determinare le modalità di concessione delle erogazioni, tiene conto anche dei seguenti criteri: […] • numero minimo di partecipanti al gruppo”. La nostra esperienza ci porta a osservare che i GAS che realizzano al meglio i principi fondanti di condivisione e solidarietà sono quelli di dimensioni contenute: in questa prospettiva indicare una soglia minima di partecipanti ci sembra del tutto insensato.

Sulla base di quanto detto, ci chiediamo se anche una proposta di per sé apprezzabile come quella di finanziare una campagna informativa sui GAS non rischi di tradursi in una pubblicità a costo zero a favore di associazioni che con i GAS hanno poco o nulla a che vedere.

Riferendoci alla nostra esperienza diretta, abbiamo poi delle perplessità riguardo al modo in cui la sua proposta di legge mira a sostenere le produzioni locali di qualità. Anche in questo caso ci sembra che lei abbia assunto un’ottica parziale che la conduce a ignorare le reali esigenze di un buon numero di agricoltori con cui abbiamo avuto occasione di confrontarci.

Va bene incoraggiare la vendita diretta per evitare lo strozzinaggio delle aziende di distribuzione, ma perché, ad esempio, non proporsi di rimuovere i tanti lacci e lacciuoli burocratici che ostacolano l’attività dei produttori più piccoli (e – sia detto per inciso – più importanti per la difesa della terra, della biodiversità e delle culture tradizionali)?

Perché non promuovere un sistema di certificazione delle produzioni bio meno oneroso, più partecipato e in definitiva più solidale (le alternative in questo senso non mancano, basti pensare all’autocertificazione e alla certificazione partecipata)?

Rispetto a queste problematiche quale incidenza può avere la proposta di incentivare “[...] l’impiego da parte dei gestori dei servizi di ristorazione collettiva pubblica di prodotti agricoli da filiera corta, a chilometro zero e di qualità”? Nessuna, crediamo, perché chi conduce un’agricoltura marginale dal punto di vista economico – ma essenziale sotto l’aspetto ecologico, sociale e culturale – non ha certo la possibilità né probabilmente l’interesse a inserirsi in questo mercato.

Infine, i contributi previsti “[...] per la realizzazione di mercati o comunque di punti di vendita riservati agli imprenditori agricoli locali e di qualità per la vendita diretta” a chi sarebbero erogati? Questi spazi da chi sarebbero gestiti? Non sarebbe preferibile favorire i vari mercati autorganizzati già esistenti, aperti a tutti i contadini biologici al di là delle rispettive affiliazioni?

Per concludere, ci permetta di proporle un modo per incentivare la diffusione dei GAS non per mezzo di leggi ad hoc ma attraverso delle pratiche virtuose: perché non sollecitare la formazione di gruppi d’acquisto solidale tra i dipendenti della Regione e magari attivarsi perché l’iniziativa venga replicata all’interno di Province e Comuni?

Tutto ciò è quanto ci sentivamo di dover precisare riguardo a un’esperienza che ci coinvolge direttamente. Ci auguriamo che nel corso dell’iter di approvazione della legge gli organi competenti vorranno tenere conto delle nostre obiezioni e proposte.

Con i migliori saluti,

Denise Arcidiacona, Nicoletta Borghesi, Roberta Carinci, Carlo Cesarini, Luca Loletti, Valentina Losani, Gabriele Moesle, Coralla Ongaro, Annarita Petrini, Francesca Renzi, Deborah Rim Moiso, Gjergj Rodi, Paolo Rosignoli, Raffaele Sanna, Alessandro Vigiani del GASpiterina di Perugia

 

 
 
 
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Vi è mai successo di andare a prendere la vostra bustina di farro pregustando già la buona zuppa che mangerete e di trovarla infestata da farfalline??? Che poi sarebbero tipo tarme???Boh?
Comunque x evitare l'inconveniente, appena comperate cereali mettete la busta in freezer x almeno 12 ore, la temperatura ucciderà eventuali uova e i cereali si conserveranno di più!!!


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Per far maturare i cachi verdi, chiudeteli in un sacchetto con delle mele.. .tre quattro giorni sono maturi!Non saranno rossi, ma morbidi e pronti da mangiare sì! La spiegazione scientifica c'è... ma ora non me la ricordo, so che le mele “producono” delle sostanze che fanno maturare le cose con cui stanno a contatto.

 

 

 

 

 

 
 

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