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Post N° 490

Post n°490 pubblicato il 25 Giugno 2007 da grechu


Con Evo Morales: “il movimento indigeno è la riserva morale dell’umanità”



 

lunedì 25 giugno 2007

 - 07:11:25, in America Latina,





Il
primo governo indigeno nella storia della Bolivia, ha vissuto
pericolosamente il suo primo anno e mezzo di vita. Tra difficoltà ed
errori, soprattutto sul fronte di un’Assemblea Costituente oramai in
fase di stallo, e successi come quello della nazionalizzazione del gas,
incontriamo Evo Morales, primo presidente indigeno del paese.

Gennaro Carotenuto intervista Evo Morales

Evo,
come tutti lo chiamano, non è stato cambiato per nulla dal potere e
continua ad essere lontano dallo stereotipo del capo di stato.
Nonostante il decoroso giubbino che sostituisce la tenuta presidenziale
all’occidentale dei suoi predecessori, continua ad essere il
sindacalista che per una vita ha difeso quegli indigeni che da 5.000
anni in Bolivia coltivano la pianta di coca, la base identitaria della
cultura andina. La sua cultura continua ad essere altra, antitetica a
quella Occidentale. Ascolta attentamente, parla piano, senza iattanza,
con modestia. Il suo parlare è semplice, diretto, privo di retorica o
artifici. Tanto la cultura aymara, alla quale appartiene, come la
tradizione sindacale, fanno del dialogo, della trattativa, delle
decisioni condivise che maturano lentamente, la base di ogni processo
democratico.

Lo incontriamo a Cochabamba, dove ha inaugurato il
“V Incontro mondiale di intellettuali e artisti in difesa
dell’umanità”, nel quale si è discusso per due giorni di media e
diritto all’informazione. E’ un tema chiave anche in Bolivia dove,
secondo uno studio dell’Università Cattolica, Evo Morales ha il 66% di
appoggio popolare ma ha l’80% dei media contro. Morales mi corregge:
“E’ il 66% nelle città, dove la gente ha il telefono e risponde ai
sondaggi. Ma nelle campagne abbiamo l’80%. E’ importante discutere di
democratizzazione dei media perché spesso, per mancanza di
informazione, non si hanno i mezzi per cercare giustizia ed equilibrio
nella società. Sono preoccupato dalla concentrazione mediatica, ma allo
stesso tempo sono contento, perché nel mondo stanno crescendo fonti di
comunicazione alternativa che si interessano alle necessità dell’essere
umano”.

Per marcare la differenza, come primo atto del suo
governo, Evo dimezzò il suo stipendio, portandolo a 1.500 € al mese.
Altrettanto fece con ministri e parlamentari. Qualcuno lo considererà
demagogico, ma il ragionamento è opposto a quello occidentale: solo chi
accetta di entrare in politica rinunciando ad un’ascensione di
carriera, lo farà per spirito di servizio. Poi stabilì che se i
boliviani avevano bisogno del visto per entrare negli Stati Uniti
allora anche gli statunitensi avevano bisogno del visto per entrare in
Bolivia. Qualcuno sorrise, ma i boliviani sentirono che per la prima
volta non erano più cittadini di serie B. Ma, soprattutto, lo scorso
anno Evo fece parlare di sé per la nazionalizzazione degli idrocarburi,
creando uno scandalo internazionale. La settimana scorsa ha chiuso i
conti, acquistando per 112 milioni di dollari le raffinerie di
proprietà di Petrobras, dimostrando che contrasti col Brasile
dell’amico Lula non ve n’erano.

Evo, sulla stampa italiana
qualcuno ti definì un “narcoindio fuori di testa”. Sorride: “Il nostro
impegno è quello di rifondare la Bolivia. Su basi etiche ma anche su
basi economiche. Per farlo abbiamo nazionalizzato gli idrocarburi”.
Oggi perfino i mercati appaiono tranquilli, e pochi discutono che sia
stato il tuo più grande successo: “Pochi giorni fa ho visitato un
municipio poverissimo nei dintorni di Potosí. Fino al 2005 aveva un
bilancio di 840.000 bolivianos (la moneta locale, circa 85.000 €, ndr).
Nel 2007 ha un bilancio di oltre 9 milioni di bolivianos (930.000 €).
Ed è così in tutto il paese e speriamo che questi soldi siano ben
amministrati da sindaci e prefetti. Ti faccio un altro esempio: dal
1970 fino al 2005, ogni fine anno, fosse chi fosse il capo del governo,
per poter pagare le tredicesime dovevano partire dei funzionari per gli
Stati Uniti a farsi fare un prestito. Lo scorso anno per la prima volta
ciò non è avvenuto. E ciò non è avvenuto perché abbiamo recuperato la
sovranità sui nostri idrocarburi. Nel 2005 dagli idrocarburi allo Stato
rimanevano solo 300 milioni di dollari. Adesso entrano 1.600 milioni di
dollari, ridistribuiti tra le amministrazioni locali, le università e
il tesoro. Il succo di questa esperienza è che le risorse naturali non
devono mai essere privatizzate perché sono quelle che risolvono i
problemi”.

Fin qui i successi. Ma ci sono anche le difficoltà,
soprattutto con l’Assemblea Costituente, sulla quale il partito di
maggioranza, il MAS (Movimento Al Socialismo), aveva puntato molto per
cambiare lo Stato. Dopo la vittoria dell’opposizione, che ha imposto
che ogni singolo articolo debba passare con una maggioranza dei due
terzi, per molti osservatori è già una scommessa perduta. Ha ceduto sul
regionalismo, che favorisce i ricchi e bianchi dell’Oriente, altre
volte mantiene le posizioni con difficoltà. E’ il caso dell’abolizione
del cattolicesimo come religione ufficiale, una misura che vuole
terminare con sovvenzioni ed esenzioni fiscali. “Non nego che ci siano
delle difficoltà su punti importanti e l’opposizione stia ritardando o
bloccando il processo. E’ possibile che vengano allungati i tempi (i
lavori per legge dovrebbero concludersi il 2 luglio, scadenza oramai
saltata, n.d.r.) e che si ricorra a referendum popolari per dirimere le
divergenze”.

Il problema del latifondo è tra questi: “Gli
allevatori pretendono che, per ogni capo di bestiame posseduto, ben
cinque ettari di terra siano considerati produttivi e quindi esclusi
dalla riforma agraria”. Emergono continuamente due idee di paese; per
Evo va conciliata la giustizia comunitaria indigena con quella
tradizionale occidentale e abolita quella militare che tocca nodi come
quello dell’impunità. Tuttavia il Presidente, come un nation builder
del XIX secolo, è favorevole al servizio militare obbligatorio: “Per
gli indigeni il servizio militare è stato una maniera di essere
riconosciuti socialmente. I creoli riuscivano ad evitarlo con ogni
pretesto e io sono il primo presidente –civile- della storia ad aver
fatto il servizio militare”. La permanenza della leva si concilia con
la rinuncia alla guerra voluta dal presidente nella nuova Costituzione:
“Nessuna delle guerre della storia che hanno coinvolto il mio paese,
sono state volute dal popolo. Dalle guerre i popoli perdono e le
multinazionali guadagnano. Le multinazionali provocano conflitti per
accumulare e concentrare capitali, e questo non è utile e non risolve
alcun problema per i poveri del mondo. Quindi, nella nuova
Costituzione, la Bolivia rinuncerà alla guerra. Perché se c’è guerra si
devono costruire più armi e se si costruiscono più armi si producono
meno alimenti e meno medicine per l’umanità”. Evo, l’uomo del Sud del
mondo, è deciso: “bisogna pensare a modelli diversi di società rispetto
al capitalismo. Non è accettabile che nel XXI secolo alcuni paesi e
multinazionali continuino a provocare l’umanità e cerchino di
conquistare l’egemonia sul pianeta. Sono arrivato alla conclusione che
il capitalismo è il peggior nemico dell’umanità perché crea egoismo,
individualismo, guerre mentre è interesse dell’umanità lottare per
cambiare la situazione sociale ed ecologica del mondo”.

Che
sfida culturale è stata quella del potere, per un uomo profondamente
radicato nella cultura andina come te? “Avevo paura perché la nostra
gente considerava il politico commediante, malfattore e ladro. Fare il
sindacalista invece era difendere i diritti umani, la terra, la foglia
di coca. E allora io non volevo lasciare il sindacato, nonostante mi
avessero proposto di essere deputato e già nel 1997 rifiutai una prima
candidatura alla Presidenza. Temevo che come politico mi avrebbero
malvisto. Poi capii che la politica è la scienza di servire il popolo e
che è possibile vivere per il popolo e non del popolo”. La sfiducia per
l’Occidente espressa da Morales resta grande: “Nella cultura
occidentale, chi viene eletto pensa immediatamente a come guadagnare
denaro. A quale impresa esigere il 10%, il 15%, in cambio del
privatizzare questo o quello; sono quelle che chiamate tangenti. Ma se
guardiamo alla nazione come una famiglia, e la famiglia per noi è molto
importante, questo tipo di autorità non risponde alle esigenze della
famiglia, di quella famiglia che è la Bolivia. La nostra cultura, le
comunità indigene, si muovono su altre basi. I nostri principi si
basano sul ‘ama sua, ama llulla, ama qh'ella’,
che in lingua aymara significa non rubare, non mentire e non battere la
fiacca. Questi precetti, che ci vengono dalle nostre autorità
originali, sono così importanti che ritengo che basandosi su questi si
possa cambiare la società. Pertanto io affermo che il movimento
indigeno è la riserva morale dell’umanità”.

Se sul fronte
delle nazionalizzazioni il successo è evidente, dalla Corte suprema al
Tribunale costituzionale il governo sembra trovare difficoltà
crescenti, dimissioni, decisioni sfavorevoli: “L’opposizione continua a
considerare la nazionalizzazione incostituzionale, così come continua a
considerare incostituzionale ogni decreto contro la corruzione. Hai
ragione; purtroppo non abbiamo una giustizia che faccia giustizia per
la maggioranza, ma continuiamo ad avere un sistema giudiziario che
pretende di amministrare giustizia per continuare a fare accumulare le
ricchezze in poche mani”.

A giorni in Costituente comincerà
un’altra battaglia, quella delle miniere, che oggi pagano un risibile
3% di imposte al fisco. E’ solo un altro dei conflitti aperti: “Siccome
la situazione economica sta migliorando, tutti vogliono tutto. Più
salario, ma anche settarismi, interessi, regionalismo. Abbiamo
dimostrato che possiamo migliorare l’economia per tutti, ma ovviamente
è ben più difficile recuperare il ritardo storico di 500 anni e gli
anni del neoliberismo, delle privatizzazioni selvagge, della svendita
dello stato, in pochi mesi o pochi anni. Le nostre politiche oggi sono
orientate contro quel modello economico, a recuperare la dignità della
Patria, a favorire l’uguaglianza tra i boliviani. E poi c’è un altro
tema di fondo, quello della madre terra, della Pachamama. I popoli
indigeni crediamo che dobbiamo vivere in armonia e difendere la madre
terra. Risorse naturali come l’acqua, che il capitalismo considera una
mercanzia, noi invece le consideriamo un diritto umano”.

Per riprodurre questo articolo è indispensabile, oltre a citare l'autore, inserire un link cliccabile a http://www.gennarocarotenuto.it






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