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« «Calcio italiano da camb...CONTE, IL GIORNO DEL GIU... »

Omessa denuncia. Chi ha diritto a non sapere

Post n°6543 pubblicato il 05 Ottobre 2012 da nadir63l
 

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Immagine IPB

di G. Fiorito


Quanto sia difficile per i calciatori obbedire all’obbligo di denuncia di illeciti sportivi conosciuti, come impone il CGS, lo dimostra il caso Farina. Nonostante le rassicurazioni di Abete, che l’11 settembre si dichiarava al suo fianco in nome della federazione tutta, l’ex calciatore del Gubbio è rimasto disoccupato, perché “la FIGC non può imporre ai club delle scelte tecniche”. Possibile che non ci siano altri modi per tutelare i propri tesserati? Possibile che sia l’omertà, che da sempre costituisce con l’indigenza accoppiata al miraggio di facili guadagni il terreno più fertile dove far attecchire le attività malavitose, l’unica scappatoia per chi intenda sottrarsi alla vendetta dei clan e alla condizione di disoccupato? Normale che la Federazione, attraverso il suo presidente, allarghi le braccia e non pensi a sanare questa falla del sistema che alimenta le attività illegali nel mondo del calcio?

Il 7 agosto 2012 si è avuta la conferma che questa è solo la punta dell’iceberg. Arrivano le dimissioni di Cristian Stellini, il collaboratore tecnico di Conte, condannato a due anni e sei mesi per vicende riguardanti la sua permanenza a Siena e a Bari. Dall’arringa degli avvocati Chiappero e Bianchi è emersa un’intercettazione proveniente dai verbali della Procura di Bari che alza il sipario in modo impietoso sulle responsabilità di tutte le parti in gioco nello scandalo del calciosommesse. Compresa la FIGC, che come Conte “non poteva non sapere”. L’intercettazione è del 3 febbraio scorso e sarebbe stata trasmessa in procura in un’informativa dei carabinieri il 21 dello stesso mese. I protagonisti sono l’ex difensore del Bari Marco Esposito, passato poi al Pisa e indagato e Cristian Stellini. In forma amichevole analizzano con lucido sgomento la situazione generata dalla difficile situazione del Bari, che già retrocesso e non avendo più niente da perdere, alimenta le voglie di tutti e fa dire a Stellini che le vie da percorrere sono due: la denuncia alla procura federale e una lettera alla società. Lo spettro agitato dall’intercettazione sono gli schiaffi dei tifosi, che intendono lucrare spingendo alla sconfitta la squadra per scommetterci sopra, mentre gli agenti della DIGOS, per lavarsene le mani, promettono loro, per tenerli lontani dagli spogliatoi, di rendere noti gli indirizzi dei calciatori perché possano andarli a prendere fino a casa. “Da chi vai?” si chiede Stellini, visto che la società non è in grado di offrire protezione. L’ex collaboratore di Conte dichiara le responsabilità della società Bari nel non aver denunciato la situazione alla Federazione, mettendosi al riparo, ma va oltre, affermando di aver portato la questione a conoscenza di Demetrio Albertini in occasione di una riunione dell’A.I.C., segnalandogli il rischio di finire vittima degli zingari: “… ‘Allora, guarda una cosa… dobbiamo fare così perché abbiamo deciso così altrimenti vi ammazziamo tutti quanti, vi bruciamo le macchine’. Chi li tutela, a questi? Ad Albertini, quel giorno, gli ho detto: ‘Tu cosa fai per tutelare questo tipo di situazioni?’” Come Abete, supponiamo che Albertini abbia allargato le braccia e abbia preferito defilarsi velocemente attraverso le vie di fuga consentite dalle modifiche apportate giorno 1 luglio 2007 al CGS. Quelle che sono in grado di servire immediatamente ai media e ai tifosi qualche colpevole in grado di allontanarli dal nucleo incandescente del problema e che trovano un interprete di eccezione proprio nel procuratore Palazzi.

Il 22 settembre il Presidente della Lega di serie A ha dichiarato: "La riforma della giustizia sportiva é un tema complesso, ma se ne deve parlare senza tabù". Le parole di Beretta non sono altro che l’eco di quelle di Tommasi del 27 agosto 2012, che ha pure aggiunto: “Molti (tra i calciatori) non capiscono perché un arrestato possa giocare e chi è stato solo ascoltato dalla Procura della Repubblica poi è stato sanzionato dalla giustizia sportiva…”. Il suo suggerimento era stato quindi quello di spiegare che i calciatori professionisti devono imparare a distinguere ciò che è concesso, da ciò che non lo è, come la liceità delle scommesse. Può bastare questo atto di responsabilità da parte dei calciatori o non è soltanto un modo per buttare loro addosso la croce?

Anche Petrucciha espresso la sua opinione il 4 settembre, con un’affermazione non troppo convincente, secondo la quale il calcio scommesse “E' uno scandalo che all'inizio era grande, che poi è diventato meno grande e che oggi si ritorce contro la giustizia sportiva che sta facendo seriamente il proprio lavoro”, concludendo che le riforme devono essere fatte a bocce ferme, dopo la fine dei processi e anzi azzardando che la FIGC deve lavorare in sintonia con gli organismi internazionali, poiché “non può fare sempre da apripista come nel caso dei giudici di porta”.

Più “politico” il 23 agosto Antonio Capezzone: “Un conto è la sacrosanta ricerca della verità sull'odioso fenomeno delle scommesse, ricerca che sta a cuore a tutti gli sportivi; altro conto è però perpetrare un sistema illiberale, antigarantista, inquisitorio, che può travolgere l'immagine, l'onore e la reputazione di cittadini e di sportivi”.

Al centro delle considerazioni che coinvolgono la vita del paese si collocano alcune semplici riflessioni intorno alla necessità di una riforma della giustizia sportiva. Il cittadino tifoso si chiede il perché del permanere in seno allo Stato di una sacca autonoma che si autoregolamenta e autogestisce senza dover rendere conto nemmeno dei propri errori. La giustizia sportiva è sottomessa al potere politico della FIGC e del CONI e pertanto è legittimo che alimenti il sospetto di generare sentenze politiche.
La Commissione di Garanzia della Giustizia Sportiva è formata da 4 membri nominati dal Consiglio Federale della FIGC e due dal Presidente del CONI. Tradotto significa che la Federazione provvede a gestire l’operato della giustizia in seno alla Federazione. Il governo dovrebbe correggere tale anomalia e riappropriarsi della propria autorità e responsabilità, producendo le nomine attraverso il ministero competente. In questo modo se la Commissione di Garanzia procedesse a designare procuratori e giudici sportivi per titoli ed esami, essi sarebbero sottratti alla nomina diretta dei membri scelti dalla FIGC e dal CONI. Il processo di calciopoli e i recenti procedimenti della giustizia sportiva di scommessopoli hanno evidenziato come non sia più possibile che per le persone sottoposte a giudizio non siano previsti né l’obbligo dell’interrogatorio, come nel caso di Alessio, né la possibilità del contraddittorio. Nemmeno si può consentire che la sola parola di un pentito a caccia di sconti di pena sia ritenuta valida per l’erogazione di sanzioni senza che la verità processuale abbia cercato di rendersi quanto più possibile vicina alla realtà storica, attraverso la reintroduzione del regime della prova. Solo il terzo e definitivo grado di giudizio inoltre può essere considerato come data di inizio per l’applicazione della pena.
Infine, che si evitino le fughe di notizie che portano all’emissione di sentenze su giornali e televisioni ancora prima che siano state le aule della giustizia a pronunciarsi, arrestando la spirale perversa che non garantisce la perfetta autonomia e ininfluenzabilità della giustizia sportiva. Che l’informazione torni a svolgere, come suggeriscono il lessico anglosassone e la Corte europea dei diritti dell’uomo, le sue funzioni di cane da guardia della democrazia, affrancandosi da una brutta espressione che suole definirla di regime.
Nonostante il pessimo lavoro di chi ha gestito il calcio in questi anni, esso compare tuttora al quinto posto tra le voci che muovono l’economia italiana. Salviamo una risorsa che a dispetto di tutto e di tutti rappresenta ancora la passione più grande degli italiani. risposte».

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