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Giuseppe Narducci: scrittore di romanzi

Post n°6564 pubblicato il 11 Ottobre 2012 da nadir63l
 

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Immagine IPB

di M. Barbato

In una trasmissione radiofonica su Rete Sport la settimana scorsa Giuseppe Narducci è stato ospite per presentare la sua ultima fatica letteraria: “Calciopoli, la vera storia”.
Non avendo alcuna intenzione di leggere il libro, soprattutto dopo aver ascoltato il suo intervento, mi resta il dubbio se il genere letterario in cui debba essere inquadrata questa sua terza opera sia il romanzo di fantasia oppure semplicemente un’opera autobiografica e autocelebrativa.
Chi ha avuto il privilegio di avere fra le mani il libro avrà notato come la prefazione sia stata affidata al noto tifoso juventino Marco Travaglio, scelta indiscutibilmente in grado di fugare ogni dubbio sul fatto che dietro quell’accattivante titolo possa realmente esserci una disamina veritiera del processo di Napoli.

Oltre lo scrittore Narducci ha fatto altro nella sua vita: dopo una lunga militanza in Magistratura, nel 2011, sfidando il banale luogo comune che non vorrebbe commistioni fra politica e magistratura, decide di lasciare la toga per diventare Assessore alla Sicurezza nella Giunta del Sindaco di Napoli De Magistris.
Ma i rapporti fra i due ex PM purtroppo degenerano e Narducci decide di allontanarsi.
Pochi mesi dopo aver abbandonato la Giunta di Napoli, Narducci sembrerebbe orientato a restare in politica: alcune notizie lo vedrebbero addirittura come candidato alla poltrona di Governatore del Molise.
E invece la scelta è di tornare al vecchio amore, decide di tentare il doppio salto e come Magistrato chiede di rientrare nella Procura di Napoli o in quella di Salerno.
Tralasciando ogni considerazione sull’opportunità di questa richiesta, è l’opposizione del CSM - che vieta a chi rientra in magistratura dalla politica di assolvere le stesse funzioni avute in passato (un ex PM non può tornare a fare il PM) – che gli impedisce il ritorno a casa.
E Narducci, allora, sembrerebbe dirottare verso una nuova fase della sua vita: avrebbe chiesto di essere destinato, come Giudice, al Tribunale di Perugia.
Non è quindi solo uno scrittore Giuseppe Narducci: è stato un Magistrato, è stato un politico…e sarà un giudice.
Tornando alla presentazione del suo libro a Rete Sport mi viene il dubbio che in questi continui passaggi di ruolo si sia dimenticato che il libro parla delle gesta di quello che comunque all’epoca era un Magistrato della Repubblica Italiana.
E ascoltando l’intervista, viste le succose anticipazioni rilasciate e la scelta di una emittente radiofonica sportiva per la presentazione, appare chiaro il target cui Narducci punta per vendere il suo libro: l’immenso popolo antijuventino.
Ben pensandoci si tratta di un’astutissima mossa.
Uno scrittore attento agli incassi, oltre che alla qualità dell’opera, potrebbe mai scegliere in questo momento storico, con un’Italia mai così devastata e divisa, un bacino di utenza maggiore dei milioni di persone accomunati da un’unica certezza ( la Juventus ruba ) ? “Fui io – non lo dice Narducci ma lo lascia intendere – ad inchiodarla!”.

Forse – l’ho anche scritto qualche rigo sopra - Narducci, così preso dal suo nuovo ruolo di romanziere, dimentica che in quel processo lui rappresentava lo Stato Italiano.
Filtrando alcuni passaggi dell’intervista, non può non essere notata la risposta a quando gli viene chiesto come mai da quelle indagini fosse rimasta fuori, per esempio, l’Inter.
Ovviamente la risposta dell’ex PM è stupefacente e in linea con la molteplicità dei suoi ruoli, tanto da non capire se a rispondere sia il magistrato, il politico o il romanziere: “Dal materiale del processo sono rimaste fuori tante cose perché alla fine dell’indagine bisognava portare solo i fatti che dimostrassero l’esistenza di reati, non quelli che riguardavano episodi di malcostume; di quelli comunque ce ne sono tantissimi all’interno dell’indagine. I Pubblici Ministeri avevano l’obbligo di esporre solo i fatti che dimostravano l’illecito penale, non altro“.
Non si tratta certo del ridicolo e famoso “Piaccia o non piaccia non esistono….”ma lascia allibiti come ancora oggi questa persona dimentichi le migliaia di telefonate da lui accantonate, e non ritenute rilevanti nonostante i famosi baffi rossi, tanto da continuare a farci credere che più che perseguire un reato lui si sia ostinato, fino a compimento della missione, a perseguitare delle persone.
Eppure Narducci dovrebbe conoscere l’art. 358 del Codice Penale che impone al PM anche di accertare fatti e circostanze a favore della persona sottoposta ad indagini.
Ma calciopoli, è qui che convengo con lui, è stata “…qualcosa di irripetibile dal punto di vista investigativo” .
In quale altro caso si è mai assistito a un processo basato su 170.000 intercettazioni, di cui gli investigatori ne hanno considerate importanti solo un centinaio, basando poi le accuse e le sentenze sulle poche intercettazioni – quelle delle presunte sim estere - che invece volutamente non si sono fatte?
Sarebbe curioso conoscere il motivo per cui, avendo un così cospicuo numero di telefonate intercettate, si sia poi arrivati ad una sentenza che parla di reato di pericolo, sulla base soprattutto di presunte telefonate che, mentendo, si è detto non essere possibile intercettare. Un abilità mostruosa.
Tanto grande questa abilità, di cui pare chiaro chi sia il più meritevole, da far dire a Narducci che “E’ stato fatto un ottimo lavoro perché dal punto di vista investigativo ha rappresentato qualcosa di irripetibile nella storia giudiziaria italiana. Le difficoltà e l’impegno in un’indagine di questo tipo è stata di gran lunga superiore rispetto ad un’indagine di criminalità mafiosa. Sono soddisfatto di quello che abbiamo fatto “.
Io penso che, anche non capendo chi sia a fare questa autocelebrazione, se il politico, il giudice, il romanziere, il magistrato o magari il rappresentane dello sterminato popolo cui il libro si indirizza, non si può non essere d’accordo con questa affermazione.
Fatta una brevissima ricerca su internet, ho notato che tutti i più famosi processi di mafia hanno quasi sempre avuto almeno un pentito, hanno spesso presentato il corpo del reato, hanno sempre dato riscontro della connessione evidente fra moventi e delitti, in alcuni casi ci si è addirittura avvalsi di colloqui telefonici degli imputati valutati sulla base di intercettazioni fatte e non sulla base di quello che si sarebbero detti se le intercettazioni fossero state fatte.
In realtà a Napoli non è emerso nulla di tutto ciò: la sentenza ha stabilito che il campionato indagato è stato regolare, l’unico testimone protagonista diretto di quel mondo pallonaro ( il guardialinee Coppola) che ha portato un contributo personale ed oggettivo è stato liquidato in pochi secondi.
Considerare poi che in nessun processo di mafia si è mai assistito a tre ricusazioni del Giudice da parte dell’accusa, un processo disciplinare interno alla Procura competente a carico del Giudice stesso - e che ha visto come testimone accusante lo stesso PM - e neanche si è mai avuta una evidenza così avvilente di pressioni ricevute dal Presidente del Collegio Giudicante ad abbandonare il processo (non arrivate nel processo su calciopoli tramite minacce esterne ma direttamente dal Capo di quella Procura) aiuta a capire quanto straordinario sia stato il lavoro effettuato su calciopoli.
A Napoli abbiamo assistito ad un autentico capolavoro.

Tornando all’intervista a Rete Sport così Narducci si esprime su Moggi: “Sono dichiarazioni ossessive queste. Un collegamento tra i fatti riguardanti le storie Telecom, Tavaroli, Cipriani e la nostra indagine? Ogni volta questa tesi viene riproposta, ma io e i miei colleghi ci domandiamo cosa c’entra tutto questo…….. la nostra indagine proseguì e attorno alla storia della famosa “combriccola romana”, cioè di un gruppo arbitrale,… Non si tratta di storie segrete perché si trovano tutto nelle carte del processo e nelle deposizioni testimoniali. Non penso ci sia altro da aggiungere “
Risulta chiarissimo il pensiero del romanziere: Moggi è ossessivo quando parla di collegamento fra il processo Telecom e calciopoli. Qualcosa da aggiungere però ci sarebbe.
E allora forse sarebbe bello se almeno il Narducci romanziere, invece di raccontarci di come il suo alter ego PM e i suoi colleghi si domandassero come fosse possibile collegare le due cose, ci spiegasse come mai il computer di Tavaroli– contenente dati acquisiti illecitamente su Moggi e gli altri protagonisti del processo di Napoli – sia stato sequestrato dai Carabinieri di Milano il 3 maggio 2005 ed ispezionato poi, con decreto firmato dai PM che indagavano nel processo Telecom, anche dai colleghi del Reparto Operativo di Roma con sede in via in Selci dove investigava il team di Auricchio sul processo di Napoli.
E visto che Narducci parla anche della Combriccola Romana – ipotesi che lo stesso Auricchio a Napoli disse che non ebbe alcun successivo riscontro – sarebbe anche curioso sapere la sua opinione sul fatto che quella singolare ipotesi sia nata da presunti rapporti fra l’arbitro De Santis e le società di calcio Messina e Reggina e che, guarda un po’, al processo Telecom di Milano è uscito fuori che fra i vari incarichi commissionati dall’Inter (tramite Tavaroli) a Cipriani ci fosse anche l’accertamento dei rapporti fra De Santis e Lillo Foti, presidente della Reggina calcio. Una casualità anche questa?

Giuseppe Narducci spera di vendere molte copie di questo libro che tratta della sua precedente esperienza come Magistrato.
Oggi fa lo scrittore, di romanzi aggiungo io.
Quando si decide di fare un libro si decide prima la trama, poi i protagonisti e da ultimo si comincia a scrivere.
Per chi ha seguito il processo di Napoli il dubbio che il Narducci romanziere abbia cominciato ad operare nel 2004 è legittimo.

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