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« Presagi alla cornetta...Noi, Juventus.....GLMDJ... »

Follia? Questa è GLMDJ...

Post n°1796 pubblicato il 25 Aprile 2010 da nadir63l
 

Follia? Questa è GLMDJ

Immagine IPB

di Lucaboo2

Le ultime notizie dal processo di Napoli hanno inevitabilmente inasprito, se mai ce ne fosse stato bisogno, i toni del dibattito intorno alle vicende già denominate "Morattopoli".
Le ormai celebri intercettazioni che, di volta in volta, erano "inesistenti" (Piaccia o non piaccia, vero?), "irrilevanti", per poi diventare "non interessanti", venire di colpo “accettate” e finire con l'essere "taroccate", almeno per gli ultimi strenui difensori della causa, hanno portato lo scompiglio nel campo nemico....
Come avevo previsto molto tempo fa, all'inizio dell'affaire-Farsopoli, ad un certo punto "qualcosa" sarebbe venuto alla luce, ed allora le linee compatte e marmoree dei farsopoliani si sarebbero rapidamente divise: una grossa parte di loro avrebbe gettato via bandiere e divise e si sarebbe data alla macchia, quando poi non avesse tentato, addirittura, di unirsi a noi.
Gli altri, quelli più coinvolti, a vari livelli, nella cospirazione o -semplicemente- quelli che si erano esposti troppo per potersi rimangiare tutto, a difendere un fortino che solo fino a poco prima sembrava una fortezza inespugnabile.
Non avrei mai pensato che ci sarebbero voluti tutti questi anni.
Non avrei mai sperato che tutto, poi, si evolvesse così rapidamente.
Se, processualmente parlando, il castello di accuse ha subìto duri colpi per i mille "non ricordo" del Colonnello Auricchio, per l'ormai acclarato indirizzo "mirato" che si diede alle indagini, e -non ultimo- per la falsa testimonianza di molti protagonisti, ad onor del vero dobbiamo dire che non è ancora il momento di stappare le bottiglie: un processo è come una partita di calcio, e fino al triplice fischio non si può cantare vittoria.
Il mostro che partorì Farsopoli è stato ferito, è vero, ma è ancora vivo e nel pieno delle forze. E' un immane idra dalle sette teste, e l'essere riusciti a troncargliene una l'ha soltanto resa più feroce e più pericolosa.
Perché se è vero (com'è vero) che ora, sul tavolo, ci sono anche le telefonate del “dolce e severo” a testimoniare che anche lui “ne era capace”, e se chi ha indagato ora si trova nella difficoltà di spiegare perché per lui sia più rilevante una telefonata dove si dice che una giornalista è una bella gnocca, che non una dove si informa un arbitro che “c'è un regalino” per lui, la battaglia non è ancora vinta.
La linea di difesa è chiara.
In primis, sminuire il contenuto delle intercettazioni, e marchiare d'infamità chi le ha portate alla ribalta perché infangano il santo nome di chi non si può più difendere.
Se poi va male, sono pronto a scommettere che tutte le responsabilità verranno addossate (o si proverà a farlo) proprio al “santo subito”, come quando si chiudono i casi di disastro aereo per “errore umano” del pilota. Tanto -indovinate un po'?- già, non si può più difendere.
Extrema ratio, se la situazione dovesse precipitare, giocheranno la carta del “sacrificarne uno per salvare tutti gli altri”, che significa, ad esempio, una penalizzazione in scudetti e/o in classifica all'Inter per chiudere in fretta e furia la questione prima che a qualcuno venga in mente di scoprire se quelle di Auricchio sono state solo “leggerezze” o se tutto faceva parte di un piano ben ordito.
Non illudiamoci. Sarà dura, molto dura.
La disparità delle forze in campo è evidente: da una parte potentati economici, tycoon del petrolio e delle telecomunicazioni, mezzi di informazione “ufficiali”, disponibilità economiche e di mezzi teoricamente illimitate.
Dall'altra parte ci siamo noi, un gruppo di impiegati, operai, casalinghe, studenti, tutti uniti da una passione comune. Supportati, nell'occasione, da seri e preparati professionisti come gli Avvocati del processo di Napoli; già, perché non dobbiamo dimenticarci che noi stiamo battendoci per difendere la Juve e con lei, per forza di cose, anche i suoi vecchi dirigenti; la battaglia che Big Luciano sta combattendo, invece, è principalmente per riscattare se stesso.
Ma tutto questo lo sapevamo bene, quando abbiamo iniziato questa avventura.
Nel nostro piccolo siamo un manipolo di Spartani, arroccati sulle nostre Termopili.
Ed il nemico che fronteggiamo è come il leggendario esercito di Serse. Un milione di giornalisti, industriali, allenatori, calciatori, veline, opinionisti o semplici tifosi, tutti uniti all’assalto delle nostre difese.
Uniti per spazzarci via.
Io non so quali esiti avrà questa nostra avventura. Io non so se dal processo di Napoli o dalla inchieste che la Federazione promette di riaprire (Palaaazzi? Dove sei?? ...mmazza, sempre fuori a fumare, quello lì...) scaturirà per noi un fallimento epocale, una incredibile delusione o, invece, qualcosa che abbia per noi il sapore di una vittoria come la restituzione di uno o due scudetti o la condanna della squadra “onesta a prescindere” e dei suoi dirigenti vivi o defunti.
Ma so per certo che, qualsiasi sia il risultato finale, io potrò dire di avere vinto.
Perché ho combattuto la mia battaglia.
Perché non ho gettato la mia spada ed il mio elmo per fuggire davanti al nemico.
E non si tratta solo della Juve, si tratta di una battaglia contro tutte le ingiustizie di tutti i sistemi; quanti di voi hanno stretto i pugni quando un’inchiesta cercò di stabilire che 20 persone morirono sul Cermis perché una funivia tagliò la strada ad un caccia americano? E quanti hanno sentito la rabbia montare dentro sentendo i responsabili Thyssen dire che l’impianto di Corso Regina era perfettamente a punto e che sette persone sono bruciate vive perché l’avevano trasformata in un girone dantesco?
Tanti di noi hanno sentito come “proprie” quelle ingiustizie subìte da altri.
Ma poi si ingoia il rospo. “Cosa ci vuoi fare? Sono loro i più forti, così va il mondo...”. E si continua a fare la nostra vita quotidiana. Sveglia, barba, lavoro, cena, e trasmissioni trash in televisione.
Noi invece, nel nostro piccolo, ci abbiamo provato.
E questo è importante, indipendentemente da come finirà.
Perché c’è una cosa che ci rende più forti di loro:

“La differenza tra noi, Serse, è che tu hai un milione di schiavi, io ho trecento fratelli!”

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