Creato da calmo.mare il 05/02/2007

una tempesta calma

Le descrizioni le lascio a chi non ha fantasia

 

 

Prologo

Post n°67 pubblicato il 24 Luglio 2007 da calmo.mare
 

Il suono del citofono era inconfondibile. In altri momenti ci si sarebbe accapigliati per rispondere. Quel giorno la piccola Polly era sola, ma non aveva paura. Aspettava visite.
- Chi è?
- Pepito.
- Sali?
- ... Si.
Pepito salendo su per le scale, contava le porte e sei piani sono tanti a dieci anni. Polly l'aspettava dietro la porta, eseguendo alla lettera i precetti paterni che le proibivano di aprire la porta senza prima aver accertato chi ci fosse dall'altra parte. Era emozionata e non riusciva a tenere fermi i piedi per la frenesia.
Plin Plon.
- Chi è?
- Ancora... Sono io Pepito!
- Lo so, ma lo devo chiedere è la regola per evitare problemi...
- Si ma ora mi apri che mi è venuto anche il fiato grosso.
- Va bene. Ma la parola d'ordine?
- Quale parola d'ordine?
- La nostra parola d'ordine.
- Ehm.
- Allora?
- Waka?
- Jawaka!! Esatto... sei proprio tu. Pepito.
Le quindici mandate che separavano i due bambini si aprono e lasciano che l'abbraccio tra i due sia combaciante.

da "La complice della felicità" Di P.J. Forteleza

Waka/Jawaka

 
 
 

I nei

Post n°66 pubblicato il 20 Luglio 2007 da calmo.mare
 
Tag: reflexy

Nei su un punto specifico.
Un evidenziatore che madre natura usa con attenzione.
Un segno distintivo, a volte elegante, affascinante, conturbante.
Noi, comuni mortali, ce li ritroviamo e li dimentichiamo.
Sono lì da sempre.
Ogni osservatore, comincia la propria osservazione da un punto.
Il neo è un punto di partenza  eccellente.
I tuoi nei.
Le mie stelle guida per la rotta di una navigazione a vista.
Ogni volta che li posso ritrovare, mi perdo
nei sensi…

Da closer una melodia "fine"

 
 
 

Il blog chiude per lutto.

Post n°65 pubblicato il 16 Luglio 2007 da calmo.mare

Un lutto non si discute.
Un lutto si vive, si elabora, ci si ritrova in un lutto ed è inutile sfuggire. Il lutto ti raggiunge.
Allora tanto vale affrontarlo.
Da persone mature.
Anche se fa male. Si affronta.
Anche se mi sento come una mosca spiaccicata su un parabrezza. L'affronto.
Ma quanto cazzo fa male!

Zobi la mosca...

 
 
 

Chiudi gli occhi.

Post n°64 pubblicato il 14 Luglio 2007 da calmo.mare
 

Eseguo. Con gli occhi chiusi, attendo.
Li apro quando me lo chiedi. Sei lì.
Sensuale, con l'espressione eccitata, fiera, orgogliosa.
Sai che ti stanno bene, sei felice dell'effetto che hanno su di me,
della mia espressione rapita.
Sei eccitante, eccitata dalla tua eccitazione, ti desidero,
feticisticamente, ti voglio con le tue nuove scarpe rosse
Ti voglio, nonostante la tua paura di farmi male. 
Oppure hai paura che ti faccia male?
Ti voglio ora, il futuro deve venire, ora è tutto ciò che ho.
Ora è tutto cio che voglio.
Te con le tue scarpe rosse, come la passione.
La mia.
La tua.

kate bush red shoes

 
 
 

Smily e Foggy.

Post n°63 pubblicato il 10 Luglio 2007 da calmo.mare
 

Tra gli abitanti di Rubinia, c'è l'abitudine, con l'approssimarsi dell'estate, di fare delle piccole gite fuori città. Si prepara l'occorrente per il pic-nic e si parte a piedi, verso il ruscello a pochi kilometri dal centro. Tra tutti i più assidui frequentatori di pic-nic, ci sono Errietta Ferguson e Richard Fogarty. Lei, una donna sorridente, con il volto da bambina è conosciuta col nome di Smily. Infatti sorride a chiunque la saluti e il suo sorriso è un meraviglioso sole in pieno inverno. Lui, invece, è perennemente pensieroso. Pieno di dubbi e di pensieri, sempre preso nell'immaginare cosa gli altri stanno pensando di lui. Da qui il nome Foggy. Per lo sguardo annebbiato, ma non è asociale. Almeno non in maniera totale. Qualchuno che riesce a diradare l'annebbiamento di Richard esiste ed è proprio Errietta. Una delle situazioni in cui è più facile imbattersi durante i pic-nic rubiniani è facilmente intuibile. Richard che passeggia, guarda tutti in cagnesco e fuma come un turco avanti e dietro nei pressi della cascatella di Preston, cascatella che prende il nome dal primo cittadino Preston che quando Rubinia era poco più che un accampamento di vaccari cadde lì e si ruppe le gambe. Dopo qualche decina di minuti, appare Errietta col suo ombrellino e la cesta da pic-nic. Il broncio di Foggy, lentamente, si trasforma in sorriso. Più Smily si avvicina più Foggy si rilassa. Fino a che i due si trovano faccia a faccia e ci rimangono per ore, fino a quando Foggy non indica la tovaglia stesa sulla coperta che copre un piccolo quadrato di prato. Si seggono e mangiano in silenzio, ma senza togliere gli occhi l'uno dall'altra. Al tramonto si alzano, ricompongono il cestino e tornano alle loro case. Il sorriso rimane stampato sul volto di Foggy per giorni e giorni, purtroppo però, tende a scemare col tempo e non lo ritrova fino al successivo pic-nic con Smily.

da "il dolce paradiso chiamato Rubinia" di J.W.Quaterbis

Fratello dove sei?

 
 
 

la catena di...san filmino

Post n°62 pubblicato il 09 Luglio 2007 da calmo.mare

Non so quanto sia necessario spiegare come funzioni, ma credo d'aver capito che si citano cinque film importanti (per lo scrivente), si introducono con un parere e si devono coinvolgere cinque persone...

I miei cinque film, ma temo che sono molti di più sono:

Al 5° posto

 Una delle pardodie più azzeccate. La più esilarante che possa ricordarmi. "... Lupu ululà castellu ululì!"

Al 4° posto:


Un film che mi ha fatto capire che è importante sacrificare ciò che si ha per ciò che riteniamo unico, "... Se solo penso che ne avrei potuti salvare di più.."

al 3° posto:

Perché la frase "ho visto cose che voi umani neanche immaginate..." Mi ha sempre fatto fare il tifo per l'umanità vera e non quella ostentata.

al 2° posto:

"Dedicato a chi fugge!" il resto del film è poesia.

al 1° posto:

"senza parole"

Coinvolgerò:

Liubiza;
L.incantatrice;
Alienata;
Magali65;
Cindylove00.
spero che non ce l'abbiano con me.

 
 
 

Baby voice

Post n°61 pubblicato il 04 Luglio 2007 da calmo.mare
 

Il reverendo Abramo Wilcok adorava apostrofare i fedeli, che accorrevano numerosi alle funzioni di Rubinia, con frasi d’effetto. Si rivolgeva personalmente ai fedeli chiamandoli per nome. Questo aveva sui fedeli un doppio effetto. Li faceva sentire coinvolti in prima persona e colpevoli allo stesso tempo. Il reverendo Wilcok conosceva perfettamente il termine “colpevole” e conosceva gli effetti devastanti che quella parola poteva suscitare nella coscienza dei più. Da abile conoscitore dell’anima umana, riconosceva al primo sguardo le debolezze altrui. Non perdeva occasione di ricordare al grasso George Hallywell che la gola era qualcosa di più che una debolezza. Alla vedova Wolfenstein, al momento dell’offerta, faceva battute sulla sua generosità, sapendo che avrebbe offerto di più per la nomea di taccagna che si portava appresso. Col pigro Geoffrey si complimentava per aver affrontato il viaggio di ben cinquanta metri per andare alla funzione, visto che tanta era la strada che separava l’abitazione di Geoffrey dal tempio. Alla signorina Annette Pennywise, ricordava che rimanere nubili a quarantadue anni non era un motivo sufficiente per invidiare le giovani spose di Rubinia. Per ogni abitante di Rubinia aveva un peccato su misura da affibbiare. Era riuscito a triplicare il numero dei partecipanti alle funzioni nel giro di pochissimi mesi. Paradossalmente accusando i fedeli, riscuoteva maggior seguito. Il peccato, diceva Wilcok, allontana dalla strada del Signore. Ci rende indegni dello sguardo benevolo di dio e attira su di noi il dispetto degli elementi. Alla fine di ogni funzione, però, praticava il perdono e l’assoluzione di ogni peccato di tutti coloro che ammettevano di aver commesso il peccato di fronte alla comunità. Le funzioni di Wilcok attiravano più curiosi di un reality alla tv, soprattutto sembravano molto più vere le lacrime che sgorgavano alla parola “perdono”.

In casa il reverendo Wilcok conduceva una vita morigerata, senza esagerazioni, il giusto di ogni cosa. Non si poteva dire di lui nulla di negativo. La moglie lo trovava addirittura di una noia mortale. Agli occhi degli abitanti di Rubinia, Wilcok applicava le leggi con attenzione maniacale e non perdeva di vista un secondo la via del signore.
Ogni giorno la rettitudine di Wilcok era d’esempio a tutta Rubinia.
Una notte, con il temporale in corso, la moglie del reverendo si svegliò di soprassalto e si accorse che il marito non era nel letto. In vestaglia si alzò e scesa al piano terra cercò il marito in bagno, nello studio, in cucina. L’attenzione di Lorna si posò sull’attaccapanni, dove si accorse che mancava la mantella da pioggia. La pendola in sala segnava le tre del mattino. Dove era andato il reverendo nel cuore della notte? Wilcok aveva preso la strada principale per raggiungere una casetta subito fuori Rubinia. Aveva bussato alla porta con un segnale di tre battute pausa tre battute. Gli aveva aperto una donna. Infilatosi nella casa si era tolto la mantella zuppa e senza parlare si era diretto nella camera con il camino acceso. La casa totalmente buia, era illuminata dal fuoco. La donna non aveva bisogno di luci. Si avvicinò al reverendo e a voce bassa gli chiese:
- Sei stato cattivo?
- moltissimo...
- allora dovrò punirti.
- no ti prego.
- lo sai che è la regola.

Il reverendo si inchinò e la donna prese una frusta e lo scudisciò per mezz'ora, lasciandolo tremante in terra. Gli accarezzò la pancia e si accorse che il reverendo aveva raggiunto il culmine del piacere e mormorando quasi tra se
- Bravo il mio diavolo, sei stato bravo, per premio ora puoi baciare i miei piedi.

da "il dolce paradiso chiamato Rubinia" di J.W.Quaterbis

Hall & Oates (Play)

 
 
 

il mondo in un paio d'espressioni.

Post n°60 pubblicato il 28 Giugno 2007 da calmo.mare
 

La bellezza che vedo, la vedono anche gli altri.
Ci sono cose che il destino (se questa parola può avere senso) mi permette di vedere in esclusiva. Attimi fugaci di eternità in cose che per molti non hanno senso.
Il sorriso della consapevolezza, sboccia da un pianto dettato da una paura.
Come fare a non intravedere l'interezza del mondo nelle espressioni?

Anderson Wakeman Bruford & Howe


 
 
 

Caldo bollente...

Post n°59 pubblicato il 22 Giugno 2007 da calmo.mare

l'asfalto infuocato strappa espressioni dolenti dal volto di chiunque incrocio.
Una città che si scioglie di minuto in minuto. Una città che deforma il suo profilo per l'eccessivo calore formando false pozzanghere illusorie. C'è un luogo dove il caldo arriva lo stesso ma non lo soffro. Non ci penso. Non devo pensarci almeno non troppo.
Un ritornello del Liga mi accompagna in questa doppia sofferenza...

La canzone di cui sopra

 
 
 

Lorna Lane e Francis Hall

Post n°58 pubblicato il 19 Giugno 2007 da calmo.mare
 

A Rubinia esiste un luogo dove le giovani coppie si recano per confermare i loro sentimenti. Si tratta di un laghetto sportivo che durante il giorno vede solo alcuni anziani spendere il loro tempo nell'attesa di un pesce che abbocchi. La sera invece il bordo del lago è illuminato da piccole luci che rendono il luogo suggestivo e romantico. E' abitudine di molte ragazze di Rubinia farsi accompagnare al piccolo laghetto dell'amore, quando si sentono pronte al grande passo.
Una leggenda dice che, se una coppia si bacia al laghetto, in una notte stellata, ci sono i presupposti per un matrimonio coi fiocchi. Ma se la coppia ha anche la fortuna di vedere un pesce saltare al centro del lago, allora la coppia è alla nitroglicerina e nessuno potrà farci nulla: quei due si ameranno per il resto della loro vita. Lorna Lane, figlia del reverendo Lane, a sedici anni si infatuò di un ragazzo suo coetaneo. Francis Hall era il nipote dell'allora sindaco, un ragazzo alla mano, non molto attraente a causa dei brufoli che gli coprivano la fronte, alto quanto bastava per sovrastare gli altri suoi compagni di una spanna. I due si piacevano vicendevolmente, ma tra le due famiglie non scorreva buon sangue. Una sera di agosto, quando le piogge notturne si prendono una piccola vacanza, i due ragazzi si recarono mano nella mano al "lago dell'amore" dove si diedero il primo bacio. Nessuno dei due si accorse che al centro del lago due pesci enormi emersero dal fondo per effettuare un paio di piroette in aria. Erano troppo presi dal bacio che si stavano dando per essere attenti al rituale del pesce. Tornati a casa si sorbirono le critiche delle rispettive famiglie e furono costretti a non frequentarsi più. Francis scrisse un mare di lettere alla sua amata, ma queste venivano intercettate dalla madre di lei che le strappava, dopo averle lette con il marito, il quale era uso dire: "Questi sono scritti demoniaci. Quel ragazzo è un demone dell'inferno che vuole metterci alla prova incantando nostra figlia. Dobbiamo stare attenti se non vogliamo perdere l'anima della nostra unica figlia.."
Lorna fu mandata a studiare nello stato vicino, dove trovò un marito che sarebbe diventato "reverendo" della congrega di suo padre. Francis attese con pazienza il ritorno della sua amata e nel frattempo prese in gestione il laghetto di pesca che li vide felici per pochi istanti.
Il reverendo Lane si ritirò in pensione e il suo posto venne preso dal genero, il quale si trasferì nella vecchia casa di famiglia dei Lane con Lorna.
Durante una funzione religiosa, Lorna si recò al lago per vedere come fosse cambiato in quel tempo e vide Francis che introduceva dei nuovi pesci nel lago, prendendoli da un barile.
Gli occhi dei due si incontrarono dopo tantissimo tempo. Cominciò a piovere in quel momento e un pesce enorme fece un balzo altissimo al centro del lago nell'attimo esatto in cui Francis e Lorna si baciarono nuovamente.

da "il dolce paradiso chiamato Rubinia" di J.W.Quaterbis

DreamGirl DMB

 
 
 

Non è tanto ciò che ci diciamo che mi sconvolge...

Post n°57 pubblicato il 07 Giugno 2007 da calmo.mare

... quanto i silenzi che fanno maturare pensieri "altri".
I pensieri che non mi consentono di seguire ragionamenti lineari.
Gli stessi pensieri che fanno montare sentimenti contrastanti.
Odio quei silenzi e vorrei riempirli con la prima cosa che mi viene in mente:
miele colante...

quello che non c'è...

 
 
 

Non so cosa avrei fatto se

Post n°56 pubblicato il 06 Giugno 2007 da calmo.mare

Se non fosse stata l'ora di andar via,
se l'autobus non fosse arrivato,
se m'avessi offerto di seguirti,
se invece di salutarci fossimo caduti in un letto
l'uno nelle braccia dell'altra
come ogni mia cellula desidera ardentemente da un po'...

Con gli occhi smarriti di chi si è perso

 
 
 

dire ciò che penso?

Post n°55 pubblicato il 06 Giugno 2007 da calmo.mare
 
Tag: reflexy

non posso dire ciò che penso in ogni circostanza.

Ci sono momenti che non mi è possibile,
perché mi sento sotto pressione
perché mi sento in imbarazzo
perché so già cosa vuole sentirsi dire l'interlocutore
perché ho paura di dire la cosa giusta al momento sbagliato
perché non so che ore sono
perché non conosco le conseguenze delle mie azioni
perché non ho voglia di perdere l'occasione giusta
perché non so rinunciare d'essere accolto
accettato
amato...
perché se imparassi a farlo comincerei a dire anche ciò che desidero
perché se imparassi a farlo ho paura di non riuscire a smettere.





moments in love Art Of Noise

 
 
 

c'è qualcosa che non va?

Post n°54 pubblicato il 05 Giugno 2007 da calmo.mare

Le mie antennine hanno captato qualcosa.
Ho antennine in ogni parte del corpo,
che mi avvertono di percezioni che altrimenti mi sarebbero ignote.
Il campanello d'allarme me l'ha dato un abbraccio, anzi un non abbraccio!
Cosa alla quale dovrei essere abituato.
Ma non è così.
Non è mai così.

 
 
 

L'alba

Post n°53 pubblicato il 04 Giugno 2007 da calmo.mare

L'ora notturna più fredda è quella che precede il sorgere del sole.
Il sole, 
la sua assenza permette all'aria di raffreddarsi, 
il suo arrivo non scalda immediatamente,
indica che un'altro giorno comincia.
Il mio sole è uno sguardo.

Eyes Without a face (pressa qui per listenare)

 
 
 

L'impulso e la ragione

Post n°52 pubblicato il 01 Giugno 2007 da calmo.mare

Sono perennemente in conflitto tra l'impulso e la ragione.
Non c'è via d'uscita se non quella di cedere ad entrambi.
Quando scegliere l'uno al posto dell'altra?
Nel pieno dell'azione?
Questa è facile: l'impulso.
Nel cuore di una conversazione?
Anche questa è facile: la ragione.
Nel bel mezzo di un abbraccio con carezze sulla schiena?
...
Mentre senti la sua femminilità tra le tue braccia?
...
Mentre senti che anche lei freme in quel preciso momento?
...
Mentre...

Vorrei sapere come agire per non sbagliare!
Sbagliando si impara davvero?
Sbagliando si sbaglia e basta!

La cura


 
 
 

Reset

Post n°51 pubblicato il 30 Maggio 2007 da calmo.mare
 

Ogni tanto nel cuore della notte di Rubina, si sente il pianto di un uomo. Il pianto inconsolabile di un essere con un carico di sofferenza senza fine. E' Reginald Stensfield a piangere. E’ stato visto più volte girare come in stato di sonnambulismo e piangere per le strade deserte di Rubinia. Nessuno sa perché, inoltre a detta di tutti, Reginald, è l'abitante più allegro di tutta Rubinia. Di giorno lo si incontra impegnato nelle mansioni quotidiane, sempre sorridente pronto al saluto, con un inchino sfacciatamente galante per le signore che incrocia sul suo cammino. Il motivetto che fischietta continuamente è inquietante ma allegro e incalzante. Di lui molte donne si sono innamorate ma poche si sono accompagnate a lui per molto tempo. Non è brutto e non è bello. Non è antipatico e non è un "bel tenebroso". Non c'è nessuno che lo conosce abbastanza bene per riuscire a spiegare cosa accade a Reginald durante le notti di pianto. Una volta Janet, la commessa della farmacia municipale di Rubinia, gli ha domandato come mai piangesse di notte. Lo sguardo stupito di Reginald, non ammetteva repliche. "Io dormo la notte, sentirai qualcun altro! Di notte dormo come un sasso. Non ricordo di aver mai pianto in vita mia."
Il medico di Rubinia, George K. Rosenkrantz ha una sua tesi e l'ha confidata alla giovane Janet dopo un incontro al circolo dei “Mangiatori Compulsivi Di Barrette Di Cioccolato Anonimi”. Il dialogo andò pressappoco così:
- Dottor Rosenkrantz? Posso farle una domanda?
- Certo signorina Janet tutte le domande che vuole.
- Secondo lei, cosa spinge il sig Stensfield a crisi di pianto notturne che poi nega il giorno successivo?
- Il signor Reginald è affetto da un disturbo della personalità sulla quale sto indagando con discrezione.
Il “paziente” accumula in un area del cervello tutte le frustrazioni della giornata, della settimana o, per quanto ne sappiamo, dell’intera esistenza e quando arriva alla saturazione, scarica il tutto in un pianto “catartico”. Il tutto avviene inconsciamente, pertanto Reginald non si accorge di nulla. Una specie di tasto “reset” per poter vivere la vita da persona inserita, amabile, e socialmente attiva.
- Ma si può trovare una cura per farlo smettere?
- Lo sconsiglio vivamente! In ognuno di noi ci sono inferni che rimangono chiusi grazie a strani equilibri. Non so cosa potrebbe succedere al sig. Reginald se smettesse il suo pianto. Forse un sovraccarico di tristezza inespressa lo potrebbe uccidere o magari potrebbe semplicemente indurlo a diventare un politico o peggio ancora un serial killer o un adepto di qualche setta satanica o chissà un telespettatore di reality.
- Ma lei non ne è troppo sicuro, vero?
- No, ma l’esperienza mi insegna ciò.
- Siccome in tutta Rubinia ancora nessuno ha avanzato un ipotesi di soprannome per il signor Stensfield, che ne pensa se lo chiamassimo “reset” in onore al suo ragionamento?
- Non saprei, sono contrario ai soprannomi.
- Ma ognuno a Rubinia ne ha uno, il mio per esempio è polmoni d’acciaio
-…
- …Dottore, la vedo titubante. A cosa è dovuto questo dubbio? Forse si tratta della mia scollatura?
- Mia giovane insaziabile Janet, se ti prometto una barretta al cioccolato fondente, smetti di farmi domande?
- Per una barretta al cioccolato fondente con le nocciole, sarei pronta anche a fornirle le risposte...

da "il dolce paradiso chiamato Rubinia" di J.W.Quaterbis

immagine

danzando con le lacrime agli occhi (ultravox 1984 Play)

 
 
 

C'è qualcosa di strano in quello che faccio.

Post n°50 pubblicato il 28 Maggio 2007 da calmo.mare

"Il fine giustifica i mezzi..." O almeno così mi hanno sempre detto i furbi che me l'hanno fatta alle spalle;
"La giustizia non esiste..." O almeno così ho sentito dire solo da vessati e vessatori in circostanze alterne.
"Chi troppo vuole nulla stringe..." O almeno è quello che ho sempre sentito dire da chi aveva sicuramente di più di ciò che gli serviva.
"Chi si contenta gode..." Ho sempre pensato fosse il detto di chi sapeva essere umile e farsi bastare ciò che aveva, ma non è mai stato così.
"Il gatto della dispensa quello che fa lo pensa..." O almeno è ciò che hanno sempre detto le persone che pensano maliziosamente.
Deve esserci qualcosa di veramente strano in ciò che faccio, perché non mi avvalgo mai dei proverbi, non credo ai detti, non mi sento omologato in quella che viene chiamata saggezza popolare. Se essere saggi significa rifarsi alle cazzate pensate da chi non può più farne, allora non sarò mai saggio e nemmeno popolare forse, ma chissenefrega...

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clandestino...

 
 
 

E nel cuore della notte...

Post n°49 pubblicato il 25 Maggio 2007 da calmo.mare

Il caldo opprimente, di notte diventa insopportabile.
Mi alzo e vago come un'anima in pena per casa.
La finestra offre uno squarcio di cielo notturno.
Poche stelle ofuscate dalla combustione della nostra costante
autodistruzione. 
Poche macchine di passaggio e il ronzio di condizionatori,
rumori di una città dormiente non bastano a coprire il vocio
dentro me.
Un dialogo surreale si svolge tra me e me stesso.
Se almeno ci fosse la luna piena potrei ulularle il mio disappunto,
la mia angoscia.
Muta interlocutrice la luna.
C'è qualcosa di estraneo in questa esistenza...
Non mi rimane che andare a letto e dormire.

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Laurie Anderson - O supermaN

 
 
 

Burro il pazzo del villaggio

Post n°48 pubblicato il 18 Maggio 2007 da calmo.mare
 

Burro il pazzo. Burro il saggio. Burro senzaunocchio. Burt Robert Urlich conosciuto in tutta Rubinia con il soprannome/acronimo di Burro aveva diversi nomignoli, ma a detta di tutti era più pazzo di un somaro punto nei coglioni da un calabrone. Burro dallo spagnolo vuol dire somaro. Era facile vederlo passeggiare sotto un sole cocente praticamente nudo, fatta eccezione per una mutanda sbrindellata con un colore indefinibile. Improvvisamente si metteva a correre e gridare "Alleluia" se qualcuno gli regalava un penny. Alcuni lo avevano visto fare a pugni con la sua ombra e perdere ai punti. Il gestore del drug store ogni tanto gli dava una gazzosa con una macchia di vino rosso della california per vederlo ubriaco per poi sganasciarsi dalle risate mentre, in preda al delirio, Burro invocava i santi chiamandoli per nome uno ad uno, affinchè se lo portassero via nel cielo. Il falegname aveva preparato la bara per burro da alcuni anni perché si aspettava che prima o poi i santi sarebbero venuti a prenderlo sul serio. Le signore che la domenica andavano a messa cucivano dei vestiti e rammendavano quelli bucati per Burro. Non aveva fatto mai del male a nessuno se non a se stesso e anche in quei frangenti ci andava con i guanti bianchi. Era molto educato e salutava tutti con un inchino. L'unica persona che però si prendesse veramente cura di lui era Dorotea Willson. La vedova Willson era rimasta vedova a soli trentatre anni e dopo quattro anni di lutto aveva cominciato a prendersi cura di Burro. Lo faceva dormire nella sua stalla, riadattata a piccola dependance, gli preparava il bagno una volta alla settimana, gli preparava i pasti una volta al giorno e le notti tempestose lo faceva dormire in casa. Per il paese la vedova Willson era una benemerita, per Burro era una benedizione. Recentemente una voce girava tra gli infaticabili pensatori di "malipensieri". Tali pensieri mettevano in relazionele dimensioni di Burro e la solitudine della vedova Willson. Nessuno lo disse alla vedova, ma qualcuno dei ragazzi più audaci lo disse a Burro. Nessuno ha più rivisto Burro negli ultimi mesi, qualcuno pensa che i santi stavolta sono venuti a prenderlo una volta per tutte. Nessuno però si azzarda a chieder nulla alla vedova Willson che per la seconda volta ha cominciato a vestire gli abiti neri del lutto.

da "il dolce paradiso chiamato Rubinia" di J.W.Quaterbis

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