Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
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Messaggi del 16/06/2011
Post n°666 pubblicato il 16 Giugno 2011 da middlemarch_g
Mi sento un po' in colpa perché non ho tempo di commentare, e neppure di rispondervi. Però, vabbè, insomma, lo sapete no? Abbiate pazienza. Ieri sera ho fatto le due e mi sono sbronzata. Uno spritz bello carico alle otto e mezza, e una sambuca doppia alle dieci. Di cui lo spritz a stomaco vuoto. Tra spritz e sambuca nessuna libagione che compensasse a livello epatico la ricaduta fermentante. Due involtini di melanzane e un piatto di verdure spadellate, che non è proprio la variante gastronomica dei Giardini Pensili di Babilonia. Magari l'alcool pare poco. Ma c'è che io sarei astemia, tendenzialmente. Lo reggo come una suora laica. Ora come ora mi sento una creatura risucchiata nella spirale del vizio. Il mio anatema mi si legge in faccia. E non date retta. Non esiste fondotinta a prova di peccatrice. |
Perché le mie ossessioni cercano sempre le parole? Perché avvolgo le ferite che pungolano in una garza sterile di definizioni? Perché un dolore mi sembra sempre meno acuto quando riesco a fargli cavalcare una descrizione appropriata? Cos’è che attutisce il colpo nella pratica perversa della verbalizzazione?
E perché l’unica paura che mi uccide, quella per evitare la quale sarei disposta a prostituirmi, a mentire, a prendere psicofarmaci, è il terrore del male indistinto che non riesci a ridurre a proporzioni gestibili tramite il modo in cui te lo racconti?
Perché, perché, perché il dolore che ha un senso è più sopportabile? Sarebbe come dire che quando hai solo caffè di cicoria la situazione migliora se lo puoi aromatizzare alla cannella. Ma il caffè di cicoria fa schifo comunque, cazzo vuoi che cambi se lo annaffi di cannella? Eppure è così che funziono io, perché invece di cercare l’uscita, continuo a girarmi il film della ricostruzione dei fatti senza capire qual è la soluzione, avendo la matematica certezza di essere un cieco che brancola a un millimetro dalla porta. Spendo ogni energia a cercare di capire quando qui si tratta invece di cercare di uscire.
Mi sento come una che ha preso a capocciate il muro di una stanza fetente per anni e anni, coltivando seriamente la speranza di riuscire a sfondarlo con la forza del pensiero.
Ma aprire la porta no? |
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