Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
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Messaggi di Maggio 2011
A me quello che sconvolge - al di là della disamina politica e delle considerazioni a posteriori di cui mi frega un cazzo perché dubito che con questo si possa parlare seriamente dell'avvento di un Nuovo Rinascimento - è scoprire che il pelo sullo stomaco degli italiani conosce una soglia di tolleranza non coincidente con l'infinito. E quando dico che sono sconvolta, intendo parecchio. |
Dice che non è mai stata l' igienista dentale di Berlusconi. Mi colpisce un po' perché sono anni e annorum che si racconta questa storia - in genere in epitome alla famosa foto smutandata da eroina manga - per cui quello che mi domando è: perché perde tempo a smentirlo proprio ora, e soprattutto perché lo fa come se la cosa in sè dovesse costituire un'attenuante? No perché ho saputo che ha appena cambiato avvocato. Se il vertice della strategia processuale del suo difensore è spingerla a negare di aver messo le mani in bocca al premier, non è che di fronte a lei si stagli un futuro particolarmente radioso. Comunque, sono scelte. Lei evidentemente le sue le ha fatte tutte molto tempo fa, e adesso il ventaglio di quelle che le restano disponibili s'è ristretto parecchio. Povera stella. Che pena mi fa. |
O almeno così c'è scritto sul bugiardino. |
Tutto è cominciato con le paturnie di Annuska. Annuska è una bellissima bionda estremamente spiritosa e così trasparente nella purezza del suo cuore e delle sue opere e omissioni, da essere un pochino vulnerabile. Peculiarità che del resto accumuna tutta quella parte di umanità che varrebbe la pensa di salvare in un ipotetico disastro planetario. E attenzione che ora la Middle vi parla con parole di verità e saggezza e vi svela un principio universale: le persone migliori sono quelle che dubitano di sè e che vengono occasionalmente soverchiate dal senso spiazzante della propria inconcludenza e nullità, non tanto perché il dubbio sia un valore in sè, ma perché ogni Legge Educativa del Mondo, comprese quelle relative all'autostima, evolve secondo parametri precisi: non si occupa di sartoria d'alta moda, ma confeziona abiti per l'Oviesse, vale a dire fatti per stare addosso a chiunque e bene a nessuno. Il risultato è che da adulti tutti ci sentiamo inadatti al ruolo che ricopriamo, al lavoro che facciamo, al posto che occupiamo nel cuore delle persone che amiamo. Tutti. Senza eccezioni. Ma una parte dell'umanità semplicemente se ne frega, per la buona ragione che quasi non se ne accorge. Non è dotata della sensibilità minima per percepire la distanza fra il Modello Educativo a cui ci hanno insegnato a uniformarci - che sia ben chiaro, è una solenne puttanata come qualsiasi quadro di riferimento etico non sottoposto ad elaborazione personale - e il proprio comportamento. Non coglie le sfumature. E procede dritto per la sua strada senza soverchi tentennamenti. Invece quelli più sensibili interiorizzano il Modello, e finiscono per credere che per valere e per essere amati bisogna far qualcosa per meritarselo, di norma qualcosa molto al di là delle loro forze o delle loro personali aspirazioni. Fanno un uso doloroso della sensibilità che possiedono: se ne servono per misurare la distanza fra ciò che sono e ciò che dovrebbero essere, e si torturano nella melma dell’inadeguatezza, che disprezzano più e meglio di chiunque altro al mondo. Per cui quando leggono lo stesso disprezzo negli occhi degli altri ne ricavano la conferma del messaggio in codice che si portano dentro, e si disperano. Ogni cosa fuori e dentro di loro dice: sei un bluff. E la parte davvero triste è che se anche ipoteticamente riuscissero nell’impresa titanica di farsi amare a apprezzare da chiunque, resterebbero comunque in compagnia del loro personale Mostro della Palude Interiore. E quello non lo metti a tacere con niente. A meno che non smetti di averne paura. Quello che gli altri pensano di noi è significativo in un solo caso: quando coincide con l’opinione che abbiamo di noi stessi. Fai la prova. Quando la consapevolezza del tuo valore è implicita, il parere degli altri non conta più un cazzo. Dice: eh, la fai facile tu, ma in pratica come si fa? Si prova. Qual è la cosa peggiore che potrebbe succederti se alzassi la testa in ufficio e silenziosamente imponessi quello che sei lasciando che gli altri pensino il cazzo che gli pare? Dico proprio la peggiore-peggiore-peggiore che riesci a immaginare. Alla prossima riunione ti danno la parola e tu fai un casino bestiale sbarellando i grafici e ingarbugliando a cazzo tutte le cellette di excel dimostrando così di essere una bionda idiota che ha fatto carriera in virtù delle tette? E allora? Hai incasinato i grafici e ingarbugliato a cazzo le di tabelle di excel. Punto. Immaginatelo proprio nei particolari. All’inizio è brutto. E poi ti accorgi che non ammazza nessuno. Sarai comunque Annuska. Sarai tu. E il tuo cuore continuerà a battere e ad amare. E’ il cuore che dice chi sei, non quella straminchia di excel. Adesso prova a immaginare il contrario. Di guardare dritto negli occhi le lingue di serpente, e sentire di nuovo il peso del tuo cuore. Quello che dice chi sei. Quello che sa come sei arrivata fino a lì e con quali mezzi, anche se loro non ti credono. E prova a sentire se pesa più il cuore o la lingua di serpente. T’avverto, è una bilancia che va tarata. Non è che la prima volta che provi dia proprio risultati impeccabili. Questo perché la tara è stata fatti da altri sulla tua bilancia molto tempo fa. All’inizio vacilla. Ma tu insisti, continua a provare, continua a pesare. Non ti scoraggiare. Prima o poi il momento arriva. Fidati di me. |
La perfetta sterilità non esiste. Non è una cosa che so di mio, me l'ha spiegato mio marito che bazzica le sale operatorie. E' una regola. Di più. E' una legge. C'è una precisa curva ascendente che a un certo punto inverte la rotta. Se ti danni per sterilizzare tutto lo sterilizzabile fino all'ultimo bacillo potenzialmente infetto, arriva il punto in cui le tue strategie ti si rivoltano contro e finiscono per causare danni peggiori di quelli per cui vengono messe in atto. Vale a dire che c'è un punto in cui ti devi fermare, e accettare di convivere con una minima percentuale di rischio. La vita, per definizione, non è mai del tutto sterile. Se è del tutto sterile, è inutile che la chiami vita perché non lo è. E' un'altra cosa. Mi è sempre piaciuta questa storia, non so bene perché. Forse perché mi pare un piccolo codicillo che si allinea perfettamente alla Grande Giurisprudenza della Vita. Mi piace l'idea che c'è un punto oltre il quale devi accettare di non potere più esercitare il controllo. Mi piace pensare che oltre una certa profondità devi abbandonarti al flusso e fidarti di un braccio invisibile che ti sostiene. Mi piace immaginare che nella vita come nell'amore c'è sempre qualcosa che non capisci, ed è molto probabile che alla fine sarà proprio quella che ti restituirà il Senso. Mi piace l'idea di avere una mente limitata e una coscienza ramificata in contatto con ogni cosa che vive e respira. Mi piace sapere che esisto anche mentre dormo, mi piace sapere che l'amore circola in fondo al tunnel anche quando litigo con un editore che non si decide ad attivarmi un minchia di periodico elettronico pagato da mesi. Mi piace immaginare che se proprio in quel momento mi facessero un'autopsia psichica, la rabbia salterebbe fuori in uno zampillo giallo capace a malapena di innervare le fughe delle mattonelle sul pavimento, e l'amore tracimerebbe a cascata inondandolo fino a finire fuori dalla finestra. Mi piace l'idea che quando non capisco, è proprio quello il punto dove dovevo arrivare. Mi piace il fatto che certe volte, quando devi essere arrabbiato per statuto perché t'hanno fatto questo, questo e quest'altro torto, anche se ti sforzi proprio non ce la fai. Perché l'allegria che non capisci fluttua più densa della rabbia programmata, e ti condanna tuo malgrado a una luce di gratitudine lì dove ogni corte di giustizia emetterebbe una sentenza di ira divina in tuo favore. Mi piace soprattutto il fatto che ho cominciato questo post con l'idea di scrivere tutt'altro, e invece sono finita qui. A modo suo, una perfetta quadratura del cerchio. |
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