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La vera "disabilità"

Post n°44 pubblicato il 29 Ottobre 2012 da give_it_to_me
 

La vera disabilità è quella dell'anima che non comprende...
Quella dell'occhio che non vede i sentimenti...
Quella dell'orecchio che non sente le richieste d'aiuto...

Gladys Rovini (da "Appoggiati a me")


Solitamente, il tema della disabilità è qualcosa che ognuno di noi vorrebbe allontanare o sentire il più lontano possibile da sè..non è facile riconoscersela o accettarla quando c'è perchè il senso del limite è quanto di più difficile da imparare e da riconoscere come proprio, nonostante sia intrinseco alla natura umana essere limitati e "finiti"..o forse proprio per questo è così arduo ammettere un nostro limite: ci fa pensare alla fine, alla morte, a tutto quello che non è alla nostra portata o che non vivremo. Ragione per la quale si tende a indicare la disabilità altrui invece di cercare e riconoscere o accettare la propria..e se proprio questa ci balza agli occhi, allora facciamo qualsiasi cosa per non vederla, incluso tentare di ribaltarla e farne una questione di orgoglio..

Negare la disabilità o ribaltarla è un meccanismo di difesa, comprensibile, che può essere addirittura vitale soprattutto quando lo si può osservare in chi disabile lo è nel corpo e gli consente di lanciarsi oltre il limite che sta nella menomazione fisica e sfidarla, mettendosi alla prova e riuscendo a spostare quel limite un pochino più in là, ogni volta un po' oltre.. Sfidare il limite, però, non significa necessariamente averlo accettato e avere elaborato psicologicamente e profondamente la realtà della nostra umana limitatezza e delle sue conseguenze, che sono per esempio l'avere bisogno degli altri, sempre e comunque, in tante circostanze della vita e per mille impercettibili sfumature in cui non siamo "abili" abbastanza per fare da soli e possiamo appoggiarci e dipendere reciprocamente da qualcuno per esserlo un pochino di più. Fintanto che questo processo di elaborazione non è compiuto, il vero disabile è colui che, additando il limite negli altri o confrontandosi con chi ne ha di più pesanti, sceglie di continuare a negare o ignorare di esserlo. E pensando di spostare il limite fuori di sè, additandolo negli altri, in realtà non fa che tirarselo ancora più addosso, diventando tutt'uno con la menomazione o il limite che non accetta. Che poi è come dire "non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere" o "peggior sordo di chi non vuole sentire"...

E tu piccolino mio, che con questo processo di elaborazione ti stai confrontando anche duramente e dolorosamente, non accettando di poterti appoggiare a una compagna quando ne hai bisogno (come lei può averne di te) o di poter dipendere anche emotivamente da lei perchè naturalmente sei profondamente legato a lei o di non essere Superman quanto vorresti, ti sei "tirato addosso" infatti una completa "cecità", ben peggiore di quella che hai sfiorato nel corpo e che ti fa scattare meccanismi di difesa rigidissimi e fuggire lontano dalla felicità, dall'amore e dalla vita..non vedi più i tuoi sentimenti per me, non vedi chi ti vuole bene intorno a te e quando mi pensi non ti accorgi del rispetto con cui, per settimane, ho tentato di esprimerti quel bene senza passare sopra la tua volontà e libertà di decidere se ascoltare quel che avevo da dirti, non riesci più a vedere il cammino per noi due che conduceva ad un futuro pieno di stimoli reciproci, di esperienze insieme, di amicizie condivise e per accecarti ulteriormente e brancolare completamente nel buio non vedi nemmeno più il nostro meraviglioso passato per quello che era e che è stato..

Mi ha colpita molto la frase di Philippe Pozzo di Borgo (autore del libro "Il diavolo custode" da cui è stato tratto il film "Quasi amici") in un'intervista: "Mi sono sentito più disabile quando ho perso mia moglie che quando per un incidente sono diventato paraplegico".. Trovo che esprima perfettamente la realtà psicologica che vive chi ha dovuto necessariamente confrontarsi con il limite ineludibile del corpo e lo ha accettato, riuscendo ad andare oltre la tragedia fino a non immedesimarsi più in essa e scoprire di potersi misurare e confrontare e mettere in gioco e in relazione con gli altri da una prospettiva meno onnipotente e illusoria ma altrettanto (e forse a volte più) soddisfacente e piena e completa. Trovo che questa esperienza della realtà possa "illuminare" e farci vedere meglio una prospettiva esistenziale che può essere applicabile per tutti noi, esseri umani fisicamente più indipendenti di un paraplegico ma forse non meno disabili e "ciechi", ogni volta che rinunciamo a relazioni e occasioni di crescita e di stimolo e di esperienza della vita per non volere "vedere"/accettare un nostro qualsiasi limite molto più comune come la dipendenza dagli altri o il non essere sempre alla loro altezza.

La vera disabilità è quella che, impedendo a noi stessi di amarci come siamo, impedisce di viversi con l'altro, in qualunque situazione fisica, emotiva o mentale. La vera disabilità è il non amore per se stessi che si trasferisce sul piano della relazione con gli altri e con la vita che ci viene incontro attraverso gli altri.

Può essere la cecità che diventa non "vedere" più il futuro con una persona che amiamo o improvvisamente non "vedere" più i sentimenti che proviamo per gli altri o quelli che gli altri provano per noi così come siamo, può essere un'amputazione che diventa sentirsi mancanti di qualcosa quando immaginiamo di metterci in relazione agli altri, può essere una paralisi che diventa non riuscire a prendere la decisione di muoverci verso la vita, può essere un tumore che diventa così inaccettabile da farci vivere da morti ancor prima di morire davvero..ma non necessariamente la disabilità è collegata a un handicap del corpo. E se non la colleghiamo noi a una menomazione fisica, perchè viviamo come handicap e come privazione uno stato del nostro corpo, la disabilità non è sinonimo di handicap fisico e può essere superata, vinta..

Commenti al Post:
selenia56
selenia56 il 29/10/12 alle 19:31 via WEB
Quanta verità in queste parole. Non conoscevo quella pubblicazione. Ciao Sele
 
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