Un blog creato da molinaro il 04/06/2007

Carlo Molinaro

Pensieri sparsi, poesie e qualsiasi cosa

 
 
 
 
 
 

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Il muro oltre il cancello

Post n°31 pubblicato il 01 Luglio 2007 da molinaro
Foto di molinaro

Ieri la mia amica Clara mi ha scritto una frase folgorante. O, almeno, folgorante per me. Eccola: «C’è un muro dietro il cancello che scavalchiamo senza suonare, e vasti prati e sentieri e sorgenti se aspettiamo che ci venga aperto». Mi sono accorto che questa frase è una svolta – non «la» svolta, la vita è tutta uno svoltare – ma «una» svolta importante nella (mia) maturazione umana. Non ci avevo mai pensato. Una frase importante per me e forse addirittura per la pace nel mondo. Vabbè non esageriamo.

Diciamo che da ragazzo pensavo l’esatto contrario: un giardino, uno spazio oltre un cancello, poteva avere valore per me se e solo se ci entravo scavalcando, senza dover chiedere il permesso a nessuno. Chiedere il permesso non solo mi umiliava profondamente, non solo violentava la mia timidezza (anche oggi faccio fatica persino a telefonare all’idraulico per chiedergli di venire ad aggiustare un rubinetto: io e chiedere non andiamo ancora d’accordo, anche se mi sforzo di evolvermi), ma vanificava completamente lo spazio da esplorare: se me lo permettono, pensavo, dev’essere già stato esplorato, già codificato, già precotto, già con sentieri che mi toccherà seguire, e allora a che serve? Oltre a ciò, lo sforzo emotivo di chiedere il permesso mi svuotava di ogni energia, per cui dopo averlo compiuto non avevo più la forza di oltrepassare il cancello. Già avevo chiesto il permesso, basta: andavo a dormire. Troppo stanco!

Forse ero un ragazzo strano, forse no. Tutti i ragazzi si ribellano al limite delle «cose permesse» perché vogliono «tutto». I più baldanzosi si ribellano saltando protervi nel proibito davanti al mondo, magari compiaciuti. Io ero timidissimo e la mia ribellione era la clandestinità. La mia infanzia e la mia adolescenza sono state solitarie e clandestine, fuori dal mondo, nell’unico spazio dove non devi mai chiedere il permesso: quello che abiti solo tu. Non è stato granché, ma è andata così.

Ecco, non so bene se c’è davvero un nesso, ma la frase di Clara mi illumina sui rapporti umani. L’atteggiamento che avevo da ragazzo era forse inevitabile, ma davvero mi faceva trovare davanti a un muro. E mi vietava vasti prati e sentieri e sorgenti. Nei rapporti umani non va bene scavalcare il cancello. A volte bisogna chiedere il permesso. A volte neppure chiedere il permesso, ma solo aspettare e sperare che il cancello venga aperto.

La cosa in realtà non mi è chiarissima, ci sto pensando adesso, ore due della notte fra il 30 giugno e il 1° luglio. In diretta. Facciamo un esempio. Se una ragazza mi piace io prima di tutto mi faccio dei giri di fantasie e fantasticherie su di lei. Poi cerco di sapere qualcosa di lei, o comunque qualcosa di più di quello che già so. Questo d’altronde è normale, tutti fanno un po’ così. Si cerca di acquisire dati per poi farsi avanti con qualche cognizione di causa, migliorando le possibilità di successo. Ma dopo c’è uno snodo importante, il momento in cui appunto ci si fa avanti. Lì c’è da stare attenti a non scavalcare il cancello, a non spingersi chissà dove immaginando cose infondate, o rattoppando insieme minime confidenze completandole con la propria interpretazione e magari costruendo un personaggio immaginario che poi può scontrarsi con la ragazza reale. Lì bisogna avere pazienza, stare sulla soglia, guardare bene, capire che cosa c’è davvero oltre il cancello, aspettare appunto che venga spontaneamente aperto, in modo da vedere la realtà di lei, la realtà di lei da amare, e non il muro delle proprie solipsistiche fantasie.

Lei magari il cancello lo apre subito, magari lo apre lentamente, magari non lo apre mai. Adattarsi a questo è cosa molto aspra e dura (soprattutto se lo apre molto lentamente o, ahimè, mai), è dura un po’ come da ragazzi chiedere – chiedere il permesso o qualsiasi cosa, è durissimo chiedere, ma a voi non vi sembra difficilissimo? Succede solo a me? Per me lo è sempre stato. Sì, per me è quasi patologico, lo so, ricordo di avere girato ore per città ignote piuttosto che chiedere un’informazione a un passante. Volevo trovarla io quella via, da solo – non so se è orgoglio o timidezza, forse è la stessa cosa? Il bello è che se poi riuscivo a farmi forza e a chiedere dov’è la via tale, dopo ero contentissimo. Mah. Ci riuscivo rarissimamente. Ora un po’ di più.

Insomma, non estremizziamo. Un certo grado di distorcimento della realtà, nell’innamoramento, è inevitabile. Il fenomeno per cui lei fa un sorrisetto di circostanza (un sorrisetto che farebbe quasi a chiunque) e lui, essendone innamorato, lo interpreta come un «ti amo! ti sorrido perché ti amo!», è un fenomeno classico, da manuale. Però a una certa età bisogna anche cominciare un po’ a capirlo. Anche se la tendenza rimane. Anche a cent’anni credo che se una che mi piace mi farà un sorrisetto io penserò «sì sì mi ama!» – posso arrivare ad aggiungerci un «forse». Che carattere di merda che ho, troppo disperatamente ottimista.

Ho la sensazione di avere detto cose molto confuse. Eppure la frase di Clara è stata proprio illuminante. Cercherò di sforzarmi di aspettare le aperture dei cancelli. Cioè, almeno nei rapporti umani amichevoli amorosi, s’intende. In altri tipi di lotta invece i cancelli si devono scavalcare eccome, su questo non c’è dubbio, per esempio se sono transenne della polizia che vuole impedirti di manifestare, lì bisogna scavalcare. Ma in amore no. Credo di no. Ci sto meditando.

Certo che nella conoscenza di una persona una minima dose di scavalcamento ci va anche, magari per vincere una sua paura o per aiutarla a conoscersi meglio lei stessa. La frase stessa di Clara ha scavalcato qualche mio cancello. Ma lì è in un senso diverso. Forse. Comunque ci vuole molta delicatezza.

Intanto è il 1° luglio, il che significa che metà del 2007 è già passata. Piena di avvenimenti, da un lato mi sembra un secolo (in senso positivo) e dall’altro, come sempre, il tempo vola e fugge. Facciamo festa: è mezzo capodanno, o capodimezzanno. Cameriere, gazzosa per tutti!

 
 
 
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