Un blog creato da molinaro il 04/06/2007

Carlo Molinaro

Pensieri sparsi, poesie e qualsiasi cosa

 
 
 
 
 
 

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L'ascolto

Post n°197 pubblicato il 18 Dicembre 2007 da molinaro
Foto di molinaro

L’ascolto, l’interessarsi. L’attenzione. Pensieri in forma sparsa. Perché una trattazione organica non mi viene. Ultimamente sono stato criticato da almeno tre persone sulla mia incapacità ad ascoltare. Tre persone (tre persone amiche s’intende) sono tante e quindi c’è da meditare.

Qualcosa mi sfugge. A me sembra di ascoltare attentamente. Però sembra a me. Se a tre persone (persone amiche) non sembra, c’è da meditare.

Che io sia un tipo distratto va bene, questo lo so. Stamattina sto lavando per la terza volta lo stesso bucato. Il motivo? L’altro ieri e ieri mattina ho messo la lavatrice, ma quando ha finito me ne sono dimenticato completamente, e il bucato è rimasto dentro a intristire. Se sta 24 ore chiuso bagnato nella lavatrice è meglio dargli un’altra passata, credo. Non so se me l’ha detto qualche massaia o se è un’idea che mi sono fatto io. Stamattina mi sono ricordato che il bucato era ancora lì e gli ho dato la terza passata. Ma non è detto che sia la volta buona. La lavatrice ha finito, mi pare, non la sento più ronzare di là, ma adesso non ho voglia di smettere di scrivere e quando avrò finito di scrivere non sono in grado di garantire a me stesso che mi ricorderò del bucato, perché sarà fra un po’ di minuti e forse non ci penserò più, e domani dovrò fare il quarto lavaggio della stessa biancheria, quando all’improvviso mi ricorderò.

Non ascolto le lavatrici (e non m’importa di loro: non sono esseri viventi) ma le persone mi sembra di ascoltarle. Mi sembra di essere attento. Però c’è evidentemente qualcosa che non va.

Le tre persone sono donne, ma questo forse non è significativo, perché di amici uomini ne ho pochissimi, e lontani. Quindi è statisticamente normale che siano donne.

Non so. Ognuno ha il suo linguaggio, i suoi presupposti, i suoi modi e la sua storia personale, e a volte non capisco qualcosa che mi viene detto (e non sempre c’è il tempo e la possibilità e l’opportunità di approfondire subito, domandare, spiegare meglio). Ma non capire è diverso da non ascoltare. A volte rielaboro mentalmente per giorni interi una frase che mi è stata detta cercando di comprenderla in tutte le sue sfaccettature – e magari invece mi allontano dal senso originario, perché sono condizionato dalla mia fantasia – ma che farci? L’unico rimedio è parlare di nuovo e spiegare meglio. Quando è possibile.

Una delle tre donne suddette mi parla molto di rado e brevemente, lasciandomi poi per giorni a elaborare e fantasticare sulle sue parole (dato che la amo, fantasticare è inevitabile). In questo caso il rischio di allontanarsi dal senso reale è alto. Ma l’ascolto mi sembra fortissimo – solo che deve basarsi su frammenti, è come ricostruire un papiro egizio mezzo cancellato, le lacune si colmano in modo arbitrario, si fanno un sacco di errori, ma... come fare diversamente? Eppure anche lei, benché solo una volta e forse in riferimento a una cosa specifica, mi ha detto: non mi ascolti.

Un’altra mi parla spesso, approfondiamo, e la sua critica di non ascolto è più riferita ad altri rapporti, non è un non ascolti me ma un non ascolti loro. Resta il fatto che a me non sembra, non riesco a visualizzarlo. Tuttavia ne discutiamo, e questo è bene.

Con la terza parlo abbastanza frequentemente e a lungo, e quando non capisco quasi sempre le chiedo di spiegare meglio, eppure anche lei mi ha detto che non la ascolto. Con lei in particolare mi accorgo che ci sono terminologie, percorsi diversi, visioni contrastanti del mondo che rendono la comunicazione laboriosa (ma appassionante!) e implicano dei frequenti non capire, che però, ripeto, sono diversi dai non ascoltare.

Non nego che in un’ora di conversazione ci possa essere quel minuto in cui la mente vola via e mi fa perdere qualche parola. Questo accade. Ma in genere si può reintegrare dal contesto. Oppure direttamente lo dico: scusa, mi ero distratto un attimo, puoi ripetere?
Ora, l’ascolto non è solo una cosa verbale, è chiaro. C’è l’ascolto dei gesti, degli atteggiamenti, dei modi. Un po’ più complesso, perché se non si è arrivati a un’intimità profonda il rischio di fraintendere è ancora più alto che nell’ascolto verbale. Ma è bello e necessario.

E poi c’è l’attenzione, l’attenzione alle cose dell’altro (che è una forma di ascolto, prima, e di amore, poi – o contemporaneamente). Qui la faccenda è ancora più complicata perché mi sono accorto che ci sono atteggiamenti molto diversi. A me sembra di mettere al centro la persona. Ma magari non è vero, magari sbaglio. Se vado alla presentazione del libro di un amico, compro il libro anche se è lontanissimo dai miei interessi (magari parla di pesca subacquea!) o anche se penso che non valga granché, perché è il libro di un amico e in ogni modo mi parla di lui. Se poi mi viene in mente che ho un altro amico a cui quel libro potrebbe interessare, ne compro due copie, o tre. Mi sembra il minimo della solidarietà. Ma moltissimi non la vedono in questo modo.

Odio guardare le diapositive delle vacanze. Ma se accanto a me c’è una ragazza che amo, e mentre guardo le diapositive sento nella stanza il suo odore, allora amo guardare le diapositive delle vacanze! Odio girare per i centri commerciali, ma se è con chi-so-io, come è accaduto varie volte quest’estate, allora è la cosa più bella del mondo. Non è che mi sforzo: diventa davvero la cosa più bella del mondo.

Cenare con un amico in un posto dove si mangia merda mi è cosa gradita, cenare con un estraneo antipatico in un posto dove si mangia da dio mi è insopportabile. Chiaro che se si può cenare con l’amico in un posto dove il cibo è decente è ancora meglio, ma insomma l’esempio serve a stabilire delle chiare priorità.

Però sto divagando, la questione era l’ascolto, e non l’importanza che gli altri hanno nella mia vita. Sono due cose in qualche modo collegate ma non sono la stessa cosa.

E però non sono arrivato a chiarire granché. Devo meditare ancora. Se tre persone amiche mi hanno detto che non le ascolto ci deve essere del vero, e ci devo «lavorare sopra», come dicono, credo, gli psicologi o psicanalisti nel loro gergo bislacco.

Adesso stendo il bucato. Me ne sono ricordato, me ne sono ricordato!

 
 
 
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