Un blog creato da molinaro il 04/06/2007

Carlo Molinaro

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Finestre e stil novo

Post n°576 pubblicato il 28 Marzo 2009 da molinaro
Foto di molinaro

Oggi ho molto da lavorare e in effetti sto lavorando. Fuori il cielo si è fatto grigio e piovoso, ma di un piovoso comunque fecondo, primaverile. Lavorare va bene ma ho anche scritto due poesie, insomma. La prima è dedicata alle finestre delle scale del mio condominio, trascurate e obliate. Eh, pazienza! La seconda è dedicata agli stilnovisti, a Dante, e anche a una donna di cui dopo lungo tempo mi sono accorto che ha gli occhi belli. E ad altre cose ancora. A proposito di finestre: nell’immagine in alto a destra, quattro aspetti (nell’arco di un giorno) dell’ormai celebre finestra della mansardina qui di fronte. Buon sabato!


MEMORIA DI FINESTRE

Hanno messo l’ascensore nel condominio:
esterno, attaccato alle scale. Faccio le scale
(tanto non posso usarlo, l’ascensore:
non ho le chiavi, il padrone di casa
non ha voluto partecipare alla spesa:
meglio così: far le scale mi va bene
e almeno non aumenterà l’affitto)
e mi accorgo che non ricordo più
com’erano le finestre prima che
l’ascensore le rivoluzionasse.
Eppure era soltanto un mese fa
– in un mese hanno fatto il lavoro –
ed è quasi un decennio che sto qua:
dunque le avevo viste tutti i giorni,
più volte al giorno per quasi un decennio.
Niente, non le ricordo, non saprei
dirle né disegnarle. Addio, finestre,
non siete mai esistite per me
– scusate se è crudele. La memoria
è giustiziera: non l’inganna l’abitudine,
non la seduce il tempo, non la muove
a pietà una lunga consuetudine
domestica affettuosa. La memoria
mantiene e custodisce altre finestre
straniere e immeritevoli, che un giorno
hanno riflesso un attimo di sole
e di colore: l’han fatto penetrare
dentro e poi niente, poi si è andati via,
perché non si poteva rimanere.


IO, CARO DANTE, FACCIO UN PASSO AVANTI

Per i poeti del dolce stil novo
l’amore è meglio se non è appagato:
così può sublimarsi nei sonetti
tutti belli perfetti:
indenne dall’intrico dei difetti
delle voglie e dei corpi: sollevato
dal vecchio amaro stile dell’esistere.

Io, caro Dante, faccio un passo avanti,
poi mi volto a guardare e vedo gli occhi
di lei brillare: non immacolati
e non eterni ma blu di un bel blu:
non celestiali ma celesti. E scrivo
questo, con il mio verso zoppicante.

Io, caro Dante, se leggo il tuo Inferno
vedo gente che vive una vita di merda
però la vive, come in certe fabbriche
di Singapore, tu non puoi sapere.

Nel Purgatorio invece, caro Dante,
c’è gente attenta a non vivere più
per non distrarsi dal viaggio al Paradiso:
è come in certi uffici di Milano.

E il Paradiso? Lì mi resti sul vago,
racconti che son cose che ridire
né sa né può chi di là su discende...
Io ci sospetto qualche fregatura.

Mi contento del mio cammino oscuro
che cerca un po’ di dolce nell’amaro
e non bada allo stile, nuovo o vecchio:
ho ben altri problemi: nel mio piccolo
impiego anni, dei pochi che ho,
per trovare e vedere occhi imperfetti:
non celestiali ma celesti. Vivi.

 
 
 
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Buona cosa...
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