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Carlo Molinaro

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Una lettura di poesie ad Erli

Post n°886 pubblicato il 30 Maggio 2010 da molinaro
Foto di molinaro

UNA LETTURA DI POESIE AD ERLI


Ho letto poesie dal mio libro, quello nuovo,
sul palco naturale nella montagna d'Erli,
al tramonto, nella festa del vento
alla borgata Bassi, che è un luogo speciale.

Ho letto a lungo, per un tempo che di solito
è troppo lungo per leggere poesie.
Ma sentivo che potevo andare avanti.
Un ragazzo alla fine continuava ad applaudire,
però lentamente, era come in silenzio
e mi osservava stupito, sorpreso.

Mi hanno detto che li ho emozionati,
mi hanno ringraziato per quello che ho dato:
l'hanno fatto in sei o sette o più,
toccandomi il braccio, prendendomi in disparte:
uomini, donne, ragazzi, ragazze:
sentivo che era vero.

Queste potrebbero essere delle soddisfazioni
per un poeta: come una splendida fioritura
di rododendri per un giardiniere
o una pietanza che i commensali lodano
per un cuoco o un pavimento a filo,
perfettamente a filo, per un piastrellista.

E qualcosa della soddisfazione
c'è anche, c'è, non dico di no.

Eppure dopo mi aggiravo fra loro
ed era come se sui sassi e sull'erba
ci fossero dei cerchi che loro attraversavano
con naturalezza e io no, su ogni arco
di circonferenza s'arrestava la mia voglia
impropria, impossibile di dire e baciare
ed essere baciato: mi aggiravo estraneo
fra loro, fra gli amici, fra le donne, faticavo
anche a chiedere un pezzo di focaccia
dal forno acceso che mandava un buon
odore di pane e di fuoco e di legna.

Ha ragione Eva Sánchez: m'innamoro
a livelli strani, in un modo sospetto
e inquietante: sono il maniaco che guarda
con gli occhi ubriacati di bellezza
e non sa muoversi e poi se si muove
chissà che cosa fa. Forse ti mangia
o gira intorno senza osare nulla
o t'offre doni così ingarbugliati
che è un'impresa trovarci l'amore:
così tu pensi che forse non c'è.

Nelle poesie, di questo desiderio
tracimante non passa nemmeno
la centesima parte, eppure basta
talvolta a sgranare tutti gli occhi agli uomini,
alle ragazze sedute davanti.
Cosa accadrebbe se passasse intero?

È comprensibile una certa diffidenza,
una certa prudenza: forse è perciò che vedo
tutti quei cerchi nell'erba e non riesco
a traversarli come fanno gli altri:
che anzi, credo, neanche li vedono:
non c'è bisogno.

A mezzanotte s'è alzata la luna
dalla cresta del monte e m'ha preso una voglia
di andare via, giù verso il mare, solo.
Ho pensato di dover salutare
o forse no. Mi sono avvicinato
a Mac, lui però stava parlando
con una ragazza e perciò non mi vedeva,
non si voltava, ero fuori dal cerchio,
sono scivolato via, ho lasciato un libro
sul tavolo in casa di Nico perché
me l'aveva chiesto, sono salito per il viottolo
con in testa tutto l'amore che c'era
dentro quei prati, sotto quella luna:
l'amore che mi esplode nella testa
ma non sa dare istruzioni sensate
agli occhi al cazzo alle gambe alle mani:
solo qualche parola, qualche ritmo
sopra un foglio di carta. È troppo poco.

Ho letto poesie dal mio libro, quello nuovo,
sul palco naturale nella montagna d'Erli,
ho dato ciò che mi riesce di dare.

Mi urla dentro come un branco di lupi
e la donna che si bacia con i lupi
c'è solo nel libro di Guido Catalano:
nella realtà non è facile amarmi:
la donna che ci prova è paziente e lodevole,
comprende le invadenze e le mancanze.

A volte sono vuoto, secco; a volte
sono rigonfio come un fiume in piena:
né il secco né la piena vanno bene
per dissetare, lo sanno anche i bambini:
è meglio una sorgente a cui si possa
accostare la bocca, una sorgente
che sai che c'è e sai dov'è e com'è.

Molto spesso con me non resisto neanch'io.
Ho letto poesie dal libro, quello nuovo.
Ho sentito profumo di pane e ragazze,
terra umida, passi, luna piena.

Tornando in auto da Albenga a Torino
ho cantato tutto il tempo a squarciagola.

Un video con pezzetti di festa (non la mia lettura, dato che il video l'ho fatto io, s'intende) è qui.

 
 
 
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