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Ecco, sono ancora in treno, sempre con il computer, collegato alla rete, questa cosa moderna, come un giocattolo nuovo, lo so. E va bene. Così ho scritto una specie di poesia, questa qui qua sotto, che in effetti sono in treno e c’è un gatto, e buona domenica sera a tutti.
SONO IN TRENO E C’È UN GATTO
Sono in treno e c’è un gatto
accanto a me in un gabbiotto,
un gabbiotto portagatti.
Passa il carrello bar, prendo un caffè
che fa schifo e lo so, ma così,
per prendere qualcosa.
Mi viene in mente che quand’ero bambino
una vecchia signora
forse una zia forse un’amica di famiglia
forse più d’una
forse diverse vecchie signore
forse quando non ero più nemmeno
tanto bambino
forse la vecchia signora per antonomasia
forse me la sono inventata io
ma sono sicuro che diceva:
«Non c’è da fare grandi imprese nella vita,
basta fare le cose da fare e soprattutto
non far soffrire nessuno»
– e sorrideva compiaciuta come
una maestra zen (esistono maestre femmine zen?),
compiaciuta come una che
lei di sicuro ci riusciva eccome.
Il gatto nel gabbiotto si rigira.
Ogni tanto nel vagone dove sono
va via la corrente ma per fortuna
il computer con cui sto scrivendo
passa in automatico alla sua batteria
e ha una buona autonomia.
Si abbassa solo un po’
la luminosità dello schermo.
Il gabbiotto portagatti è bianco e rosso,
il gatto nel gabbiotto è bianco e nero.
Una ragazza bionda legge un libro,
una ragazza bruna guarda il nulla e...
...e ascolta musica, per verificare
che avesse le cuffiette l’ho guardata
un po’ di scatto e se n’è subito accorta,
ora credo che sappia che ho scritto di lei.
D’altronde io non sono di quei poeti
che scrivono baggianate incontrollate,
e se scrivo che la ragazza bruna ascolta musica
devo controllare che sia vero, se no
non lo scrivo. Pensandoci, potrebbe non essere
musica quella che ascolta con le cuffiette,
anche se è molto probabile che lo sia.
Allora: la ragazza bruna ascolta qualcosa
con le cuffiette. Pensandoci, potrebbe anche
non ascoltare nulla, tenere le cuffiette spente,
così, perché a lei piace così.
Non si può essere mai certi di niente.
Però quella vecchia signora pseudomaestra di zen
con quella sua facciotta compiaciuta
ben sicura della sua filosofia
sparata lì fra un bignè e un pettegolezzo
secondo me era un’oca presuntuosa
che diceva così tanto per dire.
La ragazza bruna si è tolta le cuffiette
e mi guarda: provo un po’ di disagio,
come se le avesse tolte per me,
per i miei dubbi su di lei. Non riesco
a far passare neppure una giornata
senza fare soffrire nessuno:
si fa sempre soffrire qualcuno.
Percepisco che il gatto nel gabbiotto
è d’accordo con me, però forse
è solo un’impressione. Comunque
no, non si può dire, brutta vecchia signora,
che basta non fare soffrire nessuno,
dirlo così come fosse la cosa
più semplice del mondo.
Secondo me tu sei una grossa stronza
e chissà quanti ne hai fatti soffrire,
forse neanche te ne rendi conto,
ma questa non è mica una scusante,
vuol solo dire che oltre che stronza
sei scema e non t’accorgi delle gente
che ti sta intorno. Quante belle parole
fra i tuoi bignè e i tuoi pettegolezzi.
La ragazza ha rimesso le cuffiette.
A ogni gesto, a ogni movimento,
a ogni scelta, a ogni sguardo, a ogni amore
si fa soffrire qualcuno: succede
fin da bambini, giocando con le bambole
o i soldatini. La padrona del gatto
si è sporta dal sedile per chinarsi
sul gatto, un ragazzo coi capelli
già un po’ grigi sono due ore che gioca
al solitario sul suo computer e mi pare
che non gli venga mai. Adesso volevo
guardare ancora la ragazza delle cuffiette,
se le ha o non le ha:
ma mi sono trattenuto.
Non l’ho guardata più.
Non so perché mi sono trattenuto,
non è che le faccio male se le guardo
le orecchie, però così, così, non so:
non si può essere certi di niente.
Faceva davvero schifo quel caffè,
il gatto gira dentro il portagatti,
forse neppure un’ora si può stare
senza fare soffrire.
Ecco siamo a Milano, ora scendono
il gatto, il portagatti, la padrona
di gatto e portagatti, la ragazza
con o senza cuffiette e anche il ragazzo
che il solitario mica gli è venuto.
La bionda invece prosegue col libro.