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Carlo Molinaro

Pensieri sparsi, poesie e qualsiasi cosa

 
 
 
 
 
 

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Tre poesie di riflessione

Post n°849 pubblicato il 24 Marzo 2010 da molinaro

Tre poesie scritte nei giorni scorsi: poesie che, più che d'amore, sono di riflessione: riflessione sull'amore, ma non soltanto: quella intitolata Conturbia va a toccare un po' tutta la vita (e la morte). L'ho scritta dopo una specie di alterco avuto a Savona con C. che sembra volermi molto male... Ma lo spunto di partenza non è importante, il discorso va oltre. Quella intitolata Messaggero d'amore parla forse della solidarietà amichevole nelle cose d'amore; e di quali sono i veri ostacoli all'amore: non draghi o maghi o fiumi di fiamme, ma più semplici e banali rifiuti. Quella intitolata Ristorazione riguarda forse un po' la stessa cosa, l'ostacolo-rifiuto. Forse ne parlo troppo. Ma d'altronde lo smaltimento dei rifiuti è uno dei maggiori e più drammatici problemi globali del periodo storico che stiamo vivendo: si fanno forum mondiali sull'argomento. E io sono lentissimo a smaltire i rifiuti, mi restano lì per anni, forse per decenni.

Ma per fortuna intanto ci sono buoni amori vivi e vissuti, e poi si fanno buone serate di poesia, come questa al Raindogs, e poi posso dipingere ad acquerello le copertine dei libri, accompagnato da vecchie canzoni di Gaber, come qui e qui.



MESSAGGERO D'AMORE

                                    a F. S.

Qui non si tratta di torri o di cavalli:
non c'è partita a scacchi con la morte,
nessuna principessa prigioniera
dentro l'inaccessibile maniero,
nessun galoppo notturno segreto
sotto una volta di lucide stelle:
non si tratta di alfieri o di regine
a cui le ancelle fidate consegnano
biglietti misteriosi
di nascosto dal re
col rischio della vita, per seguire
un sogno che non è nemmeno il loro.

Qui non si tratta di famiglie ostili
con veleno e pugnali o di mariti
che tendono l'agguato: qui non c'è
nessun drago tricipite da uccidere,
nessun mago da vincere in astuzia,
nessun fiume di fiamme da saltare.
Qui l'ostacolo è più semplice e banale
ed è l'unico davvero insuperabile:
è lei, la principessa, che non vuole.

Sa più di stalking che di troubadour
il messaggio d'amore: ma l'amico
che accetta di portare alla mia Musa
il libro dei miei versi è un messaggero
d'amore - è comunque un messaggero
d'amore, come quelli dei romanzi
e delle fiabe: lui è uno che sa mettere
la neve nel bicchiere e fa spuntare
rose nel cielo e soprattutto sa
che la vita è la passione che s'inventa
per temperare quello che la gente dice:
è l'uomo giusto per il mio messaggio:
e vada come vada
io grato gli sarò
nel modo che son grati i troubadours:
minimamente per l'eternità.



CONTURBIA

Ho pensato stamattina che il mio essere troppo tenace
nel corteggiare ragazze che non mi si concedono
sia collegato al profondo sgomento che ho della morte.

Io per la morte non ho soluzioni: assodato
che dopo la morte c'è il nulla (allo stato
attuale dei fatti ogni altra teoria
è inconsistente: ci sono le favole
delle religioni e di certe filosofie
ma sono appunto favole - poi tutto è possibile
ma allo stato attuale dei fatti
dopo la morte c'è il nulla, è inutile che io finga
di credere altre cose) e assodato che il nulla
è la cosa peggiore, nulla è peggio del nulla,
quando penso al nulla mi prende uno sgomento
che per esempio se sono a letto devo alzarmi
per sentirmi vivo (e facevo così, di nascosto
dai genitori, già a sette anni, mi alzavo
e mi sedevo su una sedia accanto al letto
ogni volta che pensavo alla morte - e ci pensavo,
a sette anni pensavo molto spesso alla morte,
e molte notti sono stato seduto,
e i miei genitori non l'hanno mai saputo)
e non ho soluzioni per la morte.

La morte è vita che vorrebbe viversi
e non può più, perché non c'è più nulla:
io alla morte direi: «scusa, vorrei
vivere ancora un miliardo di anni,
e poi ne riparliamo», ma lei mi risponde:
«tu sei cretino, sono cazzi tuoi».

Le ragazze che amo e che non mi si concedono
fanno all'incirca la medesima cosa.
L'amore con loro è vita che vorrebbe viversi
ma non può, perché loro non lo vogliono:
non lo vogliono e così rimane il nulla,
la cosa peggiore, nulla è peggio del nulla.

Sì, stamattina ho pensato che è per questo
che sono troppo tenace a corteggiare:
è che preferisco anche essere mandato a cagare
mille volte, piuttosto che il nulla,
che è la cosa peggiore, nulla è peggio del nulla.

Estremizzando - ma sia chiaro che estremizzo:
nella realtà so poi stare al mio posto
e rispetto le volontà: non sono mai andato
a battere i coperchi sotto le finestre di un'amata
non riamante, alla fine mi limito
a qualche messaggio, una poesia, una lettera -
ma estremizzando, estremizzando per capire
come la sento dentro, io preferirei
vedere una dieci minuti in tribunale
a testimoniare la mia condanna per stalking
piuttosto che non vederla, piuttosto
che nulla: nulla è peggio del nulla.

(Va da sé che credo che in quei dieci minuti
la guarderei negli occhi e lei si accorgerebbe
di qualcosa che prima non s'era accorta
- succede: certe volte può succedere -
e s'innamorerebbe: per l'eternità:
e andremmo a bere qualcosa, felici, invitando
anche il giudice, l'usciere e gli avvocati.)

Poi non faccio così: è chiaro che mi adatto
e accetto e smetto: la vita non vissuta
son cazzi miei, come dicono giustamente
la ragazza e la morte: hanno ragione entrambe:
se una non mi vuole non mi vuole,
è un suo diritto sacrosanto: e quando scade il tempo
dell'esistenza la morte fa soltanto
il suo mestiere, segue il protocollo
fissato da sempre, che dispone il nulla
e va bene così: morirò disciplinato
senza fare casino e già mi do una regolata
nel corteggiare le ragazze: la questione, alla fine,
è che se pure vivessi un miliardo di anni
e facessi l'amore con tutte le ragazze,
il nulla resterebbe alle mie spalle
a minacciarmi, il nulla è più tenace
di me, sa che poi vince, vince lui,
e io già lo sapevo a sette anni
e avrei fatto meglio a restare nel letto
invece di passare tutte quelle notti seduto
che poi alle medie m'è venuta la scoliosi
e ho dovuto fare la ginnastica correttiva
per tre anni con un professore cattivissimo
che si chiamava, mi pare, Conturbia.



RISTORAZIONE

Ho captato da una conversazione tra Fede e Ale
che forse lei, la mia musa ispiratrice
(come la chiama sempre scherzosamente Fede)
adesso lavora in un posto di ristorazione
esotico, che se ho capito bene
(ma non è detto, io spesso non capisco)
è a cento metri dal locale dove
ci siamo visti per la prima volta
(noi maniaci d'amore* siamo bravi a cogliere
tutte le coincidenze, pure le più insensate):
un posto di ristorazione esotico
però moderno, anche take away,
una catena di ristorazione
però esotica, chissà poi perché
quel tipo di cucina, è come se Mayumi
preparasse la crema catalana - in effetti
nessuno glielo vieta, forse Mayumi
prepara a volte la crema catalana:
c'è la fusion e c'è il melting pot.
Non divaghiamo. Avrei la tentazione
di andarci, per vederla, sempreché
abbia capito bene (tante volte
io non capisco un cazzo), però invece
- se resisto - non vado, no, perché
non ha senso vedere le persone
tendendo agguati: io la vorrei vedere,
io la vorrei tantissimo vedere,
la vorrei più che tantissimo vedere,
però a condizione che lei voglia
vedere me: se questo non accade
è tutto inutile: penso che no,
che a mangiare in quel posto non andrò.

 

* Chiedo scusa ai Maniaci d'amore (Luciana Maniaci e Francesco d'Amore) se uso il nome del loro gruppo teatrale (composto da loro due): ma qui ci sta bene. Ed essi sono molto bravi, e se trovate in giro un loro spettacolo vi consiglio di andare a vederlo.

 

Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
maniaci il 24/03/10 alle 19:01 via WEB
merci. troppo buono. (e non ci andare, a mangiare in quel postaccio!)
 
 
molinaro
molinaro il 24/03/10 alle 23:45 via WEB
Essendo un maniaco d'amore serio e vero, non potrei mai chiamare postaccio un posto dove c'è lei. Ma non ci andrò, comunque. Che poi un'amica mi ha detto che non è neppure quello il posto, bensì un altro, dello stesso genere, ma non quello. Forse una catena che si chiama Japs. Ma japs japs non lo dicono i cani quando sono contenti? I cani hanno sempre ragione, dice il Catalano. È tutto un gioco d'intrecci. Però non s'intreccia. Io sicuramente insicuro, ma sono così.
 
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