In principio era l'unico cartello inibitorio che si poteva leggere sull'ingresso di un locale pubblico. Poi con il tempo il cartello dal tono perentorio e imperioso, assunse un tono più cortese e meno severo:
ma non fu un buon segnale, lasciava prevedere al di là dell'educato invito, un futuro alienante per altre razze di animali. Finisce così l'alienazione? No, non finisce così perché ognuno si è sentito autorizzato a porre i propri divieti: del resto il "padrone" di un locale pubblico, avrebbe o no il diritto di sentenziare: tu sì e lui no? E il cinese dell'altro giorno che ha impedito ad alcuni italiani di entrare nel suo ristorante, aveva ragione o torto? Abbiamo innescato una miccia pericolosa già da un po' e siamo autorizzati e ritenere che, a qualsiasi titolo, un esercente di un qualsiasi locale pubblico, possa "inventarsi" una inibizione razziale o meno, per animali e uomini. Il risultato? Beh, ci sarà chi non vorrà gli zoppi, i gay, i biondi, i bruni, gli anoressici, coloro che parlano male l'italiano, ecc.ecc. Non ci sarebbe da meravigliarsi, ognuno, se avrà le sue debolezze, si inventerà la sua legge e torneremo alle purghe razziali e ai divieti assurdi.
Questo è uno degli ultimi: siamo passati al divieto indiretto, ovvero, ti impedisco di entrare solo perché la pelliccia è reale e no sintetica. Io rispetto gli animali è la vera alienazione del titolare. Ma allora sia per gli animali e sia per le persone, andremo a mettere su, tutti locali selettivi e riservati: ognuno con la sua specifica proibizione. Tu non entri perché hai la camicia che non si lega alla giacca, il cane perché ha il pelo lungo e Carlè perché è un chiacchierone logorroico che darebbe fastidio ai clienti. Ecco a me non andrebbe bene proibirmi l'ingresso, a meno che non sia un cinema o un teatro....