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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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I selfie di Salvini, in questi ultimi anni, sono da antologia: centinaia e centinaia di foto scattate in mezzo alla folla durante le sue escursioni politiche, in lungo e in largo per tutta l'Italia. Ha saputo vendersi, ha saputo cogliere i suoi attimi fuggenti e ha realizzato il meglio che potesse fare per conquistare popolarità. La sfida continua, essere populista è anche questo: far sentire alla gente in strada, la presenza di una persona pronta a risolvere i problemi del popolo, realizzare le loro aspettative e a promettere tutto l'ovvio possibile e immaginabile, per sentirsi un Masaniello del terzo millennio. Orbene, in questi giorni è balzato agli onori delle cronache, un caso pertinente a quanto vi abbia raccontato: un selfie fatto da Salvini a Bologna in occasione di un comizio del 18 novembre 2019. Un tal Cristian Lanzi, si è avvicinato a Matteo e ha fatto un selfie con il suo beniamino: erano le 16.10. Nulla da eccepire, tutto normale, se non fosse che l'operaio Lanzi era in malattia dal 2/10/19 al 06/12/19. In possesso di un certificato medico, lui in quel frangente avrebbe dovuto stare a casa, ma fiero di aver strappato un ambito selfie con il grande Salvini, Lanzi ha pensato bene di postare sulla sua pagina Facebook l'ambito trofeo. In azienda si è saputo della bravata e il nostro amico si è beccato il licenziamento. In poche parole: Cristian aveva bisogno di riguardarsi per un periodo di circa due mesi e la sua azienda scopre che il comizio di Salvini, fosse una buona ragione per uscire. C'è stata la contestazione per il provvedimento e il tribunale di Bologna investito per dirimere il problema, ha dato ragione all'operaio! Oh poffarbacco, ma come è possibile? La colpa c'è stata, la sua uscita non era sembrata giustificata visto che aveva necessità di stare a casa. Per eventuali controlli, l'operaio doveva stare a casa ogni giorno dalle 17 alle 19, cioè rendersi reperibile per eventuali visite di verifica. L'avvocato difensore non ha avuto difficoltà a dimostrare come gli orari coincidessero e in più, come la patologia riscontrata dal medico curante, fosse bisognosa proprio delle uscite dell'uomo: passeggiare era il consiglio per guarire e superare il male (sic). Il tribunale ha ingiunto il reintegro di Cristian, e nel contempo ha ribaltato una sentenza della Cassazione nr.6047/2018 che legittimava il licenziamento specie se l'avvenuta trasgressione fosse stata divulgata sui social e tramite selfie. Quindi si è giocata la partita su quel 16.10 orario del selfie. Non si sa se alle 17, l'operaio fosse a casa. Un precedente quindi che deve tenere sul vivo la giurisprudenza: non vi sono sicurezze e certezze, gli analisti del settore devono studiare attentamente i casi e essere pronti alle altalenanti decisioni legislative. Per concludere, mi permetto aggiungere ancora qualche dettaglio: ci sono buone ragioni perché la fedeltà sfegatata per Salvini, possa aver compiaciuto qualcuno al tribunale? E ancor di più: sarebbe un vantaggio per il nostro operaio, essere un noto rappresentante sindacale della CGIL? Tirate voi le conclusioni su questa faccenda, pensate ai sindacati, alle amicizie e ai contatti vari e capirete meglio cosa significhi in termini di benefici, occupare certi ruoli. Beato chi può...
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