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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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Il popolo della notte: quegli uomini e donne invisibili che dopo essersi aggirati per tutta la giornata in città, si portano verso gli angoli più bui e meno frequentati del centro, delle stazioni metropolitane o ferroviarie, dove sistemarsi per la notte. I clochard, i barboni se preferite, esseri umani che per piena indigenza e assoluta mancanza di mezzi, devono dormire per strada e ripararsi dal freddo intenso dell'inverno in città come Milano o del nord in genere. Quando il freddo morde, uccide in tutti i posti, essere fuori e in presenza di altre patologie, ci sono persone che rischiano la vita puntualmente ogni notte. Eppure per loro si muovono associazioni e volontari sempre in giro per raggiungerli e offrire loro assistenza per la notte: coperte, bevande calde, controlli medici in presenza di patologie anche leggere. La Caritas poi, mette a disposizione di costoro pasti caldi e luoghi per dormire con un tetto sulla testa. Molto spesso, non si possono accontentare tutti questi bisognosi ma talvolta, essere senza fissa dimora e passare anche la notte all'addiaccio, è una scelta di vita. Era questa la vita di Umberto, un clochard di settantacinque anni, trovato morto a Milano in zona stazione ferroviaria Porta Garibaldi, da agenti della Polfer. A causa del freddo e magari di altre patologie, l'uomo non ha chiesto aiuto, è morto senza dare alcun segno. Indagando sulla sua persona, la polizia ha trovato in una cassetta di sicurezza messa a disposizione dalla Caritas per i senza tetto: 100 mila euro in contanti, 19 mila euro in titoli azionari, e una pensione attiva di 750 euro mensili provenienti dalla Germania. Una scelta di vita pazzesca, un vivere ai margini della società lontano dai parenti e girovagando per la città. Chiarina, sua sorella, sostiene che da quando è sparito nel nulla, lo hanno cercato ovunque, ma senza mai ritrovarlo. Tra le altre carte, risulta il possesso di una casa in Calabria, sua regione natia e la proprietà di due furgoni con relative assicurazioni pagate. Umberto se ne è andato così in un solitario viaggio verso l'infinito, senza alcuna condivisione con nessuno, se no i suoi amici vagabondi. Perché? Perché rendersi invisibile, pur possedendo il necessario per vivere la sua vita anche da solo? Perché scegliere il sacrificio, la vita di strada e l'essere emarginato? Ci vuole coraggio oppure l'amarezza, il dolore di certe situazioni familiari lo hanno alienato al punto tale da fuggire e da imboscarsi per rendersi invisibile. Quanti stereotipi, quanti luoghi comuni coinvolgono i barboni? La retorica li descrive come fannulloni e pronti a chiedere elemosina per poi ubriacarsi in qualche osteria. Cosa sappiamo di vero? Quali storie nascondo al punto di passare come fantasmi vestiti di cenci e senza un passato, senza un futuro. Un sacrifico fatto per mera scelta: un vivere ai margini della società, ma con coscienza e gusto per la libertà ambita da un uomo desiderso solo della solitudine. R.I.P. Umberto.
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