Il problema è vecchio, da tempo dibattuto e i nostri maestri, "padroni" della lingua madre, non sono affatto convinti che si possa prescindere e trascendere. Da Udine e da Trieste, le due università in sede, auspicano l'uso non discriminatorio della nostra lingua nell'avvio di questo millennio. A tale notizia, l'illustre e dotta Professoressa Bonomi, docente di lingustica presso l'Università degli studi di Milano, non è incline ad accettare una "grammatica paritaria" mentre di contro, è favorevole al rispetto, senza forzature, della lingua nella sua intrinseca ricchezza e varietà. "La prefetta" è espressione inammissibile, così come "la giudichessa o giudicessa (ancora peggio), "la ministra" non è accettabile e così via tutti quei nomi di ruoli al maschile che per parità di genere tentiamo di adattare. Insomma, non si intende rifiutare l'evoluzione lingusitica a priori, tuttavia, si eviti la forzatura della lingua italiana. Quindi la Bonomi non è per una posizione intransigente e severa, ma pur riconoscendo giusto che la lingua subisca la sua naturale evoluzione, chiede che si presti attenzione e cautela nel rispetto dell'uso lessicale. "la sindaca o sindachessa" sono termini foneticamente obbrobriosi...il mio orecchio si rifiuta di sentire. E i vostri?
"Chi difende il buon italiano non difende la pedanteria, né rifiuta le innovazioni: difende invece il buon senso, e accetta le novità". (B. Severgnini )