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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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Ci sono tre tipi d'informazione che non mancano mai sui quotidiani: nascite, matrimoni e necrologi. L’ultimo, l’annuncio della morte di qualcuno, è il più ricorrente, la famiglia o un parente stretto paga per far pubblicare il necrologio dell’avvenuta dipartita giusto per avvertire tutti coloro che conoscendo il defunto, non avrebbero mai appreso la ferale notizia. Nello stesso tempo, sotto l’annuncio, appare una sfilza di partecipazioni al cordoglio di chi ci tiene ad evidenziare e soprattutto, a far notare la propria addolorata presenza. Un giornalista con una navigata esperienza alle spalle, tale Guido Vigna, nelle suo lungo peregrinare da una redazione all'altra per il suo lavoro, ha avuto la ostinata costanza di conservare oltre 100.000 necrologi pubblicati dal 1969 ad oggi: una bella e unica passione direi. C’è di più, il “pensionato” Vigna ne ha esaminati a tutt'oggi, circa 2.500.000 per giungere ad una incredibile e sorprendente scoperta: su quei due milioni e mezzo di annunci mortuari, solo 472 volte appare la parola morte. Eppure, se c’è un sostantivo sicuro, certo, immortale e ricorrente, è proprio morte, proprio lei la causa della dipartita, lei che ha fatto venir meno all'affetto dei suoi cari la persona “soggetto” degli annunci. Con acume e arguzia, il bravo collezionista di necrologi, mette in risalto come anche per un semplice annuncio, abbiamo difficoltà a menzionare e/o scrivere la temuta parola, come se fosse un tizzone ardente, la evitiamo ricorrendo a vocaboli sostitutivi o, addirittura, a frasi di circostanza, perifrasi pindariche e metafore da far sorridere. Già nel redigere il post mi sono preso la briga di inserire alcune parole e frasi fatte; le conoscete perché ne abusiamo tutti quando è il momento: costernati annunciamo la mancanza di….; è venuto meno….allibiti e attoniti ne danno il triste annuncio...; ha raggiunto il cielo….; il Signore ha accolto l’anima buona di…; a soli 93 anni non è più con noi…; ha lasciato un vuoto incolmabile…; afflitti per la sua improvvisa dipartita, dopo mesi e mesi di sofferenze….; ci ha preceduti nel regno di Dio tracciando il percorso celeste…; ha raggiunto i pascoli del paradiso….; ecc.ecc. Insomma, a volte la ricerca ostinata di frasi opportune, comporta anche che si scivoli nel ridanciano e nel ridicolo. Perché poi non vogliamo scriverla la parola morte?Che rapporto abbiamo con questo vocabolo che più lo scansiamo e più ci sentiamo meglio?
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