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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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Confessando la mia immensa ignoranza, non sapevo che avessimo un "Museo dell'Emigrazione Italiana". Sapevo che alcune nostre regioni avevano nel loro piccolo, creato mostre fisse sull'emigrazione riferita nello specifico ai loro territori, ma di un museo nazionale non ne ero a conoscenza. Nel 2009 con l'assenso del Presidente Napolitano e per festeggiare i 150 anni dell'unità d'Italia, fu deciso di dar vita al museo che avrebbe raccontato la storia della valanga umana di circa 29 milioni di italiani che dalla fine dell'ottocento e i primi del novecento in poi, avevano fatto fagotto per cercare fortuna emigrando all'estero. Un esodo possente che ha segnato il destino di tanta povera gente che lasciava a malincuore la propria terra per rifarsi una vita in altri paesi promettenti. L'iniziativa partì bene sette anni fa e con la scelta della sede presso il Vittoriano a Roma, si avviò un progetto che avrebbe dato lustro alla nostra nazione citando i tanti italiani emigrati nei paesi in cui avevano lasciato tracce tangibili e memorabili con il loro lavoro: fossero essi operai, commercianti, imprenditori o contadini, molti avevano guadagnato posti invidiabili nelle società che li avevano ospitati. Insomma un museo che avrebbe gratificato tutti gli italiani. Sono passati sei anni da quel progetto, avviato, impostato e portato avanti dagli incaricati ministeriali, ma ritenuta comunque una sede provvisoria anche per il costo elevato. In poche parole, parliamo delle solite imprese all'italiana, quelle storie di cui Renzi non vuol sentirne parlare. L'anno scorso, dopo vari tentennamenti e un cincischiare dannoso, il ministro Franceschini optò per il decisionismo: chiuse il museo per trasferirlo a Genova dove già v'era una struttura molto apprezzata sulla emigrazione ligure. Detto fatto, valigie e tutto ciò che era stato posto nei locali del Vittoriano, fu preso per chiudere definitivamente il museo. Ma...ecco la debacle, ecco il menefreghismo "made in Italy", la sufficienza che identifica i nostri operati: il sito ufficiale del museo esiste ancora ed è gestito da "hacker" insidiosi e dilaganti che si sono impadroniti della postazione web e ne hanno fatto scempio ad uso e consumo personale. Dal porno alle sciocchezze inutili, chi si azzardasse a visitare per sbaglio il sito da qualunque parte del mondo per interesse e piacere di leggere notizie sulla nostra emigrazione, avrebbe brutte sorprese. Allora, poiché è passato un anno dalla chiusura e dall'abbandono, non sarebbe il caso di intervenire e aggiornare o chiudere definitivamente questo luogo che ci sputtana in tutto il mondo? Ma perché cadere in queste trappole così banali? Perché non usare un po' di giudizio e fare le cose per bene? Poi ci richiamano a vedere roseo, vedere l'Italia che funziona e sperare in un domani migliore. A queste condizioni parrebbe impossibile vedere un futuro roseo, a meno che non si abbiano le traveggole!
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