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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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E parliamone ancora, tanto non costa nulla e magari...un aiutino può servirci, può indurci a prestare maggior attenzione al nostro linguaggio. Innanzi tutto c'è una tendenza innegabile che a creare precedenti linguistici errati, siano i settentrionali: sarà perché siano unti, sarà perché siano eleganti anche nelle espressioni dialettiche (no dialettali), appena sparano una perla lessicologica poco corretta, entra di diritto nel linguaggio corrente di tutti. Per esempio: se a furia di ascoltare nella dialettica altrui un passaggio come: "Non c'è problema..." dovremmo già demandare all'Accademia della Crusca, il senso e la correttezza di quel intercalare. "Detto ciò"....ecco come si possa ancora estrapolare da un discorso, da uno scritto, un altro piccolo e poco digeribile "fuori campo". Libri che richiamino alla correttezza della lingua italiana e i suoi più ricorrenti strafalcioni oppure inserimenti poco corretti sotto il profilo sintassi, nel tempo recente ne sono stati scritti tanti: molti professori, molti studiosi della lingua italiana ci richiamano a restare sul binario della proprietà linguistica nostrana. Anche in campo politico, alcuni anni fa, vi fu un tentativo (andato a vuoto) di organizzare una commissione "ad hoc" per stabilire i fenomeni che da oltre un ventennio inquinano benevolmente la nostra madre lingua. In fondo la Crusca non ha poteri per entrare a gamba tesa legalmente, può solo suffragare o meno se "petaloso" possa entrare di diritto, dopo un certo periodo di tempo, nel dizionario italiano. Insomma, spesso si sbaglia (Berlusconi: sovvèrtere), Bossi (gabina) oppure i notissimi e diffusi "Un'attimino", "Quant'altro" e il "piuttosto che" che arricchiscono il nostro linguaggio corrente. L'ultimo che ho citato, il diffuso " piuttosto che", già nel 2002, veniva criticato dalla Ornella Pollidori Castellani: "...prima o poi scomparirà dal nostro lessico corrente...". Macché, indarno è passato il tempo, l'uso è ormai radicato e pochi comprendono (tante persone famosi ne fanno ampio uso) come sia errato inserirlo nel linguaggio: "Per Ferragosto perché non vieni con me a fare una breve, intrigante e intensa vacanza, piuttosto che rimanere a casa con tua moglie?". Ecco questa frase detta da Belen ad un marito infoiato, sarebbe corretta o no? L'avverbio piuttosto, combinato con che, assume la funzione della comparazione, ossia, preferiresti me o tua moglie? Mentre "piuttosto che..." è locuzione intesa come disgiuntiva e sospensiva che lascia addirittura l'interlocutore che ascolti, in attesa che si finisca la frase. Pertanto, eliminiamo questo intercalare e sostituiamolo con un oppure, ossia, una semplice ma sufficiente "O".
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