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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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In altri tempi e con contesti sociali meno agitati e contrapposti, non ne parlerei e non perderei tempo nemmeno a scrivere un post. Questo è il manifesto apparso nella scuola del comprensorio "Italo Calvino" in quel di Milano. E niente, ho pensato, si sono scordati la parola magica, il vocabolo Natale è stato omesso e questo periodo di Avvento viene definito "La grande festa delle buone feste". Un ammasso di giorni divertenti, spassosi, con giochi, danze, canti e...cotillons. Non sono di destra, non simpatizzo per i leghisti e chi mi ha letto qualche volta, sa benissimo quanto sia credente cristiano e rispettoso della mia religione. Sono abituato a rispettare tutti e non faccio distinzioni, non mi interessano le razze, le etnie e le religioni come pretesti per attaccare tutti coloro che non sono del mio stesso colore o della mia stessa professione di fede. Siamo uomini tutti uguali con idee diverse e se ognuno fosse puntiglioso nel rispettare tutti i suoi simili, allora questo pazzo, pazzo mondo, funzionerebbe meglio. Qual'è il problema della scuola Calvino? Non hanno voluto scrivere Natale sul manifesto? Non vogliono offendere le altre religioni dei ragazzi, dei genitori e dei parenti che sono in Italia? E per farlo, cosa fanno? Eliminano l'etimo Natale dai discorsi, dalle indicazioni, dai riti secolari della nostra religione? E perché? Gli altri potrebbero offendersi? Allora non partecipino, facciano una festa per loro conto e stiano sereni. Oppure siano con i compagni, facciano gruppo tutti insieme e stiano ragazzi con ragazzi e adulti con adulti. Non si tratta di accettare leggi, regole e riti prettamente religiosi, si tratta di festeggiare il Natale come festa comunitaria, senza i simboli del presepe e solo con il clima festoso e divertente della manifestazione. Se noi fossimo all'estero e in paesi con religioni diverse dalla nostra, cosa faremmo? Ci comporteremmo come abbia appena detto: se ci va, ci uniamo e stiamo tutti insieme ma senza accettazioni implicite dei segni dovuti ad altre fede, oppure non parteciperemmo e basta. L'integrazione si fa così: quando si va in casa d'altri ci si adegua fino a quando la loro libertà non leda la nostra. Non accettiamo la loro fede e i loro simboli, ma siamo a festeggiare con loro senza remore e ammissioni improbabili. Stiamo esagerando, qui non è più in ballo l'accoglienza, l'aiuto, la solidarietà e l'integrazione, ci scontriamo al contrario, con le omissioni obbligatorie per non toccare la loro suscettibilità e e la loro emotività. Noi sempre pronti e loro? Non mi sembra giusto, sono con loro, ma chiedo il rispetto a casa mia. Io a casa loro ho sempre mantenuto un comportamento esemplare evitando ogni riferimento e segno che potesse coinvolgere e offendere la mia e la loro sensibilità. Chiedo che imparino a conoscerci per quel che siamo e non per quello che vogliamo mostrare. Non dobbiamo temerli, ma dobbiamo parlare e spiegare loro la nostra storia e la nostra cultura. Rispettiamoci a vicenda e tutto sarà più facile per tutti. Reciprocamente si va lontano, mai ognuno per conto proprio.
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