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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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Tutto nasce da un articolo di Michele Serra pubblicato nella sua rubrica "L'Amaca" nel contesto di "Repubblica". Sarà stato per il rispetto dello spazio consentitogli (esiguo per approfondire), sarà stato il suo noto ruolo di comunista progressista, certo è che il suo elaborato sul bullismo giovanile e la sua tracimante diffusione nel campo scolastico, abbia innescato polemiche verbose e virali che hanno impegnato non solo i social e la rete, ma anche molti colleghi giornalisti, per l'analisi "difettosa" e non accettata. "Deboli, ignoranti e persino imbarazzanti!". Questi secondo Serra i bulli e il fenomeno che ravvisiamo da un po' di tempo a questa parte, è riscontrabile prevalentemente negli istituti tecnici e professionali, mentre i licei sarebbero esentati; ossia, tutto dipende dal rango familiare: "Il livello dell'educazione e del rispetto, è proporzionale al ceto sociale di provenienza" In altri termini, sempre secondo il giornalista, "I genitori che mandano i loro figli al classico e allo scientifico, hanno (in generale) frequentato quei licei, quindi portati per rango culturale ad una diversa educazione da impartire ai figli. Una "bomba" che ha creato le polemiche appunto e la discussione si è allargata a toccare due punti importanti: classismo e populismo. Se si nasce poveri vi sono più possibilità che si resti poveri e quindi la posizione, l'ambito, è medio-basso. Ma non è scritto da nessuna parte che una famiglia (questo è il punto da cui partire e che molti eludono) nell'educare un figlio, debba fare riferimento al proprio reddito e alla classe sociale: molte famiglie, nonostante la loro rilevante indigenza, sono in grado e riescono ad impartire una buona educazione ai figli. Quindi vi sarebbe un senso di debolezza e d'inferiorità mascherati dietro la violenza e l'aggressività. Puro classismo e detto così, non vi sono dubbi su questa posizione che attacca le classi subalterne. Oggi v'è inoltre anche un fenomeno che tende a stravolgere le teorie avventate di Serra: una globalizzazione compulsiva e maniacale, emulazione esasperata per cui un ragazzo "povero" possegga (non si sa come) un cellulare di ultima generazione costosissimo e uguale a quello del ragazzo "ricco". Serra si è precipitato con un nuovo articolo, a chiarire la sua posizione per diradare dubbi e perplessità create dalle sue precedenti espressioni: ha precisato puntando a sottolineare, come il fenomeno sia manifestato nelle scuole superiori tutte, senza distinzioni, e pone l'accento non sul classismo come detto, ma esattamente su una visione sociologica di sinistra. "Diviene contro il popolo proprio ciò che sembra il più fervido argomento a favore del popolo, denunciando la subalternità economica e culturale ed evidenziando il prezzo che il popolo paga alla mancanza dei mezzi materiali e immateriali". Disagio sociale, concluderei io, non credo sia necessario ricorrere alla nomenclatura di sinistra, del classismo e delle intorcinate teorie che ormai lasciano il tempo che trovano. Faccio il populista in questo caso e torno alle famiglie, a tutte le famiglie indipendentemente dal censo e dalla casta: impartire educazione, portarli alla civiltà del rispetto verso tutti, seguire i figli sempre anche quando si crede di non avere tempo a disposizione: è dalla famiglia che nasce tutto, la scuola deve solo lavorare su quanto già fatto ed esercitato dal nucleo familiare. Tutto il resto è solo chiacchiericcio alla ricerca di pretesti inutili e dannosi per tutti.
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