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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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I dialetti italiani, patrimonio esclusivo di un paese come il nostro che vanta antiche radici culturali e profondi innesti di civiltà che rendono l'analisi esclusiva, pertinente e ricca di dettagli non irrilevanti. Il prof. Gobber, preside della "Facoltà di Scienze Linguistiche presso l'Università Cattolica di Milano", è un grande esperto della materia e giustamente tiene a puntualizzare molti aspetti per cui un qualunque nostro dialetto, ne contiamo tantissimi per come siano distribuiti sul nostro territorio, abbia la necessità di essere protetto perché le sue radici antiche e storiche, sono degne di studi e approfondimenti. L'Unesco ha provveduto a mettere sotto tutela, a suo tempo, sette ceppi principali da cui partono decine e decine di dialetti che si diramano lungo i vari percorsi delle regioni italiane. Ognuno con le sue prerogative, le sue chicche lessicali, le sue origini profondissime. Ecco, perché il professore, tiene a presentare un quadro preciso e inappuntabile della nostra estesa rappresentanza di dialetti che nessuno escluso, può essere smarrito se non protetto e salvato opportunamente. Mi fermo perché non è il caso di prolungarmi: il tema è questo, preoccuparci di tutte le minoranze per salvaguardare i loro dialetti e sappiate che siamo il paese che ne vanta moltissimi, tutti meritevoli di studi e analisi, soprattutto quelli che cambiano da una zona all'altra, da una città all'altra e distanti solo pochi kilometri. Una spiegazione che è difficile dare, ma che è tutta da scoprire.
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