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Il ponte tra la disperazione e la speranza, è una buona dormita. Poi scopri che la speranza è una buona prima colazione, ma una pessima...cena!
Qualcuno ci rammenta che il tempo passa, ma non ci accorgiamo che siamo noi a...passare.
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Messaggi del 14/11/2017
Partiamo dal solito vittimismo italiota: se non ci lamentiamo non siamo italiani, se le vicende calcistiche azzurre sono finite in malo modo ieri sera, lo sapevamo tutti e se non ne avevamo la certezza, era solo per quel pizzico di speranza che abbiamo nutrito fino al fischio finale dell'arbitro. Piangiamo come Buffon, ci lamentiamo perché in tutte e due le partite siamo stati vittime dei due arbitraggi: un turco e uno spagnolo non sono stati giusti nei nostri confronti. Poi la solita tiritera dei 60 milioni circa di commissari tecnici che vanta il nostro paese: dovremmo tutti sedere una volta per uno in panchina, per esperire le nostre scelte tecniche che non coincidono mai con quelle del CT designato. Questa nazionale sapevamo tutti quanto valesse: sia Ventura, operaio volenteroso, onesto e di livello medio/basso, sia i calciatori della rosa, non sono mai stati all'altezza della situazione. Tutti talentuosi, tutti capaci e tutti bravi; ma la caratura, lo spessore, il carisma dei predecessori, quelli che abbiamo visto all'opera fino a qualche tempo fa, dove è finito? Tavecchio il presidente della Federazione, sapevamo tutti che fosse una scartina messa lì per giochi politici dei veri capi che sono operosi, ma nell'ombra. Questa federazione, questa nazionale, sono uniformi, omologate alla nazione. Vivono gli stessi problemi d'identità, non hanno un profilo definito, non hanno un piano strutturale per costruire in 4/5 anni, una squadra forte e valorosa. Si improvvisa, si procede a lume di naso e alla fine, come tutte le situazioni italiane, quando si arriva al capolinea con un uscita clamorosa dal mondiale che si terrà in Russia nel 2018, non c'è un colpevole, una persona che si assuma la piena responsabilità e dica: "Ho sbagliato e faccio un passo indietro!". Ha sempre funzionato così da noi, è nel nostro DNA e non aspettiamoci altro. Vedrete i balletti, le finte prese di posizione, sarà tutto inutile. Parliamo tutti, siamo tutti esperti, suggeriamo le formazioni, indichiamo chi debba sedere sulla panchina; persino Salvini ha trovato il modo per strumentalizzare questa uscita mesta dal mondiale, attribuendo la colpa ai forestieri, agli stranieri, alla mancanza delle razza bianca e italiana, nei vivai delle società di calcio che puntano solo sugli stranieri di ogni nazionalità. Forse non ha torto il nostro populista pronto a cavalcare ogni tigre che gli passi davanti: il problema dei vivai, dei giovanissimi sui quali investire, è serio e i risultati si vedono: pochi talenti nostrani. Ma tutte le nazioni europee vivono questa situazione eppure, alcune sono ai vertici del calcio mondiale, vedi Spagna e Germania. Dimentichiamo senza troppi drammi la sberla di ieri sera, la vita riprende, chi ha sbagliato paghi, si tolga di mezzo senza mezzi termini e si proceda con una rifondazione reale e concreta: lavorare sodo per i prossimi anni, impostando una forte squadra e investendo sui giovani talenti. Improvvisare e campare alla giornata non serve a nessuno e guarda caso, vale per il calcio e per la politica: insieme e a braccetto, procedono con profonde similitudini deludendoci giorno dopo giorno.
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Non dovremmo stupirci più di niente, stiamo raggiungendo traguardi tali che ci metteranno nella condizione di dire: "Ma cos'altro potranno più inventarsi per valorizzare e commercializzare un prodotto?". Sarà una domanda sempre più frequente ma allo stesso tempo, sarà una domanda pleonastica, ovvia e scontata. Chi intraprende, chi deve inventarsi il lavoro, è obbligato a trovare nuove strade e interessanti percorsi per sostenere, dare visibilità ai suoi prodotti e all'attività commerciale. I segnali che si colgono oggi lasciano presagire sbocchi impensabili e strani, inimmaginabili e coraggiosi per le intese che potranno nascere un domani ormai prossimo. Orbene, a chi verrebbe mai in mente una "joint venture" tra i maccheroni e Dolce & Gabbana? Il noto pastificio De Martino che si fa impacchettare la pasta in apposite confezioni firmate da D&G, è un trovata unica e proficua? O meglio, si spera che l'unione tra due griffe notissime, porti molto profitto ad entrambi? Come dimostra la foto in alto, le nuove confezioni riguardano i paccheri, pasta mista corta e gli immancabili spaghetti. La mano dei due grandi stilisti internazionali, si nota o no? Quando avremo da aprire un pacco di pasta della ditta De Martino, della confezione che ne faremo? Il punto è questo e come sempre, devo rilevare che parliamo di un target medio alto di clientela. Pertanto un pacco di spaghetti da 1 kg. costa intorno agli 11 euro, mentre la scatola pregiata con 5 confezioni diverse di pasta, da Harrods a Londra, costa 186 euro. La pasta è buona, il pastifico De Martino è nato nel 1912: un'antica tradizione, una scelta di materie prime selezionatissime, artigianalità, rispetto del territorio, un prodotto degno di rappresentare il "Made in Italy" in tutto il mondo. Dolce & Gabbana hanno volutamente scelto il pastificio di Gragnano, per unire fashion e tradizione, proprio con chi la pasta la sa fare e la fa da un secolo sempre allo stesso modo. La promozione tra l'altro è destinata ai giovani affinché scoprano la bellezza di due pilastri del nostro vanto produttivo. C'è un rammarico, c'è il prezzo che non rende abbordabile l'acquisto, ma come rinunciare allo stile di D&G e alla bontà del pastificio De Martino? Mi raccomando, siate attenti e se aprite il pacco per una bella spaghettata tra amici, salvate l'involucro, difendetelo dalla spazzatura, recuperatelo e mettetelo sul comodino ad imperitura memoria: ogni sera lo guarderete prima di andare a letto, lo apprezzerete per lo stile e per la bontà degli spaghetti e poi penserete: "Ma con undici euro, quanti kili di pasta Divella, Barilla, De Cecco ecc.ecc. avrei potuto comprare?".
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